Il Mezzo Re by Joe Abercrombie
My rating: 4 of 5 stars
"Incatenato alle panche, fece della Vento del Sud la sua materia di studio: la nave, le persone a bordo, e come potersene servire per liberarsi.
Perché i migliori strumenti di un ministrante sono le persone"
IL GRIMDARK PER RAGAZZI ESISTE!
Dopo aver esplorato un po' tutti i continenti del Mondo Circolare, ho pensato di prendermi una pausa dall'universo narrativo de La Prima Legge, ma non per questo precludermi la prosa sempre sopra le righe del caro Joe. Ho cominciato così la lettura della trilogia Il Mare Infranto, una serie rivolta ad un pubblico giovane che nonostante il diverso target riesce a mantenere inalterati gli elementi caratteristici dell'estetica grimdark, glissando però su dettagli grafici e scene gore.
La premessa de "Il mezzo re" è altresì un classico del genere: dopo l'improvvisa morte del padre e del fratello maggiore, il giovane principe Yarvi è costretto ad abbandonare il percorso per diventare ministrante, ritrovandosi suo malgrado sovrano del Gettland; carica con la quale assume anche il solenne impegno di vendicare la morte dei propri familiari, caduti vittime di un'imboscata nel Vansterland, regno confinante e da sempre nemico. La sua missione subisce però un cambio di rotta, tanto brusco da trasformarlo in uno schiavo rematore sulla galea mercantile Vento del Sud, dalla quale parte poi il suo percorso di rivalsa, sempre con l'obiettivo di far giustizia contro i suoi antagonisti.
Già da questa premessa capirete che il romanzo ha una marcia in più rispetto ad altri titoli dello stesso autore, proprio perché segue una vera trama anziché un'accozzaglia di eventi messi lì per giustificare l'introspezione dei personaggi. Per onestà ci tengo a precisare che l'intreccio in questione non presenta svolte davvero imprevedibili -con una sola, inaspettata eccezione verso il finale-, ma conferma la sua solidità sia nel delineare il percorso di crescita del protagonista, sia nella ciclicità della vicenda: abbiamo quindi un ritorno al punto di partenza, con un contesto ben diverso tutt'attorno. Ho apprezzato che Abercrombie abbia saputo dare il giusto spazio alle difficoltà incontrate da Yarvi sul piano ideologico ma soprattutto su quello fisico (a causa della sua disabilità), perché lo fa con leggerezza ma senza un intento denigratorio.
Un altro enorme pregio di questo romanzo è rappresentato dalla sua ambientazione: se è vero che non si tratta di nulla di nuovo sotto il sole per quanto concerne il genere fantasy, non si può negare come la narrativa per ragazzi raramente presenti dei world building tanto curati e vasti. È poi molto carino il modo in cui viene inserito l'elemento della found (in tutti i sensi!) family, che mi auguro avrà modo di risaltare anche nei seguiti.
Per quanto riguarda i personaggi, solitamente il punto di forza nei libri del caro Joe, ho invece sentimenti contrastanti: da un lato ho adorato la caratterizzazione di Yarvi -specialmente per come reagisce di fronte alle difficoltà e per la sua determinazione priva di troppi scupoli- e credo ci siano diversi comprimari interessanti da esplorare maggiormente nel corso della serie; dall'altro alcuni personaggi risultano un po' stereotipati, oltre a poter vantare dei nomi a dir poco astrusi. È il caso della mercantessa Ebdel Aric Shadikshirram, che mi è sembrata una versione al femminile del non troppo compianto Nicomo Cosca, o della Regina Dorata: a parte la propensione per il commercio, è una copia carbone di Lady Catelyn Stark di Game of Thrones.
A parte queste similitudini e la già menzionata mancanza di colpi di scena efficaci, i difetti di questo titolo sono individuabili in una narrazione troppo veloce -specialmente nei primi capitoli, dove di diverse scene cruciali si vedono soltanto gli effetti- e nella vaghezza del sistema magico, che è quasi la norma nel grimdark ma visto quanto spesso vengono menzionati gli elfi mi sarei aspettata qualche informazione in più a riguardo. Ed infine abbiamo l'edizione! che avrà anche il pregio di aver mantenuto la mappa originale, ma ha senza dubbio devastato il testo con una traduzione densa di refusi, rendendo alcune frasi incomprensibili. Ciò rallenta purtroppo una lettura che avrebbe altrimenti tutte le carte in regola per correre a briglia sciolta.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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lunedì 26 febbraio 2024
venerdì 23 febbraio 2024
"Cattive compagnie" di Ruth Newman
Cattive compagnie by Ruth Newman
My rating: 2 of 5 stars
"«È lui», ho detto di nuovo, lo sguardo fisso sull'uomo nello sfondo della foto, con quei capelli neri, quegli occhi azzurri, quel sorriso così familiari.
«È Charlie.»"
A ME NON PARE TUTTO OK
Rimandare per tanto tempo la lettura di un libro può portare a diverse conseguenze negative: non provare più interesse per la sinossi, ritrovarsi con una storia invecchiata malino, rendersi conto che forse non è più la lettura adatta a noi. Per me "Cattive compagnie" ricade in quest'ultima categoria perché, da quando ho acquistato la mia copia al momento in cui mi sono finalmente decisa a leggerla, ho sviluppato una certa avversione verso le autrici britanniche di suspence, il sottogenere del thriller domestico e gli scrittori stranieri che decidono di ambientare (parte del)le loro narrazioni in Italia per trattare la tematica della criminalità organizzata. E indovinate un po' quale titolo rientra in tutte e tre queste casistiche?
In realtà lo spunto di partenza sembra interessante: una donna inglese, Kate Grey, fatica a superare la morte del marito Charles "Charlie" Benson, avvenuta in circostanze tragiche ma anche poco chiare. Una foto che ritrae casualmente un uomo identico al suo adorato Charlie spinge Kate ad intraprendere un viaggio verso la città di Miami, nell'insensata speranza che il marito possa essere ancora vivo; viaggio nel quale sarà accompagnata da Luke Broussard, da sempre amico di Charlie. Nel primo terzo del volume, la narrazione al presente viene inoltre interrotta da dei flashback che mostrano com'è nata e si è evoluta la relazione tra Kate ed il marito.
Pur non avendo disprezzato del tutto questa lettura, mi trovo davvero in difficoltà nel trovarci dei pregi; e questo perché suddetti pregi sono compensati da difetti paralleli, oppure risultano così blandi da passare quasi inosservati. Diciamo che ho trovato carina la scelta di raccontare una protagonista un po' anticonformista, nonché decisamente spietata nella sua determinazione. Mi è piaciuto anche che Newman abbia investito tempo ed attenzione nella descrizione delle diverse ambientazioni, rendendo la prosa abbastanza curata in queste parti del testo.
Un altro punto a favore (con riserva) è rappresentato dai colpi di scena: alcuni sono resi davvero prevedibili dalla piega che prendono i dialoghi stessi, ma altri riescono in effetti a stupire, rendendo la lettura anche divertente in alcuni punti. Peccato che per stupire i lettori la cara Ruth sia stata costretta a provocare ai suoi personaggi degli attacchi di stupidità fulminante. È il caso dell'immotivata decisione della protagonista di togliersi i guanti in una determinata scena, ma in questa osservazione rientrano tranquillamente anche tutte le azioni compiute dagli antagonisti, nel finale e non solo: davvero non si capisce perché Kate non si faccia due domande sulle incongruenze in ciò che le viene raccontato!
Descrizioni a parte, la prosa ha secondo me ampi margini di miglioramento. A cominciare dall'eccessiva informalità nella narrazione, specie se accostata a delle linee di dialogo a volte fin troppo artificiose e ricercate. Boccio poi in toto la scelta di rendere la protagonista la voce narrante, perché se è vero che seguiamo sempre e solo lei durante la storia, non penso sia sensato da parte sua nascondere di proposito delle informazioni vitali; specie considerato che questo testo dovrebbe essere una sorta di racconto interiore. Un'ulteriore pecca nello stile di Newman è data dall'umorismo, ridondante e poco efficace: non penso sia necessario dedicare una pagina intera ad un'infelice battuta sul russare, neanche fossimo in un cinepanettone.
E concludiamo con qualche lamentela personale, come la discutibile edizione italiana nella quale parecchie frasi vengono tradotte in modo letterale, senza quindi tenere in considerazione giochi di parole o modi di dire inglesi. Mi ha fatto storcere il naso il modo superficiale con cui l'autrice ha parlato delle malattie mentali, delle persone di colore (con un simpatico sillogismo che li associa alla violenza di default) e della criminalità organizzata. Non farete fatica ad immaginare anche quale sia la mia opinione su una protagonista che si dimostra incapace di fare alcunché senza un uomo alto e muscoloso al suo fianco, per poi disdegnare senza possibilità di riscatto tutte le personagge femminili nelle quali incappa.
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My rating: 2 of 5 stars
"«È lui», ho detto di nuovo, lo sguardo fisso sull'uomo nello sfondo della foto, con quei capelli neri, quegli occhi azzurri, quel sorriso così familiari.
«È Charlie.»"
A ME NON PARE TUTTO OK
Rimandare per tanto tempo la lettura di un libro può portare a diverse conseguenze negative: non provare più interesse per la sinossi, ritrovarsi con una storia invecchiata malino, rendersi conto che forse non è più la lettura adatta a noi. Per me "Cattive compagnie" ricade in quest'ultima categoria perché, da quando ho acquistato la mia copia al momento in cui mi sono finalmente decisa a leggerla, ho sviluppato una certa avversione verso le autrici britanniche di suspence, il sottogenere del thriller domestico e gli scrittori stranieri che decidono di ambientare (parte del)le loro narrazioni in Italia per trattare la tematica della criminalità organizzata. E indovinate un po' quale titolo rientra in tutte e tre queste casistiche?
In realtà lo spunto di partenza sembra interessante: una donna inglese, Kate Grey, fatica a superare la morte del marito Charles "Charlie" Benson, avvenuta in circostanze tragiche ma anche poco chiare. Una foto che ritrae casualmente un uomo identico al suo adorato Charlie spinge Kate ad intraprendere un viaggio verso la città di Miami, nell'insensata speranza che il marito possa essere ancora vivo; viaggio nel quale sarà accompagnata da Luke Broussard, da sempre amico di Charlie. Nel primo terzo del volume, la narrazione al presente viene inoltre interrotta da dei flashback che mostrano com'è nata e si è evoluta la relazione tra Kate ed il marito.
Pur non avendo disprezzato del tutto questa lettura, mi trovo davvero in difficoltà nel trovarci dei pregi; e questo perché suddetti pregi sono compensati da difetti paralleli, oppure risultano così blandi da passare quasi inosservati. Diciamo che ho trovato carina la scelta di raccontare una protagonista un po' anticonformista, nonché decisamente spietata nella sua determinazione. Mi è piaciuto anche che Newman abbia investito tempo ed attenzione nella descrizione delle diverse ambientazioni, rendendo la prosa abbastanza curata in queste parti del testo.
Un altro punto a favore (con riserva) è rappresentato dai colpi di scena: alcuni sono resi davvero prevedibili dalla piega che prendono i dialoghi stessi, ma altri riescono in effetti a stupire, rendendo la lettura anche divertente in alcuni punti. Peccato che per stupire i lettori la cara Ruth sia stata costretta a provocare ai suoi personaggi degli attacchi di stupidità fulminante. È il caso dell'immotivata decisione della protagonista di togliersi i guanti in una determinata scena, ma in questa osservazione rientrano tranquillamente anche tutte le azioni compiute dagli antagonisti, nel finale e non solo: davvero non si capisce perché Kate non si faccia due domande sulle incongruenze in ciò che le viene raccontato!
Descrizioni a parte, la prosa ha secondo me ampi margini di miglioramento. A cominciare dall'eccessiva informalità nella narrazione, specie se accostata a delle linee di dialogo a volte fin troppo artificiose e ricercate. Boccio poi in toto la scelta di rendere la protagonista la voce narrante, perché se è vero che seguiamo sempre e solo lei durante la storia, non penso sia sensato da parte sua nascondere di proposito delle informazioni vitali; specie considerato che questo testo dovrebbe essere una sorta di racconto interiore. Un'ulteriore pecca nello stile di Newman è data dall'umorismo, ridondante e poco efficace: non penso sia necessario dedicare una pagina intera ad un'infelice battuta sul russare, neanche fossimo in un cinepanettone.
E concludiamo con qualche lamentela personale, come la discutibile edizione italiana nella quale parecchie frasi vengono tradotte in modo letterale, senza quindi tenere in considerazione giochi di parole o modi di dire inglesi. Mi ha fatto storcere il naso il modo superficiale con cui l'autrice ha parlato delle malattie mentali, delle persone di colore (con un simpatico sillogismo che li associa alla violenza di default) e della criminalità organizzata. Non farete fatica ad immaginare anche quale sia la mia opinione su una protagonista che si dimostra incapace di fare alcunché senza un uomo alto e muscoloso al suo fianco, per poi disdegnare senza possibilità di riscatto tutte le personagge femminili nelle quali incappa.
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lunedì 19 febbraio 2024
"La rosa del califfo" di Renée Ahdieh
La rosa del Califfo by Renée Ahdieh
My rating: 1 of 5 stars
Il formicolio cominciò a irradiarsi per il suo corpo e il tappeto si sollevò da terra ... La mente di Shahrzad era divisa fra due emozioni contrastanti.
La prima era la paura.
La seconda era qualcosa a cui non osava dare un nome
MA A JKR STA BENE IL PLAGIO DEL LIBRO-HORCRUX?
A dispetto degli sforzi per concentrarmi sugli elementi più positivi, "La moglie del califfo" è una di quelle letture che nella mia memoria sono destinate a diventare sempre meno piacevoli con il passare del tempo; colpa soprattutto di un elemento della trama, che mi tornava in mente non appena vedevo la copertina. Dal momento che suddetto elemento non si sarebbe potuto ripetere nel seguito, ero abbastanza fiduciosa riguardo a "La rosa del califfo". E poche volte nella storia della narrativa, fiducia fu peggio riposta.
Le vicende riprendono solo pochi giorni dopo la conclusione del primo romanzo. Ritroviamo quindi Shahrzad "Shazi" al-Khayzuran nell'accampamento dello sceicco Omar al-Sadiq, con la sua famiglia e le forze radunate da Tariq Imran al-Ziyad per muovere guerra contro il califfo. Dal canto suo Khalid Ibn al-Rashid si trova sempre più isolato all'interno del suo stesso palazzo, dove le incombenze come sovrano lo bloccano; per questo preferirebbe di gran lunga attivarsi per ricostruire la città di Rey dopo la devastante tempesta che l'ha colpita nell'epilogo del volume precedente. Questa situazione di stallo non dura comunque troppo, perché gli antagonisti iniziano a palesare le proprie mire sul trono del Khorasan.
Ora prendete tutti questi begli spunti e buttateli alle ortiche, perché nulla nella trama di questo libro ha uno straccio di logica tra causa ed effetto. Ma prima di partire in quarta con le critiche, spendiamo qualche parola sui pregi: non solo molti, né più di tanto significativi, ma meritano il loro spazio. Innanzitutto non si può dire che il messaggio di fondo (andare oltre le apparenze e non dare ascolto alle maldicenze su chi non si conosce) sia sbagliato; seppur molto semplificato, credo possa risultare valido per l'audience a cui Ahdieh si rivolge. Ho trovato poi carina una delle coppie secondarie: evito di nominarli per non sciupare anche questo briciolo di sorpresa, ma posso dire che risultano ben equilibrati e davvero in sintonia.
Mi sento di affermare che anche la prosa della cara Renée sembra migliorata rispetto al suo esordio, infatti ricorre meno alle frasi fatte; rimane invece saldamente ancorata alle metafore di dubbio gusto, che a questo punto presumo siano la sua cifra stilistica. Pensando alle prime scene di questo volume -dove viene dato più spazio al lato avventuroso della storia-, speravo davvero di avere altri elogi da fare! invece più ci si addentra nella narrazione, più la situazione degenera.
La prima a scricchiolare è la caratterizzazione dei personaggi, che nel primo capitolo mi era sembrata più che sufficiente, mentre qui è a dir poco disastrosa: i protagonisti sembrano affetti da stupidità fulminante -patologia che li porta a compiere delle azioni senza senso, o a non compiere delle azioni sensate-, mentre antagonisti e personaggi secondari regrediscono allo stadio di macchiette monodimensionali. Questo abbruttimento generale da vita ad una trama che prosegue solo perché un dato personaggio fa qualcosa senza motivo; alcuni esempi senza spoiler (o almeno spero!) sono la scelta di dividersi di Shazi ed Irsa in occasione del furto del libro, la decisione di Tariq di pedinare Irsa come fosse una criminale, Artan che non sfrutta il proprio vantaggio magico durante lo scontro con le guardie di Salim al-Sharif e l'imprigionamento volontario di Vikram "Rajput".
Potrei continuare questo elenco fino all'epilogo, che è allo stesso modo carente in quanto a logica interna, nonché terribilmente affrettato e dal retrogusto stucchevole; anche i personaggi che l'autrice elimina non sembrano dei sacrifici sofferti quanto piuttosto delle scelte arbitrarie per arrivare al finale più favorevole possibile per la disagiata coppia protagonista. Sebbene più presente rispetto al primo volume, neppure il lato fantasy riesce a salvare questa lettura, e forse proprio perché ottiene maggiore spazio nella storia: si creano così sequenze inutili -come l'addestramento di Shazi-, escamotage convenienti a dir poco e spiegazioni sulle quali la cara Renée sorvola con leggerezza. Per lo meno ci viene risparmiata altra violenza romanticizzata! direte voi. Questo è vero, peccato che siano presenti ben due scene in cui la protagonista viene minacciata di stupro senza alcuna ragione ai fini della trama;e ovviamente senza alcun commento critico a riguardo.
Voto effettivo: una stellina e mezza
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My rating: 1 of 5 stars
Il formicolio cominciò a irradiarsi per il suo corpo e il tappeto si sollevò da terra ... La mente di Shahrzad era divisa fra due emozioni contrastanti.
La prima era la paura.
La seconda era qualcosa a cui non osava dare un nome
MA A JKR STA BENE IL PLAGIO DEL LIBRO-HORCRUX?
A dispetto degli sforzi per concentrarmi sugli elementi più positivi, "La moglie del califfo" è una di quelle letture che nella mia memoria sono destinate a diventare sempre meno piacevoli con il passare del tempo; colpa soprattutto di un elemento della trama, che mi tornava in mente non appena vedevo la copertina. Dal momento che suddetto elemento non si sarebbe potuto ripetere nel seguito, ero abbastanza fiduciosa riguardo a "La rosa del califfo". E poche volte nella storia della narrativa, fiducia fu peggio riposta.
Le vicende riprendono solo pochi giorni dopo la conclusione del primo romanzo. Ritroviamo quindi Shahrzad "Shazi" al-Khayzuran nell'accampamento dello sceicco Omar al-Sadiq, con la sua famiglia e le forze radunate da Tariq Imran al-Ziyad per muovere guerra contro il califfo. Dal canto suo Khalid Ibn al-Rashid si trova sempre più isolato all'interno del suo stesso palazzo, dove le incombenze come sovrano lo bloccano; per questo preferirebbe di gran lunga attivarsi per ricostruire la città di Rey dopo la devastante tempesta che l'ha colpita nell'epilogo del volume precedente. Questa situazione di stallo non dura comunque troppo, perché gli antagonisti iniziano a palesare le proprie mire sul trono del Khorasan.
Ora prendete tutti questi begli spunti e buttateli alle ortiche, perché nulla nella trama di questo libro ha uno straccio di logica tra causa ed effetto. Ma prima di partire in quarta con le critiche, spendiamo qualche parola sui pregi: non solo molti, né più di tanto significativi, ma meritano il loro spazio. Innanzitutto non si può dire che il messaggio di fondo (andare oltre le apparenze e non dare ascolto alle maldicenze su chi non si conosce) sia sbagliato; seppur molto semplificato, credo possa risultare valido per l'audience a cui Ahdieh si rivolge. Ho trovato poi carina una delle coppie secondarie: evito di nominarli per non sciupare anche questo briciolo di sorpresa, ma posso dire che risultano ben equilibrati e davvero in sintonia.
Mi sento di affermare che anche la prosa della cara Renée sembra migliorata rispetto al suo esordio, infatti ricorre meno alle frasi fatte; rimane invece saldamente ancorata alle metafore di dubbio gusto, che a questo punto presumo siano la sua cifra stilistica. Pensando alle prime scene di questo volume -dove viene dato più spazio al lato avventuroso della storia-, speravo davvero di avere altri elogi da fare! invece più ci si addentra nella narrazione, più la situazione degenera.
La prima a scricchiolare è la caratterizzazione dei personaggi, che nel primo capitolo mi era sembrata più che sufficiente, mentre qui è a dir poco disastrosa: i protagonisti sembrano affetti da stupidità fulminante -patologia che li porta a compiere delle azioni senza senso, o a non compiere delle azioni sensate-, mentre antagonisti e personaggi secondari regrediscono allo stadio di macchiette monodimensionali. Questo abbruttimento generale da vita ad una trama che prosegue solo perché un dato personaggio fa qualcosa senza motivo; alcuni esempi senza spoiler (o almeno spero!) sono la scelta di dividersi di Shazi ed Irsa in occasione del furto del libro, la decisione di Tariq di pedinare Irsa come fosse una criminale, Artan che non sfrutta il proprio vantaggio magico durante lo scontro con le guardie di Salim al-Sharif e l'imprigionamento volontario di Vikram "Rajput".
Potrei continuare questo elenco fino all'epilogo, che è allo stesso modo carente in quanto a logica interna, nonché terribilmente affrettato e dal retrogusto stucchevole; anche i personaggi che l'autrice elimina non sembrano dei sacrifici sofferti quanto piuttosto delle scelte arbitrarie per arrivare al finale più favorevole possibile per la disagiata coppia protagonista. Sebbene più presente rispetto al primo volume, neppure il lato fantasy riesce a salvare questa lettura, e forse proprio perché ottiene maggiore spazio nella storia: si creano così sequenze inutili -come l'addestramento di Shazi-, escamotage convenienti a dir poco e spiegazioni sulle quali la cara Renée sorvola con leggerezza. Per lo meno ci viene risparmiata altra violenza romanticizzata! direte voi. Questo è vero, peccato che siano presenti ben due scene in cui la protagonista viene minacciata di stupro senza alcuna ragione ai fini della trama;e ovviamente senza alcun commento critico a riguardo.
Voto effettivo: una stellina e mezza
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martedì 13 febbraio 2024
"Tanti piccoli fuochi" di Celeste Ng
Tanti piccoli fuochi by Celeste Ng
My rating: 4 of 5 stars
"[Izzy] continuava a pensare al sorriso di Mia quel giorno in cucina, nel quale aveva colto una gioiosa propensione a combinare guai, a infrangere le regole ... In lei aveva riconosciuto uno spirito affine, una scintilla sovversiva simile a quella che spesso sentiva ardere dentro di sé"
DISSING ALLA MATTEL
Un sacco di pareri positivi mi aveva portato ad iniziare la lettura di "Tanti piccoli fuochi" con le migliori intenzioni, nonostante la sinossi proposta nell'edizione italiana non fosse chiarissima circa l'effettivo contenuto. E se in un primo momento ero pronta ad accodarmi alla schiera dei fan di questo romanzo, nella seconda metà del volume diversi elementi hanno fatto vacillare il mio apprezzamento, portandomi alla fine ad assegnare un voto comunque positivo, ma con meno entusiasmo di quanto mi augurassi.
Riassumere la trama non è facilissimo, perché il romanzo si dipana seguendo un gran numero di vicende, che in alcuni casi ottengono una risoluzione chiara, mentre in altri vengono come lasciate in sospeso perché il lettore possa inserire un finale di suo gradimento. Il cuore della storia è comunque Shaker Heights, una città dell'Ohio progettata per rendere felici i suoi abitanti, a patto che ne rispettino con precisione le regole. Alla fine degli anni Novanta qui si trasferisce Mia Warren, una fotografa di talento che spera di aver trovato una dimora stabile per crescere la figlia adolescente Pearl; il modo scanzonato ed istintivo di vivere della donna viene messo da subito a confronto con quello della sua padrona di casa, Elena Richardson, che ha invece passato tutta la vita a seguire felicemente i dettami di Shaker Heights.
Come accennato, attorno a questo contrasto ruotano molte altre vicende. Alcune riguardano i rapporti tra i figli delle due donne, altre le origini misteriose di Pearl, altre ancora il caso mediatico che scoppia quando una collega di Mia riconosce come sua la bambina appena adottata da una coppia di amici di Mrs Richardson. A fare da collante in tutte queste sottotrame è il tema della maternità, che viene esplorato in una moltitudine di prospettive e contesti diversi -parlando anche di casi un po' estremi- ma sempre con l'intento di spingere il lettore a riflettere e farsi un'opinione in merito.
Uno dei punti di forza del romanzo è proprio l'intenzione di mostrare visioni alternative -a volte opposte-, delle quali la bella prosa di Ng riesce a mettere in luce i pregi ed i difetti. Ho trovato poi interessante come la stessa Shaker Heights diventasse un elemento centrale in questi conflitti, rendendola ben più che una semplice l'ambientazione. Mi è piaciuto anche vedere come si sviluppassero i rapporti tra la famiglia Richardson e le Warren, inoltre ho trovato ottima la scelta avviare la narrazione con una scena di foreshadowing davvero potente, che senza dubbio riesce a catturare da subito il lettore nella storia.
Per contro, quando sono arrivata a scoprire cosa avesse causato quella specifica scena, il mio entusiasmo era in parte scemato, per varie ragioni. In primis la trama comincia a presentare una serie di rivelazioni dai toni parecchio soapoperistici, con tanto di sceneggiate e personaggi che corrono da un posto all'altro in preda all'emozione del momento. Ho faticato inoltre a capire su quali elementi dovessi porre l'attenzione in una narrazione fin troppo corale; questo è reso difficoltoso anche dalla struttura episodica del testo (con alcuni salti temporali di intere settimane) e dalla sinossi, che non presenta in modo onesto il romanzo perché si concentra su degli sviluppi relativi alla seconda metà del volume.
Proprio nella seconda metà, il mio apprezzamento di questa lettura ha subito un netto calo perché non mi è piaciuta la brusca interruzione dovuta all'inserimento di un flashback troppo lungo, ma anche per il modo in cui l'equilibrio tra Mrs Richardson e Mia si spezza, facendo diventare quest'ultima l'eroina senza difetti in un romanzo che fino a quel punto era più equo e verosimile. Pur avendo trovato poi carina la metafora del fuoco, con le diverse scintille che potrebbero portare a degli incendi, non mi è sembrata molto sottile e dopo un po' risulta anche ridondante. Anche il finale non ha saputo convincermi del tutto, perché lascia troppe storyline in sospeso, per i miei gusti e per il tempo che era stato dedicato ad esse fino a quel punto.
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My rating: 4 of 5 stars
"[Izzy] continuava a pensare al sorriso di Mia quel giorno in cucina, nel quale aveva colto una gioiosa propensione a combinare guai, a infrangere le regole ... In lei aveva riconosciuto uno spirito affine, una scintilla sovversiva simile a quella che spesso sentiva ardere dentro di sé"
DISSING ALLA MATTEL
Un sacco di pareri positivi mi aveva portato ad iniziare la lettura di "Tanti piccoli fuochi" con le migliori intenzioni, nonostante la sinossi proposta nell'edizione italiana non fosse chiarissima circa l'effettivo contenuto. E se in un primo momento ero pronta ad accodarmi alla schiera dei fan di questo romanzo, nella seconda metà del volume diversi elementi hanno fatto vacillare il mio apprezzamento, portandomi alla fine ad assegnare un voto comunque positivo, ma con meno entusiasmo di quanto mi augurassi.
Riassumere la trama non è facilissimo, perché il romanzo si dipana seguendo un gran numero di vicende, che in alcuni casi ottengono una risoluzione chiara, mentre in altri vengono come lasciate in sospeso perché il lettore possa inserire un finale di suo gradimento. Il cuore della storia è comunque Shaker Heights, una città dell'Ohio progettata per rendere felici i suoi abitanti, a patto che ne rispettino con precisione le regole. Alla fine degli anni Novanta qui si trasferisce Mia Warren, una fotografa di talento che spera di aver trovato una dimora stabile per crescere la figlia adolescente Pearl; il modo scanzonato ed istintivo di vivere della donna viene messo da subito a confronto con quello della sua padrona di casa, Elena Richardson, che ha invece passato tutta la vita a seguire felicemente i dettami di Shaker Heights.
Come accennato, attorno a questo contrasto ruotano molte altre vicende. Alcune riguardano i rapporti tra i figli delle due donne, altre le origini misteriose di Pearl, altre ancora il caso mediatico che scoppia quando una collega di Mia riconosce come sua la bambina appena adottata da una coppia di amici di Mrs Richardson. A fare da collante in tutte queste sottotrame è il tema della maternità, che viene esplorato in una moltitudine di prospettive e contesti diversi -parlando anche di casi un po' estremi- ma sempre con l'intento di spingere il lettore a riflettere e farsi un'opinione in merito.
Uno dei punti di forza del romanzo è proprio l'intenzione di mostrare visioni alternative -a volte opposte-, delle quali la bella prosa di Ng riesce a mettere in luce i pregi ed i difetti. Ho trovato poi interessante come la stessa Shaker Heights diventasse un elemento centrale in questi conflitti, rendendola ben più che una semplice l'ambientazione. Mi è piaciuto anche vedere come si sviluppassero i rapporti tra la famiglia Richardson e le Warren, inoltre ho trovato ottima la scelta avviare la narrazione con una scena di foreshadowing davvero potente, che senza dubbio riesce a catturare da subito il lettore nella storia.
Per contro, quando sono arrivata a scoprire cosa avesse causato quella specifica scena, il mio entusiasmo era in parte scemato, per varie ragioni. In primis la trama comincia a presentare una serie di rivelazioni dai toni parecchio soapoperistici, con tanto di sceneggiate e personaggi che corrono da un posto all'altro in preda all'emozione del momento. Ho faticato inoltre a capire su quali elementi dovessi porre l'attenzione in una narrazione fin troppo corale; questo è reso difficoltoso anche dalla struttura episodica del testo (con alcuni salti temporali di intere settimane) e dalla sinossi, che non presenta in modo onesto il romanzo perché si concentra su degli sviluppi relativi alla seconda metà del volume.
Proprio nella seconda metà, il mio apprezzamento di questa lettura ha subito un netto calo perché non mi è piaciuta la brusca interruzione dovuta all'inserimento di un flashback troppo lungo, ma anche per il modo in cui l'equilibrio tra Mrs Richardson e Mia si spezza, facendo diventare quest'ultima l'eroina senza difetti in un romanzo che fino a quel punto era più equo e verosimile. Pur avendo trovato poi carina la metafora del fuoco, con le diverse scintille che potrebbero portare a degli incendi, non mi è sembrata molto sottile e dopo un po' risulta anche ridondante. Anche il finale non ha saputo convincermi del tutto, perché lascia troppe storyline in sospeso, per i miei gusti e per il tempo che era stato dedicato ad esse fino a quel punto.
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venerdì 9 febbraio 2024
"Il trono di ghiaccio" di Sarah J. Maas
Il trono di ghiaccio by Sarah J. Maas
My rating: 3 of 5 stars
"Pochi passi la separavano dal re di Adarlan. A quel tavolo si decideva la libertà o la morte. Il suo passato e il suo futuro sedevano su un trono di ghiaccio"
I SEGRETI DI PULCINELLA
Ormai da qualche anno seleziono di volta in volta una serie particolarmente corposa e, anziché leggerne un capitolo ogni tre o quattro mesi come da mia abitudine, mi impegno per portarla a termine entro la fine dell'anno in corso. In questo modo riesco a seguire la storia in questione in modo meno dispersivo, nonché ad impormi di recuperare finalmente delle saghe che aspettano da eoni in libreria. In questo 2024 la scelta è ricaduta su Il trono di vetro, com'è stata recentemente ribattezzata la serie d'esordio della popolarissima Sarah J. Maas.
Dopo una valutazione dei diversi ordini di lettura proposti, ho optato per seguire la data di pubblicazione dei singoli volumi, cominciando quindi da "Il trono di ghiaccio". Un primo romanzo che fa forse sorgere un po' troppi quesiti in merito agli avvenimenti del passato (quesiti che quasi certamente trovano risposta nelle novelle), ma abbastanza solido da poter interessante il lettore e convincerlo a continuare la serie. La narrazione segue diversi POV, ma si concentra in particolare sulla diciottenne Celaena Sardothien, celeberrima assassina del regno fantastico di Adarlan; la ragazza è inizialmente costretta ai lavori forzati nelle miniere di Endovier per scontare i suoi crimini,e proprio qui riceve la visita inaspettata del principe ereditario Dorian Havilliard. Il giovane le offre una promessa di libertà se risulterà vincitrice in un torneo per individuare il nuovo paladino del sovrano, lavoro che dovrà poi svolgere per quattro anni.
Da questo spunto la trama si sposta definitivamente nella capitale Rifthold, dove assistiamo alle varie fasi della competizione, e al contempo iniziamo a scoprire due importanti sottotrame: da un lato viene raccontata la sete di conquista del re di Adarlan, impegnato a sottomettere tutte le nazioni vicine tra cui Eyllwe, regno della principessa Nehemia Ytgen; dall'altro una serie di misteriose morti tra i partecipanti al torneo lascia intendere che qualche bestia mostruosa possa aggirarsi per il castello. Devo ammettere che questi spunti, più della vicenda principale (il cui esito è scontato), hanno mantenuto viva la mia attenzione durante la lettura; una vera fortuna perché alcuni di questi elementi verranno di certo ripresi nei volumi successivi.
Un altro punto a favore del volume è rappresentato dal world building, che non sarà troppo originale né estremamente dettagliato, ma si dimostra sufficientemente solido per la storia che viene portata avanti, nonché ricco di potenzialità per il continuo della saga: sono genuinamente curiosa di scoprire nuovi angoli del continente di Erilea! Per quanto riguarda i personaggi principali, quelli che ho trovato più coerenti e interessanti sono il capitano delle guardie reali Chaol Westfall e la principessa ribelle Nehemia; entrambi hanno delle motivazioni credibili e si comportano di conseguenza.
Per contro, Celaena mi ha convinto decisamente meno nel suo ruolo di protagonista. Avrei voluto che Maas si soffermasse sul suo lato più risoluto e sfacciato, mettendo in chiaro come non si faccia problemi a pretendere ciò che vuole ed ignorando le opinioni altrui; Celaena invece vuole essere un po' troppe cose: esigente e cortese, sfrontata ed imbarazzata, sensuale e pudica, forte e debole. Oltre a renderla poco verosimile, ciò la porta a cambiare la propria scala di valori tra una pagina e l'altra (si dispiace per i carcerati suoi pari, definendoli perfino schiavi, e poi non si fa problemi a schioccare le dita perché le domestiche la assistano ad ogni ora del giorno e della notte) e a risultare poco coerente nel suo obiettivo: se vuole soltanto essere libera ed è davvero così talentuosa in tutto ciò che fa, perché non scappa quando ne avrebbe l'occasione?
Gli altri personaggi mi sono sembrati alquanto prevedibili (il duca cattivo, il rivale nerboruto, la rivale stronza, etc.), compreso il principe Dorian, che ricalca uno stereotipo decisamente fastidioso. Tutti dimostrano poi motivazioni e reazioni sproporzionate rispetto a ciò che le ha generate, specialmente quando si tratta di detestare la povera Celaena. Il testo è inoltre pregno di affermazioni contraddittorie, a distanza di poche righe l'una dall'altra, probabilmente perché la storia è nata in formato episodico. Qualunque sia la causa, alcuni passaggi risultano di certo poco chiari, non saprei se per colpa del testo originale o dell'edizione nostrana; di sicuro c'è solo che possiamo imputare alla traduzione italiana i passaggi immotivati dal tu, al Lei, al Voi all'interno dei dialoghi.
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My rating: 3 of 5 stars
"Pochi passi la separavano dal re di Adarlan. A quel tavolo si decideva la libertà o la morte. Il suo passato e il suo futuro sedevano su un trono di ghiaccio"
I SEGRETI DI PULCINELLA
Ormai da qualche anno seleziono di volta in volta una serie particolarmente corposa e, anziché leggerne un capitolo ogni tre o quattro mesi come da mia abitudine, mi impegno per portarla a termine entro la fine dell'anno in corso. In questo modo riesco a seguire la storia in questione in modo meno dispersivo, nonché ad impormi di recuperare finalmente delle saghe che aspettano da eoni in libreria. In questo 2024 la scelta è ricaduta su Il trono di vetro, com'è stata recentemente ribattezzata la serie d'esordio della popolarissima Sarah J. Maas.
Dopo una valutazione dei diversi ordini di lettura proposti, ho optato per seguire la data di pubblicazione dei singoli volumi, cominciando quindi da "Il trono di ghiaccio". Un primo romanzo che fa forse sorgere un po' troppi quesiti in merito agli avvenimenti del passato (quesiti che quasi certamente trovano risposta nelle novelle), ma abbastanza solido da poter interessante il lettore e convincerlo a continuare la serie. La narrazione segue diversi POV, ma si concentra in particolare sulla diciottenne Celaena Sardothien, celeberrima assassina del regno fantastico di Adarlan; la ragazza è inizialmente costretta ai lavori forzati nelle miniere di Endovier per scontare i suoi crimini,e proprio qui riceve la visita inaspettata del principe ereditario Dorian Havilliard. Il giovane le offre una promessa di libertà se risulterà vincitrice in un torneo per individuare il nuovo paladino del sovrano, lavoro che dovrà poi svolgere per quattro anni.
Da questo spunto la trama si sposta definitivamente nella capitale Rifthold, dove assistiamo alle varie fasi della competizione, e al contempo iniziamo a scoprire due importanti sottotrame: da un lato viene raccontata la sete di conquista del re di Adarlan, impegnato a sottomettere tutte le nazioni vicine tra cui Eyllwe, regno della principessa Nehemia Ytgen; dall'altro una serie di misteriose morti tra i partecipanti al torneo lascia intendere che qualche bestia mostruosa possa aggirarsi per il castello. Devo ammettere che questi spunti, più della vicenda principale (il cui esito è scontato), hanno mantenuto viva la mia attenzione durante la lettura; una vera fortuna perché alcuni di questi elementi verranno di certo ripresi nei volumi successivi.
Un altro punto a favore del volume è rappresentato dal world building, che non sarà troppo originale né estremamente dettagliato, ma si dimostra sufficientemente solido per la storia che viene portata avanti, nonché ricco di potenzialità per il continuo della saga: sono genuinamente curiosa di scoprire nuovi angoli del continente di Erilea! Per quanto riguarda i personaggi principali, quelli che ho trovato più coerenti e interessanti sono il capitano delle guardie reali Chaol Westfall e la principessa ribelle Nehemia; entrambi hanno delle motivazioni credibili e si comportano di conseguenza.
Per contro, Celaena mi ha convinto decisamente meno nel suo ruolo di protagonista. Avrei voluto che Maas si soffermasse sul suo lato più risoluto e sfacciato, mettendo in chiaro come non si faccia problemi a pretendere ciò che vuole ed ignorando le opinioni altrui; Celaena invece vuole essere un po' troppe cose: esigente e cortese, sfrontata ed imbarazzata, sensuale e pudica, forte e debole. Oltre a renderla poco verosimile, ciò la porta a cambiare la propria scala di valori tra una pagina e l'altra (si dispiace per i carcerati suoi pari, definendoli perfino schiavi, e poi non si fa problemi a schioccare le dita perché le domestiche la assistano ad ogni ora del giorno e della notte) e a risultare poco coerente nel suo obiettivo: se vuole soltanto essere libera ed è davvero così talentuosa in tutto ciò che fa, perché non scappa quando ne avrebbe l'occasione?
Gli altri personaggi mi sono sembrati alquanto prevedibili (il duca cattivo, il rivale nerboruto, la rivale stronza, etc.), compreso il principe Dorian, che ricalca uno stereotipo decisamente fastidioso. Tutti dimostrano poi motivazioni e reazioni sproporzionate rispetto a ciò che le ha generate, specialmente quando si tratta di detestare la povera Celaena. Il testo è inoltre pregno di affermazioni contraddittorie, a distanza di poche righe l'una dall'altra, probabilmente perché la storia è nata in formato episodico. Qualunque sia la causa, alcuni passaggi risultano di certo poco chiari, non saprei se per colpa del testo originale o dell'edizione nostrana; di sicuro c'è solo che possiamo imputare alla traduzione italiana i passaggi immotivati dal tu, al Lei, al Voi all'interno dei dialoghi.
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martedì 6 febbraio 2024
"Billy Summers" di Stephen King
Billy Summers by Stephen King
My rating: 4 of 5 stars
"Perché non un romanzo che in realtà sia un'autobiografia, scritta non dal Billy Summers che legge Zola e Hardy e che ha affrontato perfino Infinite Jest, ma dall'altro Billy Summers? Vale a dire, il suo alter ego scemo? Potrebbe funzionare? È convinto di sì, perché conosce quel Billy quanto conosce se stesso"
C'È UN PO' DI LIBRO IN QUESTO DONALD TRUMP
Dal momento che nel 2023 ho letteralmente raddoppiato il numero dei libri di King letti, con risultati quasi sempre positivi, come potevo non cominciare anche l'anno nuovo con una delle storie del caro Stephen? In questo caso ho optato per "Billy Summers", uno dei suoi titoli più recenti, nonché uno dei pochi esponenti di questa categoria ad aver ottenuto un riscontro decisamente favorevole tra i fan dell'autore. E c'era da aspettarselo, vista la passione per il mondo della letteratura che traspare da ogni pagina di questo volume.
Certo, dallo spunto non si direbbe: il protagonista non sembra infatti un amante delle belle lettere! Cecchino fenomenale, William "Billy" Summers si mostra al mondo come una persona tutt'altro che brillante, con l'hobby dei fumetti ed un espressione non troppo sveglia; in segreto, coltiva però l'amore per i grandi classici della letteratura occidentale, che riesce a leggere tra un omicidio e l'altro. Un amore che ha l'occasione di sfruttare durante il suo ultimo incarico: bloccato per qualche mese nella cittadina di Red Bluff, Billy si finge un aspirante scrittore mentre aspetta il momento giusto per colpire il suo bersaglio. Questa situazione inedita è solo la prima di una serie di novità nella vita del sicario.
Devo ammettere che ho trovato molto divertente seguire Billy mentre pianifica la missione -e si destreggia tra varie identità- perché, sebbene la sua non sia una storia leggera ed allegra, ne risultano alcuni momenti più divertenti e delle scene d'azione ricche di suspense. Il ritmo è poco uniforme, eppure la lettura non si arena mai in momenti di stallo o noia; questo è in parte merito della scelta di alternare alla narrazione al presente alcuni corposi flashback che raccontano la vita di Billy, dall'infanzia sregolata all'esperienza nell'esercito. Pur non apprezzando troppo le vicende a sfondo militare, ho trovato interessante leggere anche questa parte del romanzo, che ovviamente è vitale per portare il protagonista al punto in cui si trova ad inizio libro.
Un altro dei punti di forza di questo titolo si cela nelle sue tematiche, che per contro rendono alcune scene non adatte a qualunque lettore. Si parla moltissimo di giustizia in questo romanzo, ragionando su a chi spetti amministrarla e quali colpe sia tanto gravi da meritare la morte; King non arriva però dall'alto ad impartire una lezione o ad enunciare la sua visione indiscutibile del mondo, ma si limita a mostrare delle diverse prospettive sull'argomento, così che chi legge possa farsi una propria opinione. Altri temi rilevanti sono quelli della violenza di genere e della pedofilia, in questo caso condannati senza possibilità di appello, seppure l'autore cerchi di fare dei distinguo e ventilare la possibilità che alcune persone si possano genuinamente pentire dei propri crimini.
Concludo la parentesi sui pregi del volume parlando della sua punta di diamante: Billy Summers stesso. Ho apprezzato specialmente il modo non banale in cui è stato caratterizzato, nonché la fedeltà mantenuta ad una sua particolare visione del mondo. Nel corso del romanzo viene introdotto un altro personaggio molto importante, che ritengo sia stato scritto altrettanto bene -in proporzione allo spazio avuto-, ma non posso assolutamente dire di più per rimanere spoiler free. Niente spoiler anche per le citazioni ad altre opere kinghiane, ma vi posso garantire che non mancano, e sono parecchio evidenti.
Questo titolo non presenta propriamente dei difetti tragici, quanto piuttosto delle piccole sbavature che a tratti rendono la lettura meno immersiva; e non sto parlando delle continue stoccate a sfondo politico di King o della sua conclamata grassofobia, di cui non sembra essersi ancora liberato. Uno di questi difetti riguarda i personaggi secondari: tante volte ho elogiato la sua bravura nel creare dei caratteri credibili con poche linee di dialogo, ma in questo caso i comprimari risultano invece poco brillanti, rasentando in alcuni casi degli stereotipi quasi caricaturali. Ho individuato poi un problema collegato alla tensione narrativa: le cause sono gli ostacoli che si rivelano meno insormontabili di quanto promesso e gli antagonisti, sulla carta temibili ma a conti fatti facili da battere.
Pur avendo apprezzato ogni parte del volume presa singolarmente, nel complesso ho avuto l'impressione di un intreccio poco lineare, con delle scene belle ed emozionanti ma non sempre utili per far proseguire la storia di Billy. La linea di trama che si sviluppa da metà libro ha poi talmente tanti punti in comune con la prima metà della graphic novel "V for Vendetta" che onestamente mi stupisce il caro Stephen non sia finito in beghe legali con quel gran permaloso di Alan Moore.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"Perché non un romanzo che in realtà sia un'autobiografia, scritta non dal Billy Summers che legge Zola e Hardy e che ha affrontato perfino Infinite Jest, ma dall'altro Billy Summers? Vale a dire, il suo alter ego scemo? Potrebbe funzionare? È convinto di sì, perché conosce quel Billy quanto conosce se stesso"
C'È UN PO' DI LIBRO IN QUESTO DONALD TRUMP
Dal momento che nel 2023 ho letteralmente raddoppiato il numero dei libri di King letti, con risultati quasi sempre positivi, come potevo non cominciare anche l'anno nuovo con una delle storie del caro Stephen? In questo caso ho optato per "Billy Summers", uno dei suoi titoli più recenti, nonché uno dei pochi esponenti di questa categoria ad aver ottenuto un riscontro decisamente favorevole tra i fan dell'autore. E c'era da aspettarselo, vista la passione per il mondo della letteratura che traspare da ogni pagina di questo volume.
Certo, dallo spunto non si direbbe: il protagonista non sembra infatti un amante delle belle lettere! Cecchino fenomenale, William "Billy" Summers si mostra al mondo come una persona tutt'altro che brillante, con l'hobby dei fumetti ed un espressione non troppo sveglia; in segreto, coltiva però l'amore per i grandi classici della letteratura occidentale, che riesce a leggere tra un omicidio e l'altro. Un amore che ha l'occasione di sfruttare durante il suo ultimo incarico: bloccato per qualche mese nella cittadina di Red Bluff, Billy si finge un aspirante scrittore mentre aspetta il momento giusto per colpire il suo bersaglio. Questa situazione inedita è solo la prima di una serie di novità nella vita del sicario.
Devo ammettere che ho trovato molto divertente seguire Billy mentre pianifica la missione -e si destreggia tra varie identità- perché, sebbene la sua non sia una storia leggera ed allegra, ne risultano alcuni momenti più divertenti e delle scene d'azione ricche di suspense. Il ritmo è poco uniforme, eppure la lettura non si arena mai in momenti di stallo o noia; questo è in parte merito della scelta di alternare alla narrazione al presente alcuni corposi flashback che raccontano la vita di Billy, dall'infanzia sregolata all'esperienza nell'esercito. Pur non apprezzando troppo le vicende a sfondo militare, ho trovato interessante leggere anche questa parte del romanzo, che ovviamente è vitale per portare il protagonista al punto in cui si trova ad inizio libro.
Un altro dei punti di forza di questo titolo si cela nelle sue tematiche, che per contro rendono alcune scene non adatte a qualunque lettore. Si parla moltissimo di giustizia in questo romanzo, ragionando su a chi spetti amministrarla e quali colpe sia tanto gravi da meritare la morte; King non arriva però dall'alto ad impartire una lezione o ad enunciare la sua visione indiscutibile del mondo, ma si limita a mostrare delle diverse prospettive sull'argomento, così che chi legge possa farsi una propria opinione. Altri temi rilevanti sono quelli della violenza di genere e della pedofilia, in questo caso condannati senza possibilità di appello, seppure l'autore cerchi di fare dei distinguo e ventilare la possibilità che alcune persone si possano genuinamente pentire dei propri crimini.
Concludo la parentesi sui pregi del volume parlando della sua punta di diamante: Billy Summers stesso. Ho apprezzato specialmente il modo non banale in cui è stato caratterizzato, nonché la fedeltà mantenuta ad una sua particolare visione del mondo. Nel corso del romanzo viene introdotto un altro personaggio molto importante, che ritengo sia stato scritto altrettanto bene -in proporzione allo spazio avuto-, ma non posso assolutamente dire di più per rimanere spoiler free. Niente spoiler anche per le citazioni ad altre opere kinghiane, ma vi posso garantire che non mancano, e sono parecchio evidenti.
Questo titolo non presenta propriamente dei difetti tragici, quanto piuttosto delle piccole sbavature che a tratti rendono la lettura meno immersiva; e non sto parlando delle continue stoccate a sfondo politico di King o della sua conclamata grassofobia, di cui non sembra essersi ancora liberato. Uno di questi difetti riguarda i personaggi secondari: tante volte ho elogiato la sua bravura nel creare dei caratteri credibili con poche linee di dialogo, ma in questo caso i comprimari risultano invece poco brillanti, rasentando in alcuni casi degli stereotipi quasi caricaturali. Ho individuato poi un problema collegato alla tensione narrativa: le cause sono gli ostacoli che si rivelano meno insormontabili di quanto promesso e gli antagonisti, sulla carta temibili ma a conti fatti facili da battere.
Pur avendo apprezzato ogni parte del volume presa singolarmente, nel complesso ho avuto l'impressione di un intreccio poco lineare, con delle scene belle ed emozionanti ma non sempre utili per far proseguire la storia di Billy. La linea di trama che si sviluppa da metà libro ha poi talmente tanti punti in comune con la prima metà della graphic novel "V for Vendetta" che onestamente mi stupisce il caro Stephen non sia finito in beghe legali con quel gran permaloso di Alan Moore.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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venerdì 2 febbraio 2024
"I Sette Quadranti" di Agatha Christie
I sette quadranti by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars
"Una nitida immagine si formò nella sua mente: il giovane morto, sdraiato sul letto, e sette sveglie che ticchettavano sulla mensola... un ticchettio forte, sinistro... tic-tac... tic-tac..."
I RISCHI DEL LEGGERE TROPPI MYSTERY
Che una buona fetta dei romanzi di Christie siano fruibili come parte di una serie, perché contengono una quantità di riferimenti gli uni agli altri, non è una novità. "I Sette Quadranti" però non si limita a fare dei piccoli cenni a "Il segreto di Chimneys", ma ne riprendere le ambientazioni (in particolare, la tenuta al centro della storia), diversi personaggi centrali, nonché la figura del Sovrintendente Battle, risolutore principale in entrambe le narrazioni.
La storia parte proprio nella residenza di Lord Catheram, per l'occasione affittata dal magnate dell'industria Sir Oswald Coote; tra i suoi ospiti c'è Gerald "Gerry" Wade, un dormiglione al quale gli amici pensano di fare uno scherzone mettendo di nascosto otto sveglie nella sua camera. La burla però non riesce: al mattino Gerry viene trovato morto e le sveglie sono diventate sette, una circostanza quantomeno bizzarra che, unita ad altri avvenimenti degni di nota, spingono Lady Eileen "Bundle" Brent -la figlia di Lord Catheram- a voler indagare. Questo la porta a rincontrare il già citato Sovrintendente Battle e a scoprire l'esistenza della società segreta chiamata i Sette Quadranti.
Devo ammettere che inizialmente non riponevo troppe speranze in questa serie minore della cara Agatha, in particolare per gli elementi di spionaggio centrali nei due intrecci, visto che le spy story non mi convincono mai del tutto. In questo caso poi c'era un'ulteriore aggravante dal momento che la trama mi faceva pensare non poco a "Poirot e I Quattro", uno dei peggiori romanzi dell'autrice britannica a mio parere. Invece, la risoluzione finale ha saputo fornire una prospettiva inaspettata ed originale alla storia, oltre a rispondere con puntualità ai tanti misteri disseminati nel testo.
Anche la caratterizzazione di Bundle, protagonista de facto del romanzo, mi è piaciuta molto: è una personaggia risoluta e testarda, ma non incosciente per il gusto di esserlo. Il resto del cast è per lo più funzionale alla storia, ma tra loro spiccano la goffaggine di William "Bill" Eversleigh, la pedanteria di George "Ranocchio" Lomax e l'ironia pungente di Lord Catheram, per me protagonista morale di questa simil-duologia.
Inaspettatamente mi senso di promuovere anche il tono molto avventuroso e dinamico della prosa -che ben si intona alla sottotrama dello spionaggio industriale- e l'elemento romance, più incentrato sul lato comico tanto da creare dei momenti genuinamente divertenti, anche se non sempre nelle giuste tempistiche. Non mi ha convinto troppo neppure il ritmo della narrazione, poco omogeneo e non abbastanza incalzante nel finale, dove si sarebbe potuto ottenere un effetto ancor più drammatico ed emozionante.
Mi aspettavo poi qualcosa di più dal personaggio di Battle che, a dispetto di quanto viene rivelato in questa storia, continuo a trovare poco carismatico se confrontato con gli altri detective creati dalla penna di Christie. Speravo ottenesse più spazio anche la spiegazione sulle modalità dei delitti, di solito centrali in un giallo, qui invece relegate ad un chiarimento sbrigativo dato alla protagonista, senza che lei abbia avuto modo di investigare per conto proprio su questo lato del mistero.
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My rating: 4 of 5 stars
"Una nitida immagine si formò nella sua mente: il giovane morto, sdraiato sul letto, e sette sveglie che ticchettavano sulla mensola... un ticchettio forte, sinistro... tic-tac... tic-tac..."
I RISCHI DEL LEGGERE TROPPI MYSTERY
Che una buona fetta dei romanzi di Christie siano fruibili come parte di una serie, perché contengono una quantità di riferimenti gli uni agli altri, non è una novità. "I Sette Quadranti" però non si limita a fare dei piccoli cenni a "Il segreto di Chimneys", ma ne riprendere le ambientazioni (in particolare, la tenuta al centro della storia), diversi personaggi centrali, nonché la figura del Sovrintendente Battle, risolutore principale in entrambe le narrazioni.
La storia parte proprio nella residenza di Lord Catheram, per l'occasione affittata dal magnate dell'industria Sir Oswald Coote; tra i suoi ospiti c'è Gerald "Gerry" Wade, un dormiglione al quale gli amici pensano di fare uno scherzone mettendo di nascosto otto sveglie nella sua camera. La burla però non riesce: al mattino Gerry viene trovato morto e le sveglie sono diventate sette, una circostanza quantomeno bizzarra che, unita ad altri avvenimenti degni di nota, spingono Lady Eileen "Bundle" Brent -la figlia di Lord Catheram- a voler indagare. Questo la porta a rincontrare il già citato Sovrintendente Battle e a scoprire l'esistenza della società segreta chiamata i Sette Quadranti.
Devo ammettere che inizialmente non riponevo troppe speranze in questa serie minore della cara Agatha, in particolare per gli elementi di spionaggio centrali nei due intrecci, visto che le spy story non mi convincono mai del tutto. In questo caso poi c'era un'ulteriore aggravante dal momento che la trama mi faceva pensare non poco a "Poirot e I Quattro", uno dei peggiori romanzi dell'autrice britannica a mio parere. Invece, la risoluzione finale ha saputo fornire una prospettiva inaspettata ed originale alla storia, oltre a rispondere con puntualità ai tanti misteri disseminati nel testo.
Anche la caratterizzazione di Bundle, protagonista de facto del romanzo, mi è piaciuta molto: è una personaggia risoluta e testarda, ma non incosciente per il gusto di esserlo. Il resto del cast è per lo più funzionale alla storia, ma tra loro spiccano la goffaggine di William "Bill" Eversleigh, la pedanteria di George "Ranocchio" Lomax e l'ironia pungente di Lord Catheram, per me protagonista morale di questa simil-duologia.
Inaspettatamente mi senso di promuovere anche il tono molto avventuroso e dinamico della prosa -che ben si intona alla sottotrama dello spionaggio industriale- e l'elemento romance, più incentrato sul lato comico tanto da creare dei momenti genuinamente divertenti, anche se non sempre nelle giuste tempistiche. Non mi ha convinto troppo neppure il ritmo della narrazione, poco omogeneo e non abbastanza incalzante nel finale, dove si sarebbe potuto ottenere un effetto ancor più drammatico ed emozionante.
Mi aspettavo poi qualcosa di più dal personaggio di Battle che, a dispetto di quanto viene rivelato in questa storia, continuo a trovare poco carismatico se confrontato con gli altri detective creati dalla penna di Christie. Speravo ottenesse più spazio anche la spiegazione sulle modalità dei delitti, di solito centrali in un giallo, qui invece relegate ad un chiarimento sbrigativo dato alla protagonista, senza che lei abbia avuto modo di investigare per conto proprio su questo lato del mistero.
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