Ma un uomo, no non è contento mai
Recensione a "Replay: una vita senza fine" di Ken Grimwood
TITOLO: Replay: una vita senza fine
AUTORE: Kenneth M. Grimwood
TITOLO ORIGINALE: ReplayTRADUTTORE: Maurizio Nati
EDITORE: Fanucci
COLLANA: Immaginario
PAGINE: 330
VOTO: 3 stelline
“Replay: una vita senza fine” è un romanzo fantascientifico che
si sviluppa dal presupposto di una persona intrappolata in un perpetuo ciclo
temporale, e pertanto costretta a rivivere continuamente lo stesso periodo
della propria vita.
Questo volume non presenta una trama degna di
nota, bensì prosegue seguendo il percorso del personaggio principale, ovvero
Jeffrey Winston. Jeff è un uomo di mezza età dalla vita abbastanza ordinaria:
capisce ormai di non potersi aspettare nulla di più, né dalla carriera come
giornalista, né dal matrimonio con Linda; questa placida esistenza viene
bruscamente interrotta quando Jeff muore per un attacco cardiaco, ritrovandosi
pochi istanti dopo nella sua stanza del college, improvvisamente ritornato un
diciottenne degli anni Sessanta,
«[...] allora che ne sarebbe stato
del ricordo di quell’episodio? Da dove era venuto e che fine avrebbe fatto?
In un certo senso era come se stesse
rivivendo la sua vita, facendola scorrere di nuovo come il nastro di una
videocassetta; [...]»
Dopo un periodo di comprensibile confusione,
inizia per Jeff una serie di esistenze estremamente diverse: si arricchisce a
dismisura, corona il suo sogno di un matrimonio felice, si prefigge l'obiettivo
di rendere il mondo migliore, ma soprattutto si pone molte domande sul suo
particolare modo di morire e “rinascere”,
«Chi diavolo era Nelson Bennett? [...]
un colpo della sorte, uno strampalato qualunque, manipolato da forze assai più
potenti di qualsiasi cospirazione dell’uomo per far sì che il flusso della
realtà non si corrompesse?»
Il romanzo aveva tutte le carte in regola per
conquistarmi ma, dopo l'entusiasmo iniziale delle prime due o tre vite
alternative, proprio come il protagonista sono rimasta abbastanza delusa da
questa storia, soprattutto perché non c'è alcuna volontà di dare delle
spiegazioni concrete, ed anche il finale rimane quasi aperto. L'unico messaggio
che si può trarre è la visceralità dell'egoismo umano: a dispetto delle sue
molteplici esistenze, Jeff non riesce mai a saziarsi della vita (o meglio,
della sua coscienza di essa) ed arriva perfino a sfruttare le sue conoscenze
per convincere degli scienziati governativi a studiare il suo caso.
Il personaggio di Jeff è molto complesso,
anche se da uno spirito con così tanta esperienza ci si potrebbe aspettare un
comportamento decisamente più maturo. La possibilità di riscrivere la propria
esistenza inizialmente lo esalta,
«Non desiderava cambiare niente di
tutto questo, e nemmeno porsi domande, tanto meno tornare a quell’altra realtà
in cui aveva vissuto, o forse immaginato di vivere. Adesso poteva avere tutto
ciò che aveva sempre desiderato, e il tempo e le energie per godersi tutto.»
capisce
ben presto che si tratta però di una maledizione, in quanto ogni sua azione
-sia essa positiva oppure malvagia- non ha alcuna ripercussione perché la nuova
linea temporale la cancellerà dalla memoria delle altre persone.
«Jeff non avrebbe mai più dato vita
a un essere umano, come aveva fatto con Gretchen, per poi vedere negata la sua
intera esistenza. Lei non viveva più neanche nel ricordo, se non in quello
dello stesso Jeff, [...]»
Cover turca |
Escluso Jeff, gli altri personaggi del
romanzo sono descritti in modo estremamente superficiale, tanto che spesso
ricalcano degli stereotipi collaudati. Il trattamento peggiore è riservato però
alle donne, che vengono rigorosamente divise tra avide manipolatrici e angeli
del focolare; in generale il modo in cui vengono descritti i personaggi
femminili è abbastanza svilente,
«[Sharla] ha un’aria dozzinale.
Costosa, ma dozzinale; come Las Vegas, come Miami Beach. Dal più superficiale
dei complimenti appariva subito chiaro che Sharla era, né più né meno, una
macchina progettata per fottere, nulla di più.»
ed
anche Pamela che all'inizio è presentata come una coprotagonista viene ben
presto oscurata dall'ombra del prepotente ego di Jeff. Anche le scene tra loro
lasciano addosso uno spiacevole senso di disagio perché, a dispetto della
centenaria età mentale, si comportano come degli adolescenti:
«Jeff riuscì a sorridere. -Una
minorenne. L’idea non mi dispiace.
[...]
-Cristo... è già da un anno e mezzo
che aspetto di stare con te.»
Promuovo la scelta di dare ampio spazio allo
sfondo storico delle vicende, facendo sempre intrecciare le vite di Jeff con la
Storia, principalmente americana ma non solo,
«Giunse a Savannah verso
mezzogiorno; [...] Jeff si fece strada con prudenza fra le barricate,
consapevole delle dimostrazioni e delle successive violenze razziali che
sarebbero scoppiate quella settimana.»
Sono
rimasta invece interdetta dal banale messaggio di un libro che aveva un grosso
potenziale, ma purtroppo ha dimenticato per strada pezzi importanti, come ad
esempio il personaggio di Struat.
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