
My rating: 1 of 5 stars
"Si diceva che si trovassero lì fin dal tempo dei primi uomini, fin da quando il Terramare era stato creato ... Erano le tombe di coloro che regnavano prima che nascesse il mondo degli uomini, coloro che non avevano nome, e per questo colei che veniva a loro consacrata, colei che era al loro servizio non aveva nome"
TANTE MAIUSCOLE DA FAR INVIDIA AD UN TEDESCO
A gennaio, mentre in piena influenza arrancavo tra le pagine de "Il mago", percependo come ostico ed interminabile un libretto per bambini, mi sono sentita un mezzo fallimento come lettrice. Ad oggi, più o meno in buona forma fisica, devo dire che la me stessa del passato era una vera eroina senza neppure saperlo; questo perché "Le tombe di Atuan" mi ha confermato che il problema non ero (solo) io, bensì la prosa soporifera della cara Ursula.
C'è da dire che almeno nelle prime pagine la mia attenzione l'ha saputa catturare, introducendo una protagonista ed un contesto del tutto nuovi. Siamo sull'isola desertica di Atuan, dove si erge il Posto delle Tombe, ossia nove monoliti mistici custoditi dalla Prima Sacerdotessa; appena nata la piccola Tenar viene individuata proprio come la reincarnazione di questa figura, e per questo allontanata dalla sua famiglia e costretta ad adottare il non-nome di Arha. La prima parte del libro è interamente dedicata al suo addestramento religioso -ed in particolare all'esplorazione dei tunnel che si snodano sotto i templi-, mentre nella seconda il ritorno di una nostra vecchia conoscenza porta una parvenza di trama in una narrazione fino a quel punto poco corposa.
L'intenzione di Le Guin non era chiaramente quella di strutturare un'avventura fantasy simile a quella del primo capitolo, quanto piuttosto di raccontare l'emancipazione di Tenar, da burattino delle Sacerdotesse più anziane a persona capace di autodeterminarsi. Personalmente non credo che questo concetto sia stato sviscerato al meglio, ma rimane comunque uno spunto positivo sul quale lavorare magari nei seguiti. Tra gli aspetti che sono riuscita ad apprezzare, troviamo le relazioni interpersonali (più credibili e meglio sviluppate), le nuove ambientazioni ed i nuovi elementi di world building, legati soprattutto alle isole dei Kargad ed al loro approccio nei confronti del sovrannaturale.
Terminati i modesti elogi, passiamo agli elementi che meno funzionano in questa narrazione, a partire dai personaggi. Per quanto riguarda i comprimari, si tratta di caratteri fin troppo stereotipati (Manan è il servitore fedele, Kossil l'insegnante carogna, Penthe l'amica gentile, e così via), ma la situazione peggiora quando si arriva ai protagonisti: la caratterizzazione di Tenar è a dir poco banale, mentre quella del suo coprotagonista risulta del tutto stravolta rispetto al libro precedente. Non ho ben capito inoltre la scelta di puntare in modo tanto netto l'attenzione su personaggi -come Penthe, la madre di Tenar o Thar- che alla fine dei conti risultano davvero marginali.
Come accennato, il volume pecca di una solida e chiara strutturazione: la trama risulta quasi inesistente e, quando finalmente sembrano comparire degli spunti validi, questi sono motivati da informazioni del tutto estranee non solo a questo libro ma perfino al primo! Il tutto viene poi veicolato al lettore attraverso un ritmo fin troppo lento ed una tensione praticamente non pervenuta. Sul finale ci sono dei tentativi di smuovere gli eventi, ma anche qui il risultato è ben poco emozionante sia perché non c'è stato il tempo di conoscere davvero i personaggi sia per l'apparente mancanza di conseguenze (in positivo o in negativo) per le loro azioni.
Per concludere, qualche pet peeve che ha contribuito a rendere più tediosa la mia esperienza di lettura. Ad esempio abbiamo un fastidioso ricorso al name dropping per tutto il volume; sono anche presenti parecchi spiegoni di lunghezza terrificante, che non sempre risultano essere indispensabili e si presentano al lettore nel modo più forzato e respingente possibile. Volendo poi sorvolare sul fatto che quel poco di trama presente è concentrato sul ritrovamento di un chiarissimo MacGuffin, non ho potuto fare a meno di notare alcune contraddizioni all'interno del sistema magico: a differenza di quanto detto in precedenza, qui abbiamo un nome vero assegnato dai genitori e delle entità senza nome che sono influenzabili dalla magia. Potrei citare altre incoerenze, ma non voglio demolire del tutto uno dei pochi punti di forza della serie. Per ora.
Voto effettivo: una stellina e mezza
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