Un classico al mese
"Il fantasma dell'Opera" di Gaston Leroux
TITOLO: Il fantasma dell'Opera
AUTORE: Gaston Leroux
TITOLO ORIGINALE: Le Fantôme de l'Opéra
TRADUTTORE: Maurizio Grasso
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 280
VOTO: 4 stelline e mezza
TRADUTTORE: Maurizio Grasso
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 280
VOTO: 4 stelline e mezza
“Il fantasma dell’Opera” è un romanzo capace
di mescolare con gusto il thriller a piccole dosi di gotico e romance.
Considerato il capolavoro di Leroux, questo libro ha dato vita ad una delle
figure più iconiche nel panorama dei “mostri” letterari, pur arrivando un po'
in ritardo, con la prima pubblicazione datata 1910.
A grandi linee, la storia è nota al grande
pubblico grazie alle molte rappresentazioni teatrali ed ai lungometraggi che ha
ispirato, ma il romanzo originale serba molto di più: siamo negli anni Ottanta
dell'Ottocento a Parigi e la maggior parte della vicenda si svolge all'interno
di quel nebuloso ed affascinante conglomerato noto come il teatro dell'Opera,
un luogo pieno di meraviglie ed orrori dove...
«I sottopalchi [...] riescono a
trasformare piccoli malaticci in magnifici cavalieri, orrende streghe in fate
radiose di giovinezza. [...] ...E i fantasmi vi passeggiano come fossero a casa
loro...»
In un'ambientazione
tanto suggestiva si vanno a delineare due archi narrativi paralleli, accomunati
dalla misteriosa figura del fantasma; da un lato abbiamo i nuovi direttori
dell'Opera Moncharmin e Richard alle prese con le richieste quanto mai
materiali di questo essere spettrale, dall'altra la storia d'amore tra il
nobile Raoul di Chagny e la talentuosa cantante Christine, relazione
contrastata non solo dalla differenza sociale tra i due ma anche dalla gelosia
di un uomo mascherato.
Il romanzo è costellato da un ricco cast di
personaggi, ma solo i principali rimangono impressi indelebilmente nella mente
del lettore. Accantonando i direttori -vittime dei siparietti comici di Leroux-
e il meraviglioso personaggio chiamato il Persiano, la narrazione è in
prevalenza incentrata sui protagonisti di questo macabro triangolo amoroso,
Christine, Raoul ed il fantasma. La prima ci viene sempre descritta come una
fanciulla dall'ingenuità spiazzante, generata ed accresciuta dai racconti del
padre;
«-Ebbene, Raoul, mio padre è in
cielo, e io ho ricevuto la visita dell'Angelo della musica.
-Non ne dubito-, replicò seriamente
il giovanotto, il quale credeva di comprendere che, in un pensiero patetico, la
sua amica mescolasse il ricordo del padre con i clamori del suo recente
trionfo.»
la sua indole
generosa si rivela però essenziale per la risoluzione dell'intreccio,
riscattandola così agli occhi del lettore.
Caratterialmente opposto a lei è invece il
visconte di Chagny: Raoul è un giovane serio e pragmatico,
«[...] ciò non vietava che credesse
al soprannaturale solo in materia di religione e che la storia più fantastica
del mondo non avrebbe potuto fargli dimenticare che due più due fa quattro.»
allo stesso tempo è
capace di spendere tutto se stesso per amore di Christine e non esita ad abbandonare
gli agi della vita nobiliare pur di stare accanto a lei.
Ultimo eppure più importate è il fantasma
dell'Opera stesso. Spesso associato a personaggi che condividono con lui un
aspetto fisico deforme, come il gobbo Quasimodo o la Creatura in “Frankenstein”
di Mary Shelley (QUI la recensione), in realtà il fantasma ha in comune con
loro solo la genesi della sua storia; a differenza dei suoi “colleghi”, lui
dedica la sua esistenza al crimine macchiandosi di truffa, rapimento,
aggressione e perfino omicidio. D'altro canto, il fantasma è unico anche nei
suoi obiettivi, perché la solitudine per lui non è un sicuro rifugio dall'odio
dell'umanità bensì una tortura imposta che vorrebbe fuggire, come afferma lui
stesso in questo estratto:
«[...] per quanto mi riguarda, è impossibile
continuare a vivere così, sottoterra, in una tana come una talpa! “Don Giovanni
trionfante” è terminato, ora voglio vivere come tutte le altre persone.»
E a dispetto delle
parole compassionevoli del Persiano e di Christine non si riescono a
dimenticare i molti delitti di uno tra i più malvagi protagonisti della
letteratura.
Il romanzo ha una struttura particolare,
figlia dell'esperienza lavorativa dell'autore. Nascosto dietro la maschera del
narratore, Leroux sfrutta la sua esperienza di giornalista per raccontare la
storia come fosse un intricato caso di cronaca, tentando al contempo di
persuadere i suoi lettori sulla reale esistenza del fantasma.
«L'istruttoria ipotizzò più tardi
che quell'ombra fosse quella del visconte Raoul de Chagny; io non lo credo
affatto, [...] Penso piuttosto che quell'ombra fosse quella del fantasma, che
era al corrente di tutto, come presto si vedrà.»
Come avrebbe fatto per uno dei suoi articoli,
l'autore cita delle fonti ufficiali inserendole nel testo, come le trascrizioni
degli interrogatori:
«Che cosa era successo? [...] ed
ecco in che modo questi [interrogatori] furono trascritti sui verbali
dell'inchiesta (fascicolo 150).
Domanda: La signorina Daaé non vi
aveva visto scendere dalla vostra camera dalla singolare uscita che avevate
scelto?
Risposta: No, signore, no, no.»
ed afferma di aver
interpellato personalmente molti dei personaggi coinvolti. Purtroppo la maggior
parte del testo non è composto da questi estratti e ne risulta un espediente
monco; non ho apprezzato troppo neanche l'utilizzo spropositato dei puntini di
sospensione e i repentini cambi dei tempi verbali, forse colpa della
traduzione.
Ho invece apprezzato molto la struttura
narrativa di alcune scene, dal taglio quasi cinematografico, con i retroscena
svelati in un secondo momento a creare un effetto di suspense o al contrario
comico. E proprio il lato umoristico della storia è un grande punto a favore
del libro; pur avendo le capacità di scrivere una valida trama gialla, Leroux
sceglie di prendersi gioco sia dei direttori nella loro piccola indagine per
smascherare il fantasma,
«[...] qui ci siamo soltanto io e
te!... e se le banconote sparissero senza che noi ci entrassimo in alcuni modo,
né te né io... non resta che credere al fantasma... al fantasma...»
sia delle stesse
forze dell'ordine, nella persona del commissario Mifroid che prende il suo
compito decisamente alla leggera:
«È tutta qui, signori, quest'arte
della polizia, ritenuta tanto complicata, ma che diventa così semplice non
appena si è compreso che tutto sta nel far fare il poliziotto a chi non lo è!»
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