Lady Oscar senza Lady Oscar. In Russia
Recensione a "Il Palazzo d'Inverno" di Eva Stachniak
TITOLO: Il Palazzo d'Inverno
AUTORE: Eva Stachniak
TITOLO ORIGINALE: The Winter PalaceTRADUTTORE: Ada Arduini
EDITORE: BEAT
COLLANA: SuperBEAT
PAGINE: 410
VOTO: 4 stelline
“Il Palazzo d’Inverno” è un romanzo storico ambientato nella
suggestiva cornice della San Pietroburgo di metà settecento, e si concentra
soprattutto sull’ascesa della futura Caterina II, detta la Grande, una tra le
più amate zarine di Russia. In originale, questo sarebbe il primo libro in una
duologia, ma in Italia la pubblicazione si è interrotta con questo volume,
quindi lo considereremo uno stand alone.
Protagonista e
voce narrante degli eventi è la giovane Varvara, umile figlia di un legatore la
cui abilità riesce a strappare all'imperatrice Elisabetta I la promessa di
occuparsi della figlia se dovesse rimanere orfana. Per merito di questo
accordo, Varvara entra a servizio nel maestoso Palazzo d'Inverno in veste di
cucitrice per poi diventare una delle “lingue” di corte, a metà tra una spia e una
flâneur, grazie alla sua abilità nel passare inosservata e poter così origliare
le conversazioni private dei cortigiani.
A cambiare il
destino della protagonista è l'arrivo a corte della principessa Sofia di
Anhalt-Zerbst, destinata a sposare il granduca Pietro, nipote ed erede di
Elisabetta. Varvara avvicina la giovanissima principessa per spiarne le mosse,
ma rimane ben presto toccata dal suo animo ingenuo e gentile, arrivando così a
decidere di aiutarla nell'insidioso ambiente del palazzo imperiale.
Il volume
affianca il procedere degli avvenimenti storici, come il matrimonio tra
Caterina (nome di Sofia dopo la conversione alla fede ortodossa) e Pietro o gli
interminabili lavori dell'architetto Rastrelli per dare vita al nuovo Palazzo
d'Inverno, alla vita privata di Varvara, riuscendo a mantenere sempre un buon
ritmo di narrazione che incalza il lettore e lo mantiene interessato alle
vicende raccontate.
Punto di forza
del romanzo sono indubbiamente i suoi personaggi, sia quelli fittizi che le
figure storiche.
L'imperatrice
Elisabetta ottiene un ruolo d'enorme rilevanza e il suo comportamento, sempre
in bilico tra la compassione e l'egoismo, la rende un personaggio davvero
credibile. La vediamo spesso preda della vanagloria, circondata com'è da uno
stuolo di cortigiani interessati soltanto a compiacerla
«Le piace [ad Elisabetta] sentici
ripetere che dal giorno in cui è salita al trono a nessuno è stata tagliata la
testa, ma ci proibisce di menzionare lingue e orecchie.»
e
dell'ira più funesta quando gli eventi non seguono il percorso da lei
desiderato
«-L'ho portata qui per riprodursi,
non per leggere!-, urlava [Elisabetta] facendosi sentire da tutti quando
riceveva l'ennesimo rapporto sull'arrivo delle mestruazioni di Caterina. -Ma
chi si crede di essere?»
ma
anche capace di gesti d'affetto, come quando cura personalmente il nipote
malato.
Un altro personaggio storico molto
interessante è il cancelliere Bestužev, viscido e cospiratore come ci si
aspetta da una figura del genere. Ricorda per molti versi l'altrettanto ambiguo
Ditocorto della serie Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R.R.
Martin, specie quando scopiazza l'iconica battuta di Cersei Lannister
«-Se giochi al gioco di palazzo,
puoi vincere o perdere-, mi disse quella notte il cancelliere, accarezzandomi
il seno. -Anche tu potresti ritrovarti al punto di partenza.»
eppure
rimane lucido fino alla fine ed è il solo ad aprire gli occhi a Varvara sulla
vera natura di Caterina.
Cover polacca |
E arriviamo finalmente a Caterina! Questa
dovrebbe essere la sua storia, eppure l'autrice riesce a renderla il
personaggio più odioso di tutti: per gran parte del libro si dimostra fiacca e
sottomessa, limitandosi a piagnucolare per ottenere quello che vuole, mentre
nelle ultime cinquanta pagine il suo carattere viene stravolto e si trasforma
in una monarca forte e decisa. Ho trovato inoltre ridicolo il doppiopesismo nel
valutare i suoi comportamenti in relazione a quelli del marito Pietro; ad
esempio, entrambi tradiscono il coniuge, ma lui viene dipinto come crudele fino
al ridicolo mentre per lei quelle solo le uniche occasioni in cui poter provare
un pizzico di libertà.
Ottima la caratterizzazione della
protagonista, che con l'avanzare della narrazione acquista sempre maggiore
consapevolezza e determinazione, ottenendo una crescita davvero significativa.
Tra i personaggi secondari invece, il mio preferito si è rivelato essere Egor',
scelta inaspettata se si pensa al suo ruolo iniziale, ma i lettori come la
protagonista imparano a conoscere nuovi aspetti del suo carattere e a
rivalutare la prima opinione di lui.
Alla Stachniak vanno tutti i miei complimenti
per l'enorme lavoro di ricerca alla base del libro, sia per narrare gli eventi
storici sia per ricreare l'atmosfera della Russia di quell'epoca, con tutte le
bizzarre superstizioni e le leggende folkloristiche che influenzavano le vite
degli poveri servi della gleba come dei potenti di palazzo. Apprezzo anche la
scelta di ricorrere a molti termini in russo, per quanto le pronunce siano
difficoltose almeno al pari dei nomi propri
«Barbara, o Basieńka, mi chiamava
mia madre. In polacco, come in russo, un nome può trasformarsi in molti modi.
[...] In russo, sono diventata Varvara.»
Lo stile invece non mi ha convinto del tutto:
ci sono spesso delle ripetizioni inutili, come quando questa frase:
«Tutte le padrone di casa di San
Pietroburgo desideravano averlo [Sergej Saltykov] come ospite.»
viene
seguita, una decina di righe dopo, da quest'altra:
«Era un ambitissimo ospite d'onore
nei salotti di San Pietroburgo, Sergej con le palpebre abbassate, [...]»
Non
ho apprezzato troppo neanche il continuo ricorso alle interrogative dirette,
che vanno sovente a comporre interi paragrafi.
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