Ricordo dolceamaro
Recensione a "L'amico ritrovato" di Fred Uhlman
TITOLO: L'amico ritrovato
AUTORE: Fred Uhlman
TITOLO ORIGINALE: Reunion
TRADUTTORE: Mariagiulia Castagnone
EDITORE: Feltrinelli
COLLANA: Universale Economica
PAGINE: 90
TRADUTTORE: Mariagiulia Castagnone
EDITORE: Feltrinelli
COLLANA: Universale Economica
PAGINE: 90
Ho più volte
sentito definire questa novella come una lettura imprescindibile per il genere
dei romanzi storici basati sul periodo della Seconda Guerra Mondiale, e più nel
dettaglio dell’Olocausto. Terminata la lettura, posso finalmente dirmi
pienamente d’accordo - ora con cognizione di causa.
Pur non
brillando particolarmente per lessico o stile, questo volume è senza dubbio una
delle maggiori e più forti testimonianze della Storia, e al contempo il
racconto di un’amicizia tanto salda da sfidare le convenzioni sociali e lo
stesso destino.
A qualcuno
sembrerà stonato l’accenno alla testimonianza in un romanzo, ma è sufficiente
leggere l’interessante introduzione a cura di Arthur Koestler per intuire più
di qualche accenno autobiografico nell’opera di Uhlman.
La novella si
concentra principalmente sulla Svevia dei primi anni ’30; in particolare, la
storia inizia in un liceo dove Hans, figlio di uno stimato medico ebreo,
incontrerà Konradin, erede di una nobile e ricca famiglia ariana.
I due ragazzi
sono entrambi solitari e riservati, ma sentiranno subito una forte connessione
che li porterà in poco tempo a diventare amici inseparabili, a discapito di
ogni pronostico fatto dai loro compagni e, soprattutto, della volontà della
famiglia di Konradin che disprezza gli ebrei e dimostra apertamente il proprio
supporto al neonato governo nazionalsocialista guidato da Adolf Hitler.
Grazie
all’amicizia di Hans, Konradin inizierà a porsi delle domande sulla sua fede,
sia religiosa che politica; e se pure all’apparenza si manterrà fermo nei suoi
principi originari, al lettore viene concesso di scoprire fino a che punto le
parole dell’amico lo abbiano segnato.
Dal canto suo,
anche Hans otterrà un importante insegnamento -essere fieri della propria
famiglia e non temere il giudizio degli estranei-, ma forse sarà in grado di
comprenderlo appieno solo anni più tardi.
Il romanzo
ripercorre poi la partenza di Hans per quello che era allora un lido sicuro per
gli ebrei europei, gli Stati Uniti, per poi concludersi con il ricongiungimento
all’amico, promesso nel titolo.
Data la
brevità del libro e il suo focus diretto al rapporto tra Hans e Konradin, ai
personaggi secondari viene dato ben poco spazio. Nonostante ciò, il dottor
Schwarz riesce a conquistare l’attenzione e l’affetto del lettore,
distinguendosi per la fiera appartenenza allo Stato tedesco; e se inizialmente
pare essere miope di fronte alle violenze contro gli altri ebrei, poi dimostra
la sua lungimiranza. E uno straordinario coraggio.
Tra i due
protagonisti invece, ho scoperto a poco a poco di preferire Konradin: sebbene
la storia segua sempre il suo POV, Hans si rivela un mero narratore, mentre
Konradin gioca un ruolo ben più attivo e affronta una difficile evoluzione,
sempre in modo discreto ed onesto.
Per dei
protagonisti tanto positivi ed apprezzabili dal lettore, Uhlman introduce una
schiera di antagonisti di prim’ordine, a cominciare dagli immancabili bulli a
scuola. Ben più pericoloso il ruolo giocato dalla madre di Konradin e dal loro
insegnante di storia, deciso ad inculcare nelle giovani menti dei suoi allievi
gli ideali di superiorità della razza ariana.
Il volume in
sé non è un vero romanzo: per la sua brevità lo si può giustamente considerare
una novella, ma più nel dettaglio è una serie di ricordi che il narratore ormai
adulto ripercorre con la memoria. Questo si evidenzia maggiormente per la
presenza di dettagli chiari solo in alcuni episodi e per la quasi totale
assenza di dialoghi.
Come già
accennato, l’autore propone uno stile abbastanza semplice; è però importante
notare l’attenta scelta dei colori da usare nelle descrizioni. Con questo
espediente, l’Uhlman pittore riesce a palesare la propria natura d’artista.
L’elemento che
più mi ha affascinato nella novella è sicuramente il ritratto vivido e reale
della vita a Stoccarda negli anni ’30, ma soprattutto la speciale percezione di
quel momento storico e sociale filtrata attraverso gli occhi a volte ingenui, a
volte fin troppo consapevoli, di un adolescente.
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