«La porta si aprì piano, e sulla soglia apparve un altro uomo. Anch'egli era uno sconosciuto, come gli altri due»
Un classico al mese
"I tre sconosciuti e altri racconti" di Thomas Hardy

LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: I tre sconosciuti e altri racconti
AUTORE: Thomas Hardy
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: Leonetta Bentivoglio
EDITORE: Garzanti
COLLANA: I grandi libri
PAGINE: 290
VOTO: 5 stelline
TRADUTTORE: Leonetta Bentivoglio
EDITORE: Garzanti
COLLANA: I grandi libri
PAGINE: 290
VOTO: 5 stelline
"I tre sconosciuti e altri racconti"
è una selezione di otto tra le molte novelle scritte da Thomas Hardy e
pubblicate nelle sue principali raccolte. La scelta delle opere è stata curata
dalla stesse traduttrice, che ha fatto un lavoro egregio anche con le note a
piè di pagina, spesso indispensabili per comprendere alcuni aspetti particolarmente
anacronistici, le frequenti espressioni in lingua francese e le citazioni da
altri testi.
Tutte le storie sono ambientate, almeno per qualche
scena, nella regione rurale ribattezzata Wessex dallo stesso Hardy -che spesso
vediamo come termine di contrapposizione alla caotica metropoli di Londra,
battuta nettamente nel confronto-
«Dovettero così rinunciare al bel
suono delle campane per subire il frastuono più infame e monotono che abbia mai
torturato orecchie mortali.»
e si tratta generalmente
di vicende familiari dai toni tragici; infatti, nonostante dia il titolo alla
raccolta, credo che "I tre sconosciuti" sia il racconto meno adatto
per presentare il volume perché è il solo ad avere dei risvolti comici tanto
marcati e un finale leggero, quasi ottimista, ben riconducibile alla produzione
meno matura dell'autore.
Per chi come me già conosce l'opera
hardyniana, non sarà difficile individuare molti tra i suoi elementi più
ricorrenti. Sono innanzitutto numerosi i richiami alla fede cristiana,
«"[...] c'e sempre molto lavoro
nella Chiesa, come potrai constatare", dichiarò con fervore.
"Torrenti di mancanza di fede da arginare, nuove interpretazioni di
antichi testi da esporre, verità nello spirito da sostituire a verità nella lettera..."»
tanto che più di uno
tra i vari protagonisti è curato o sacerdote; a dispetto di questa forte
religiosità, non mancano delle scene romantiche e passionali -quasi sempre
relative a relazioni extraconiugali ed amori chiaramente destinati all'infelicità-
«Non soddisfatto di tenerle la mano,
il giovane, con gesto birichino, insinuò due dita nel guanto di lei, contro il
palmo della sua mano.»
che spesso ignorano
le convenzioni dell'epoca (i racconti sono scritti negli ultimi decenni
dell'Ottocento, ma ambientanti molti anni prima) come pure lo status sociale
dei personaggi.
Abbiamo anche degli elementi se non
fantastici sicuramente vicini al paranormale: è ad esempio il caso della
sventurata Car'line Aspent che viene letteralmente stregata dalla musica del
violino di Wat "Zazzera" Ollamore,
«A scuotere di sussulti quella
moglie londinese non era la danza, e non erano neppure i danzatori, bensì le
note di quel vecchio violino che aveva su di lei il medesimo potere incantatore
già conosciuto in passato, [...].»
oppure della
maledizione involontariamente scagliata da Rhoda, coprotagonista de "Il
braccio avvizzito". Da notare anche la presenza di diversi accenni
autobiografici; al pari dell'infelice Robert Trewe, Hardy aveva infatti
velleità da poeta,
«"[...] È un poeta -sì, proprio
un poeta- e ha una piccola rendita, sufficiente per scrivere versi, ma
insufficiente per fargli condurre una vita agiata, anche se gli
piacerebbe".»
ma per gran parte
della sua vita è stato costretto ad accantonarle per dedicarsi ad attività più
redditizie, e solo nella maturità ha avuto una situazione economica tale da
potersi dedicare unicamente alla poesia.
Personalmente ho apprezzato tutti i racconti
proposti, pur con le loro implicazioni tragiche; i personaggi sono senza dubbio
l'aspetto sul quale l'autore ha puntato maggiormente, infatti risultano sagaci
e carismatici anche quando non ci si trova del tutto in sintonia con le loro
azioni. In particolare, sono presenti alcuni personaggi femminili degni di
rivaleggiare con la mia adorata Tess Durbeyfield per come affrontano di petto
le innumerevoli avversità che fato e genere mettono sulla loro strada, ma anche
per la capacità di seguire i propri desideri ed ambizioni.
Hardy ha sempre un occhio di riguardo per le
sue protagoniste e, con le sue parole, mette in luce il potenziale sprecato
delle donne costrette a limitare il proprio ruolo, diventando soltanto moglie e
madri.
«Da allora in poi la vita di questa
donna impaurita e snervata -la cui esistenza avrebbe potuto svilupparsi in modo
tanto più utile e interessante, se non fosse stato per le ambizioni ignobili
dei suoi genitori e per le convenzioni dell'epoca- fu quella di una dedizione
ossequiosa a un uomo crudele e perverso.»
E questo è solo uno
dei messaggi inaspettatamente attuali che si possono rintracciare tra le pagine
di questa raccolta: nel mio (forse) preferito "Il braccio avvizzito",
viene messo in evidenza come non si debba biasimare delle figure terze -in
questo caso, la giovane moglie- per le difficoltà di una coppia o l'infedeltà
del partner, mentre in "Barbara della casata dei Grebe", altro
racconto che da solo vale la lettura dell'intero volume, abbiamo la ferma
condanna di un'ossessione malata,
«"Maledetta!", esclamò
quella notte Lord Uplandtowers mentre tornava a casa. "Maledetta
stupida!" E questo dimostrava che tipo di amore nutrisse per lei.»
e anche dell'infatuazione
giovanile tra Barbara stessa e l'avvenente Edmond Willows: in entrambi i casi
non si tratta di amore e l'autore non dipinge mai queste relazioni in termini forzatamente
romantici.
Molti autori contemporanei di romance
potrebbero imparare qualcosa dal "antiquato" Hardy.
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