Wrap-Up - Letture di dicembre 2019
L’anno si conclude
con un mese ricco di sorprese, sia in senso positivo che negativo: diversi
romanzi promettevano meraviglie e si sono rivelati mediocri, mentre altri suoi
quali non avrei scommesso neanche una moneta da tre Euro mi hanno stupita.
Il primo romanzo del
mese mi ha riportata da uno dei miei cliché SFF preferiti, ovvero la
reincarnazione; spostamenti da un corpo all’altro, ripetizioni della propria
vita o viaggi nel tempo che siano, con queste premesse potete essere certi di
conquistare mia curiosità.
Seppur pubblicato
negli anni Ottanta, purtroppo “Replay:
una vita senza fine” di Ken Grimwood
è praticamente misconosciuto qui in Italia... che sia colpa dell’abominevole
copertina scelta da Fanucci? Temo dovremo tenerci questo assillante dubbio, ma
posso dirvi per certo che il mio voto per questo libro è di tre stelline, e potete trovare QUI la
mia recensione completa.
Con la seconda
lettura ho (finalmente!) completato la tetralogia I Medici di Matteo Strukul con il volume incentrato
sulla figura di Maria de' Medici, ovvero “Decadenza
di una famiglia”; se siete masochisti al punto di voler conoscere in ogni
dettaglio la mia opinione riguardo a questa serie, ho postato una Lettura
d'Insieme ricca di SPOILER che potete trovare QUI, mentre ora andrò a parlare
unicamente dell'ultimo volume.
Come al solito non
seguiamo la vita di Maria in modo continuativo, bensì attraverso delle
istantanee che propongono una serie limitata di eventi; ad esempio non sappiamo
nulla della sua giovinezza, perché il romanzo comincia quando lei ha ormai
trent’anni, e vediamo molto poco anche della sua vita adulta. Per contro
ottengono molto spazio i coprotagonisti, in primis i coniugi Concini e il
cardinale Richelieu, ma anche il personaggio fittizio di turno ossia Matteo
Laforgia -o Mathieu Laforge, come si fa chiamare oltralpe- una spia al soldo
del miglior offerente.
I problemi presenti
nei capitoli precedenti ritornano più o meno tutti, sebbene questo libro sia
stato pubblicato (e quindi scritto?) un anno dopo gli altri. In particolare qui
mi hanno esasperato le innumerevoli scene dimenticate: in un capitolo si parla
della peste che infesta Parigi e poi l’argomento non viene più ripreso, in un
altro Henriette d’Entragues giura vendetta contro Laforge e poi non se ne fa
più alcun accenno, in un altro ancora Maria annuncia al marito Enrico IV di
essere incita e poi i lettori non vedono neppure il bambino (il futuro Luigi
XIII) fino a quando ha ormai cinque anni... per tacere della nascita di Luigi
XIV che, dopo tanti accenni ai problemi coniugali tra Luigi ed Anna d’Austria,
non viene nemmeno nominato!
Poco azzeccata anche
la scelta di inserire per la prima volta dei personaggi -più o meno
apertamente- omosessuali tratteggiandoli come vigliacchi, pronti al tradimento
per il proprio tornaconto. Sono invece contenta che le scene esplicite siano
notevolmente diminuite; si confermano del tutto inutili e con una prosa da
Harmony, ma apprezzo comunque lo sforzo.
Il mio voto è di una stellina e mezza.
Deviando brevemente
dalla mia TBR iniziale ho poi letto un libro per ragazzi in inglese: “Ella Enchanted” di Gail Carson Levine, che come si può intuire dal titolo è uno dei
(moltissimi) retelling della fiaba di Cenerentola.
Reso popolare
dall’omonimo film del 2005, questo romanzo si cerca di dare una spiegazione a
molti aspetti lacunosi del racconto popolare, come i piedi incredibilmente
minuti della protagonista, la durata limitata dell'incantesimo che trasforma
abito e carrozza, ma soprattutto il servilismo con il quale la povera Eleanor
“Ella” si sottomette agli ordini di matrigna e sorellastre. L'autrice immagina
che, da bambina, la protagonista riceva da una fata svanita il “dono”
dell’obbedienza, e quindi sia costretta ad eseguire all’istante ogni comando
ricevuto, da chiunque.
Per buona parte del
volume, la storia non segue la nota trama della fiaba, offrendo invece molto
spazio alla caratterizzazione dei personaggi principali ed all'evoluzione delle
relazioni tra loro: si evita in questo modo il cliché dell'insta-love tra Ella
ed il principe Charmont “Char”, ed anche il disprezzo della matrigna e delle
sorellastre trova una valida motivazione.
Ho apprezzato molto
il temperamento di Ella, specie in confronto con la Cenerentola originale,
perché non si lascia piegare dalla maledizione e sfrutta con astuzia la sua
abilità di linguista, tanto da riuscire a salvarsi da un branco di orchi ben
prima dell'arrivo dei prodi cavalieri. Anche Char si dimostra un valido
adattamento del anonimo principe della fiaba, ed il fatto che non si lasci
fuorviare dalle menzogne della famiglia adottiva di Ella lo rende un
coprotagonista decisamente più lodevole (ehm... non come... ehm... Kai...).
Infine, qualche
parola sulle edizioni di questo romanzo. La mia è una copia creata per
celebrare il ventennale dalla prima pubblicazione e, seppur carente in quanto a
qualità dei materiale, si rifà puntando su una serie di contenuti bonus come
un'intervista all'autrice o un estratto con i primi due capitoli di “The Lost
Kingdom of Bamarre”. Per quanto riguarda il nostro Paese quest'opera, molto
popolare in patria, è quasi sconosciuta, tanto da aver avuto una sola edizione
nel 2000 con il titolo “Il dono della fata”.
È stata poi la volta
del mio primo approccio a Francis Scott
Fitzgerald con quella che è indubbiamente la sua opera più apprezzata, “Il grande Gatsby”. Per l'occasione ho
recuperato un'eccellente edizione della Feltrinelli che mi ha permesso di
apprezzare questa lettura come il Mammut della Newton Compton non avrebbe sicuramente
potuto.
Il mio commento
dettagliato su questo classico della letteratura americana del Novecento lo
potete leggere QUI, ma già vi posso anticipare di averlo valutato con cinque stelline.
Continuando la mia
TBR del mese ho letto un libro che potremmo a ragione definire una rarità per
il genere fantasy: un volume per ragazzi, sul realismo magico ed anche autoconclusivo!
“Bellezza selvaggia” di Anna-Marie McLemore è quanto di più
lontano ci potrebbe essere dalla sinossi, dove viene presentato come un romance
con una vaga ambientazione fantastica.
Ho assegnato quattro stelline e mezza a questo
romanzo ispirato al folklore dell’America Latina, del quale parlo più nel
dettaglio QUI.
Questo mese ho
iniziato anche una nuova serie che prende il titolo proprio dal primo volume,
ovvero “Chocolat” di Joanne Harris, libro con diverse
somiglianze con la mia precedente lettura, in primis per l’appartenenza alla
corrente del realismo magico. Ero convinta si trattasse di una trilogia (avevo
anche recuperato tutti e tre i volumi in anticipo!) e solo dopo aver letto le
prime pagine, mentre curiosavo su Goodreads, ho scoperto che qualche mese fa è
stato pubblicato un quarto capitolo. Va da sé che adesso non ho alcuna
intenzione di recuperarlo, ma passiamo al primo libro.
Il romanzo è
ambientato nella provincia francese, in una cittadina tranquilla e un po’
bigotta; con un incipit che ricorda “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo
(Monsieur le Curé è praticamente Frollo) da un lato e “La lettera scarlatta” di
Nathaniel Hawthorne (QUI la recensione) dall’altro, la placida vita campestre
viene smossa dall’arrivo di Vianne Rocher, con la figlioletta Anouk; la donna
si dimostra subito un’alternativa non frequentando la chiesa del paese,
sfidando anzi l’autorità di padre Reynaud con l’apertura di una peccaminosa
pasticceria di fronte all’edificio religioso, proprio nel periodo di digiuno e
rinuncia della Quaresima.
Questo libro ha il
merito di affrontare dei temi d’attualità -seppur pubblicato nella fine degli
anni Novanta- molto sensibili, come la violenza domestica e l’accettazione
della perdita. Promuovo lo stile dell’autrice, anche se non particolarmente
incisivo, e lo sviluppo della trama nel suo insieme (l’arco narrativo di
Vianne, per intenderci). E dopo queste belle parole, passiamo agli aspetti che
non mi hanno per nulla convinta.
Innanzitutto la
velocità con cui si svolge la storia è spiazzante, specialmente se ci si
focalizza sul personaggio di Joséphine che (evito gli spoiler, tranquilli)
impara a preparare dolci e pasticcini come una professionista in meno di una
settimana. Ho trovato poi fastidiosa l’eccessiva polarizzazione tra personaggi
positivi e negativi; soprattutto questi ultimi sono troppo malvagi per essere
credibili: la cattiveria portata all’esasperazione non spaventa, fa ridere.
Il mio voto è di tre stelline.
Ed una volta conclusa
la TBR mensile mi sono dedicata ad una nuova lettura in lingua inglese tornando
dopo anni da Jennifer Mathieu,
autrice che avevo già apprezzato in “Tutta la verità su Alice”, con il suo
romanzo più recente “Moxie”. Va
precisato che questo titolo è arrivato anche in Italia, edito da Mondadori come
“Girl Power. La rivoluzione comincia a scuola”, ma personalmente non ho saputo
resistere a questa stupenda copertina USA.
Il romanzo vede come
protagonista Vivian “Viv” Carter, giovane studentessa texana che decide di
ribellarsi al sistema sessista che impera nella sua scuola attraverso la
pubblicazione di uno zine (una pubblicazione indipendente) di stampo femminista
chiamato Moxie, grazie alla quale mette in evidenza i comportamenti maschilisti
di alcuni suoi compagni -la battuta “make me a sandwich”, il gioco
“bump-n-grab”, le magliette con frasi denigratorie- ma soprattutto la
non-reazione del corpo docenti e dell'amministrazione a questa situazione.
Nato in sordina,
Moxie diventa in pochi mesi un fenomeno di grande portata e, se da un lato
sfugge al controllo di Viv, dall'altro arriva ad unire delle ragazze
estremamente diverse tra loro per carattere, estrazione sociale ed etnia in un
gruppo unito nell'intento di cambiare la situazione all'interno della scuola,
andando contro atti di bullismo e minacce di espulsione. Si arriva a toccare altri
temi molto delicati, come l'omertà sulla violenza e la difficoltà di fare
coming out in una cittadina del Texas dalla mentalità alquanto retrograda.
A livello emotivo
questo può essere un libro molto forte, che prima ti fa infuriare per quello
che succede alle ragazze in questo liceo e poi ti commuove vedendo come loro si
ingegnino per riuscire a farsi valere senza mai ricorrere alla violenza fisica.
Soggettivamente lo ritengo quindi un ottimo titolo, ma devo ammettere che ci
sono alcuni aspetti migliorabili, dettati soprattutto dal target di
riferimento: c'è un abuso di espressioni “giovanili” nei dialoghi e nella
narrazione (l'aggettivo super utilizzato ogni due per tre!) e alcune situazioni
cliché fini a se stesse, come il contrasto tra figlia e madre sul nuovo
compagno di quest'ultima.
Essendo l’ultimo
libro in inglese per quest’anno, ho pensato di valutarlo come quelli in
italiano, anche perché la mia capacità di comprensione è decisamente
migliorata. In definitiva, il mio voto è di quattro stelline e mezza.
Infine la mia ultima
lettura dell'anno è stata “La verità sul
caso Harry Quebert” dello svizzero Joël
Dicker, un thriller molto apprezzato dagli amanti del genere, tra i quali
mi posso annoverare solo in parte.
L'opera si presenta
come una sorta di meta romanzo, con l'autore che si nasconde dietro il suo
protagonista Marcus Goldman, a sua volta romanziere di successo. Dopo un
esordio eccellente, il nostro eroe è colpito però da un insormontabile blocco
dello scrittore che lo porta a ritirarsi per qualche tempo ad Aurora, cittadina
del New Hampshire, dove viene ospitato dal suo mentore Harry Quebert. Presto
arrivano problemi ben più gravi della scrittura creativa perché nel giardino di
Harry viene rinvenuto un cadavere e l'uomo diventa subito il primo sospettato
di un omicidio vecchio di trent'anni; spetterà quindi a Marcus tentare di far
luce sul delitto e riabilitare il nome dell'amico, approfittando al contempo
per tradurre in romanzo le sue avventure.
Come giallo, questo
libro svolge egregiamente il suo compito, trascinando il lettore in una spirale
di eventi che si avvicendano a gran velocità soprattutto nella seconda parte
del volume; la risoluzione è imprevedibile e riesce a chiarire tutti i misteri
seminati nel corso della storia. Il coinvolgimento alla narrazione è merito
anche dello stile molto diretto di Dicker, che predilige dei dialoghi senza
pause, quasi fosse una pièce teatrale.
I personaggi sono
invece il punto debole del romanzo: sono davvero un gran numero e in un primo
momento è difficile ricordarli tutti, inoltre la quasi totalità è
caratterizzata per stereotipi tanto da strappare più di una risata. Altro
aspetto discutibile è la scelta dell'autore di anticipare alcuni eventi con dei
salti temporali; in questo modo il lettore non potrà mai impensierirsi per la
sorte dei personaggi.
Un ultimo appunto.
Come detto, Dicker da risposta a tutti i quesiti di questo thriller, c'è però
un aspetto che non ho capito per nulla: cosa dovrebbe rappresentare la foto in
copertina? Qualcuno dirà, meglio questa della cover originale francese che fa
spudoratamente pubblicità alla Esso; personalmente, attendo ancora
delucidazioni.
Il mio voto è di quattro stelline.
DOVE COMPRARE QUESTI LIBRI
- "Decadenza di una famigia" di Matteo Strukul
- "Ella Enchanted" di Gail Carson Levine
- "Chocolat" di Joanne Harris
- "Moxie" di Jennifer Mathieu
- "La verità sul caso Harry Quebert" di Joël Dicker
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