Un classico al mese
"Grandi speranze" di Charles Dickens
TITOLO: Grandi speranze
AUTORE: Charles Dickens
TITOLO ORIGINALE: Great Expectations
TRADUTTORE: Maria Felicita Melchiorri
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 410
VOTO: 5 stelline
TRADUTTORE: Maria Felicita Melchiorri
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Minimammut
PAGINE: 410
VOTO: 5 stelline
“Grandi speranze” è uno tra i romanzi
maggiormente noti del prolifico autore britannico. Come molte opere dickensiane,
si configura come un romanzo di formazione sul personaggio di un giovane orfano
che approda nella metropoli londinese sperando in un'ascesa sociale.
La narrazione di focalizza quindi sulla vita
ricca di inattese speranze e, al contempo, grandi sofferenze, di Philip Pirrip
da tutti chiamato Pip. Il suo personaggio ricalca inizialmente uno schema
caratteristico di Dickens, essendo appunto un orfano di umili origini che gli
adulti trattano sempre con modi bruschi, arrivando sovente a vera e propria
violenza fisica.
«Ero sempre stato trattato come se
avessi insistito per nascere, in opposizione ai dettami della ragione, della
religione e della morale, e contro gli argomenti più dissuasivi dei miei amici.»
A differenza di
Oliver Twist (QUI la recensione) ci troviamo però di fronte ad un protagonista maggiormente
complesso, che lascia ben presto l'innocenza e la genuinità dell'infanzia per
evolversi in una persona non certo integerrima ma sfaccettata e realistica.
Pip vive inizialmente con la sorella e il
marito di questa, Joe, fabbro nel loro piccolo villaggio. L'esistenza del
ragazzino sembra già segnata: diventerà apprendista del cognato, poi forse suo
socio e sposerà una ragazza del paese; delle grandi speranze giungono però a variare
il corso di un'altrimenti placida esistenza. Prima c'è l'invito a presentarsi
presso la dimora di Miss Havisham, ricca possidente della zona in cerca in una
sorta di valletto per assisterla e giocare con la sua figlia adottiva, Estella.
Successivamente, Pip sarà nominato protetto di un misterioso benefattore che lo
fa giungere a Londra, dove dovrà studiare per diventare un perfetto gentiluomo.
Questi eventi traviano il carattere e
l'indole di Pip, facendogli desiderare di migliorare sia nell'aspetto sia nella
condizione della sua famiglia, che ora gli appare mortalmente inadeguata,
specie in confronto con la superbia della bella Estella.
«-Invece [...] guarda come mi
ritrovo. Insoddisfatto e irrequieto e... che mi importerebbe di essere rozzo e
ordinario, se nessuno me lo avesse detto.»
Dopo anni di vita
infruttuosa e dissoluta, l'incontro con il suo mecenate e le avventure e le
scoperte che ne conseguono avviano nel protagonista un lento processo di rinnovamento
interiore: consapevole ora dei propri sbagli, Pip può finalmente riportare la
sua vita sul binario della rettitudine, riscoprendo il valore delle amicizie
sincere.
Accanto ad un protagonista tanto
caratterizzato, si potrebbe pensare che i personaggi secondari spariscano; l'abilità
maggiore di Dickens sta invece nel delineare degli eccellenti comprimari,
specie quelli con una natura più controversa e borderline. Tra tutti spicca
certamente la figura quasi spettrale di Miss Havisham, responsabile della sua
stessa clausura in una villa ormai decadente
«Fu allora che iniziai a capire che
ogni cosa in quella stanza si era fermata, come l'orologio e la pendola, molto
tempo prima. Notai che Miss Havisham rimetteva il gioiello esattamente nel
punto da cui lo aveva preso.»
e circondata da
parenti bramosi soltanto di appropriarsi della sua eredità. La grande colpa
della donna è però l'aver voluto allevare Estella come una sua creazione, una
persona privata della capacità di amare ed esprimere i propri sentimenti.
«-Ti sembra di averla [Estella]
persa?
C'era una gioia tanto maligna nel
modo in cui pronunciò queste ultime parole, e poi scoppiò in una risata tanto
sgradevole, che non seppi cosa dire.»
Altro personaggio decisamente ambiguo, ma
dall'innegabile fascino per l'abilità con cui esercita l'altrettanto ambigua
professione di avvocato, è Jaggers. Per il giusto compenso non c'è nulla che
sia restio a fare, come ben si capisce in questo scambio di battute con un uomo
che deve fornirgli un testimone di comodo:
«-Che cosa è disposto a giurare?
-Be', signor Jaggers-, disse Mike
pulendosi il naso, stavolta col cappello di pelo; -in generale, qualsiasi
cosa.»
la sua
caratterizzazione si dimostra però più articolata verso il finale, dove
riusciamo a vedere un suo lato più umano e capace di provare una genuina
empatia, senza perdere comunque la sua natura pratica.
Tra i miei preferiti posso annoverare anche
alcuni personaggi positivi, soprattutto l'amabile Joe, colpevole di avermi
fatto versare parecchie lacrime, e l'intraprendete Herbert, che in un primo
momento il protagonista valuta come persona mediocre
«Da tutto il suo [di Herbert]
aspetto, in generale, emanava un senso di meravigliosa fiducia, e al tempo
stesso qualche che mi suggeriva che non sarebbe mai stato un uomo molto ricco o
di gran successo. Non so perché fosse così.»
arrivando a fine
romanzo ad ammettere che:
«Dovevamo talmente tanto all'allegra
prontezza e all'ingegnosità di Herbert, che mi chiedevo spesso come mi fossi
formato quella vecchia idea della sua inettitudine, finché un giorno mi
illuminò la riflessione che forse l'inettitudine non era mai stata di lui,
bensì di me.»
Ovviamente non ho nulla da eccepire sullo
stile di Dickens, sempre arguto e ricco di ironia, con cui smaschera le
contraddizioni dei suoi personaggi ed, infine, dello stesso narratore.
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