lunedì 30 dicembre 2024

"Delitto in cielo" di Agatha Christie

Delitto in cieloDelitto in cielo by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars

"Proprio in fondo, al posto n° 2, la testa di Madame Giselle ciondolò, cadendo lievemente in avanti. Chiunque avrebbe pensato che stava dormendo. Invece non era addormentata. Non parlava, non pensava. Madame Giselle era morta..."


MA CHE TENEREZZA LA COPPIA RAZZISTA E GRASSOFOBA!

Quest'anno non sono stata particolarmente produttiva su diversi fronti letterari: ho cominciato pochissime serie, ho scovato più delusioni che capolavori ed ho a malapena raggiunto l'obiettivo della Reading Challenge di Goodreads. Su un proposito però mi posso dire soddisfatta, perché ho continuato con profitto il recupero delle opere della cara Agatha; sono arrivata quasi alla fine con le indagini di Miss Marple, mentre per quanto riguarda le avventure di Poirot sono ancora in alto mare (ci credo, con più di trenta romanzi ed una quantità di racconti!) ma nondimeno andiamo avanti, in questo caso con "Delitto in cielo".

Dopo aver rischiato la vita in "Tragedia in tre atti", il buon Hercule qui mette a repentaglio addirittura la sua fama! L'investigatore si trova infatti a bordo dell'aereo Prometheus sulla tratta Parigi-Londra, quando l'anziana usuraia francese nota con il nome di Madame Giselle viene assassinata e -per una serie di coincidenze ed indizi fuorvianti- i sospetti ricadono su di lui. Toltosi senza sforzo dall'elenco degli indiziati, Poirot è determinato a capire chi abbia cercato di incastralo; il suo non è però l'unico POV del romanzo, dove troviamo anche le prospettive degli altri passeggeri, con tanto di intrighi sentimentali da telenovela.

E già qui posso togliermi un sassolino dalla scarpa, perché non ho mai fatto mistero del mio scarso apprezzamento delle romance imbastite da Christie. Qui sono presenti ben due triangoli, soltanto in minima parte collegati alla trama mystery, nonché del tutto privi di appeal dal momento che l'approfondimento psicologico e relazionale di questi individui è rasente lo zero. In generale, la caratterizzazione non spicca come punto di forza in questa narrazione: dopo una decina di avventure, la personalità di Poirot è ormai consolidata, ma i suoi comprimari fanno parecchia fatica da accattivarsi il lettore.

Come i personaggi, anche le ambientazioni peccano della cura necessaria per renderle più che fondali insignificanti. Pur scegliendo location molto diverse tra loro -dalla cabina di un aereo all'aula di un tribunale inglese, fino alla hall di un hotel parigino- la cara Agatha non si impegna granché nel distinguere l'una dalle altre, e questo toglie parecchia potenza all'elemento atmosferico, che in altri suoi lavori era centrale ed affascinante. Mi sento di includere tra i difetti anche la presenza di alcuni commenti decisamente infelici (senza dubbio figli dell'epoca storica in cui il romanzo è stato scritto) e la poca cura dell'edizione; questo potrebbe non significare nulla se avete una copia diversa, però io ho trovato molto spiacevoli l'assenza dei titoli nei capitoli e della piantina dell'aereo, oltre alla scarsa attenzione complessiva della traduzione.

Ma bando alle delusioni e parliamo degli elementi che funzionano meglio. Come sempre, la personalità di Poirot ha saputo conquistarmi, tanto con le sue bizzarre abitudini quanto con il suo piglio risoluto ed appassionato, verso il giallo da risolvere ma non solo. È stato indubbiamente piacevole ritrovare al suo fianco l'ispettore Japp, una spalla meno ottusa del capitano Hastings e perfino più spiritosa; più in generale, il testo presenta diversi momenti genuinamente divertenti, oltre ad un paio di guizzi stilistici niente male nella prima parte. La presenza dell'uomo di legge inglese non è poi l'unico riferimento agli altri capitoli della serie poirotiana, tutti molto apprezzati dalla sottoscritta.

Come capita quasi sempre nelle opere christieane però, il pregio maggiore del volume è rappresentato dall'intreccio. L'autrice si è dimostrata particolarmente abile, sia nell'assegnare qualche dettaglio sospetto ad ognuno dei passeggeri che nel palesare le sue stesse false piste al momento migliore per stupire il lettore. Lettore che avrebbe comunque tutti gli indizi necessari per seguire l'indagine, ma non può neppure tentare di indovinare l'identità del colpevole perché è del tutto avvinto dal ritmo incalzante della narrazione: le scene si susseguono senza nessun momento morto, fino alla brillante risoluzione finale. Rimane solo da capire perché durante le filippiche di Poirot gli assassini non provino mai a scappare, ma aspettino buoni e tranquilli di essere smascherati.

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martedì 24 dicembre 2024

"Il cuore di Derfel" di Bernard Cornwell

Il cuore di DerfelIl cuore di Derfel by Bernard Cornwell
My rating: 3 of 5 stars

"Quanto sangue ha inzuppato la nostra terra a causa della gelosia! Ma poi, quando giungiamo alla fine della vita, che importanza ha? Diventiamo vecchi e i giovani ci guardano e non capiscono che un tempo, per amore, abbiamo messo a soqquadro regni interi"


PIÙ PUTTANE A PAROLE CHE NEI FATTI

La lettura de "Il cuore di Derfel" mi ha dato l'ennesima conferma (nel caso ne avessi ancora bisogno!) che lasciar trascorrere tanto tempo tra un volume e l'altro di una serie è una pessima idea. Per fortuna nelle prime pagine viene fornito un utile riassunto degli avvenimenti principali ne "Il re d'inverno", che mi spinge a dare del credito all'edizione italiana, nonostante la maniera indecente con cui hanno pasticciato spezzettando senza vergogna i tre libri originali. Questo romanzo è composto infatti dalle ultime due parti di "The Winter King", alle quali viene aggiunta la prima di "Enemy of God", incidendo ovviamente sul ritmo e sulla tensione.

La narrazione riprende con il ritorno del narratore Derfel Cadarn in Dumnonia, dove si prepara la guerra tra Artù e Gorfyddyd, scatenata sulla carta dall'onta patita dalla figlia di quest'ultimo Ceinwyn, ma che in realtà è il sintomo di una lotta intestina tra i vari sovrani per il controllo della Britannia. Nel mentre, il protagonista si impegna nel salvataggio della sacerdotessa Nimue imprigionata sull'Isola dei Morti e ritrova Merlino, ancora alla ricerca dei tredici artefatti magici detti Tesori della Britannia necessari per riportare in auge il culto degli dèi, scacciando sassoni e cristiani dall'isola.

Tutte le vicende sono ancora una volta veicolate attraverso le parole del Derfel anziano, ormai diventato un monaco cristiano del Powis; la sua voce narrante puntuale ed ironica è sicuramente uno degli aspetti più riusciti della serie. Infatti lo stile di Cornwell risulta molto piacevole e riesce ad intrattenere senza sforzo il lettore; e questo nonostante l'accuratezza storica del contesto, che dovrebbe in teoria appesantire la prosa. In alcune scene sono presenti perfino degli spazzi di umorismo, in gran parte merito di Merlino e Galahad, personaggi che spero continuino ad avere un ruolo centrale nella serie.

Parlando di personaggi apprezzabili, non posso che citare Nimue e Ceinwyn; la prima già mi aveva colpito in positivo nel primo romanzo e qui si è confermata essere una figura estremamente intrigante nella sua ambiguità, mentre sulla seconda il caro Bernard ha fatto un ottimo lavoro verso il finale per darle parecchia autonomia e rilevanza senza arrivare a stravolgere la caratterizzazione sua e di chi interagisce con lei. Tra i pregi del volume si conferma l'intelligente utilizzo del foreshadowing -che pur anticipando una quantità di informazioni, non fa diminuire la curiosità del lettore-, ma voglio includere anche l'elemento soprannaturale; non si tratta di un sistema magico vero e proprio, quanto più di una commistione tra la credulità dei personaggi e l'astuzia dei druidi, che ho trovato perfetta per l'ambientazione.

L'edizione nostrana si pone invece a metà strada, tra gli elementi più validi e quelli... meno piacevoli. Se da un lato la cura grafica e contenutistica si mantiene davvero alta (specie se messa a confronto con certi costosissimi abomini pubblicati di recente!), dall'altro la scelta di suddividere la serie mostra qui tutti i suoi svantaggi. In particolare, troviamo un climax significativo a metà volume dato dalla conclusione di "The Winter King", che cozza nettamente con il ben più debole finale; anche a livello di ritmo e coinvolgimento le ripercussioni sono negative, seppur l'esperienza di lettura rimanga abbastanza gradevole nel suo insieme.

Passando agli aspetti negativi in toto, mi sento di menzionare l'eccessiva semplicità con cui vengono risolte diverse problematiche: a livello relazionale ma anche militare, ci sono dinamiche estremamente squilibrate che trovano poi delle soluzioni fin troppo facili. L'esempio principe è dato dalla battaglia nella Valle di Lugg, che in un primo momento sembra un'inevitabile disfatta per le forze fedeli ad Artù, eppure si trasforma nella sua più celebre vittoria in poche pagine. Anche la componente romance -molto più rilevante rispetto al libro precedente- non mi ha convinto appieno, un po' per il cambio repentino di interesse amoroso da parte di Derfel, un po' perché non vengono mostrate interazione sufficienti a giustificare il legame che si forma tra loro.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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venerdì 20 dicembre 2024

"Storie della tua vita" di Ted Chiang

Storie della tua vitaStorie della tua vita by Ted Chiang
My rating: 3 of 5 stars

"Mettiamo che una certa persona si trovi davanti al Libro delle Ere, una cronaca che riporta per iscritto qualsiasi evento, passato o futuro che sia ... Ne risulta una contraddizione: il Libro delle Ere deve essere giusto, per definizione, eppure per quanto ci sia scritto che una certa persona farà una certa cosa, essa potrà comunque scegliere di fare altrimenti. Come possono conciliarsi questi due aspetti? La risposta più scontata è che non possono. Un libro simile è impossibile a livello logico"


TANTA SCIENCE, POCA FICTION

Delle narrazioni raccolte ad inizio Duemila nell'antologia "Storie della nostra vita" avevo sentito spesso tessere le lodi da altri lettori, specialmente di lingua inglese. Purtroppo per parecchio tempo questo titolo è stato introvabile in edizione italiana, quindi quando è tornato misteriosamente disponibile come remainder alcuni mesi fa mi sono fiondata a recuperarlo, piena di genuina curiosità. E non sapendo bene in cosa mi stessi imbarcando.

In questa raccolta, Chiang ha riunito sette storie pubblicate originariamente tra gli anni Novanta e gli albori del nuovo millennio, aggiungendo in coda un testo inedito. Storie molto diverse tra loro per forma e contenuto, ma associate dall'idea di immaginare come si potrebbero sviluppare delle ipotesi teoriche o come potrebbero influire sulla realtà delle credenze se fossero vere: cosa succederebbe se la Torre di Babele dell'Antico Testamento avesse effettivamente raggiunto la volta celeste? come si comporterebbe una persona trattata con un farmaco che ne potenzia esponenzialmente l'intelligenza? in che modo si potrebbe reagire di fronte ad una totale ed immutabile consapevolezza della propria esistenza?

Queste e molte altre domande fanno da trampolino di lancio ai diversi racconti, promettendo delle letture stimolanti sia da un punto di vista letterario che intellettivo. A dispetto dei tanti pareri entusiasti, non penso che il caro Ted sia riuscito a centrare quest'obiettivo, o almeno non sempre. Ci sono casi nei quali il world building è semplicemente troppo ingombrante per una narrazione tanto breve, come nel caso di "Settantadue lettere"; ci sono poi storie quali "Divisione per zero" dove la componente nozionistica è così predominante da svilire i personaggi ed il lettore stesso: la sensazione di non capire appieno i tecnicismi matematici rende a mio avviso impossibile interessarsi alla vicenda anche su un piano narrativo.

Le spiegazioni che l'autore si degna di fornire sono inoltre poche e troppo rapide, quindi se non le si afferra al volo ci si sente obbligati a rileggere neanche si trattasse di un testo scolastico. E se sperate di ottenere maggiori (e più accessibili) chiarimenti nelle note a fondo volume, dissuadetevi! lì infatti Chiang si limita a raccontare quali avvenimenti o teorie lo hanno ispirato a livello creativo. Su un piano più soggettivo, mi sento di includere tra i punti deboli del volume anche la caratterizzazione dei personaggi -quasi sempre non pervenuta: i protagonisti sembrano solo degli strumenti al servizio della storia, infatti abbondano i comportamenti forzati ed innaturali- e l'eccessiva presenza dell'elemento religioso, che davvero non mi sarei aspettata di trovare in un titolo simile.

In tutta onestà non posso però demolire questa lettura solo perché è per molti versi lontana dai miei gusti. La prosa del caro Ted infatti è promossa senza dubbio: l'ho trovata puntuale e curata, nonché ricca di scelte stilistiche per nulla scontate da un autore che chiaramente punta soprattutto sui concetti. Posso poi affermare con gioia che (una volta tanto!) l'edizione italiana mi ha convinto, con una traduzione davvero ben fatta e scevra da refusi, e non penso sia stato affatto facile considerando il testo di partenza.

Pur restando convinta che un maggiore sviluppo avrebbe giovato all'apprezzamento delle storie, piazzo gli spunti ed i quesiti tra i pregi del volume; è inevitabile per il lettore cominciare a ragionare sulle bizzarre dinamiche messe in scena, chiedendosi quale sarebbe il suo comportamento nei panni di un dato personaggio o quali sviluppi si immagina per una certa realtà. Personalmente ho trovato stimolanti soprattutto i dilemmi etici, come quelli proposti in "Amare ciò che si vede: un documentario", che per merito della sua inaspettata attualità è senza dubbio il racconto più apprezzato dalla sottoscritta. Dovendo segnalare un'ulteriore preferenza, ritengo che anche "L'inferno è l'assenza di Dio" ponga delle ipotesi niente male, oltre ad essere meno ostico grazie alla lontananza dal fattore matematico.

Voto effettivo: tre stelline e mezza

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venerdì 13 dicembre 2024

"Il regno di cenere" di Sarah J. Maas

Il regno di cenere (Throne of Glass, #7)Il regno di cenere by Sarah J. Maas
My rating: 4 of 5 stars

"Una colonna di fuoco le si levò intorno, sollevandole i capelli. L'onda ruggiva e ruggiva verso di lei, verso l'esercito alle sue spalle ... Nel cuore ardente del mondo. Il castello tremò, questa volta più violentemente. La colonna di fuoco venne risucchiata dentro Aelin. Lei teneva una mano davanti a sé, il pugno chiuso. Come se dovesse fermare l'onda"


REDENZIONE DI VECCHI STRONZI, REDENZIONE DI VECCHI STRONZI OVUNQUE...

Mi sono serviti ben undici mesi, ma alla fine sono riuscita a completare Throne of Glass, vincendo questa gara improba tra il mio stoico livello di sopportazione e le manie di protagonismo di Aelin. Non nego che affrontare l'enciclopedico "Il regno di cenere" sia stata un'impresa, e sarei stupida di scoprire che gli editor tanto ringraziati dalla cara Sarah a fine volume abbiano svolto effettivamente il loro lavoro; però lo reputo un finale coerente con il tono ed i temi evidenziati nel corso della saga. Motivo per cui mi lasciano un po' perplessa le reazioni sbigottite di altri lettori: servono davvero otto libri da 600 pagine l'uno (in media) per capire quale sia l'effettiva qualità di una serie?

Ma torniamo a quest'ultimo capitolo, cercando di evitare spoiler fastidiosi. Ovviamente il focus del romanzo è rappresentato dalla resa dei conti tra le forze riunite da Aelin ed i demoni Valg nei regni settentrionali dell'Erilea. Per arrivare allo scontro definitivo, passiamo però tra una quantità incredibile di POV diversi -tra i quali spicca uno nuovo, quello della piccola Evangeline!- e parecchie sottotrame romantiche. Queste ultime non riescono però a soverchiare la trama principale, che vede inizialmente quattro prospettive distinte: quella della squadra di streghe affiancante da Dorian nella loro missione per reclutare le Crochan, quella delle truppe arrivate dal Continente Meridionale grazie a Chaol, quella del gruppo di salvataggio diretto alla capitale fatata Doranelle e quella dell'esercito ribelle capitanato tra gli altri da Aedion.

E parlando di personaggi, andiamo a vedere quello che è a mio avviso il maggior pregio del libro, e della serie nel suo insieme: le relazioni interpersonali. Salvo poche eccezioni, ritengo che tutte siano state ideate e messe in scena con grande cura, strutturando rapporti solidi e credibili di affetto ma anche di natura conflittuale. Questo porta il lettore ad affezionarsi inevitabilmente ai protagonisti, ed a tal proposito le mie preferenze non sono granché cambiate: continuo ad adorare Lysandra, Elide, Yrene, Manon, più diverse personagge secondarie che a tratti rubano la scena perfino all'egomaniaca Aelin. Tra i maschi (come si diverte ad appellarli l'autrice) promuovo invece Rowan, Chaol e Lorcan, mentre Aedion -dopo essere scivolato decisamente in basso nella mia stima- non ha fatto sforzi sufficienti per recuperare.

Una volta tanto ho un paio di parole gentili anche per gli antagonisti! nulla di veramente rivoluzionario beninteso, ma finalmente in questa saga ho letto del vero impegno a rendere più approfonditi i cattivi di turno, senza però volerli redimere a caso come purtroppo era successo con un altro villain. Per quanto riguarda gli altri pregi del volume, sono grossomodo gli stessi dei capitoli precedenti, ma un'attenzione in più del solito è stata data all'elaborazione dei traumi, creando delle scene introspettive per nulla malvagie. Vorrei dirmi felice anche per altri aspetti come il ruolo giocato dagli dèi, ma ancora una volta mi hanno lascia tiepida: a livello concettuale avevano il potenziale per rendere più interessante il world building, invece a conti fatti sembrano dei burattinai poco lungimiranti che tolgono autonomia ai protagonisti.

A gettare veramente ombra sulla maggior parte del cast è in realtà la stessa Aelin, che la cara Sarah non si accontenta di rendere perfetta in tutto, priva di colpe e carismatica come leader solo sulla carta, ma deve anche farne la causa una quantità di eventi vitali per le sorti degli altri personaggi; l'esempio più palese è la ribellione di Fenrys, che avrebbe avuto più senso se fosse stata collegata alla sorte del gemello, magari. Ho trovato molto frustrante anche la gestione casuale della magia, questa volta ancor più palese e fastidiosa che mai: tutto risulta estremamente facile per i protagonisti, che apprendono nuove doti e battono gli avversari con la stessa rapidità con cui io scoppio a ridere ogni volta che Aelin comincia a parlare di democrazia.

Gli altri elementi più deboli sono riferiti soprattutto alla prosa ed alla (mancata) revisione. Il testo è costellato da scene noiose nella loro ripetitività, specialmente nelle relazioni romantiche che-dopo gli allontanamenti avvenuti ne "L'impero delle tempeste"- si risolvono praticamente tutte con lo stesso escamotage narrativo. Una bella sfoltita sarebbe stata utile anche alle prospettive, perché alcune sono quasi imbarazzanti nella loro inutilità; non mi posso dire una fan neppure delle scene di battaglia scritte da Maas, ma in questo caso avevo aspettative pari a zero quindi poco male. Molto male invece per le chiare manipolazioni con cui l'autrice prova in più punti a far empatizzare con personaggi discutibili e per l'ennesima traduzione lacrimevole. Sì, perché leggere tutti quei superlativi assoluti mi ha fatto piangere dallo sconforto!

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martedì 10 dicembre 2024

"Labirinti" di Franck Thilliez

LabirintiLabirinti by Franck Thilliez
My rating: 4 of 5 stars

"Proseguì, entrò nell'ultima stanza. Anche lì si dispiegava il labirinto. Come un fungo della casa gigante, aveva colonizzato ogni centimetro di muro della stanza. Lysine si sentiva sempre più oppressa nonostante la luce che filtrava dalla finestra lercia. Stava respirando troppo in fretta e faceva troppo rumore"


PIÙ UNA MATRIOSKA CHE UN LABIRINTO

Nel 2023 "Il manoscritto" era riuscito a stupirmi ed intrattenermi, ma questa primavera "C'era due volte" non è stato in grado di replicare la magia del primo libro, per quanto rimanga un titolo apprezzabile sotto diversi aspetti. Per capire se la serie stesse davvero prendendo una brutta china, ho deciso di recuperare entro l'anno "Labirinti", un capitolo conclusivo in cui ritornano con ancor più forza tutti gli elementi caratteristici della trilogia: persone affette da amnesia, ragazzine rapite, bande di criminali sociopatici e forze dell'ordine non proprio competenti.

La prima scena è ambientata all'interno di un ospedale, dov'è stata ricoverata una donna non ancora identificata dopo che le autorità l'hanno trovata sulla scena di un delitto bizzarro. Veniamo subito introdotti alla prospettiva della poliziotta Camille Nijnski, che interroga il dottor Marc Fibonacci a riguardo; l'uomo spiega che la paziente ha perso la memoria, ma non prima di avergli confidato tutto. Per illustrare al meglio gli eventi, si passa alla narrazione alternata di tre storie: quella della giornalista freelance Lysine, della psichiatra elettroipersensibile Véra e dell'adolescente rapita Julie. A queste si aggiungiono poi altre figure femminili, ed ovviamente ritorna anche lo scrittore Caleb Traskman.

Il tutto si delinea all'interno di una struttura narrativa solida e mai noiosa: il rapido passaggio da un POV all'altro potrebbe lasciare frustrati a volte -quando si è in prossimità di una rivelazione importante, ad esempio- ma permette al volume di mantenere un ritmo ed un dinamismo eccellenti. Il lettore viene letteralmente trascinato verso un finale sorprendente ma non incredibile; e lo dico in senso positivo, perché gli indizi nel corso della lettura vengono forniti, quindi per quanto ci si muova in un contesto inusuale i colpi di scena non sono mai campati per aria. Tutto considerato, mi è sembrata una conclusione soddisfacente anche nell'ottica della serie, perché mantiene una nota agrodolce in linea con le vicende raccontate.

Come già accennato, nel volume abbondano i rimandi ai due capitoli precedenti, che per quanto possa sembrare un escamotage paraculo è una decisione autoriale valida e coerente, tesa a tracciare un filo conduttore all'interno della trilogia, elemento che personalmente ho molto apprezzato. Allo stesso modo mi è piaciuta la scelta di presentare ai lettori parecchi quesiti di tipo etico e morale, primo fra tutti la legittimità del delitto con cui si apre la storia, che in un primo momento sembra il risultato del raptus di una squilibrata per poi assumere i contorni di una vendetta forse più che giusta.

La presenza di questi livelli introspettivi è resa possibile grazie all'approfondimento psicologico relativo non tanto ai singoli caratteri quanto ad un'analisi più ampia della mente umana e dei suoi meccanismi. Purtroppo questo svilisce i personaggi, che non vengono caratterizzati in modo adeguato ma rimangono un'incarnazione della loro condizione psicologica, la quale ne influenza la personalità nonché qualunque azione compiano. Sembra un paradosso, ma per quanto la condizione mentale dei personaggi sia attenta e rilevante, non sono riuscita ad individuare carisma o emotività in nessuno di loro, e questo mi ha tenuto distaccata dalle vicende pur reputando intrigante l'intreccio.

Tra i punti a sfavore del romanzo troviamo inoltre l'elemento horror, un po' eccessivo e ridondante a mio avviso: personalmente non mi faccio alcun problema con le scene splatter, però leggerne così tante le priva di rilevanza ed impatto. In modo simile, penso che il caro Franck si sia giocato una buona fetta della tensione a causa della premessa iniziale, perché anticipando la conclusione ha reso impossibile per il lettore preoccuparsi della sorte di alcuni personaggi. Non ho gradito poi le numerose convenienze di trama, sicuramente utili a far progredire la storia, ma al contempo capaci di depotenziarne la credibilità.

Voto effettivo: quattro stelline e mezza

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giovedì 5 dicembre 2024

"Desdemona and the Deep" di C.S.E. Cooney

Desdemona and the DeepDesdemona and the Deep by C.S.E. Cooney
My rating: 3 of 5 stars

"Crowning its sculpted white curls was a towering tangle of antler horns. Tier upon tier burst from its skull like the chandelier in H.H.'s hunting lodge, a great circle of elk, whitetail, and mule deer antlers that dominated the ceiling. It was the Antler Crown"


PIÙ FIABA CHE FANTASY

Ho deciso scientemente di iniziare un'altra storia sulle fatine appena terminata la lettura de "Il principe crudele"? assolutamente no. Eppure eccomi approdata a "Desdemona and the Deep", un romanzo breve dai toni fortemente fiabeschi ispirato al folklore britannico in generale ed al poema "Goblin Market" di Rossetti in particolare. E forse il suo più grosso limite è proprio la brevità del testo: so per certo che l'autrice ha imbastito in seguito una serie di racconti e novelle attorno al mondo fantasy in cui è ambientata questa narrazione, ma avrei preferito di gran lunga una storia corposa e solida seppure singola.

L'universo narrativo immaginato da Cooney si compone di tre realtà poste idealmente l'una sopra l'altra: nel livello più alto troviamo il mondo degli esseri umani detto Athe, quello centrale è occupato dal Valwode delle creature gentili (molto simili ai membri del Piccolo Popolo), mentre l'ultimo livello è abitato dai goblin del regno delle ossa Bana. Questi ultimi sono governati da Erl-Lord Kalos Kantzaros, che tempo addietro ha stretto un patto con Harlan Hunt "H.H." Mannering; secondo questo accordo l'uomo può chiedere qualunque prodigio al re dei Kobolds, fintantoché compensa con una congrua offerta. Quando la figlia Desdemona "Desi" scopre che il padre si è arricchito immolando le vite dei suoi stessi minatori, decide di scendere nel mondi sottostanti per annullare il sacrificio.

Parte così un'avventura fantasy che in realtà a ben poco di avventuroso; la maggior parte del testo è dedicata alle descrizioni dettagliate e fantasiose del world building, che si pone in questo modo come principale pregio del titolo, nella sua compente fantastica ma anche in quella mortale. A differenza del solito ho infatti apprezzato la scelta di creare una realtà alternativa anche per le scene più quotidiane, perché in un testo tanto stringato sarebbe stato impossibile esplorare al meglio le conseguenze della magia nel nostro mondo. Al fianco dell'ambientazione troviamo ovviamente l'estetica, che è molto particolare e ricercata: principalmente gotica, con qualche tocco di grottesco che ben si accosta ad una fiaba oscura.

Così come ho apprezzato un livello mortale più contenuto, mi ha convinto l'utilizzo limitato ma puntuale della magia. Di mio ho già un debole per i patti di stampo faustiano, ma qui troviamo addirittura una versione rovesciata, dove è il diavolo tentatore di turno a volersi svincolare. Anche gli altri elementi fantastici sono interessanti e per nulla scontati: metamorfosi complete, abiti dalle capacità paranormali e rituali onirici rendono il testo -già graziato dai dialoghi estremamente brillanti- intrigante ed immersivo. Con qualche piccola riserva, potremmo includere anche le tematiche tra i punti di favore del volume; non posso dirmi convinta al cento per cento del modo in cui vengono sviluppate (specialmente pensando all'epilogo), ma ho senza dubbio apprezzato la scelta dell'autrice di contestualizzare ed attualizzare temi come l'emancipazione femminile ed i diritti individuali.

La rappresentazione LGBT+ risulta essere un altro elemento in forse, infatti mi è piaciuto vederla presente e soprattutto presente in modo naturale, ma reputo che la cara Claire abbia puntato parecchio sulla quantità e ben poco sull'effettivo approfondimento: non è necessario intavolare un saggio sociologico ogni volta che si mette in scena un personaggio queer, ma neppure far spuntare relazioni poliamorose a casaccio mi sembra una buona idea, soprattutto se l'obiettivo è dimostrare che sono valide e stabili tanto quanto quelle monogame.

Come accennato, la brevità del libro limita molto lo sviluppo dell'intreccio, e la decisione di dare spazio a descrizioni assortire peggiora ancor di più la situazione. La trama risulta così estremamente scarna e semplicistica: tutto ciò che la protagonista riesce a fare è di una facilità imbarazzante, e non dà di certo l'idea di un'avventura vera, quanto piuttosto di un percorso preimpostato sul quale lei si trova catapultata volente o nolente. Il ritmo inoltre è parecchio rapido, e per questo il lettore non ha modo di affezionarsi ai personaggi o di preoccuparsi per le loro problematiche. A farne maggiormente le spese è Desdemona stessa, le cui azioni (quando volontarie) sembrano casuali e sciocche; nel finale l'autrice prova a darle una motivazione più profonda, ma non è sufficiente per cancellare le sue uscite retoriche e la frivolezza generale.

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