venerdì 31 maggio 2019

Wrap-Up - Letture di maggio 2019

Wrap-Up - Letture di maggio 2019


Senza rendermene conto, questo mese ho scelto quasi esclusivamente romanzi storici e, fatto ancor più bizzarro, quasi esclusivamente romanzi storici ambientati nella Gran Bretagna governata da Vittoria I.
Coincidenze? L'unico a poterci rispondere è Adam Kadmon, io posso solo dire che a parte un’eccezione sono state tutte letture positive.

La prima lettura è stata il classico di questo mese, ossia “Grandi speranze” di Charles Dickens, storia dell’orfano Pip e dei molti personaggi che incroceranno il suo cammino. QUI potete leggere la mia recensione completa per questo romanzo, che ho valutato complessivamente cinque stelline.

Ho scelto poi un libro acquistato sull'onda dell'entusiasmo per lo stile dell'autrice Kate Summerscale, che già avevo adorato in “Omicidio a Road Hill House” (QUI la recensione). La struttura di quel volume viene riproposta in “La rovina di Mrs Robinson”, riportando alla luce un reale caso giudiziario che vedeva come imputata una donna accusata di adulterio e -soprattutto- di provare dei desideri licenziosi, annotati fedelmente su un diario scabroso; una vicenda destinata ovviamente a sconvolgere la società benpensante e puritana dell'Inghilterra vittoriana.
Il volume segue gli eventi dal primo matrimonio della futura Mrs Robinson fino al destino di quasi tutti i personaggi rilevanti, soffermandosi soprattutto sul periodo in cui la protagonista intreccia una relazione clandestina con un uomo sposato e molto più giovane e sul conseguente processo quando il marito scopre la tresca proprio grazie del diario segreto della moglie.
Oltre ai personaggi principali, fanno la loro comparsa anche parecchie figure storiche di rilievo come uno dei padri della frenologia George Combe e i medici reali Bennet e Locock, ma a spiccare tra tutti è sicuramente il naturalista Charles Darwin.
L’autrice approfitta anche dei molti spunti della vicenda per esaminarne nel dettaglio alcuni elementi interessanti, come la neonata moda di redigere e, a volte, pubblicare dei diari personali, le storie familiari dietro le prime richieste di divorzio tra rappresentanti della classe borghese (come quello dei Robinson, appunto) o ancora la concezione del ruolo femminile all’epoca, specialmente in relazione alla sfera sessuale.
Confrontato alla sua opera più celebre, ho ritrovato intatto lo stile puntuale e coinvolgente della Summerscale che, senza mai sbilanciarsi con le sue opinioni personali, fornisce al lettore un quadro fedele dei fatti ottenuto grazie ad un enorme lavoro di ricerca sui documenti dell’epoca. Purtroppo, rispetto alla cronaca di un delitto, specialmente in un contesto familiare tanto particolare, l’infelice matrimonio di Mrs Robinson è decisamente meno coinvolgente, anche perché il lettore già può intuire da principio come si evolveranno le vicende.
Il mio voto è di quattro stelline.

Con il terzo volume di maggio ho iniziato una nuova serie, almeno nuova per me sebbene sia stata pubblicata ormai più di dieci anni fa! Si tratta della trilogia di Gemma Doyle scritta da Libba Bray, in particolare del primo volume dal titolo “Una grande e terribile bellezza”.
La storia segue le vicende della sedicenne Gemma per i primi mesi nella Spence Academy, dove ragazze inglesi di buona famiglia vengono educate per diventare virtuose spose; dalla morte della madre, la protagonista è però perseguitata da misteriose visioni e grotteschi presagi che, guarda caso, non faranno che intensificarsi e diventare più incredibili nel nuovo collegio.
Ho faticato parecchio a recuperare la trilogia, e sono quindi rimasta ancor più delusa dalla mediocrità di questo titolo, che viene presentato come un fantasy storico: la parte storica è a dir poco marginale e per nulla accurata, con personaggi estranei che si danno tranquillamente del tu ad esempio, mentre il lato fantasy è davvero confuso e zeppo di contraddizioni. Grande confusione anche per il target -middle grade per lo stile, ma young adult per i contenuti- e i cosiddetti zingari, che vengono appellati a seconda dei casi anche come rumeni o gitani, dimostrando l’ignoranza dell’autrice a riguardo.
Mi è piaciuta la scelta della Bray di presentare delle protagoniste caratterizzate da difetti realistici, senza la pretesa di piacere per forza e, in generale, l’evoluzione del rapporto tra Gemma e le sue amiche. Boccio invece completamente la mancanza di realismo nel descrivere il collegio, talmente d’elite che chiunque può entrare ed uscire perché la direttrice NON chiude le porte (!), e l’interesse romantico di Gemma, che passa dallo stalkerarla (senza tra l’altro aiutarla quando dovrebbe) al malmenarla ad ogni occasione. Non posso tollerare libri che approvino e romanticizzino dei comportamenti tanto abusivi!
Il mio voto è di due stelline.

Dopo ben tre volumi ambientati nell’epoca vittoriana, avevo decisamente bisogno di cambiare periodo storico, così mi sono immersa nel mio primo romanzo “preistorico” con “L’ultima dei Neanderthal” di Claire Cameron. Potete leggere QUI il mio commento a questo libro, che ho valutato quattro stelline mezza.

Per completare la mia TBR, ho finalmente continuato la Trilogia dei fulmini di Mark Lawrence, iniziata lo scorso anno con “Il principe dei fulmini” (QUI la recensione).
Rispetto al primo libro, “Il re dei fulmini” è stata una lettura più scorrevole perché già conoscevo buona parte dei personaggi, ma soprattutto lo stile dell’autore, quindi ero sicura di dovermi aspettare qualche plot twist inaspettato; e sebbene fossi preparata, Lawrence è riuscito di nuovo a cogliermi di sorpresa, lasciandomi in più punti letteralmente a bocca aperta per le trovate geniale che escogita.
Il volume riprende gli avvenimenti dalla conclusione del primo, per poi suddividersi in tre narrazioni distinte: una nel presente, ossia quattro anni dopo la conquista delle terre di Renar, una nel passato, nei mesi immediatamente successivi all’ascesa al trono di Jorg, e una frammentata tra le altre due e creata dalle pagine del diario di Katherine. A ciò si aggiungono i continui flash back e i riferimenti alle avventure passate di Jorg con i suoi Fratelli negli anni di vagabondaggio: in breve, è una lettura che richiedere un’attenzione costante se si vuole seguire bene gli eventi.
Assieme alla trama, complessa e sorprendente, il punto di forza di questa serie è indubbiamente il cast dei personaggi a cominciare dal protagonista: Jorg è tanto difficile da amare per la sua lucida crudeltà quanto impossibile da detestare per il coraggio e l’impegno che instilla in tutte le sue imprese. Tra i personaggi che ho apprezzato devo necessariamente citare quel sant’uomo di sir Makin (praticamente, l’equivalente di Mazzachiodata dalla trilogia The Tearling) e lo schietto Lord Robert, ma la figura meglio riuscita è a mio avviso Sageous, forse l’antagonista più manipolatore e detestabile di cui abbia mai letto. Ah, lo intendo in senso positivo, ovviamente.
Piccola nota dolente invece per i personaggi femminili che, seppur in alcuni casi davvero ben caratterizzati (Miana è la più interessante, a mio parere), sul piano fisico si riducono a due stereotipi: giovani e piacenti o vecchie raccapriccianti, nessuna via di mezzo!
Il mio voto è di quattro stelline mezza.

Una volta terminata la TBR, mi sono dedicata alla lettura dell’ennesimo libro in lingua di Roald Dahl, in questo caso ho scelto il famosissimo (se non come libro, sicuramente per il film) “Matilda”.
Confrontato con i volumi precedenti, questo si è rivelato abbastanza semplice soprattutto una volta preso il ritmo, sintomo che forse qualche passo avanti lo sto facendo. Soprattutto trovo utile imparare delle espressioni colloquiali o delle frasi fatte che hanno un corrispettivo in italiano, ma magari affatto letterale.
La trama segue la crescita di Matilda, bambina prodigio che impara da sola a leggere e far di conto, ma che in famiglia tutti ignorano; devo ammettere che i suoi genitori ricordano non poco i Dursley della saga potteriana soltanto che, una volta iniziata la scuola, la ragazzina non si ritrova in un ambiente accogliente e caloroso come Hogwarts bensì in una triste scuola di periferia governata dall’implacabile direttrice Miss Trunchbull, avvezza a maltrattare crudelmente gli studenti per mantenere il suo regno di terrore.
Oltre al lato educativo della storia, Dahl ci consegna uno splendido messaggio per tutti gli amanti della lettura, insegnandoci che possiamo sempre migliorare noi stessi grazie ad un buon libro.

Sono poi “ricaduta” nel circolo vizioso dei romanzi storici con “Il Palazzo d’Inverno” di Eva Stachniak, puntando questa volta sulla Russia del settecento, ambientazione che logicamente mi ha creato non pochi problemi con la pronuncia dei nomi! QUI trovate la recensione a questo volume che ho valutato quattro stelline.

L’ennesimo ritorno nella Gran Bretagna della regina Vittoria si è avuto con “La meccanica del cuore” di Mathias Malzieu, anche se l’ambientazione di questo breve romanzo è decisamente poco chiara: spazia dalla Scozia all’Andalusia, passando per Parigi, e sono spesso presenta degli accenni ad elementi decisamente anacronistici, come il riferimento all’attore Charles Bronson, in attività solo dagli anni Cinquanta del Novecento.
Si tratta di una fiaba dai toni decisamente dark, che già la sinossi associa allo stile di Tim Burton, ma personalmente ritengo che questo volume si discosti da quei film in modo netto, scegliendo di rivolgersi ad un pubblico decisamente adulto in parecchie scene -a mio avviso superflue.
Il romanzo mette in scena la peculiare vita di Jack, sin dalla sua nascita nella bizzarra abitazione della dottoressa Madeleine, un po’ strega un po’ meccanica, che assiste sua madre durante il parto e poi impianta nel cuore del bimbo un orologio a cucù per permettere al suo piccolo organo congelato dal freddo intenso di continuare a battere con regolarità. La protesi è però tanto fragile che ogni emozione più forte del normale può compromettere la salute di Jack: lo vediamo sia quando affronta il prepotente Joe, sia quando si innamora al primo sguardo della ballerina Miss Acacia.
La storia è ricchissima di metafore e passaggi poetici, uno stile gradevole per alcuni lettori, ma che purtroppo con me non ha fatto presa; specialmente perché, dopo averci presentato per tutto il volume queste scene surreali al limite del fantasy, Malzieu risolve la situazione di Jack in termini piuttosto concreti e quasi realistici.
Quindi un racconto piacevole che punta a commuovere e mi ha ricordato molto “La straordinaria invenzione di Hugo Cabret” di Brian Selznick. Purtroppo però, non è la storia giusta per me.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

Ho concluso il mese con il secondo capitolo della trilogia Captive Prince di C.S. Pacat, ossia “La mossa del principe”. Dopo la lettura de “Il principe prigioniero” (ne parlo QUI), ero rimasta parecchio delusa da quella che veniva decantata come una serie meravigliosa ed innovativa; in questo secondo capitolo ho riscontrato alcuni miglioramenti, specialmente nello stile e nella caratterizzazione dei personaggi, a dispetto delle fissazioni dell'autrice, che nel primo libro inseriva in ogni descrizione qualcosa di intarsiato, mentre qui obbliga il povero Damen a stilare continui ed inutili inventari.
La storia riprende immediatamente dopo la fine del precedente capitolo: Laurent e il suo seguito sono diretti a sud del regno di Vere su ordine del Reggente che spera di potersi sbarazzare del nipote e ascendere così al trono; ampio spazio viene dato all'evoluzione del rapporto tra Damen e Laurent, che si mantiene credibile e ben sviluppato fino a un capitolo completamente fan-service sul finale, che viene comunque accantonato subito dopo. La trama continua ad essere il punto debole di questa serie, perché anche in questo volume non ci sono avvenimenti imprevedibili, anzi le stesse scene vengono ripetute più e più volte (agguati, marce a cavallo, scambi di battute attorno al fuoco).
In un mare di personaggi secondari più o meno piatti, Laurent si riconferma il più brillante, soprattutto per l'accostamento alla stoltezza di Damen, che pur essendo in sostanza il protagonista si rivela davvero inadeguato, quasi una versione maschile di tante protagoniste di romanzi con target YA: anziché pensare ad un valido piano di fuga perde tempo a shippare i suoi commilitoni, è completamente dimentico dell'odio che dovrebbe provare per Castor e non solo non tenta di scappare di sua iniziativa, ma non lo fa neppure quando gli viene imposto di andarsene! Il tutto viene ovviamente motivato dalla sua estrema lealtà alla parola data... sure!
Arrivati a questo punto, mi domando seriamente come farà la Pacat a risolvere in modo appropriato tutte le situazioni in sospeso in un solo volume, tra l'altro più breve di questo.
Il mio voto è di quattro stelline.

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