Le avventure di uno 007 in pensione
Recensione a "Madre notte" di Kurt Vonnegut
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Madre notte
AUTORE: Kurt Vonnegut
TITOLO ORIGINALE: Mother Night
TRADUTTORE: Luigi Ballerini
EDITORE: Feltrinelli
COLLANA: Universale Economica
PAGINE: 200
TRADUTTORE: Luigi Ballerini
EDITORE: Feltrinelli
COLLANA: Universale Economica
PAGINE: 200
IL COMMENTO
Ad attrarmi verso questo libro è stata indubbiamente la sua copertina. Tranquilli, non nutro nessun interesse morboso per il nazismo, più semplicemente l’immagine della svastica sulla bandiera statunitense mi aveva fatto pensare subito alla “Svastica sul sole” di Philip K. Dick (QUI la recensione), dove appunto gli Stati Uniti erano una colonia della Germania nazista.
Ad attrarmi verso questo libro è stata indubbiamente la sua copertina. Tranquilli, non nutro nessun interesse morboso per il nazismo, più semplicemente l’immagine della svastica sulla bandiera statunitense mi aveva fatto pensare subito alla “Svastica sul sole” di Philip K. Dick (QUI la recensione), dove appunto gli Stati Uniti erano una colonia della Germania nazista.
L’acquisto a
libri chiuso però si è rivelato una scelta vincente: “Madre notte” ha ben poco
a che spartire con il romanzo di Dick, ma regala una storia ricca di emozioni,
colpi di scena e spunti di riflessione assolutamente degni, il tutto contornato
da una narrazione tanto attenta agli elementi storici da risultare davvero
credibile. Tra i maggiori pregi del volume è da annoverare anche l’attualità
della storia: il romanzo presenta temi e situazioni capaci di rispecchiare
molti elementi della nostra contemporaneità e mi ha stupito scoprire che la
prima pubblicazione risale al lontano 1961.
Vonnegut
adotta una espediente già sfruttato da altri grandi scrittori, Hawthorne ne “La
lettera scarlatta” (QUI la recensione) per fare un esempio, ossia si finge il
curatore del suo stesso romanzo, attribuendone la paternità al protagonista,
tale Howard W. Campbell jr.
Il signore
Campbell è statunitense, ma si trasferisce in Germania da ragazzino, Paese dove
rimane anche da adulto, sebbene i suoi genitori rientrino in patria prima dello
scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Howard è uno scrittore di testi teatrali
e proprio il lavoro gli permette di incontrare l’attrice Helga Noth, destinata
a diventare sua moglie; nell’ombra l’uomo svolge però tutt’altro genere di
attività, essendo una spia al servizio degli Stati Uniti nell’imminente
conflitto.
Sarà proprio
la sua patria a chiedergli di fingersi un fervente nazista in modo da arrivare
alla conduzione di un programma radiofonico di propaganda a mezzo del quale
trasmette messaggi in codice oltreoceano. In una missione che porta
inevitabilmente alla mente il fantastico “A beautiful mind”, Howard è costretto
ad una vita piena di menzogne, anche nei confronti del’amata moglie, nonché ad
una condotta che lo farà finire anni dopo nella lista dei criminali nazisti
ricercati in tutto il mondo. Come nel film con Russell Crowe, il protagonista
viene abbandonato dall’agente Wiltanen, suo contatto con il governo americano e
unico a poter garantire sulla sua vera fedeltà, ed è costretto a rifugiarsi in
un anonimo monolocale newyorkese dove conduce una vita da eremita per anni.
La storia di
Campbell ci viene narrata da lui medesimo: il primo capitolo si apre con l’uomo
rinchiuso nel carcere di Gerusalemme, impegnato a scrivere appunto le sue
memorie per difendersi nel processo che lo vede imputato per gli anni di
discorsi populisti, antisemiti e incitanti alla violenza fatti alla radio. Il
protagonista si sofferma sulle storie dei secondini del carcere, prima di
avventurarsi nella propria biografia, nella quale non segue peraltro un ordine
cronologico, bensì collega vari episodi per associazione di idee.
I capitoli
presentano quindi uno schema abbastanza fisso, con il focus su un evento in
particolare e, sul finale, una frase viene inserita per creare suspense e dà lo
spunto per il soggetto nel nuovo capitolo.
Lo stile è
diretto e relativamente semplice (attenzione! non semplicista) è, soprattutto
nelle parti dei dialoghi, la prosa è ridotta all’essenziale, limitata sempre e
solo al verbo dire, lasciando alle battute il compito di darsi un tono da sé;
questa scelta stilistica ben si accorda anche all’attività di autore teatrale
del “finto” autore.
Il punto di
forza del romanzo è indubbiamente il protagonista. Senza eclissare del tutto
gli altri personaggi, Campbell si dimostra il sovrano incontrastato della
scena, caratterizzato da un pungente sarcasmo e dotato di uno spirito critico,
sia nei confronti di sé stesso sia del mondo che lo circonda. Curioso notare
come Howard abbia vissuto delle vere avventure, degne di una spia, solo anni
dopo la fine della guerra, mentre la sua missione di copertura fosse in
confronto relativamente sicura; geniale invece il concetto dello Stato a due,
esposto da lui ma evidentemente proprio di Vonnegut.
Per merito
della vita atipica del protagonista, il romanzo introduce direttamente -o
accenna soltanto a- diverse figure storiche, in particolare di gerarchi nazisti
come Goebbels ed Eichmann. Vonnegut adotta un atteggiamento estremamente
razionale, che è un po’ il tratto distintivo di Howard, per trattare tematiche
delicate come l’olocausto: riesce ad evitare facili qualunquismi, mostrando gli
eventi in un’ottica realista e diretta.
L’argomento
della guerra in sé viene elaborato con il medesimo occhio critico ed oggettivo,
andando oltre la classica divisione tra alleati buoni e nazifascisti cattivi,
ma valutando ogni individuo per le sue azioni e per il suo temperamento. Questa
visione disincantata della Storia è ben illustrata già nelle Avvertenze del
curatore, dove Vonnegut rievoca un avvenimento tragico -la distruzione di
Dresda- da lui vissuto in prima persona quando era arruolato nell’esercito
statunitense: il bombardamento operato dai suoi connazionali e dagli inglesi ai
danni dei civili tedeschi palesa con evidenza l’impossibilità di scindere tra
colpevoli ed innocenti in tempi di guerra. Come suggerisce la “fata turchina”
di Howard, aka l’agente Wiltanen, la sola distinzione possibile in tempo di
guerra è tra vivi e morti.
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