Ma dove vai, se la mappa non ce l'hai
Recensione a "La città di sabbia" di Laini Taylor
TITOLO: La città di sabbia
AUTORE: Laini Taylor
TITOLO ORIGINALE: Days of Blood & Starlight
TRADUTTORE: Donatella Rizzati
EDITORE: Fazi
COLLANA: Lain ya
PAGINE: 460
TRADUTTORE: Donatella Rizzati
EDITORE: Fazi
COLLANA: Lain ya
PAGINE: 460
IL COMMENTO
Al momento di
scrivere il commento a “The Help” di Kathryn Stockett (QUI la recensione), ho
procrastinato per diversi giorni in cerca delle parole giuste, e ora mi trovo
mio malgrado in una circostanza analoga con “La città di sabbia”; le situazioni
presentano invero parecchi somiglianze, perché prima di iniziare la lettura ero
riluttante ad approcciarmi ad entrambi i volumi, mentre leggevo non riuscivo a
staccarmene e una volta terminati la gioia per la lettura fruttuosa non era
accompagnata da un impellente desiderio di mettere nero su bianco le mie
opinioni.
Non di meno, eccomi
infine pronta ad elogiare il secondo volume della trilogia de “La chimera di
Praga”. Seguito davvero superiore al primo libro -“La chimera di Praga” (QUI la
recensione), appunto- soprattutto per la scelta di limitare l’uso dei flashback
a poche scene distinte anziché ammassarli in capitoli a parte. La seconda parte
del primo libro era appesantita dalla valanga di flashback che finivano per
accantonare la storia principale e creavano un progressivo calo di interesse
nel lettore. Questo è tra l’altro il motivo principale per cui non ero proprio
entusiasta all’idea di continuare la serie.
La storia
prende l’avvio qualche settimana dopo che Karou ed Akiva hanno liberato i
ricordi spezzando l’osso del desiderio e si sono separati: il Serafino di
ritorno tra i suoi fratelli Illegittimi e la ragazza alla ricerca di un portale
per Eretz, decisa a vedere con i suoi occhi il tragico destino della sua
specie.
Per le prime
cinquanta pagine, la narrazione non si sofferma mai direttamente su Karou,
mostrando invece dei capitoli POV di Akiva e Zuzana, con la protagonista
relegata ai margini della scena. I capitoli incentrati sul Serafino ci mostrano
-come da me auspicato- nuovi dettagli sull’Impero ed introducono in modo
maggiormente approfondito i già visti compagni di Akiva, l’estroverso Hazael e
l’ombrosa Liraz. Nelle parti della giovane burattinaia vediamo soprattutto i
tentativi suoi e di Mik per ritrovare Karou.
La
protagonista si fa attendere, è vero, ma quando entra in scena l’aspettativa è
ben ripagata da quello che annovero tra i migliori personaggi di cui abbia mai
letto. Karou è caratterizzata con estrema cura e i suoi comportamenti sono
sempre chiari e ben motivati; all’inizio la troviamo molto diversa da com’era
nei primi capitoli de “La chimera di Praga”, perché lo sterminio operato dai
Serafini a Loramendi l’ha costretta a mettere da parte la sua indole pacifica
in nome della vendetta su coloro che hanno distrutto la sua famiglia e la sua
terra. L’incontro fortuito con una vecchia conoscenza contribuirà ad acuire il
suo desiderio di rivalsa delle Chimere superstiti.
Karou non è
affatto una ragazza debole o influenzabile, ma è comprensibile come sembri persa
ed indifferente alla violenza all’inizio; solo la reunion con Zuze l’aiuterà ad
aprire gli occhi su ciò in cui si sta trasformando la ribellione. Questo è di
certo uno degli aspetti che ho preferito: come abbiamo visto ne “Il circo della
notte” di Erin Morgenstern (QUI la recensione) o di recente in “Hollow City” di
Ransom Riggs (QUI la recensione), è frequente nei fantasy che il protagonista,
una volta scoperto il proprio epico destino, abbandoni su due piedi la monotona
vita umana per dedicarsi anima e corpo alla salvezza del globo terracque; in
questo libro invece le amicizie “umane” non vengono dimenticate e rimangono
l’ancora della protagonista, ed il mondo reale non scopare anzi, nella parte
finale torna prepotentemente ad affermare la sua importanza.
Come avrete
capito, ho amato tutti i coprotagonisti, umani, Serafini e Chimere, come non mi
capitava dai tempi del fangirleggiamento (e petaloso muto!) adolescenziale; c’è
poco da fare: la Taylor eccelle nella caratterizzazione, anche quando si tratta
di misere comparse. Akiva invece è tutt’altro paio di maniche, perché a
dispetto della mia buona volontà continuo a mal sopportarlo. Lui è quasi
l’opposto di Karou e mentre lei reagisce e combatte, il Serafino si lamenta e
invoca la morte... insoffribile.
I cattivi mi
creano qualche perplessità. Jael richiama molti cliché degli antagonisti
classici (volto sfigurato, piacere nel torturare, continui rimandi alla
lussuria), mentre Thiago con la sua costate ambiguità cela meglio il suo lato
feroce e all’inizio era riuscito a farmi dubitare del suo temperamento.
Come già detto
per il primo capitolo, non posso che valutare positivamente lo stile e,
soprattutto, le poetiche descrizioni della Taylor: ritengo che quelle
incentrate sulla kasbah in Marocco e il palazzo di vetro dell’Imperatore Joram
siano le più suggestive.
C’è qualcosa
da criticare in questo libro? Sì, anche se si tratta di due aspetti collegati
all’edizione e non la romanzo. In questo libro compaiono molte creature magiche
e, soprattutto, diversi tipi di Chimere dai nomi non proprio intuitivi, quindi
avrei apprezzato una breve appendice per riepilogare le caratteristiche
principali delle varie specie, così da evitare continui salti da una pagina
all’altra in cerca di chiarimenti. Altro errore è l’assenza di una mappa del
mondo di Eretz, che aiuti il lettore a comprendere gli spostamenti dei
personaggi ed i luoghi in cui si svolgono i vari scontri; in questo caso la
colpa è da imputarsi alla Fazi, perché nell’edizione originale la cartina era
presente.
DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
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