Book Lovers. Un Amore Tra I Libri by Emily Henry
My rating: 3 of 5 stars
In un modo che non capisco, lui è mio e io sono sua. Non importa che cosa c'è scritto nell'ultima pagina. Questa è la verità. Qui, adesso
QUESTO NATALE, SU HALLMARK CHANNEL
Come si potrà facilmente intuire dando una scorsa alle mie letture più o meno recenti, non sono una gran consumatrice di romanzi rosa; cerco di non avere pregiudizi per nessun genere, ma è un dato di fatto che la maggior parte dei romance nei quali mi sono imbattuta mi abbia deluso. Eppure ho iniziato con entusiasmo la lettura di "Book Lovers. Un amore tra i libri", in parte perché la sinossi prometteva una storia d'amore lontana dai soliti cliché, ma soprattutto per averne sentito tessere le lodi da chiunque, specialmente da persone che di solito non bazzicano questo genere di storie. E pur non avendo condiviso l'adorazione collettiva, sento comunque di poterlo consigliare se cercate una lettura leggera e divertente; evitando con cura di fare affidamento su come lo vende la casa editrice!
La trama presenta una variazione sul tema delle commedie romantiche in cui vengono contrapposte città e campagna. La protagonista e narratrice è Nora Katharine Stephens, un'agente letteraria newyorkese di successo che viene convinta dalla sorella minore Elizabeth "Libby" Baby a trascorrere le vacanze estive nel paesino di Sunshine Falls, nel North Carolina; qui è infatti ambientato uno dei romanzi preferiti di Libby, scritto proprio da una cliente di Nora. Un periodo di villeggiatura che dovrebbe portare la protagonista a sperimentare una vita più rustica e spontanea, non fosse per la presenza in città di Charlie Lastra, un editor che al loro primo incontro le ha fatto una pessima impressione.
Per ribadire la mia approvazione a questo titolo, voglio dare subito spazio ai pregi che ho individuato. Innanzitutto, si tratta di un testo scanzonato che punta a far ridere, con dialoghi ricchi di battute e situazioni al limite della verosimiglianza; l'autrice si è palesemente divertita a portare all'estremo le tipiche situazioni delle commedie romantiche. A parte una riserva di cui parlerò tra poco, ho inoltre apprezzato la caratterizzazione di Charlie: la correttezza, la buona volontà nell'aiutare gli altri ed i commenti sarcastici lo hanno reso in pochi capitoli il mio personaggio preferito.
Personalmente mi è piaciuta anche la scelta di includere delle sottotrame collegate alle famiglie dei protagonisti, per mostrare delle relazioni diverse da quella sentimentale. In particolare, ho apprezzato come la cara Emily abbia tratteggiato il confronto tra Nora e Libby nel finale, andando ad analizzare non solo il loro rapporto come sorelle ma anche le diverse prospettive sul comportamento della madre. Senza dimenticare che si tratta di un titolo estremamente scorrevole, in cui la trama prosegue con un ottimo ritmo narrativo.
Con la coscienza più leggera, posso passare ai difetti di questo libro, o meglio al difetto. Sì perché il mio problema principale è stato notare le differenze tra quanto mi aveva promesso la CE nella sinossi e l'effettivo contenuto. Sulla carta il romanzo dovrebbe regalare al lettore dei colpi di scena stupefacenti, eppure io sfido il più distratto tra voi a definire imprevedibile una sola delle svolte di trama, e non parlo (solo) dello stucchevole epilogo. Sulla carta il romanzo dovrebbe raccontare la storia di due persone che si odiano ricalcando un po' la dinamica tra Lizzy Bennet e Mr. Darcy, mentre li vediamo prontissimi a saltarsi addosso già alla prima conversazione informale; e anche gli altri ostacoli al loro amore sono tutti di poco conto, come il fatto che lavorino nello stesso settore o l'iniziale riserva di Libby nei confronti di Charlie: dopo poche pagine già lo adora! Sulla carta il romanzo dovrebbe parlare di due persone fredde ed incapaci di esternare i propri sentimenti, quando invece sono soltanto molto pratici e preferiscono cercare delle soluzioni concrete ai problemi delle persone alle quali tengono; anche la loro rigidità è solo presunta, perché in tutto il volume non fanno altro che ridere e fare commenti ironici.
Ma soprattutto, mi era stato garantito un ribaltamento degli stereotipi del genere romance, ma nella pratica non ne manca neppure uno: la protagonista che scivola di continuo e viene presa al volo dal belloccio di turno, la coppia infoiata nei momenti e nei luoghi meno opportuni, i personaggi in grado di emanare un profumo delizioso anche dopo un'intera giornata di lavoro, gli occhi paragonati a metalli pregiati, pietre preziose o dolciumi assortiti. Tutto ciò lo rende un brutto libro? ma certo che no! Però permetterete che mi senta un filino presa in giro se ho ordinato un trancio di salmone mi vedo portare al tavolo un hamburger vegano.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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martedì 28 novembre 2023
venerdì 24 novembre 2023
"Storia del nuovo cognome" di Elena Ferrante
Storia del nuovo cognome by Elena Ferrante
My rating: 4 of 5 stars
"Mi raccontò che aveva cominciato a vedere in quella formula un complemento di moto a luogo, come se Cerullo in Carracci fosse una specie di Cerullo va in Carracci, vi precipita, ne è assorbita, vi si dissolve ... Raffaella Cerullo, sopraffatta, aveva perso forma e si era sciolta dentro il profilo di Stefano, diventandone un'emanazione subalterna: la signora Carracci"
NINO SARÀ MICA DISCENDENTE DI PRIAPO?
Nonostante qualche piccolo difetto, "L'amica geniale" si era rivelata la lettura affascinante e coinvolgente che tutti mi avevano promesso. Eppure ho esitato parecchio prima di prendere in mano la mia copia di "Storia del nuovo cognome"; vi potreste chiedere come mai, specie se avete in mente l'emozionante conclusione del primo libro. La ragione è estremamente sciocca e superficiale, ma non per questo meno vera: trovo le copertine di questi volumi la quintessenza della depressione! appena le vedo, ogni interesse per il contenuto al di sotto viene eclissato dal senso di malinconia che mi trasmettono queste foto, adatte al massimo per un opuscolo religioso.
Ma andiamo alla trama, che la casa editrice annuncia di non volerci spoilerare nella sinossi. Più semplicemente, non c'è proprio nulla da spoilerare: come nel primo volume, la narrazione segue la vita quotidiana delle giovani Raffaella "Lila" Cerullo ed Elena "Lenù" Greco, la nostra voce narrante. Il primo capitolo riprende in parte la premessa del libro precedente, con l'anziana Lenù che ripensa a quando, verso la metà degli anni Sessanta, l'amica le affidò un plico di quaderni contenenti i suoi pensieri della giovinezza; grazie alla lettura di questi diari, la donna riesce a colmare diverse lacune nella narrazione, mostrando anche il punto di vista di Lila o descrivendo degli eventi ai quali non assiste in prima persona. Le vicende raccontate partono dal matrimonio di Lila e Stefano Carracci, passano per gli ultimi anni di liceo ed il periodo universitario di Lenù ed approdano a quando quest'ultima -ormai diventata una giovane donna dal futuro promettente- fa ritorno al rione e scopre com'è cambiata nel frattempo la vita della sua amica d'infanzia.
A contornare le vite delle due protagoniste, abbiamo il solito cast di parenti ed amici, che si fa via via sempre più numeroso e variegato. Leggere le interazioni tra questi personaggi è uno degli aspetti che più ho apprezzato: che si tratti di momenti d'affetto o di contrasti astiosi, Ferrante riesce ad evocare sempre delle reazioni genuine nelle quali è semplice interpretare i sentimenti delle parti coinvolte. Questo porta ovviamente ad dover sopportare la presenza di parecchi caratteri terribili -scritti di proposito per ispirare delle emozioni molto negative-, ma non credo incida sulla godibilità del testo.
Esattamente come i personaggi, anche le ambientazioni vengono tratteggiate con cura, tanto che ogni luogo riesce a trasmettere delle sensazioni diverse: dalla caoticità del rione napoletano, all'elitarismo dell'università di Pisa, alla spensieratezza della spiaggia ad Ischia; rendendo la narrazione più dinamica, l'autrice ha anche più margine di manovra in questo senso. Allo stesso modo i rapporti tra i personaggi si fanno più complessi, senza per questo dare un senso di realizzazione alle loro vite: tutto può ancora succedere, tutto può ancora cambiare, chi oggi si sente arrivato domani potrebbe scoprirsi il vinto.
A frenarmi dall'assegnare il massimo della valutazione sono il POV di Lenù ed il focus un po' eccessivo sulle relazioni sentimentali, specie quando erano presenti tanti altri spunti interessanti da poter affiancare al tema centrale dell'amicizia tra Lenù e Lila, come il valore dell'istruzione, la situazione politica dell'epoca o le disparità sociali. Per quanto riguarda la voce narrante, la mia critica è data dal modo eccessivamente ingenuo con cui descrive le azioni degli altri: lo capirei se ne stesse parlando al presente da giovane, ma è ormai una donna anziana ed ha già vissuto le conseguenze di queste azioni, quindi non ha senso simuli una simile ignoranza.
Altro piccolo neo è la prevedibilità delle svolte di trame, tutte facili da indovinare o perfino suggerite dalla prosa stessa. Pur amando gli intrecci più complessi, non lo considero però un difetto vero e proprio, perché la narrazione stessa ha un'impronta prevalentemente domestica e non punta certo a sorprendere il lettore con degli avvenimenti eccezionali. In compenso, apprezzerei davvero una sfoltita al cast: non dico di introdurre un serial killer, ma in questa serie c'è fin troppa gente per i miei gusti!
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"Mi raccontò che aveva cominciato a vedere in quella formula un complemento di moto a luogo, come se Cerullo in Carracci fosse una specie di Cerullo va in Carracci, vi precipita, ne è assorbita, vi si dissolve ... Raffaella Cerullo, sopraffatta, aveva perso forma e si era sciolta dentro il profilo di Stefano, diventandone un'emanazione subalterna: la signora Carracci"
NINO SARÀ MICA DISCENDENTE DI PRIAPO?
Nonostante qualche piccolo difetto, "L'amica geniale" si era rivelata la lettura affascinante e coinvolgente che tutti mi avevano promesso. Eppure ho esitato parecchio prima di prendere in mano la mia copia di "Storia del nuovo cognome"; vi potreste chiedere come mai, specie se avete in mente l'emozionante conclusione del primo libro. La ragione è estremamente sciocca e superficiale, ma non per questo meno vera: trovo le copertine di questi volumi la quintessenza della depressione! appena le vedo, ogni interesse per il contenuto al di sotto viene eclissato dal senso di malinconia che mi trasmettono queste foto, adatte al massimo per un opuscolo religioso.
Ma andiamo alla trama, che la casa editrice annuncia di non volerci spoilerare nella sinossi. Più semplicemente, non c'è proprio nulla da spoilerare: come nel primo volume, la narrazione segue la vita quotidiana delle giovani Raffaella "Lila" Cerullo ed Elena "Lenù" Greco, la nostra voce narrante. Il primo capitolo riprende in parte la premessa del libro precedente, con l'anziana Lenù che ripensa a quando, verso la metà degli anni Sessanta, l'amica le affidò un plico di quaderni contenenti i suoi pensieri della giovinezza; grazie alla lettura di questi diari, la donna riesce a colmare diverse lacune nella narrazione, mostrando anche il punto di vista di Lila o descrivendo degli eventi ai quali non assiste in prima persona. Le vicende raccontate partono dal matrimonio di Lila e Stefano Carracci, passano per gli ultimi anni di liceo ed il periodo universitario di Lenù ed approdano a quando quest'ultima -ormai diventata una giovane donna dal futuro promettente- fa ritorno al rione e scopre com'è cambiata nel frattempo la vita della sua amica d'infanzia.
A contornare le vite delle due protagoniste, abbiamo il solito cast di parenti ed amici, che si fa via via sempre più numeroso e variegato. Leggere le interazioni tra questi personaggi è uno degli aspetti che più ho apprezzato: che si tratti di momenti d'affetto o di contrasti astiosi, Ferrante riesce ad evocare sempre delle reazioni genuine nelle quali è semplice interpretare i sentimenti delle parti coinvolte. Questo porta ovviamente ad dover sopportare la presenza di parecchi caratteri terribili -scritti di proposito per ispirare delle emozioni molto negative-, ma non credo incida sulla godibilità del testo.
Esattamente come i personaggi, anche le ambientazioni vengono tratteggiate con cura, tanto che ogni luogo riesce a trasmettere delle sensazioni diverse: dalla caoticità del rione napoletano, all'elitarismo dell'università di Pisa, alla spensieratezza della spiaggia ad Ischia; rendendo la narrazione più dinamica, l'autrice ha anche più margine di manovra in questo senso. Allo stesso modo i rapporti tra i personaggi si fanno più complessi, senza per questo dare un senso di realizzazione alle loro vite: tutto può ancora succedere, tutto può ancora cambiare, chi oggi si sente arrivato domani potrebbe scoprirsi il vinto.
A frenarmi dall'assegnare il massimo della valutazione sono il POV di Lenù ed il focus un po' eccessivo sulle relazioni sentimentali, specie quando erano presenti tanti altri spunti interessanti da poter affiancare al tema centrale dell'amicizia tra Lenù e Lila, come il valore dell'istruzione, la situazione politica dell'epoca o le disparità sociali. Per quanto riguarda la voce narrante, la mia critica è data dal modo eccessivamente ingenuo con cui descrive le azioni degli altri: lo capirei se ne stesse parlando al presente da giovane, ma è ormai una donna anziana ed ha già vissuto le conseguenze di queste azioni, quindi non ha senso simuli una simile ignoranza.
Altro piccolo neo è la prevedibilità delle svolte di trame, tutte facili da indovinare o perfino suggerite dalla prosa stessa. Pur amando gli intrecci più complessi, non lo considero però un difetto vero e proprio, perché la narrazione stessa ha un'impronta prevalentemente domestica e non punta certo a sorprendere il lettore con degli avvenimenti eccezionali. In compenso, apprezzerei davvero una sfoltita al cast: non dico di introdurre un serial killer, ma in questa serie c'è fin troppa gente per i miei gusti!
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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lunedì 20 novembre 2023
"Tredici lame" di Joe Abercrombie
Tredici lame: Racconti dal mondo della prima legge by Joe Abercrombie
My rating: 4 of 5 stars
" Fletté il polso e dalla manica il pugnale le ricadde nella mano pronta. Un duello era sempre l'ultima cosa che voleva, ma aveva finito con lo scoprire -a malincuore- che non c'erano aspetti negativi nell'avere un coltello pronto. Se non altro, costituiva un ottimo argomento di conversazione"
MACGUFFIN A PROFUSIONE
Volume conclusivo della serie ideale formata dalle storie companion de La Prima Legge, come suggerisce il titolo scelto per la pubblicazione in Italia "Tredici lame" è un'antologia composta da racconti, la maggior parte pubblicati in precedenza su riviste dedicate al fantasy ed edizioni speciali mentre una manciata sono storie nuove, scritte proprio in occasione della pubblicazione di questa raccolta.
Le tredici narrazioni coprono un periodo di oltre venticinque anni nella Storia del Mondo Circolare, partendo così da ben prima della prima, iconica scena de "Il richiamo delle spade" ed arrivando ad un paio di anni dopo la conclusione delle avventure di Shy e Tempio in "Red Country". Le storie si concentrano soprattutto su una quantità di caratteri già ben conosciuti dai fan di questo universo fantastico, come Sand dan Glokta, Monzcarro "Monza" Murcatto e Curden lo Strozzato, ma cinque storie vanno a strutturare una narrazione ad episodi incentrata sui personaggi inediti di Shevedieh "Shev" ul Kanan mut Mayr, Carcolf e Javre, conosciuta come la Leonessa di Hoskopp.
La scelta di creare una storia vera e propria anche in questo contesto mi è piaciuta parecchio, e nonostante Shev e Javre difficilmente rientreranno tra i miei personaggi preferiti di Abercrombie, le ho trovate comunque interessanti e ben sfruttate all'interno di una narrazione più ampia. Per contro le storie dedicate a personaggi noti hanno più un effetto di riempitivo -per mostrare qualche piccolo retroscena o illustrare in modo più dettagliato degli episodi ai quali si era soltanto accennato nei romanzi principali-, con qualche significativa eccezione.
È il caso dei superbi "Nel posto sbagliato al momento sbagliato" e "Tempi duri dappertutto", nei quali si compongono delle microstorie ricche di (crudele) ironia con caratteri che risultano immediatamente carismatici. Ho apprezzato altrettanto "Ieri, nei pressi di un villaggio chiamato Barden...", per il modo in cui il lettore viene rimbalzato da un punto di vista all'altro: ricorda molto l'eccellente tecnica utilizzata dall'autore in "The Heroes" per descrivere una battaglia da molteplici prospettive. Tra i miei preferiti devo includere per forza anche "Libertà!", che troverete a dir poco esilarante se come me avete letto da poco tempo "Red Country"!
La prosa sempre ironica ed esasperata di Abercrombie conferisce un tono tagliente alle storie, che per questo si dimostrano incisive a dispetto della loro brevità. Conoscendo già le ambientazioni e quasi tutti i personaggi, ho trovato inoltre divertente scoprire alcuni piccoli dettagli delle loro avventure principali. Ovviamente, se non si è letto nessun volume di questo universo narrativo, questi racconti risulteranno insulsi nel migliore del casi e del tutto incomprensibili nel peggiore; e questo nonostante alcune possano essere considerate a tutti gli effetti delle storie prequel.
Purtroppo i motivi per cui lo stile del caro Joe è tanto apprezzato, risultano essere anche i suoi maggiori punti deboli, perché a tanti non andranno giù le sue continue esagerazioni, sia nei dialoghi che nei gesti compiuti dai personaggi. Un dettaglio che mi ha lasciato perplessa invece è la decisione di inserire "Creare un mostro" come ultimo raccolto, mentre fino a quel momento si è seguito un chiaro ordine cronologico.
Il grande limite di quest'antologia, o meglio di questa specifica edizione, è rappresentato dalla sua traduzione. Non soltanto sono state cambiate espressioni storiche come Uomini del Nord qui adattato come Nordici, ma alcuni nomi sono stati tradotti in modo diverso oppure non tradotti affatto, e questo crea non poca confusione. A coronare questo disastro abbiamo la presenza di molti refusi, che in più punti riguardano un singola pagina; penso occorra un particolare talento per sbagliare in maniera tanto evidente.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
" Fletté il polso e dalla manica il pugnale le ricadde nella mano pronta. Un duello era sempre l'ultima cosa che voleva, ma aveva finito con lo scoprire -a malincuore- che non c'erano aspetti negativi nell'avere un coltello pronto. Se non altro, costituiva un ottimo argomento di conversazione"
MACGUFFIN A PROFUSIONE
Volume conclusivo della serie ideale formata dalle storie companion de La Prima Legge, come suggerisce il titolo scelto per la pubblicazione in Italia "Tredici lame" è un'antologia composta da racconti, la maggior parte pubblicati in precedenza su riviste dedicate al fantasy ed edizioni speciali mentre una manciata sono storie nuove, scritte proprio in occasione della pubblicazione di questa raccolta.
Le tredici narrazioni coprono un periodo di oltre venticinque anni nella Storia del Mondo Circolare, partendo così da ben prima della prima, iconica scena de "Il richiamo delle spade" ed arrivando ad un paio di anni dopo la conclusione delle avventure di Shy e Tempio in "Red Country". Le storie si concentrano soprattutto su una quantità di caratteri già ben conosciuti dai fan di questo universo fantastico, come Sand dan Glokta, Monzcarro "Monza" Murcatto e Curden lo Strozzato, ma cinque storie vanno a strutturare una narrazione ad episodi incentrata sui personaggi inediti di Shevedieh "Shev" ul Kanan mut Mayr, Carcolf e Javre, conosciuta come la Leonessa di Hoskopp.
La scelta di creare una storia vera e propria anche in questo contesto mi è piaciuta parecchio, e nonostante Shev e Javre difficilmente rientreranno tra i miei personaggi preferiti di Abercrombie, le ho trovate comunque interessanti e ben sfruttate all'interno di una narrazione più ampia. Per contro le storie dedicate a personaggi noti hanno più un effetto di riempitivo -per mostrare qualche piccolo retroscena o illustrare in modo più dettagliato degli episodi ai quali si era soltanto accennato nei romanzi principali-, con qualche significativa eccezione.
È il caso dei superbi "Nel posto sbagliato al momento sbagliato" e "Tempi duri dappertutto", nei quali si compongono delle microstorie ricche di (crudele) ironia con caratteri che risultano immediatamente carismatici. Ho apprezzato altrettanto "Ieri, nei pressi di un villaggio chiamato Barden...", per il modo in cui il lettore viene rimbalzato da un punto di vista all'altro: ricorda molto l'eccellente tecnica utilizzata dall'autore in "The Heroes" per descrivere una battaglia da molteplici prospettive. Tra i miei preferiti devo includere per forza anche "Libertà!", che troverete a dir poco esilarante se come me avete letto da poco tempo "Red Country"!
La prosa sempre ironica ed esasperata di Abercrombie conferisce un tono tagliente alle storie, che per questo si dimostrano incisive a dispetto della loro brevità. Conoscendo già le ambientazioni e quasi tutti i personaggi, ho trovato inoltre divertente scoprire alcuni piccoli dettagli delle loro avventure principali. Ovviamente, se non si è letto nessun volume di questo universo narrativo, questi racconti risulteranno insulsi nel migliore del casi e del tutto incomprensibili nel peggiore; e questo nonostante alcune possano essere considerate a tutti gli effetti delle storie prequel.
Purtroppo i motivi per cui lo stile del caro Joe è tanto apprezzato, risultano essere anche i suoi maggiori punti deboli, perché a tanti non andranno giù le sue continue esagerazioni, sia nei dialoghi che nei gesti compiuti dai personaggi. Un dettaglio che mi ha lasciato perplessa invece è la decisione di inserire "Creare un mostro" come ultimo raccolto, mentre fino a quel momento si è seguito un chiaro ordine cronologico.
Il grande limite di quest'antologia, o meglio di questa specifica edizione, è rappresentato dalla sua traduzione. Non soltanto sono state cambiate espressioni storiche come Uomini del Nord qui adattato come Nordici, ma alcuni nomi sono stati tradotti in modo diverso oppure non tradotti affatto, e questo crea non poca confusione. A coronare questo disastro abbiamo la presenza di molti refusi, che in più punti riguardano un singola pagina; penso occorra un particolare talento per sbagliare in maniera tanto evidente.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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mercoledì 15 novembre 2023
"Max" di Sarah Cohen-Scali
Max by Sarah Cohen-Scali
My rating: 4 of 5 stars
"Quando il dottor Ebner ha afferrato il compasso e me lo ha avvicinato al cranio, non ho più dubitato un secondo del verdetto. La mia sorte era segnata"
LA VOCE DELLA COLPEVOLEZZA
Per parlare al meglio di "Max" voglio partire da una precisazione che reputo necessaria. Premesso che chiunque può leggere libri scritti per i ragazzi, esattamente come i lettori più giovani dovrebbero essere liberi di leggere qualunque genere di storia li interessi, mi lascia perplessa che questo titolo in particolare venga indicato sia dai lettori sia dalla casa editrice come una storia adatta ad un pubblico di ragazzi. Nonostante il protagonista sia un bambino o poco più, ci sono ben altri romanzi che consiglierei ad un lettore giovane che voglia scoprire una prospettiva meno convenzionale sul tema della Seconda Guerra Mondiale!
Forse già dalla premessa, potreste indovinare cosa renda il libro più celebre di Cohen-Scali inadatto a lettori molto giovani o sensibili. Tutto ha inizio poco prima della mezzanotte del 20 aprile 1936 nel centro di Steinhöhring, dove Frau Inge è in procinto di partorire il suo primogenito Konrad "Max" von Kebnersol; il punto di vista non è però quello della donna o del personale medico che la sta assistendo, ma del feto! Primo bambino nato all'interno del programma nazista «Lebensborn», il piccolo Max ha già immagazzinato un enorme bagaglio di conoscenze relative a quello che reputa il suo padre ideale, Adolf Hitler, ed intende dimostrare di essere davvero il campione tipo della razza ariana.
L'autrice va quindi a strutturare una versione ribaltata de "Il Signore delle Mosche", nella quale si parte con un bambino straripante di cattiveria all'inizio della storia, che attraverso le prove della vita (e della vita in tempo di guerra!) allarga i propri rigidi confini mentali, in una spasmodica ricerca d'affetto e gentilezza. Un concetto affascinante, che però mi ha convinto solo fino a metà libro perché poi ho iniziato a trovarlo ridondante, perfino noioso: si ripetono sempre le stesse dinamiche con personaggi diversi ad interagire con il protagonista.
L'altra ragione per la quale il romanzo non mi ha convinto quanto mi sarei aspettata è la sensazione di disgusto che mi ha accompagnato praticamente per l'intera lettura. Non escludo che fosse l'intento dichiarato della cara Sarah, per fornire un quadro il più possibile fedele degli orrori della guerra, ma per mio gusto trovo assurdo che si debba menzionare ogni due pagine un qualche tipo di escrementi: nessuno pensa tanto spesso alle feci, proprie o altrui che siano! I frequenti commenti del protagonista sui genitali e sulla sessualità di altri bambini mi hanno fatta sentire ancor più a disagio, soprattutto perché la voce data a Max dall'autrice è incredibilmente matura e seria, tanto da sembrare quella di una persona adulta.
La mia ultima lagnanza, questa volta più tangibile, è rivolta all'edizione italiana che con un refuso già nella sinossi non si presenta proprio al meglio. Il testo vanta numerosi errori grammaticali (un esempio su tutti, l'intercalare be' scritto con l'acca!) e dei segni grafici insufficienti nei dialoghi, tanto da rendere difficile capire quali frasi siano delle battute e quali no.
Dopo simili commenti, potreste pensare che questo libro sia stato un totale flop per me. In realtà non è affatto così malvagio -e ribadisco come il concept alla base sia brillante-, ma indubbiamente una buona parte del mio entusiasmo iniziale si è raffreddato. Rimane una storia originale raccontata da un punto di vista smaliziato che a tratti svela la sua ingenuità infantile, infatti se si escludono le parentesi infelici di cui ho accennato prima penso che la prosa faccia un ottimo lavoro nel dar voce ai pensieri del piccolo Max.
Ho apprezzato anche l'attenzione di Cohen-Scali per rispettare al più possibile la fedeltà storica degli eventi raccontati, seppur da una prospettiva decisamente fantastica, e per delineare una conclusione che rendesse soddisfacente e solido l'intreccio. Allo stesso modo mi ha convinto la caratterizzazione dei personaggi, in particolare quella del giovane Lucjan "Lukas" che avrei visto benissimo come protagonista di una sua storia, magari dalle tinte noir.
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My rating: 4 of 5 stars
"Quando il dottor Ebner ha afferrato il compasso e me lo ha avvicinato al cranio, non ho più dubitato un secondo del verdetto. La mia sorte era segnata"
LA VOCE DELLA COLPEVOLEZZA
Per parlare al meglio di "Max" voglio partire da una precisazione che reputo necessaria. Premesso che chiunque può leggere libri scritti per i ragazzi, esattamente come i lettori più giovani dovrebbero essere liberi di leggere qualunque genere di storia li interessi, mi lascia perplessa che questo titolo in particolare venga indicato sia dai lettori sia dalla casa editrice come una storia adatta ad un pubblico di ragazzi. Nonostante il protagonista sia un bambino o poco più, ci sono ben altri romanzi che consiglierei ad un lettore giovane che voglia scoprire una prospettiva meno convenzionale sul tema della Seconda Guerra Mondiale!
Forse già dalla premessa, potreste indovinare cosa renda il libro più celebre di Cohen-Scali inadatto a lettori molto giovani o sensibili. Tutto ha inizio poco prima della mezzanotte del 20 aprile 1936 nel centro di Steinhöhring, dove Frau Inge è in procinto di partorire il suo primogenito Konrad "Max" von Kebnersol; il punto di vista non è però quello della donna o del personale medico che la sta assistendo, ma del feto! Primo bambino nato all'interno del programma nazista «Lebensborn», il piccolo Max ha già immagazzinato un enorme bagaglio di conoscenze relative a quello che reputa il suo padre ideale, Adolf Hitler, ed intende dimostrare di essere davvero il campione tipo della razza ariana.
L'autrice va quindi a strutturare una versione ribaltata de "Il Signore delle Mosche", nella quale si parte con un bambino straripante di cattiveria all'inizio della storia, che attraverso le prove della vita (e della vita in tempo di guerra!) allarga i propri rigidi confini mentali, in una spasmodica ricerca d'affetto e gentilezza. Un concetto affascinante, che però mi ha convinto solo fino a metà libro perché poi ho iniziato a trovarlo ridondante, perfino noioso: si ripetono sempre le stesse dinamiche con personaggi diversi ad interagire con il protagonista.
L'altra ragione per la quale il romanzo non mi ha convinto quanto mi sarei aspettata è la sensazione di disgusto che mi ha accompagnato praticamente per l'intera lettura. Non escludo che fosse l'intento dichiarato della cara Sarah, per fornire un quadro il più possibile fedele degli orrori della guerra, ma per mio gusto trovo assurdo che si debba menzionare ogni due pagine un qualche tipo di escrementi: nessuno pensa tanto spesso alle feci, proprie o altrui che siano! I frequenti commenti del protagonista sui genitali e sulla sessualità di altri bambini mi hanno fatta sentire ancor più a disagio, soprattutto perché la voce data a Max dall'autrice è incredibilmente matura e seria, tanto da sembrare quella di una persona adulta.
La mia ultima lagnanza, questa volta più tangibile, è rivolta all'edizione italiana che con un refuso già nella sinossi non si presenta proprio al meglio. Il testo vanta numerosi errori grammaticali (un esempio su tutti, l'intercalare be' scritto con l'acca!) e dei segni grafici insufficienti nei dialoghi, tanto da rendere difficile capire quali frasi siano delle battute e quali no.
Dopo simili commenti, potreste pensare che questo libro sia stato un totale flop per me. In realtà non è affatto così malvagio -e ribadisco come il concept alla base sia brillante-, ma indubbiamente una buona parte del mio entusiasmo iniziale si è raffreddato. Rimane una storia originale raccontata da un punto di vista smaliziato che a tratti svela la sua ingenuità infantile, infatti se si escludono le parentesi infelici di cui ho accennato prima penso che la prosa faccia un ottimo lavoro nel dar voce ai pensieri del piccolo Max.
Ho apprezzato anche l'attenzione di Cohen-Scali per rispettare al più possibile la fedeltà storica degli eventi raccontati, seppur da una prospettiva decisamente fantastica, e per delineare una conclusione che rendesse soddisfacente e solido l'intreccio. Allo stesso modo mi ha convinto la caratterizzazione dei personaggi, in particolare quella del giovane Lucjan "Lukas" che avrei visto benissimo come protagonista di una sua storia, magari dalle tinte noir.
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venerdì 10 novembre 2023
"Istantanea di un delitto" di Agatha Christie
Istantanea di un delitto by Agatha Christie
My rating: 4 of 5 stars
"In un momento in cui i due treni davano l'illusione di essere fermi, una tendina si alzò di scatto e la signora McGillicuddy ... rimase con il fiato mozzo e quasi si alzò dal posto"
IL CASO DELLA DOMESTICA PERF… AH, NO!
Ultimo romanzo con la mia adorata Miss Marple pubblicato negli anni Cinquanta, "Istantanea di un delitto" potrebbe aggiudicarsi un posto sul podio dedicato ai volumi in cui compare l'ineffabile sferruzzatrice inglese. Sarò onesta: in un primo momento la premessa inusuale di questa storia mi aveva lasciato un po' spiazzata, ma quando ho visto profilarsi all'orizzonte una decadente dimora vittoriana (o elisabettiana, a voler dar credito al proprietario) con tanto di potenziali eredi squattrinati di un vecchio taccagno, ho capito di aver trovato pane per i miei denti.
Come accennato, l'inizio è però diverso dal solito: mentre viaggia sul treno che la porterà ad incontrare l'amica Jane Marple, Elspeth McGillicuddy assiste ad un omicidio sul treno affiancato al suo. La donna riporta subito il crimine alle autorità, le quali purtroppo possono fare ben poco dal momento che nessun cadavere viene ritrovato; Miss Marple però è certa che la sua amica non si sia immaginata nulla, e per questo comincia un'indagine personale per trovare il corpo. Questo porta all'introduzione nella vicenda di Lucy Eyelesbarrow -una sorta di governante dalle mille risorse- e della famiglia Crackenthorpe, capeggiata dal viscidissimo Luther.
Quando le indagini hanno cominciato a ruotare attorno all'angusta Rutherford Hall il romanzo è diventato davvero interessante, e mi sono messa d'impegno per indovinare l'identità del colpevole; mi sembra inutile precisare che non ci sono andata neanche vicino! Questo rientra tra i pregi soggettivi del romanzo, assieme all'abbondante ricorso al black humor nel corso dell'intero volume -un tipo di ironia che adoro- e alla presenza dell'ispettore Dermot Craddock, personaggio ripreso ed approfondito da "Un delitto avrà luogo", nonché figura che contribuisce a rendere più ricco e credibile l'universo narrativo marpleiano.
Passando a delle osservazioni più oggettive, troviamo ad esempio un intreccio creato in modo magistrale, che dissemina il testo di indizi senza per questo fornire la giusta chiave di lettura, e questo rende il mistero brillante e complesso. Abbiamo poi un cast composto da personaggi decisamente carismatici, che in un paio di casi vengono analizzati più a fondo in modo da creare caratteri intriganti e descrivere dinamiche inaspettate. Come quasi sempre nelle narrazioni christiane sono inoltre presenti delle sottotrame romantiche, che però in questo caso si dimostrano abbastanza originali, nonché ben amalgamate alla vicenda principale.
Al solito, per apprezzare del tutto i libri della cara Agatha è necessario chiudere un occhio sui commenti datati. Personalmente mi sarei inoltre aspettata una presenta più massiccia di Miss Marple, visto che compare da subito nella storia, ma capisco il limite narrativo da questo punto di vista. Per contro non capisco proprio l'utilizzo continuo del prefisso "ultra", che rende a dir poco bizzarre alcune linee di testo; e dire che la traduzione risale a poco più di trent'anni fa! A mio avviso ci sarebbero stati dei modi per tradurre "highly" e "very" meno di cattivo gusto.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"In un momento in cui i due treni davano l'illusione di essere fermi, una tendina si alzò di scatto e la signora McGillicuddy ... rimase con il fiato mozzo e quasi si alzò dal posto"
IL CASO DELLA DOMESTICA PERF… AH, NO!
Ultimo romanzo con la mia adorata Miss Marple pubblicato negli anni Cinquanta, "Istantanea di un delitto" potrebbe aggiudicarsi un posto sul podio dedicato ai volumi in cui compare l'ineffabile sferruzzatrice inglese. Sarò onesta: in un primo momento la premessa inusuale di questa storia mi aveva lasciato un po' spiazzata, ma quando ho visto profilarsi all'orizzonte una decadente dimora vittoriana (o elisabettiana, a voler dar credito al proprietario) con tanto di potenziali eredi squattrinati di un vecchio taccagno, ho capito di aver trovato pane per i miei denti.
Come accennato, l'inizio è però diverso dal solito: mentre viaggia sul treno che la porterà ad incontrare l'amica Jane Marple, Elspeth McGillicuddy assiste ad un omicidio sul treno affiancato al suo. La donna riporta subito il crimine alle autorità, le quali purtroppo possono fare ben poco dal momento che nessun cadavere viene ritrovato; Miss Marple però è certa che la sua amica non si sia immaginata nulla, e per questo comincia un'indagine personale per trovare il corpo. Questo porta all'introduzione nella vicenda di Lucy Eyelesbarrow -una sorta di governante dalle mille risorse- e della famiglia Crackenthorpe, capeggiata dal viscidissimo Luther.
Quando le indagini hanno cominciato a ruotare attorno all'angusta Rutherford Hall il romanzo è diventato davvero interessante, e mi sono messa d'impegno per indovinare l'identità del colpevole; mi sembra inutile precisare che non ci sono andata neanche vicino! Questo rientra tra i pregi soggettivi del romanzo, assieme all'abbondante ricorso al black humor nel corso dell'intero volume -un tipo di ironia che adoro- e alla presenza dell'ispettore Dermot Craddock, personaggio ripreso ed approfondito da "Un delitto avrà luogo", nonché figura che contribuisce a rendere più ricco e credibile l'universo narrativo marpleiano.
Passando a delle osservazioni più oggettive, troviamo ad esempio un intreccio creato in modo magistrale, che dissemina il testo di indizi senza per questo fornire la giusta chiave di lettura, e questo rende il mistero brillante e complesso. Abbiamo poi un cast composto da personaggi decisamente carismatici, che in un paio di casi vengono analizzati più a fondo in modo da creare caratteri intriganti e descrivere dinamiche inaspettate. Come quasi sempre nelle narrazioni christiane sono inoltre presenti delle sottotrame romantiche, che però in questo caso si dimostrano abbastanza originali, nonché ben amalgamate alla vicenda principale.
Al solito, per apprezzare del tutto i libri della cara Agatha è necessario chiudere un occhio sui commenti datati. Personalmente mi sarei inoltre aspettata una presenta più massiccia di Miss Marple, visto che compare da subito nella storia, ma capisco il limite narrativo da questo punto di vista. Per contro non capisco proprio l'utilizzo continuo del prefisso "ultra", che rende a dir poco bizzarre alcune linee di testo; e dire che la traduzione risale a poco più di trent'anni fa! A mio avviso ci sarebbero stati dei modi per tradurre "highly" e "very" meno di cattivo gusto.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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martedì 7 novembre 2023
"La moglie del califfo" di Renée Ahdieh
La moglie del Califfo by Renée Ahdieh
My rating: 2 of 5 stars
"Aprì gli occhi brucianti per guardarla ancora una volta. Quella ragazza pericolosa, quella bellezza ammaliante. Distruttrice di mondi e creatrice di meraviglie"
ROMANZO PER RAGAZZI O MENÙ ETNICO?
C'è stato un tempo in cui l'ottimismo verso la narrativa per ragazzi mi aveva portato ad accumulare in modo quasi compulsivo un gran numero di serie in voga all'epoca. In alcuni casi si è trattato di sorprese felici (come la trilogia Chaos Walking, letta integralmente quest'anno, che penso sia invecchiata parecchio bene), ma molto più spesso mi sono trovata di fronte a narrazioni davvero ingenue e farcite di messaggi discutibili, sempre pensando al target giovane per il quale sono scritte. In quale categoria sarà finita "La moglie del califfo"? secondo me potete indovinarlo, ma cominciamo dalla trama.
L'idea alla base del romanzo è quella che fa da cornice ai racconti dell'antologia Le mille e una notte: nel califfato del Khorasan il crudele sovrano Khalid Ibn al-Rashid prende ogni giorno in sposa una donna diversa, per poi ordinarne l'esecuzione prima che spunti l'alba. La protagonista sedicenne Shahrzad "Shazi" al-Khayzuran ha visto così condannare a morte la sua migliore amica Shiva, e per questo decide di offrirsi volontaria come prossima moglie, con l'intenzione di avvicinare il califfo abbastanza da poterlo uccidere per vendetta.
Messo in questi termini sembrerebbe un intreccio decisamente promettente, non fosse per due grossi ma. In primo luogo la missione di Shazi viene accantonata dopo pochi capitoli per dar spazio ad altre linee di trama, legate ad una ribellione interna contro Khalid, ad una minaccia dal vicino sultanato di Partia e ad un elemento fantastico. E anche se non ci fossero state queste sottotrame di mezzo, ci avrebbe pensato la protagonista a fermarsi da sola: sia perché il suo piano è a voler essere generosi vago, sia per l'instalove che la colpisce dopo soli due giorni trascorsi a palazzo.
Questo vi farà forse intuire come la protagonista non sia tra i punti a favore di questo titolo; Shazi è impulsiva nel senso peggiore del termine e viene colpita da continue epifanie che non portano avanti di mezzo passo la sua caratterizzazione, inoltre per la maggior parte del libro è indolente al punto da non pensare neanche a mettersi in contatto con la sua famiglia. Come coprotagonista Khalid non se la cava meglio: è il classico bad boy (ma MOLTO bad) che il lettore dovrebbe giustificare per il suo tragico passato; mi spiace, ma non riesco proprio a tollerare uno stupratore come interesse amoroso. In aggiunta a questi difetti soggettivi, abbiamo una prosa composta quasi esclusivamente da frasi fatte, un linguaggio ostentatamente informale e delle scene cruciali per la risoluzione della storia che vengono liquidate con troppa fretta.
Si tratta quindi di un testo irrecuperabile? ma no! Intanto ha il pregio di avermi divertita non poco (soprattutto per la totale incapacità dimostrata delle guardie reali!), nonché di aver introdotto alcune linee di trama interessanti che spero verranno analizzate meglio nel seguito. Accanto ai discutibili protagonisti troviamo alcuni personaggi secondari niente male -come Jalal al-Khoury e Tariq Imran al-Ziyad-, che bilanciano come possono la poca concretezza di Shazi e Khalid.
Personalmente ho apprezzato poi l'ambientazione affascinante, ricca di dettagli sugli alimenti e l'abbigliamento, che denota una qualche ricerca di verosimiglianza con la cornice simil-storica. Mi è piaciuta anche la riflessione sull'inutilità di contribuire ad un ciclo di vendette: lo reputo un messaggio valido ed attuale, sul quale voglio concentrare la mia attenzione... ignorando volutamente il contesto in cui questa illuminazione ha avuto luogo.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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My rating: 2 of 5 stars
"Aprì gli occhi brucianti per guardarla ancora una volta. Quella ragazza pericolosa, quella bellezza ammaliante. Distruttrice di mondi e creatrice di meraviglie"
ROMANZO PER RAGAZZI O MENÙ ETNICO?
C'è stato un tempo in cui l'ottimismo verso la narrativa per ragazzi mi aveva portato ad accumulare in modo quasi compulsivo un gran numero di serie in voga all'epoca. In alcuni casi si è trattato di sorprese felici (come la trilogia Chaos Walking, letta integralmente quest'anno, che penso sia invecchiata parecchio bene), ma molto più spesso mi sono trovata di fronte a narrazioni davvero ingenue e farcite di messaggi discutibili, sempre pensando al target giovane per il quale sono scritte. In quale categoria sarà finita "La moglie del califfo"? secondo me potete indovinarlo, ma cominciamo dalla trama.
L'idea alla base del romanzo è quella che fa da cornice ai racconti dell'antologia Le mille e una notte: nel califfato del Khorasan il crudele sovrano Khalid Ibn al-Rashid prende ogni giorno in sposa una donna diversa, per poi ordinarne l'esecuzione prima che spunti l'alba. La protagonista sedicenne Shahrzad "Shazi" al-Khayzuran ha visto così condannare a morte la sua migliore amica Shiva, e per questo decide di offrirsi volontaria come prossima moglie, con l'intenzione di avvicinare il califfo abbastanza da poterlo uccidere per vendetta.
Messo in questi termini sembrerebbe un intreccio decisamente promettente, non fosse per due grossi ma. In primo luogo la missione di Shazi viene accantonata dopo pochi capitoli per dar spazio ad altre linee di trama, legate ad una ribellione interna contro Khalid, ad una minaccia dal vicino sultanato di Partia e ad un elemento fantastico. E anche se non ci fossero state queste sottotrame di mezzo, ci avrebbe pensato la protagonista a fermarsi da sola: sia perché il suo piano è a voler essere generosi vago, sia per l'instalove che la colpisce dopo soli due giorni trascorsi a palazzo.
Questo vi farà forse intuire come la protagonista non sia tra i punti a favore di questo titolo; Shazi è impulsiva nel senso peggiore del termine e viene colpita da continue epifanie che non portano avanti di mezzo passo la sua caratterizzazione, inoltre per la maggior parte del libro è indolente al punto da non pensare neanche a mettersi in contatto con la sua famiglia. Come coprotagonista Khalid non se la cava meglio: è il classico bad boy (ma MOLTO bad) che il lettore dovrebbe giustificare per il suo tragico passato; mi spiace, ma non riesco proprio a tollerare uno stupratore come interesse amoroso. In aggiunta a questi difetti soggettivi, abbiamo una prosa composta quasi esclusivamente da frasi fatte, un linguaggio ostentatamente informale e delle scene cruciali per la risoluzione della storia che vengono liquidate con troppa fretta.
Si tratta quindi di un testo irrecuperabile? ma no! Intanto ha il pregio di avermi divertita non poco (soprattutto per la totale incapacità dimostrata delle guardie reali!), nonché di aver introdotto alcune linee di trama interessanti che spero verranno analizzate meglio nel seguito. Accanto ai discutibili protagonisti troviamo alcuni personaggi secondari niente male -come Jalal al-Khoury e Tariq Imran al-Ziyad-, che bilanciano come possono la poca concretezza di Shazi e Khalid.
Personalmente ho apprezzato poi l'ambientazione affascinante, ricca di dettagli sugli alimenti e l'abbigliamento, che denota una qualche ricerca di verosimiglianza con la cornice simil-storica. Mi è piaciuta anche la riflessione sull'inutilità di contribuire ad un ciclo di vendette: lo reputo un messaggio valido ed attuale, sul quale voglio concentrare la mia attenzione... ignorando volutamente il contesto in cui questa illuminazione ha avuto luogo.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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venerdì 3 novembre 2023
"Nuvole grigie" di Stefania Tedesco
Nuvole grigie by Stefania Tedesco
My rating: 3 of 5 stars
"Percepisco tutti gli occhi su di me, nessuno si azzarda più a fiatare. Mi soffermo sui presenti perché, oltre ad alcuni collaboratori del commissariato, ci sono sei persone: due donne e quattro uomini. Sei facce, c'è un assassino tra loro?"
CLUEDO: SHIP EDITION
Questa estate ho avuto modo di conoscere Scatole Parlanti con "L'eredità dei Taylor" di Francesca Pasqualone, che mi ha permesso di apprezzare la cura grafica e l'attenzione per i giovani talenti nostrani di questa casa editrice. Sono stata quindi entusiasta della proposta di leggere un altro titolo dal loro catalogo; così ho scoperto "Nuvole grigie", un romanzo che mi ha incuriosito con la stupenda copertina e convinto grazie ad una trama accattivante, nonché decisamente nelle mie corde.
L'intreccio ricorda indubbiamente i tipici enigmi della camera chiusa, con una variante marinara: ci troviamo a Roccia Marina, una cittadina costiera immaginaria nella provincia di Cosenza dove, un lunedì mattina d'estate, un gruppo di sei persone arriva al commissariato per denunciare la morte dello stimato cardiologo Maurizio Righetti, avvenuta in mare aperto durante una gita in yacht. A capo delle indagini si ritrova il commissario Cecilia Orlandi, della quale leggiamo il POV in prima persona -mentre porta avanti gli interrogatori- alternato ai flashback in terza persona tramite i quali gli altri personaggi ricostruiscono gli eventi del fatidico finesettimana.
Si compone così una narrazione parecchio dinamica ed interessante, che spinge il lettore ad interrogarsi sull'onestà delle diverse dichiarazioni, senza però dover ricorrere a momenti d'azione o passaggi ricchi di adrenalina. Di fatto, Cecilia riesce a scoprire la verità senza doversi allontanare dal commissariato, ragionando semplicemente su quanto riportato dai testimoni e su pochi altri elementi forniti dai suoi collaboratori; in questo mi ha ricordato gli investigatori classici come Poirot, che non hanno bisogno di essere coinvolti in scene rocambolesche per consegnare il colpevole alla giustizia. L'indagine mi ha convinto anche per la verosimiglianza con cui viene illustrata in ogni suo passaggio, dimostrazione di un valido lavoro di ricerca alla base.
Per mio gusto, ho apprezzato parecchio anche la caratterizzazione della protagonista: Cecilia riesce ad essere divertente con i suoi commenti sagaci, senza però trasformarsi in una caricatura; mi è piaciuto molto anche il suo modo intelligente di rapportarsi con i subordinati e come l'autrice sia riuscita a veicolare la tematica dei problemi alimentare attraverso il suo punto di vista, con delicatezza ma senza la volontà di edulcorare a tutti i costi la realtà. Pur non essendo una lettrice particolarmente veloce, ho trovato poi la prosa di Tedesco scorrevole ed accattivante, tanto da faticare a posare il libro per la curiosità di arrivare al finale.
Un finale che purtroppo non mi ha convinto appieno, soprattutto per l'eccessiva rapidità con cui viene spiegato il mistero e per la sovrabbondanza di indizi nei confronti di un personaggio in particolare. A rendere in alcuni elementi prevedibile la risoluzione è anche la caratterizzazione di buona parte dei personaggi secondari, che spesso sembrano delle macchiette bidimensionali; e questo svilisce un po' la credibilità della narrazione.
Un altro tasto parzialmente dolente è rappresentato dai dialoghi, che più volte si dimostrano eccessivamente formali, con battute tanto compassate da annullare per un attimo la sospensione dell'incredulità. Una simile sensazione di straniamento è data dai commenti di Cecilia: per quanto sia carino poter leggere le sue riflessioni senza filtro, in alcuni casi sembra rivolgersi in modo diretto al lettore, e questo spezza la coerenza narrativa. Vista l'importanza data poi alla sua storia personale, mi sarei aspettata che questa avesse un ruolo centrale nella risoluzione del giallo; può sempre darsi che questa sottotrama sia stata pensata per essere ripresa in eventuali sequel, chissà? Nel qual caso, non mi spiacerebbe affatto fare ritorno a Roccia Marina.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"Percepisco tutti gli occhi su di me, nessuno si azzarda più a fiatare. Mi soffermo sui presenti perché, oltre ad alcuni collaboratori del commissariato, ci sono sei persone: due donne e quattro uomini. Sei facce, c'è un assassino tra loro?"
CLUEDO: SHIP EDITION
Questa estate ho avuto modo di conoscere Scatole Parlanti con "L'eredità dei Taylor" di Francesca Pasqualone, che mi ha permesso di apprezzare la cura grafica e l'attenzione per i giovani talenti nostrani di questa casa editrice. Sono stata quindi entusiasta della proposta di leggere un altro titolo dal loro catalogo; così ho scoperto "Nuvole grigie", un romanzo che mi ha incuriosito con la stupenda copertina e convinto grazie ad una trama accattivante, nonché decisamente nelle mie corde.
L'intreccio ricorda indubbiamente i tipici enigmi della camera chiusa, con una variante marinara: ci troviamo a Roccia Marina, una cittadina costiera immaginaria nella provincia di Cosenza dove, un lunedì mattina d'estate, un gruppo di sei persone arriva al commissariato per denunciare la morte dello stimato cardiologo Maurizio Righetti, avvenuta in mare aperto durante una gita in yacht. A capo delle indagini si ritrova il commissario Cecilia Orlandi, della quale leggiamo il POV in prima persona -mentre porta avanti gli interrogatori- alternato ai flashback in terza persona tramite i quali gli altri personaggi ricostruiscono gli eventi del fatidico finesettimana.
Si compone così una narrazione parecchio dinamica ed interessante, che spinge il lettore ad interrogarsi sull'onestà delle diverse dichiarazioni, senza però dover ricorrere a momenti d'azione o passaggi ricchi di adrenalina. Di fatto, Cecilia riesce a scoprire la verità senza doversi allontanare dal commissariato, ragionando semplicemente su quanto riportato dai testimoni e su pochi altri elementi forniti dai suoi collaboratori; in questo mi ha ricordato gli investigatori classici come Poirot, che non hanno bisogno di essere coinvolti in scene rocambolesche per consegnare il colpevole alla giustizia. L'indagine mi ha convinto anche per la verosimiglianza con cui viene illustrata in ogni suo passaggio, dimostrazione di un valido lavoro di ricerca alla base.
Per mio gusto, ho apprezzato parecchio anche la caratterizzazione della protagonista: Cecilia riesce ad essere divertente con i suoi commenti sagaci, senza però trasformarsi in una caricatura; mi è piaciuto molto anche il suo modo intelligente di rapportarsi con i subordinati e come l'autrice sia riuscita a veicolare la tematica dei problemi alimentare attraverso il suo punto di vista, con delicatezza ma senza la volontà di edulcorare a tutti i costi la realtà. Pur non essendo una lettrice particolarmente veloce, ho trovato poi la prosa di Tedesco scorrevole ed accattivante, tanto da faticare a posare il libro per la curiosità di arrivare al finale.
Un finale che purtroppo non mi ha convinto appieno, soprattutto per l'eccessiva rapidità con cui viene spiegato il mistero e per la sovrabbondanza di indizi nei confronti di un personaggio in particolare. A rendere in alcuni elementi prevedibile la risoluzione è anche la caratterizzazione di buona parte dei personaggi secondari, che spesso sembrano delle macchiette bidimensionali; e questo svilisce un po' la credibilità della narrazione.
Un altro tasto parzialmente dolente è rappresentato dai dialoghi, che più volte si dimostrano eccessivamente formali, con battute tanto compassate da annullare per un attimo la sospensione dell'incredulità. Una simile sensazione di straniamento è data dai commenti di Cecilia: per quanto sia carino poter leggere le sue riflessioni senza filtro, in alcuni casi sembra rivolgersi in modo diretto al lettore, e questo spezza la coerenza narrativa. Vista l'importanza data poi alla sua storia personale, mi sarei aspettata che questa avesse un ruolo centrale nella risoluzione del giallo; può sempre darsi che questa sottotrama sia stata pensata per essere ripresa in eventuali sequel, chissà? Nel qual caso, non mi spiacerebbe affatto fare ritorno a Roccia Marina.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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