Fuga da una distopia domestica
Recensione a "Un gioco da bambini" di J.G. Ballard
TITOLO: Un gioco da bambini
AUTORE: James Graham Ballard
TITOLO ORIGINALE: Running WildTRADUTTORE: Franca Castellenghi Piazza
EDITORE: Feltrinelli
COLLANA: Universale Economica
PAGINE: 90
VOTO: 4 stelline
“Un gioco da bambini” è una novella scritta simulando il
resoconto di uno psichiatra, il dottor Greville, agli avvenimenti collegati ad
un massacro dai contorni nebulosi operato in un moderno complesso residenziale
inglese, il Pangbourne Village.
«Ma ripensandoci ora, dopo tanto
tempo, mentre riordino questi appunti prima di darli alle stampe, mi rendo conto
[...]»
Greville entra in scena quando sono trascorsi
ormai un paio di mesi dalla strage: incaricato dalla polizia di effettuare un
sopraluogo nel Village e affiancato dal sergente Payne, l'uomo si trova a
ricostruire i momenti che hanno portato alla morte di tutti gli adulti
residenti nella struttura e all'apparente rapimento dei bambini.
Le ipotesi e i tentativi di chiarire la
vicenda da parte di giornalisti e semplici curiosi si sprecano, ma sarà proprio
lo scostante Payne a portare l'attenzione di Greville su una delle teorie più
assurde,
«A questo punto non rimangono che
alcune teorie piuttosto fantasiose. [...]
e) I genitori sono stati uccisi dai
propri figli.»
E
non credo si possa parlare di spoiler in alcun modo, visto che già dalla copertina
lo sviluppo di questo libro pare abbastanza chiaro.
Lasciando da parte i personaggi (tutti
abbozzati o riuniti in un gruppo di riferimento), il fulcro della vicenda,
nonché chiave di volta nell'indagine di Greville, è lo stesso Pangbourne
Village, che per molti aspetti -specialmente sul versante della tecnologia-
ricorda l'ambientazione de “Il condominio”
dello stesso autore (QUI la recensione); anche qui infatti abbiamo una
struttura avanguardista che promette una vita idilliaca ai suoi abitanti, i quali
ad esempio sono riusciti
«[...] a bandire dal loro Parnaso
privato persino il concetto di sporcizia e di disordine.»
e
per ottenere questo angolo di paradiso non hanno esitato a eliminare gli
animali domestici, dei quali si dice:
«[...] (cani e gatti non sono ben
visti al Pangbourne Village: insozzano i prati e si accaparrano una dose di
affetto spesso eccessiva).»
Ma l'aspetto più particolare della struttura
riguarda il controllo mirato che i genitori esercitano sulla vita dei bambini,
utilizzando anche un moderno sistema di telecamere orientabili. Una
sorveglianza sicuramente dettata dall'amore e all'insegna degli incoraggiamenti
piuttosto che dei rimproveri, ma ciò non basta a rendere vivibile un luogo del
genere ai ragazzi che per alcuni aspetti può ricordare perfino la vigile
dittatura in “1984”
di George Orwell (QUI la recensione).
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Cover USA |
In tal senso, il titolo originale dell'opera “Running Wild” si dimostra ben più incisivo di
quello dell'edizione italiana: i ragazzi del Village si sentono oppressi dai
genitori in ogni genere di attività: scolastiche, sportive, perfino ricreative,
«Non c'era quasi un minuto della
giornata dei ragazzi che non fosse stato intelligentemente programmato.»
e
quindi l'omicidio perde la sua connotazione negativa per diventare la sola via
percorribile verso una vita libera dalle imposizioni. Lo stesso protagonista
afferma che:
«Avevano bisogno di genitori che non
si impicciassero di tutto quel che facevano, che non temessero di mostrarsi
nervosi o seccati, [...]»
Nel complesso, Ballard riconferma la sua
abilità nel mostrare le crepe della società portando ad esempio delle
situazioni davvero estreme, in questo caso scegliendo anche di puntare su un
notevole impatto emotivo vista la giovanissima età dei ragazzi coinvolti nella
strage. L'autore sfrutta la voce di Greville per convincere i suoi lettori che
«[...] i giovani quanto più si
sentono amati, compresi e assecondati tanto più provano il disperato impulso di
fuggire.»
Il
tutto visto in un'ottica estremamente pessimista, sia per quanto riguarda il
futuro della società, quella inglese in particolare e quella occidentale in
generale, sia per lo sviluppo del comparto tecnologico che in questo volume
come ne “Il condominio” sembra
destinato a rovinare i rapporti umani, mentre in teoria dovrebbe contribuire a
rafforzarli.
E pensando a quanti preferiscono il pigro
invio di un emoji ad un incontro di persona, dobbiamo ammettere che negli anni
Ottanta Ballard sapeva già guardare molto lontano.
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