Tyrant's Throne by Sebastien de Castell
My rating: 5 of 5 stars
"The King used to ask this question sometimes ... What do you call a judge sitting on a throne? he always demanded, and he always answered his own question: A fucking tyrant, that's what"
INTRIGHI, GUERRE E... BARZELLETTE SCONCE
Mi ci è voluto un sacco di tempo per completare questa serie, e mi sembra ridicolo vedendo le valutazioni che ho assegnato ai vari libri. Cosa mi frenava ogni volta dall'iniziare il volume successivo? potrei optare per una risposta smielata del tipo "non volevo lasciare questa storia/questo mondo/questi personaggi!", ma la realtà è ben meno poetica: semplicemente, il fatto che tutti i libri ad eccezione del primo fossero decisamente lunghi e stampati con un font minuscolo mi scoraggiava. Sì, nonostante ne abbia letti molti, i tomoni in carattere otto ancora mi intimidiscono. Ora che ce l'ho fatta si pone però un ulteriore ostacolo: scrivere una recensione coerente con la consapevolezza di non aver preso neppure mezzo appunto durante la lettura.
Partiamo quindi dalla trama: in questo volume la narrazione ruota attorno allo stabilire una volta per tutte chi siederà sul trono di Tristia, tra minacce esterne di invasione ed interne di secessione, da parte dei Duchi determinati ad ottenere sempre maggiori privilegi. La storia è incredibilmente ritmata, nonostante le digressioni per introdurre i nuovi personaggi, e anche i momenti privi di azione vengono amalgamati bene nel testo. Per ovvie ragioni non posso dire molto su quanto accade nello specifico, ma vi assicuro che -come nei volumi precedenti- De Castell riesce a collegare tutti gli avvenimenti nell'epilogo, anche le scene all'apparenza fini a se stesse.
In "Tyrant's Throne" l'autore fa poi un passo in più, non limitandosi a chiudere il cerchio con le vicende del singolo romanzo, ma andando a ripescare personaggi ed eventi perfino dal primo libro della serie. Ed ecco quindi le risposte ai quesiti che ci portavano dietro da quattro capitoli, come lo scoprire in che modo Kest sia riuscito a battere Saint Caviel. Tra l'altro, per chi avrà la pazienza di leggere per intero la parte dei ringraziamenti, De Castell ha inserito anche lì degli easter egg che svelano alcuni retroscena inediti sulla tetralogia.
Accantonando la serie nel suo insieme, questo libro rimane comunque un'eccellente prova. Pur non privandoci di una trama ricca dei suoi ormai iconici colpi di scena, l'autore da il suo meglio nella scrittura dei personaggi e, in particolare, dei dialoghi nei quali vediamo Falcio discutere con alleati o nemici (sebbene le due figure siano spesso intercambiabili, nel suo caso). Si tratta di confronti che trasmettono moltissime emozioni, riuscendo a commuovere come anche a far ridere di gusto, nonché a stimolare delle riflessioni nel protagonista e nello stesso lettore.
Ho apprezzato molto come gli elementi raccolti in quattro libri vengano sfruttati per portare ad un epilogo sicuramente triste per alcuni aspetti, eppure capace di trasmettere dei messaggi affatto scontanti sebbene la serie si presenti come molto ironica ed irriverente. Forse le storyline di un paio di personaggi hanno avuto una conclusione troppo rapida e semplice, ma vista l'intenzione dell'autore di scrivere altri romanzi in questo universo narrativo, possiamo sperare di rivedere ancora i nostri amati Greatcoats.
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lunedì 27 dicembre 2021
venerdì 24 dicembre 2021
"Poirot a Styles Court" di Agatha Christie
Poirot a Styles Court by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars
"«Una volta, in Belgio, ho conosciuto un tale, un investigatore famoso, che mi ha entusiasmato ... Era un ometto buffo, sempre vestito in modo inappuntabile, dotato di un'intelligenza non comune»"
POIROT 1 : HASTINGS (SOTTO) 0
Dopo la parziale delusione avuta a settembre con "Poirot sul Nilo", ho voluto dare una nuova possibilità all'investigatore belga con "Poirot a Styles Court", ossia il primo romanzo in cui compare il suo personaggio nei panni del brillante risolutore di una faida familiare a dir poco intricata. Questo libro nasce per una piccola scommessa tra Christie e la sorella maggiore Margaret; un debutto forse non particolarmente entusiasmante dal punto di vista editoriale, ma ciononostante è stato il punto di partenza per una carriera tanto fortunata quanto prolifica.
La storia è ambientata nella campagna inglese durante la Prima Guerra Mondiale e viene narrata da Arthur Harold Hastings, giovane militare in congedo a seguito di una grave ferita; l'uomo trova ospitalità presso l'amico John Cavendish che lo ospita nella villa di famiglia, che ben presto diventerà teatro di un delitto assai crudele. Per fortuna delle autorità e dell'inetto narratore il geniale Poirot è in città e, presosi a cuore il caso, riuscirà a far emergere la verità dietro la fitta rete delle bugie domestiche.
L'intreccio mystery è davvero ben sviluppato, con una risoluzione come sempre brillante che, pur avendomi fatto pensare ad altri titoli dell'autrice, non ero riuscita a prevedere se non in minima parte. La ragione per cui le spiegazioni fornite infine da Poirot sono tanto soddisfacenti è data principalmente dalla scelta della voce narrante: Hastings è un personaggio quasi comico nella sua inconsapevolezza, quindi assistere alle vicende dal suo punto di vista è un valido modo per ottenere tutti gli indizi utili senza però svelare alcunché dei pensieri dell'investigatore.
Il rapporto tra Poirot e Hastings è uno degli aspetti che ho preferito in questa lettura: vedere i loro confronti è stato molto divertente, perché il soldato tratta con condiscendenza il belga, pensando spesso a come sia ormai troppo vecchio per risolvere il caso, mentre invece è lui a fare la figura del fesso in questo confronto, oltre che in tutte le scene in cui cerca di fare gli occhi dolci a qualche donna. È una dinamica che mi ha ricordato in parte quella tra Holmes e Watson (a mio avviso svilente e, a tratti, tossica) ma qui le scene in cui Poirot blasta pesantemente Hastings sono ben giustificare dalla supponenza di quest'ultimo.
Ho trovata più che degna l'ambientazione storica, anche se praticamente contemporanea per Christie; i diversi riferimenti alla Grande Guerra, che in alcuni casi hanno un loro ruolo nella trama, contribuiscono a far capire come lo scenario non sia solo un elemento marginale nella narrazione. Mi sento di promuovere anche il cast di comprimari, in particolare ho apprezzato lo spazio dedicato all'approfondimento del personaggio di Mary.
Purtroppo, come succede in altre opere dell'autrice, il finale è davvero zuccheroso e condito da coppiette felici a profusione, e non me ne lamento (solo) perché non vado pazza per il romance, ma soprattutto per come vengono gestite alcune di queste le storie d'amore, dando un lieto fine anche a chi non lo meriterebbe proprio.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"«Una volta, in Belgio, ho conosciuto un tale, un investigatore famoso, che mi ha entusiasmato ... Era un ometto buffo, sempre vestito in modo inappuntabile, dotato di un'intelligenza non comune»"
POIROT 1 : HASTINGS (SOTTO) 0
Dopo la parziale delusione avuta a settembre con "Poirot sul Nilo", ho voluto dare una nuova possibilità all'investigatore belga con "Poirot a Styles Court", ossia il primo romanzo in cui compare il suo personaggio nei panni del brillante risolutore di una faida familiare a dir poco intricata. Questo libro nasce per una piccola scommessa tra Christie e la sorella maggiore Margaret; un debutto forse non particolarmente entusiasmante dal punto di vista editoriale, ma ciononostante è stato il punto di partenza per una carriera tanto fortunata quanto prolifica.
La storia è ambientata nella campagna inglese durante la Prima Guerra Mondiale e viene narrata da Arthur Harold Hastings, giovane militare in congedo a seguito di una grave ferita; l'uomo trova ospitalità presso l'amico John Cavendish che lo ospita nella villa di famiglia, che ben presto diventerà teatro di un delitto assai crudele. Per fortuna delle autorità e dell'inetto narratore il geniale Poirot è in città e, presosi a cuore il caso, riuscirà a far emergere la verità dietro la fitta rete delle bugie domestiche.
L'intreccio mystery è davvero ben sviluppato, con una risoluzione come sempre brillante che, pur avendomi fatto pensare ad altri titoli dell'autrice, non ero riuscita a prevedere se non in minima parte. La ragione per cui le spiegazioni fornite infine da Poirot sono tanto soddisfacenti è data principalmente dalla scelta della voce narrante: Hastings è un personaggio quasi comico nella sua inconsapevolezza, quindi assistere alle vicende dal suo punto di vista è un valido modo per ottenere tutti gli indizi utili senza però svelare alcunché dei pensieri dell'investigatore.
Il rapporto tra Poirot e Hastings è uno degli aspetti che ho preferito in questa lettura: vedere i loro confronti è stato molto divertente, perché il soldato tratta con condiscendenza il belga, pensando spesso a come sia ormai troppo vecchio per risolvere il caso, mentre invece è lui a fare la figura del fesso in questo confronto, oltre che in tutte le scene in cui cerca di fare gli occhi dolci a qualche donna. È una dinamica che mi ha ricordato in parte quella tra Holmes e Watson (a mio avviso svilente e, a tratti, tossica) ma qui le scene in cui Poirot blasta pesantemente Hastings sono ben giustificare dalla supponenza di quest'ultimo.
Ho trovata più che degna l'ambientazione storica, anche se praticamente contemporanea per Christie; i diversi riferimenti alla Grande Guerra, che in alcuni casi hanno un loro ruolo nella trama, contribuiscono a far capire come lo scenario non sia solo un elemento marginale nella narrazione. Mi sento di promuovere anche il cast di comprimari, in particolare ho apprezzato lo spazio dedicato all'approfondimento del personaggio di Mary.
Purtroppo, come succede in altre opere dell'autrice, il finale è davvero zuccheroso e condito da coppiette felici a profusione, e non me ne lamento (solo) perché non vado pazza per il romance, ma soprattutto per come vengono gestite alcune di queste le storie d'amore, dando un lieto fine anche a chi non lo meriterebbe proprio.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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lunedì 20 dicembre 2021
"La lunga marcia" di Richard Bachman
La lunga marcia by Richard Bachman
My rating: 3 of 5 stars
"Stebbins scavalcò il cadavere. Gli scivolò il piede su una chiazza di sangue e, avanzando, quel piede lasciò orme insanguinate come una fotografia della rivista Official Detective"
UNA LETTURA SFIANCANTE
A differenza di quanto potrebbe suggerire il voto medio che ho assegnato, la lettura de "La lunga marcia" non mi ha lasciata affatto indifferente; penso anzi sia un libro che spinge molto a riflettere, portando avanti tematiche ancor oggi attuali. Una buona idea alla base quindi non manca, ma lo svolgimento non convince appieno: in sostanza leggere questo romanzo mi ha decisamente provata e messa a disagio, e non sempre per i motivi giusti.
La narrazione ci porta in una versione distopica (almeno per l'epoca in cui King ha iniziato la stesura del romanzo) degli Stati Uniti; gli elementi di world building non sono tanti, anche perché la storia si concentra volutamente su altro, ma possiamo intuire che la repubblica sia stata rimpiazzata da una dittatura militare al cui vertice si trova la figura del Maggiore, uomo autoritario e imperscrutabile. In questa realtà parallela, ogni due anni si svolge la Lunga Marcia, a metà tra una gara di resistenza mortale ed un gioco a premi televisivo: cento ragazzi marciano senza sosta partendo dal confine con il Canada e dirigendosi verso Boston, chi si ferma viene fucilato sul posto mentre l'ultimo a rimanere in piedi potrà chiedere qualunque cosa, diventando una sorta di eroe popolare.
La trama non si spinge oltre questo concetto di partenza, infatti nel testo ci si limita a seguire lo svolgimento della Marcia attraverso il punto di vista di Raymond "Ray" Davis Garraty, un sedicenne che viene spesso appellato come "il beniamino del Maine". A rendere più dinamica una narrazione altrimenti vincolata dall'evento (non propriamente) sportivo ci sono alcuni flashback che ci raccontano la vita di Ray oppure il passato dei Marciatori ai quali si avvicina; anche alcuni elementi relativi all'ambientazione vengono forniti durante la storia, permettendo così al lettore di farsi un quadro sufficientemente chiaro del mondo di cui legge e delle sue regole.
Nel complesso reputo ben sviluppato il concetto alla base, specialmente per come King descrive l'atteggiamento dei cittadini nei confronti della Marcia: nessuno si scandalizza per il massacro di un gruppo di adolescenti, anzi le persone sono attratte in modo veramente morboso da questo evento, arrivando perfino a parteciparvi come fosse una parata gloriosa. La folla, che si fa via via più numerosa ed eccitata con il proseguire della competizione, ha dei comportamenti tanto opposti quanto affini, perché da un lato osanna il vincitore e cerca di ottenere dei "trofei" dai Marciatori, mentre dall'altro è pronta all'insulto, al disprezzo, e ovviamente a piazzare qualche scommessa. Le telecamere non sono presenti quanto mi sarei aspettata, ma la scelta di preferire un pubblico "dal vivo" rendere ancor meglio l'idea della fascinazione per la morte.
Questa attrazione malata, e autodistruttiva, viene posta anche come motivazione dell'iscrizione dei Marciatori, ed è un aspetto che non mi ha convinta per nulla: a parte un caso molto specifico, sembra che nessuno di questi ragazzi abbia una ragione concreta per partecipare. Non pretendevo che tutti fossero lì per diventare ricchi, ma mi sarei aspettata un po' di sforzo nel caratterizzare le loro vicende, almeno per quelli più importanti. Nei primi capitoli pensavo perfino fossero costretti, visto che nessuno di loro sembrava avere un obiettivo reale! Tutto ciò rende ovviamente molto difficile empatizzare con loro, nonostante la sorte orribile che li attente, e in questo senso l'unico che mi sento di salvare è Stebbins.
Ma questo non è il solo motivo per cui i personaggi risultano lontani al lettore: visto il contenuto, questo è indubbiamente un romanzo rivolto ad un pubblico adulto, ma i Marciatori sono ragazzi giovani e come tali si comportano, ottenendo così ancor più distacco ma soprattutto disagio. King inserisce infatti dozzine di riferimenti sessuali, quasi sempre fuori luogo e che ho trovato ancor più indesiderati se si considera che i protagonisti hanno tutti sui sedici anni. Un trattamento ancora peggiore è quello riservato ai neri, agli omosessuali e alle donne, divise nettamente tra le fidanzate dei Marciatori (sante immacolate, e quindi frigide senza ragione) e le spettatrici infoiate, che vorrebbero praticamente saltare loro addosso.
Mi rendo benissimo conto che questo libro è ormai datato, ma non per questo posso forzarmi ad approvare una visione così (mi auguro!) superata della realtà.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"Stebbins scavalcò il cadavere. Gli scivolò il piede su una chiazza di sangue e, avanzando, quel piede lasciò orme insanguinate come una fotografia della rivista Official Detective"
UNA LETTURA SFIANCANTE
A differenza di quanto potrebbe suggerire il voto medio che ho assegnato, la lettura de "La lunga marcia" non mi ha lasciata affatto indifferente; penso anzi sia un libro che spinge molto a riflettere, portando avanti tematiche ancor oggi attuali. Una buona idea alla base quindi non manca, ma lo svolgimento non convince appieno: in sostanza leggere questo romanzo mi ha decisamente provata e messa a disagio, e non sempre per i motivi giusti.
La narrazione ci porta in una versione distopica (almeno per l'epoca in cui King ha iniziato la stesura del romanzo) degli Stati Uniti; gli elementi di world building non sono tanti, anche perché la storia si concentra volutamente su altro, ma possiamo intuire che la repubblica sia stata rimpiazzata da una dittatura militare al cui vertice si trova la figura del Maggiore, uomo autoritario e imperscrutabile. In questa realtà parallela, ogni due anni si svolge la Lunga Marcia, a metà tra una gara di resistenza mortale ed un gioco a premi televisivo: cento ragazzi marciano senza sosta partendo dal confine con il Canada e dirigendosi verso Boston, chi si ferma viene fucilato sul posto mentre l'ultimo a rimanere in piedi potrà chiedere qualunque cosa, diventando una sorta di eroe popolare.
La trama non si spinge oltre questo concetto di partenza, infatti nel testo ci si limita a seguire lo svolgimento della Marcia attraverso il punto di vista di Raymond "Ray" Davis Garraty, un sedicenne che viene spesso appellato come "il beniamino del Maine". A rendere più dinamica una narrazione altrimenti vincolata dall'evento (non propriamente) sportivo ci sono alcuni flashback che ci raccontano la vita di Ray oppure il passato dei Marciatori ai quali si avvicina; anche alcuni elementi relativi all'ambientazione vengono forniti durante la storia, permettendo così al lettore di farsi un quadro sufficientemente chiaro del mondo di cui legge e delle sue regole.
Nel complesso reputo ben sviluppato il concetto alla base, specialmente per come King descrive l'atteggiamento dei cittadini nei confronti della Marcia: nessuno si scandalizza per il massacro di un gruppo di adolescenti, anzi le persone sono attratte in modo veramente morboso da questo evento, arrivando perfino a parteciparvi come fosse una parata gloriosa. La folla, che si fa via via più numerosa ed eccitata con il proseguire della competizione, ha dei comportamenti tanto opposti quanto affini, perché da un lato osanna il vincitore e cerca di ottenere dei "trofei" dai Marciatori, mentre dall'altro è pronta all'insulto, al disprezzo, e ovviamente a piazzare qualche scommessa. Le telecamere non sono presenti quanto mi sarei aspettata, ma la scelta di preferire un pubblico "dal vivo" rendere ancor meglio l'idea della fascinazione per la morte.
Questa attrazione malata, e autodistruttiva, viene posta anche come motivazione dell'iscrizione dei Marciatori, ed è un aspetto che non mi ha convinta per nulla: a parte un caso molto specifico, sembra che nessuno di questi ragazzi abbia una ragione concreta per partecipare. Non pretendevo che tutti fossero lì per diventare ricchi, ma mi sarei aspettata un po' di sforzo nel caratterizzare le loro vicende, almeno per quelli più importanti. Nei primi capitoli pensavo perfino fossero costretti, visto che nessuno di loro sembrava avere un obiettivo reale! Tutto ciò rende ovviamente molto difficile empatizzare con loro, nonostante la sorte orribile che li attente, e in questo senso l'unico che mi sento di salvare è Stebbins.
Ma questo non è il solo motivo per cui i personaggi risultano lontani al lettore: visto il contenuto, questo è indubbiamente un romanzo rivolto ad un pubblico adulto, ma i Marciatori sono ragazzi giovani e come tali si comportano, ottenendo così ancor più distacco ma soprattutto disagio. King inserisce infatti dozzine di riferimenti sessuali, quasi sempre fuori luogo e che ho trovato ancor più indesiderati se si considera che i protagonisti hanno tutti sui sedici anni. Un trattamento ancora peggiore è quello riservato ai neri, agli omosessuali e alle donne, divise nettamente tra le fidanzate dei Marciatori (sante immacolate, e quindi frigide senza ragione) e le spettatrici infoiate, che vorrebbero praticamente saltare loro addosso.
Mi rendo benissimo conto che questo libro è ormai datato, ma non per questo posso forzarmi ad approvare una visione così (mi auguro!) superata della realtà.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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mercoledì 15 dicembre 2021
"La quinta stagione" di N.K. Jemisin
La quinta stagione by N.K. Jemisin
My rating: 4 of 5 stars
"Gli abitanti dell'Immoto vivono perennemente pronti al disastro … possono sopravvivere senza difficoltà cinque, dieci, persino venticinque anni in un mondo senza sole. Alla fine in questo caso significa fra qualche migliaio di anni"
QUANDO TI ASPETTI QUAKE E TI RITROVI CON ELSA
Dopo innumerevoli rinvii, mi sono infine ritagliata un po' di tempo per iniziare la serie La terra spezzata di N.K. Jemisin, autrice che avevo già conosciuto e parecchio apprezzato con "I centomila regni", la sua opera d'esordio rispetto alla quale ho notato un buon miglioramento. "La quinta stagione" è stata infatti una lettura piacevole, che fornisce una solida base per questa trilogia; visto l'hype attorno al romanzo, devo però ammettere che mi sarei aspettata qualcosina di più.
La storia si ambienta in un mondo fantastico, in particolare sul continente chiamato con sottilissima ironia l'Immoto; questo luogo è infatti funestato da continui movimenti sismici che rendono ovviamente difficoltosa la vita dei suoi abitanti, e hanno il loro climax nella cosiddetta Quinta Stagione, il periodo successivo ad un evento catastrofico durante il quale l'umanità superstite tenta di restaurare la civiltà. L'aspetto fantasy principale di questa ambientazione è la presenza degli orogeni, ossia persone capaci di utilizzare l'energia cinetica per bloccare oppure scatenare le scosse, ma anche fare molto altro a seconda del loro grado di controllo; questi individui vengono maltollerati dalla società, che teme il loro potere ma cerca al contempo di utilizzarlo per rendere sicure le città.
In questo quadro si dipanano tre linee narrative, chiaramente poste su piani temporali diversi, che ruotano attorno ad altrettante donne dotate di orogenia. La prima riguarda Damaya, una ragazzina che deve lasciare la sua famiglia per essere condotta al Fulcro, dove sono addestrati gli orogeni imperiali; la seconda si incentra sulla giovane Syenite, in viaggio nell'Immoto per portare a termine una missione su ordine del Fulcro; l'ultima segue Essun, una madre alla ricerca della figlia, all'inizio della nuova Quinta Stagione, all'apparenza destinata a durare per migliaia di anni.
Di questo romanzo ho apprezzato molto lo stile dell'autrice, davvero scorrevole, reso anche particolare per alcuni elementi insoluti, come la (parziale) narrazione in seconda persona oppure i frequenti commenti del narratore inseriti tra parentesi. Anche la scelta di avere un cast estremamente inclusivo è approvata in pieno: la maggioranza dei personaggi è queer e -sebbene si tratti di un mondo fittizio- appartenente ad ogni etnia. L'aspetto più riuscito del libro è però il world building incredibilmente ricco di dettagli; nella prima metà ci sono dei passaggi di palese infodump, ma non penso rovinino l'esperienza di lettura perché quello che il lettore scopre è genuinamente interessante e porta a voler esplorare sempre più questo mondo.
Mi sento di promuovere anche il sistema magico, perché risulta ben pensato e viene spiegato un po' alla volta, con il procedere della narrazione. A fine lettura, alcuni aspetti non sono ancora approfonditi a sufficienza (come il popolo dei mangiapietra o il potere degli obelischi), ma penso che verranno sfruttati meglio nei seguiti.
Per contro, ho trovato i colpi di scena un po' ripetitivi e prevedibili, e non sono particolarmente entusiasta neppure per la trama e le relazioni. Nel primo caso, abbiamo una narrazione che poggia su pochi eventi importanti, preferendo dilungarsi sulle spiegazioni ed i background dei personaggi; nel secondo, ho avuto la sensazione che i rapporti venissero imposti al lettore, anziché illustrati durante la storia. In particolare, la parte romance si sviluppa quasi interamente offpage, ma bisogna accettare che quei personaggi si amino a prescindere; stessa cosa succede per l'amicizia tra Syenite e Alabaster: ho davvero faticato a tollerarla, perché si basa sulla dinamica donna giovane ed ingenua/uomo maturo e saggio, che ovviamente le deve fare continue lezioncine, risultando pedante e paternalistico fino alla nausea.
Riguardo alla tematica dell'ecologismo, tanto sbandierata in altre recensioni, non l'ho sentita come centrale nella narrazione: quanto viene detto a riguardo sembra una versione alternativa del diluvio universale, con Padre Terra che punisce l’umanità come il Dio del Vecchio Testamento. Nulla di nuovo quindi, ma mi riservo di continuare la serie prima di emettere un giudizio definitivo in merito.
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My rating: 4 of 5 stars
"Gli abitanti dell'Immoto vivono perennemente pronti al disastro … possono sopravvivere senza difficoltà cinque, dieci, persino venticinque anni in un mondo senza sole. Alla fine in questo caso significa fra qualche migliaio di anni"
QUANDO TI ASPETTI QUAKE E TI RITROVI CON ELSA
Dopo innumerevoli rinvii, mi sono infine ritagliata un po' di tempo per iniziare la serie La terra spezzata di N.K. Jemisin, autrice che avevo già conosciuto e parecchio apprezzato con "I centomila regni", la sua opera d'esordio rispetto alla quale ho notato un buon miglioramento. "La quinta stagione" è stata infatti una lettura piacevole, che fornisce una solida base per questa trilogia; visto l'hype attorno al romanzo, devo però ammettere che mi sarei aspettata qualcosina di più.
La storia si ambienta in un mondo fantastico, in particolare sul continente chiamato con sottilissima ironia l'Immoto; questo luogo è infatti funestato da continui movimenti sismici che rendono ovviamente difficoltosa la vita dei suoi abitanti, e hanno il loro climax nella cosiddetta Quinta Stagione, il periodo successivo ad un evento catastrofico durante il quale l'umanità superstite tenta di restaurare la civiltà. L'aspetto fantasy principale di questa ambientazione è la presenza degli orogeni, ossia persone capaci di utilizzare l'energia cinetica per bloccare oppure scatenare le scosse, ma anche fare molto altro a seconda del loro grado di controllo; questi individui vengono maltollerati dalla società, che teme il loro potere ma cerca al contempo di utilizzarlo per rendere sicure le città.
In questo quadro si dipanano tre linee narrative, chiaramente poste su piani temporali diversi, che ruotano attorno ad altrettante donne dotate di orogenia. La prima riguarda Damaya, una ragazzina che deve lasciare la sua famiglia per essere condotta al Fulcro, dove sono addestrati gli orogeni imperiali; la seconda si incentra sulla giovane Syenite, in viaggio nell'Immoto per portare a termine una missione su ordine del Fulcro; l'ultima segue Essun, una madre alla ricerca della figlia, all'inizio della nuova Quinta Stagione, all'apparenza destinata a durare per migliaia di anni.
Di questo romanzo ho apprezzato molto lo stile dell'autrice, davvero scorrevole, reso anche particolare per alcuni elementi insoluti, come la (parziale) narrazione in seconda persona oppure i frequenti commenti del narratore inseriti tra parentesi. Anche la scelta di avere un cast estremamente inclusivo è approvata in pieno: la maggioranza dei personaggi è queer e -sebbene si tratti di un mondo fittizio- appartenente ad ogni etnia. L'aspetto più riuscito del libro è però il world building incredibilmente ricco di dettagli; nella prima metà ci sono dei passaggi di palese infodump, ma non penso rovinino l'esperienza di lettura perché quello che il lettore scopre è genuinamente interessante e porta a voler esplorare sempre più questo mondo.
Mi sento di promuovere anche il sistema magico, perché risulta ben pensato e viene spiegato un po' alla volta, con il procedere della narrazione. A fine lettura, alcuni aspetti non sono ancora approfonditi a sufficienza (come il popolo dei mangiapietra o il potere degli obelischi), ma penso che verranno sfruttati meglio nei seguiti.
Per contro, ho trovato i colpi di scena un po' ripetitivi e prevedibili, e non sono particolarmente entusiasta neppure per la trama e le relazioni. Nel primo caso, abbiamo una narrazione che poggia su pochi eventi importanti, preferendo dilungarsi sulle spiegazioni ed i background dei personaggi; nel secondo, ho avuto la sensazione che i rapporti venissero imposti al lettore, anziché illustrati durante la storia. In particolare, la parte romance si sviluppa quasi interamente offpage, ma bisogna accettare che quei personaggi si amino a prescindere; stessa cosa succede per l'amicizia tra Syenite e Alabaster: ho davvero faticato a tollerarla, perché si basa sulla dinamica donna giovane ed ingenua/uomo maturo e saggio, che ovviamente le deve fare continue lezioncine, risultando pedante e paternalistico fino alla nausea.
Riguardo alla tematica dell'ecologismo, tanto sbandierata in altre recensioni, non l'ho sentita come centrale nella narrazione: quanto viene detto a riguardo sembra una versione alternativa del diluvio universale, con Padre Terra che punisce l’umanità come il Dio del Vecchio Testamento. Nulla di nuovo quindi, ma mi riservo di continuare la serie prima di emettere un giudizio definitivo in merito.
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lunedì 13 dicembre 2021
"The Will and the Wilds" di Charlie N. Holmberg
The Will and the Wilds by Charlie N. Holmberg
My rating: 4 of 5 stars
"I chant little spells my grandmother taught me as I pass between trees that, in the darkness, have grown into looming giants, their branches like claws and their leaves hundreds of teeth"
LASCIATELE SCRIVERE UN LIBRO PIÙ LUNGO DI 300 PAGINE!
Appena terminata la lettura di "Master Magician" già desideravo recuperare qualcos'altro di Charlie N. Holmberg, invece ho finito con l'aspettare quasi tre anni, perché mi illudevo con la speranza che i suoi nuovi romanzi venissero tradotti in italiano. Così non è stato finora, quindi mi sono buttata sull'edizione in lingua di "The Will and the Wilds", uno dei suoi lavori più recenti ma non per questo distante da quelli che erano gli elementi chiave della trilogia The Paper Magician.
La storia si ambienta nel tipico mondo fantasy-medioevale reso particolare dal collegamento con il Deep, una realtà parallela in cui abitano varie specie di mostri chiamati Mystings; queste creature e gli umani possono entrare nelle rispettive dimensioni, ma ciò ha effetti deleteri sui loro corpi nel primo caso, e sulle loro menti nel secondo. Nonostante questo, esistono dei rapporti tra persone e mostri, siano essi conflitti e battaglie oppure relazioni ed accordi; gli umani possono infatti evocare i Mystings dal Deep e stringere con loro dei patti per ottenere qualcosa al di là delle loro capacità. Il sistema magico ricorda molto quello della serie Bartimeus Sequence: non vediamo persone dotate di poteri, ma semplicemente degli evocatori che mercanteggiano con i mostri per sfruttare le loro abilità sovrannaturali.
In questo contesto si muove la nostra protagonista Enna Rydar, una giovane donna affascinata dal mondo dei Mystings che vorrebbe studiare per poi pubblicare una sorta di guida sulle varie specie, con illustrazioni e consigli su come proteggersi; i suoi sogni sono però ostracizzati da una società misogina, che non accetta la presenza di una donna all'interno del mondo accademico, e dalle precarie condizioni di salute del padre. La vita della ragazza viene turbata dall'attacco di un mostro, per difendersi dal quale Enna stringe un accordo con un altro Mysting, l'affascinante ed ingannevole Maekallus.
Nonostante la presenza di un mondo fantastico ben delineato e di un sistema magico strutturato con cura, questo libro vira decisamente verso il romance, e ciò diventa chiaro soprattutto nell'ultima parte in cui l'aspetto fantasy è gestito con superficialità e si dimostra funzionale in primis alla risoluzione della storia d'amore. Il lato romantico però è sviluppato molto bene, riuscendo a creare un rapporto genuino tra due protagonisti che, in un primo momento, provano soltanto diffidenza l'una verso l'altro.
Enna e Maekallus sono l'altro grande punto di forza del romanzo. Lei è una protagonista priva delle caratteristiche esagerate che spesso si trovano in un contesto fantasy, anzi le sue reazioni ed i suoi pensieri sono molto verosimili, quindi risulta facile rivedersi in lei. Anche il Mysting è scritto bene, e le motivazioni del suo cambiamento hanno una base solida.
Pur avendo trovato davvero deliziosa questa lettura, ci sono un paio di aspetti che reputo migliorabili, anche se sono ormai convinta siano parte dello stile distintivo di Holmberg. Il ritmo narrativo è davvero rapido: questo fa si che non ci siano momenti morti, ma da anche poco tempo al lettore per assimilare le informazioni, spesso fornite dalla protagonista senza giri di parole, in modo poco elegante. L'altro problema è la limitatezza del cast, composto tra l'altro da personaggi secondari alquanto stereotipati.
È davvero un peccato che l'autrice non si conceda di scrivere una storia più lunga e complessa, dove approfondire abbastanza i personaggi e sfruttare al meglio i suoi interessanti mondi fantasy.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"I chant little spells my grandmother taught me as I pass between trees that, in the darkness, have grown into looming giants, their branches like claws and their leaves hundreds of teeth"
LASCIATELE SCRIVERE UN LIBRO PIÙ LUNGO DI 300 PAGINE!
Appena terminata la lettura di "Master Magician" già desideravo recuperare qualcos'altro di Charlie N. Holmberg, invece ho finito con l'aspettare quasi tre anni, perché mi illudevo con la speranza che i suoi nuovi romanzi venissero tradotti in italiano. Così non è stato finora, quindi mi sono buttata sull'edizione in lingua di "The Will and the Wilds", uno dei suoi lavori più recenti ma non per questo distante da quelli che erano gli elementi chiave della trilogia The Paper Magician.
La storia si ambienta nel tipico mondo fantasy-medioevale reso particolare dal collegamento con il Deep, una realtà parallela in cui abitano varie specie di mostri chiamati Mystings; queste creature e gli umani possono entrare nelle rispettive dimensioni, ma ciò ha effetti deleteri sui loro corpi nel primo caso, e sulle loro menti nel secondo. Nonostante questo, esistono dei rapporti tra persone e mostri, siano essi conflitti e battaglie oppure relazioni ed accordi; gli umani possono infatti evocare i Mystings dal Deep e stringere con loro dei patti per ottenere qualcosa al di là delle loro capacità. Il sistema magico ricorda molto quello della serie Bartimeus Sequence: non vediamo persone dotate di poteri, ma semplicemente degli evocatori che mercanteggiano con i mostri per sfruttare le loro abilità sovrannaturali.
In questo contesto si muove la nostra protagonista Enna Rydar, una giovane donna affascinata dal mondo dei Mystings che vorrebbe studiare per poi pubblicare una sorta di guida sulle varie specie, con illustrazioni e consigli su come proteggersi; i suoi sogni sono però ostracizzati da una società misogina, che non accetta la presenza di una donna all'interno del mondo accademico, e dalle precarie condizioni di salute del padre. La vita della ragazza viene turbata dall'attacco di un mostro, per difendersi dal quale Enna stringe un accordo con un altro Mysting, l'affascinante ed ingannevole Maekallus.
Nonostante la presenza di un mondo fantastico ben delineato e di un sistema magico strutturato con cura, questo libro vira decisamente verso il romance, e ciò diventa chiaro soprattutto nell'ultima parte in cui l'aspetto fantasy è gestito con superficialità e si dimostra funzionale in primis alla risoluzione della storia d'amore. Il lato romantico però è sviluppato molto bene, riuscendo a creare un rapporto genuino tra due protagonisti che, in un primo momento, provano soltanto diffidenza l'una verso l'altro.
Enna e Maekallus sono l'altro grande punto di forza del romanzo. Lei è una protagonista priva delle caratteristiche esagerate che spesso si trovano in un contesto fantasy, anzi le sue reazioni ed i suoi pensieri sono molto verosimili, quindi risulta facile rivedersi in lei. Anche il Mysting è scritto bene, e le motivazioni del suo cambiamento hanno una base solida.
Pur avendo trovato davvero deliziosa questa lettura, ci sono un paio di aspetti che reputo migliorabili, anche se sono ormai convinta siano parte dello stile distintivo di Holmberg. Il ritmo narrativo è davvero rapido: questo fa si che non ci siano momenti morti, ma da anche poco tempo al lettore per assimilare le informazioni, spesso fornite dalla protagonista senza giri di parole, in modo poco elegante. L'altro problema è la limitatezza del cast, composto tra l'altro da personaggi secondari alquanto stereotipati.
È davvero un peccato che l'autrice non si conceda di scrivere una storia più lunga e complessa, dove approfondire abbastanza i personaggi e sfruttare al meglio i suoi interessanti mondi fantasy.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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lunedì 6 dicembre 2021
"Carezze di velluto" di Sarah Waters
Carezze di velluto by Sarah Waters
My rating: 5 of 5 stars
"La verità era questa: qualsiasi successo avessi potuto ottenere come donna sarebbe stato niente in confronto ai trionfi che avrei potuto riportare vestita da uomo ... avevo scoperto la mia vocazione"
SE DICKENS AVESSE SCRITTO DI DONNE LESBICHE
Dopo due capolavori è sempre difficile vedere confermate le proprie aspettative, soprattutto se si approda all'esordio di un autore dopo aver letto i suoi lavori più maturi. È quindi con un po' di esitazione che mi sono approcciata a "Carezze di velluto", e nella prima parte del romanzo devo dire di aver seriamente temuto per una mezza delusione; invece, avrei dovuto avere più fiducia in Sarah Water, che con questo libro si conferma a ragione tra i miei autori contemporanei preferiti, nonché la sola capace di farmi apprezzare appieno una storia che di base è un romance.
Come nell'altrettanto meraviglioso "Ladra", ci troviamo in Inghilterra nell'epoca vittoriana: un'ambientazione fatta tanto di eleganti salotti decadenti quanto di misere abitazioni nei paesini di provincia oppure nei sobborghi della stessa Londra che l'autrice descrive con una bravura degna di Charles Dickens, che in quegli anni però ci viveva. La storia inizia nella cittadina marittima di Whitstable dove nasce e cresce Nancy "Nan" Astley, la nostra protagonista e voce narrante; di base questo è un romanzo di formazione, che non segue una vera e propria trama, ma mostra i primi anni della vita adulta della ragazza la cui placida esistenza come ostricara viene stravolta durante una serata al music hall, quando assiste allo spettacolo di Kitty Butler, che balla e canta vestita da gentiluomo.
Da questo evento parte il percorso di crescita e scoperta di se di Nancy, che la porterà nel mondo eclettico degli artisti londinesi, nelle lussuose dimore degli aristocratici annoiati e perfino nella povera vita di chi vive ai margini della fumosa capitale inglese. In un arco temporale di sei anni, il suo personaggio compie un'evoluzione legata alla crescita personale incredibile eppure sempre verosimile, raccontata da una versione più matura della protagonista, che guarda la se stessa giovane con un misto di biasimo e nostalgia, indicando i suoi errori in modo critico e senza nascondere neppure i pensieri che potrebbero portare il lettore a biasimarla, come la mancanza di nostalgia nei confronti della famiglia quando si trasferisce, nonostante loro cerchino di supportarla in qualsiasi modo.
Pur non avendola apprezzata in un primo momento, confesso che pian piano mi sono affezionata a questa protagonista spiacevole, ed ho finito per fare il tifo per lei proprio perché riesce ad imparare dagli errori commessi e non smette mai di reinventarsi. Ho adorato anche la maggior parte dei molti comprimari, in particolare Zena e Ralph credo siano tra i più riusciti ma in questo romanzo troverete un intero microcosmo di personaggi talmente ben scritti da sembrare reali.
Come detto, non abbiamo una trama nel senso convenzionale del termine, perché l'autrice sceglie di seguire semplicemente il POV di Nancy, e ciò rende forse le svolte narrative prevedibili. Se si potrebbe vedere in questo dettaglio un difetto (l'unico!), va però tenuto conto che il foreshadowing della narratrice stessa dimostra come non fosse affatto nelle intenzioni di Waters costruire dei colpi di scena.
Come le altre opere dell'autrice, questo libro non è caratterizzato solo dal suo stile ricercato eppure estremamente scorrevole, ma anche dalle tematiche collegate all'orientamento sessuale e all'identità di genere: in particolare, qui Waters si focalizza in primis sull'omosessualità, ma concede molto spazio anche al crossdressing e al nonbinarismo, riuscendo a calare il tutto in un'epoca dove questi temi erano un vero tabù. Il romanzo va inoltre a toccare argomenti di carattere sociale, come l'emancipazione femminile e la condizione della classe operaia, mostrando anche i modi diversi di affrontarli tra chi li conosce in prima persona e gli aristocratici che vedono invece la beneficienza come un passatempo tra i tanti.
Un romanzo dal quale c'è molto da imparare, sia per quanto riguarda l'ambiente misconosciuto dei music hall vittoriani che per i temi LGBT+ tanto cari all'autrice, ma dove soprattutto non si può che rimanere coinvolti da una storia d'amore semplice eppure tanto sofferta.
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My rating: 5 of 5 stars
"La verità era questa: qualsiasi successo avessi potuto ottenere come donna sarebbe stato niente in confronto ai trionfi che avrei potuto riportare vestita da uomo ... avevo scoperto la mia vocazione"
SE DICKENS AVESSE SCRITTO DI DONNE LESBICHE
Dopo due capolavori è sempre difficile vedere confermate le proprie aspettative, soprattutto se si approda all'esordio di un autore dopo aver letto i suoi lavori più maturi. È quindi con un po' di esitazione che mi sono approcciata a "Carezze di velluto", e nella prima parte del romanzo devo dire di aver seriamente temuto per una mezza delusione; invece, avrei dovuto avere più fiducia in Sarah Water, che con questo libro si conferma a ragione tra i miei autori contemporanei preferiti, nonché la sola capace di farmi apprezzare appieno una storia che di base è un romance.
Come nell'altrettanto meraviglioso "Ladra", ci troviamo in Inghilterra nell'epoca vittoriana: un'ambientazione fatta tanto di eleganti salotti decadenti quanto di misere abitazioni nei paesini di provincia oppure nei sobborghi della stessa Londra che l'autrice descrive con una bravura degna di Charles Dickens, che in quegli anni però ci viveva. La storia inizia nella cittadina marittima di Whitstable dove nasce e cresce Nancy "Nan" Astley, la nostra protagonista e voce narrante; di base questo è un romanzo di formazione, che non segue una vera e propria trama, ma mostra i primi anni della vita adulta della ragazza la cui placida esistenza come ostricara viene stravolta durante una serata al music hall, quando assiste allo spettacolo di Kitty Butler, che balla e canta vestita da gentiluomo.
Da questo evento parte il percorso di crescita e scoperta di se di Nancy, che la porterà nel mondo eclettico degli artisti londinesi, nelle lussuose dimore degli aristocratici annoiati e perfino nella povera vita di chi vive ai margini della fumosa capitale inglese. In un arco temporale di sei anni, il suo personaggio compie un'evoluzione legata alla crescita personale incredibile eppure sempre verosimile, raccontata da una versione più matura della protagonista, che guarda la se stessa giovane con un misto di biasimo e nostalgia, indicando i suoi errori in modo critico e senza nascondere neppure i pensieri che potrebbero portare il lettore a biasimarla, come la mancanza di nostalgia nei confronti della famiglia quando si trasferisce, nonostante loro cerchino di supportarla in qualsiasi modo.
Pur non avendola apprezzata in un primo momento, confesso che pian piano mi sono affezionata a questa protagonista spiacevole, ed ho finito per fare il tifo per lei proprio perché riesce ad imparare dagli errori commessi e non smette mai di reinventarsi. Ho adorato anche la maggior parte dei molti comprimari, in particolare Zena e Ralph credo siano tra i più riusciti ma in questo romanzo troverete un intero microcosmo di personaggi talmente ben scritti da sembrare reali.
Come detto, non abbiamo una trama nel senso convenzionale del termine, perché l'autrice sceglie di seguire semplicemente il POV di Nancy, e ciò rende forse le svolte narrative prevedibili. Se si potrebbe vedere in questo dettaglio un difetto (l'unico!), va però tenuto conto che il foreshadowing della narratrice stessa dimostra come non fosse affatto nelle intenzioni di Waters costruire dei colpi di scena.
Come le altre opere dell'autrice, questo libro non è caratterizzato solo dal suo stile ricercato eppure estremamente scorrevole, ma anche dalle tematiche collegate all'orientamento sessuale e all'identità di genere: in particolare, qui Waters si focalizza in primis sull'omosessualità, ma concede molto spazio anche al crossdressing e al nonbinarismo, riuscendo a calare il tutto in un'epoca dove questi temi erano un vero tabù. Il romanzo va inoltre a toccare argomenti di carattere sociale, come l'emancipazione femminile e la condizione della classe operaia, mostrando anche i modi diversi di affrontarli tra chi li conosce in prima persona e gli aristocratici che vedono invece la beneficienza come un passatempo tra i tanti.
Un romanzo dal quale c'è molto da imparare, sia per quanto riguarda l'ambiente misconosciuto dei music hall vittoriani che per i temi LGBT+ tanto cari all'autrice, ma dove soprattutto non si può che rimanere coinvolti da una storia d'amore semplice eppure tanto sofferta.
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mercoledì 1 dicembre 2021
"Il mio splendido migliore amico" di A.G. Howard
Il mio splendido migliore amico by A.G. Howard
My rating: 2 of 5 stars
"Armeggiando con la chiave che ora è grande quanto il mio palmo, apro la porta e mi tuffo nel Paese delle Meraviglie"
IL MIO SPLENDIDO (?) PADRE-PADRONE
Non ci vogliono certo le celluline grigie di Poirot per capire che l'autrice ha scelto Avril Lavigne come ispirazione per tratteggiare l'aspetto di Alyssa, la protagonista di questo romanzo. Peccato che, in confronto con la cantante -praticamente identica a vent'anni fa, tanto da diventare un meme- il libro non sia invecchiato altrettanto bene. Anzi a voler essere onesti risultava datato già nel 2013, all'epoca della sua prima pubblicazione, ma evidentemente l'autrice era troppo affezionata all'estetica pseudo-emo ed alla sua CE non hanno avuto il cuore di farle presente che nessuno canticchiava più Skater Boy da una decina d'anni ormai.
Il libro è fortemente collegato ai romanzi di Lewis Carroll con protagonista la curiosa Alice: parte dal presupposto che il Paese delle Meraviglie sia reale e Alice Liddell, la ragazzina che ispirò l'omonimo personaggio, lo abbia effettivamente visitato. La narrazione parte nel Texas dei giorni nostri dove l'adolescente Alyssa Gardner vive sola con il padre dopo che la madre è stata internata in un manicomio a seguito di una violenta aggressione verso la sua stessa figlia; la ragazza teme di aver ereditato la malattia della madre, ma alcuni eventi paranormali le faranno capire come questa situazione sia dovuta unicamente ad una connessione che la sua famiglia ha con il Paese delle Meraviglie. Per spezzare questo legame e salvare la madre, Alyssa ripercorre i passi fatti più di un secolo prima da Alice e scende nella Tana del Coniglio con il migliore amico Jebediah "Jeb" Holt ed il suo onnipresente piercing.
Infatti, se c'è un aspetto evidente fin da subito nella prosa di Howard è la sovrabbondanza di dettagli inutili, spesso ripetuti immotivatamente ogni due pagine oppure collegati all'abbigliamento dei personaggi, le cui descrizioni di mèches posticce e anfibi con la zeppa occupano intere pagine del romanzo. Informale e tutt'altro che pretenzioso, lo stile dell'autrice non mi ha sicuramente colpita, anche se si può dire che renda bene l'atmosfera assurda del classico di Carroll, ma soltanto perché la protagonista si comporta in maniera inspiegabile e tra le varie scene mancano spesso dei collegamenti logici.
Più in generale, la narrazione è ricchissima di avvenimenti ma si basa su una storia che copre soltanto una manciata di giorni, con il risultato di avere un ritmo eccessivamente frenetico. Questo va ad inficiare anche la verosimiglianza di quanto succede: l'autrice vorrebbe raccontare una vicenda dai toni avventurosi, eppure le prove vengono superate dai protagonisti troppo rapidamente, perdendo del tutto il senso di pericolo o di tensione. Neppure con il lato fantasy Howard brilla particolarmente perché non fornisce nessuna spiegazione su come funzionino i poteri dei personaggi e l'impressione è che utilizzi la magia per risolvere delle situazioni nelle quali altrimenti la missione di Alyssa si sarebbe arenata.
La parte romance occupa un terzo abbondante del libro, e riesce comunque a risultare perfettamente inutile. Alyssa è al centro di un tipico triangolo YA e viene contesa tra due ragazzi bellissimi e del tutto intercambiabili: lei propende per uno o per l'altro solo sulla base di chi le è più vicino in un dato momento. L'aspetto più fastidioso è però il comportamento dei due, che la trattano come fosse una bambola stupida da rigirare e comandare a loro piacimento; mi sembra quasi superfluo dire che questo atteggiamento -caratterizzato da gelosia e possessività- non viene etichettato come abusivo, bensì romanticizzato.
Ma non c'è proprio nulla da salvare in questa lettura? in realtà come retelling di "Alice nel Paese delle Meraviglie" funziona abbastanza bene e anche i dettagli inediti che aggiunge, come il vaso Tagliavoce oppure il linguaggio dei Giuramorte, risultano adatti a quell'immaginario. Promuovo anche l'ambientazione, più vicina a quella dell'adattamento di Tim Burton ma non troppo inquietante: potrebbe piacere a chi cerca una rivisitazione per ragazzi del classico, con qualche elemento horror.
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My rating: 2 of 5 stars
"Armeggiando con la chiave che ora è grande quanto il mio palmo, apro la porta e mi tuffo nel Paese delle Meraviglie"
IL MIO SPLENDIDO (?) PADRE-PADRONE
Non ci vogliono certo le celluline grigie di Poirot per capire che l'autrice ha scelto Avril Lavigne come ispirazione per tratteggiare l'aspetto di Alyssa, la protagonista di questo romanzo. Peccato che, in confronto con la cantante -praticamente identica a vent'anni fa, tanto da diventare un meme- il libro non sia invecchiato altrettanto bene. Anzi a voler essere onesti risultava datato già nel 2013, all'epoca della sua prima pubblicazione, ma evidentemente l'autrice era troppo affezionata all'estetica pseudo-emo ed alla sua CE non hanno avuto il cuore di farle presente che nessuno canticchiava più Skater Boy da una decina d'anni ormai.
Il libro è fortemente collegato ai romanzi di Lewis Carroll con protagonista la curiosa Alice: parte dal presupposto che il Paese delle Meraviglie sia reale e Alice Liddell, la ragazzina che ispirò l'omonimo personaggio, lo abbia effettivamente visitato. La narrazione parte nel Texas dei giorni nostri dove l'adolescente Alyssa Gardner vive sola con il padre dopo che la madre è stata internata in un manicomio a seguito di una violenta aggressione verso la sua stessa figlia; la ragazza teme di aver ereditato la malattia della madre, ma alcuni eventi paranormali le faranno capire come questa situazione sia dovuta unicamente ad una connessione che la sua famiglia ha con il Paese delle Meraviglie. Per spezzare questo legame e salvare la madre, Alyssa ripercorre i passi fatti più di un secolo prima da Alice e scende nella Tana del Coniglio con il migliore amico Jebediah "Jeb" Holt ed il suo onnipresente piercing.
Infatti, se c'è un aspetto evidente fin da subito nella prosa di Howard è la sovrabbondanza di dettagli inutili, spesso ripetuti immotivatamente ogni due pagine oppure collegati all'abbigliamento dei personaggi, le cui descrizioni di mèches posticce e anfibi con la zeppa occupano intere pagine del romanzo. Informale e tutt'altro che pretenzioso, lo stile dell'autrice non mi ha sicuramente colpita, anche se si può dire che renda bene l'atmosfera assurda del classico di Carroll, ma soltanto perché la protagonista si comporta in maniera inspiegabile e tra le varie scene mancano spesso dei collegamenti logici.
Più in generale, la narrazione è ricchissima di avvenimenti ma si basa su una storia che copre soltanto una manciata di giorni, con il risultato di avere un ritmo eccessivamente frenetico. Questo va ad inficiare anche la verosimiglianza di quanto succede: l'autrice vorrebbe raccontare una vicenda dai toni avventurosi, eppure le prove vengono superate dai protagonisti troppo rapidamente, perdendo del tutto il senso di pericolo o di tensione. Neppure con il lato fantasy Howard brilla particolarmente perché non fornisce nessuna spiegazione su come funzionino i poteri dei personaggi e l'impressione è che utilizzi la magia per risolvere delle situazioni nelle quali altrimenti la missione di Alyssa si sarebbe arenata.
La parte romance occupa un terzo abbondante del libro, e riesce comunque a risultare perfettamente inutile. Alyssa è al centro di un tipico triangolo YA e viene contesa tra due ragazzi bellissimi e del tutto intercambiabili: lei propende per uno o per l'altro solo sulla base di chi le è più vicino in un dato momento. L'aspetto più fastidioso è però il comportamento dei due, che la trattano come fosse una bambola stupida da rigirare e comandare a loro piacimento; mi sembra quasi superfluo dire che questo atteggiamento -caratterizzato da gelosia e possessività- non viene etichettato come abusivo, bensì romanticizzato.
Ma non c'è proprio nulla da salvare in questa lettura? in realtà come retelling di "Alice nel Paese delle Meraviglie" funziona abbastanza bene e anche i dettagli inediti che aggiunge, come il vaso Tagliavoce oppure il linguaggio dei Giuramorte, risultano adatti a quell'immaginario. Promuovo anche l'ambientazione, più vicina a quella dell'adattamento di Tim Burton ma non troppo inquietante: potrebbe piacere a chi cerca una rivisitazione per ragazzi del classico, con qualche elemento horror.
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