Gods of America: Civil War
Recensione ad "American Gods" di Neil Gaiman
TITOLO: American Gods
AUTORE: Neil Gaiman
TITOLO ORIGINALE: American GodsTRADUTTORE: Katia Bagnoli
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar fantastica
PAGINE: 520
VOTO: 4 stelline e mezza
“American Gods” è un romanzo fantasy, almeno stando
a come ci viene presentato in quarta di copertina; e sebbene ci siano un gran
numero di elementi fantastici, questa storia racchiude molto di più, andando a
toccare altri generi come il thriller e il romanzo on the road. In effetti,
direi che la definizione più precisa sarebbe di fantasy surreale on the road,
perché il protagonista trascorre la maggior parte del volume spostandosi da uno
Stato all’altro con i mezzi più disparati, in un viaggio che è tanto fisico
quanto onirico.
Prima di
addentrarci nelle vicende del romanzo, è necessario partire dalla premessa alla
base della storia: ispirato forse dalla sua personale esperienza di migrante,
Gaiman immagina che tutti i popoli giunti nel corso dei millenni sul territorio
degli attuali Stati Uniti abbiano portato con sé le proprie credenze -in forma
di divinità, ma non solo- le quali continuano ad esistere seppur indebolite
dalla mancanza di fedeli.
«-Venendo in America la gente ci ha
portato con sé. Hanno portato me, Loki e Thor, Anansi e il Dio-Leone,
leprecauni, coboldi e banshee, Kubera e Frau Holle e Astaroth, e hanno portato
voi. Siamo arrivati fin qui viaggiando nelle loro menti, e abbiamo messo
radici. Abbiamo viaggiato con i coloni, attraverso gli oceani, verso nuove
terre. [...] Ammettiamolo, esercitiamo una ben scarsa influenza. Li deprediamo,
li derubiamo, e sopravviviamo; ci spogliamo, ci prostituiamo e beviamo troppo;
lavoriamo alle pompe di benzina e rubiamo e truffiamo e viviamo nelle crepe ai
margini della società. Vecchi dèi, in questa nuova terra senza dèi.»
Al
contempo, sono comparse sulla scena delle nuove divinità collegate al mondo
contemporaneo, come la dea delle telecomunicazioni o il dio della tecnologia,
pronte a reclamare la propria fetta di venerazione in ogni forma gli uomini siano
disposi ad elargirla.
«-Sono la scatola scema. Sono la TV.
Sono l’occhio che tutto vede e il mondo del tubo catodico. Sono la grande
sorella. Sono il tempietto intorno a cui si riunisce la famiglia per pregare.
-Sei la televisione? O qualcuno alla
televisione?
-La TV è l’altare. Io sono ciò a cui
il pubblico offre i suoi sacrifici.
-E cosa sacrificano?-, chiese
Shadow.
-Il loro tempo, soprattutto-, disse
Lucy. -A volte le persone che hanno vicino.»
In questo scenario che pare preannunciare uno
scontro imminente inizia la storia di Shadow, in prigione da tre anni ma ormai
prossimo alla scarcerazione, che durante il viaggio di ritorno a casa incontra Wednesday.
Questo enigmatico individuo gli chiede di lavorare alle sue dipendenze come
tuttofare e lo introduce nel mondo delle moltissime divinità e creature
fantastiche che popolano segretamente il Paese. Con l’approssimarsi della
guerra tra vecchi e nuovi dèi, la debolezza mortale di questi esseri millenari si
fa sempre più evidente
«-Gli dèi muoiono. E quando muoiono
davvero nessuno li piange o li ricorda. È più difficile uccidere le idee, ma
prima o poi si uccidono anche quelle.[...]»
ed
è qui che l’intervento di Shadow si dimostra fondamentale in più occasioni, dal
momento che aiuta Wednesday nella missione di convincere gli altri dèi ad
unirsi alla loro fazione.
Da questo spunto si avvia una storia molto
più complessa, a tratti perfino troppo, tanto che si ha la sensazione di ricevere
un po’ troppe informazioni. Questo problema si evidenzia soprattutto nei brevi
racconti che l’autore inserisce di tanto in tanto a fine capitolo: sono storie
di personaggi esterni alla vicenda che incontrano delle divinità o di migranti
d’altri tempi che portano i vari dèi negli USA; personalmente avrei preferito
una racconta di racconti a parte, perché queste storie sono tutte molto
interessanti e coinvolgenti ma includerle nel romanzo spezza la narrazione.
Un altro aspetto che non tutti i lettori
gradiranno è la caratterizzazione del protagonista. Come detto, Shadow incontra
svariate creature sovrannaturali, oltre ad avere continuamente sogni surreali e
dover scappare a più riprese dal braccio armato dei nuovi dèi: tutto questo
però lo lascia del tutto insensibile. Questo peculiare comportamento trova una
giustificazione più in là nel romanzo, come molti altri aspetti poco chiari in
un primo momento, ma capisco che possa lasciare perplessi.
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Edizione 10° anniversario |
Oltre a Shadow abbiamo un ricco cast di
personaggi, tra i quali spicca sicuramente il truffaldino Wednesday che è
risultato il mio preferito a dispetto di tutte le sue discutibili azioni,
mentre ho tutt’ora delle riserve su Laura perché il suo arco narrativo mi è
sembrato troppo spesso in balia del caso, come se l’autore la facesse entrare
in scena a sorpresa quando non sapeva come proseguire altrimenti.
I veri protagonisti del romanzo si rivelano
però essere gli Stati Uniti, tra i quali i personaggi si muovono
freneticamente. In fondo non ci potrebbe essere Paese migliore per ambientare
questo romanzo, con gli abitanti che rappresentano le più diverse etnie. Oltre
ad essere celebrati in questa storia on the road, gli USA mostrano qui anche il
loro lato più oscuro: un Paese che non solo fatica a mantenere le vecchie
tradizioni, ma crea sempre nuovi dèi andando così a annullare anche quelli
moderni,
«-Magari [gli Stati americani]
condividono alcuni simboli culturali -i soldi, il governo federale, gli svaghi-
e ovviamente il paese è lo stesso, ma quel che crea l’illusione che si tratti
di un’unica nazione sono i dollari, il Tonight Show e i McDonald’s,
nient’altro.»
un
Paese nato dalle intenzioni più positive che le vede spesso annullate in favore
dell’interesse personale. Interesse che porta inevitabilmente alla mancanza di
fede, perché nessuno percepisce più degli obblighi verso la religione e le
credenze, e quindi investe altrimenti le proprie energie.
«-Non è ancora tardi per passare
dalla parte dei vincitori. Comunque sei libero di restare dove sei. Essere
americano significa poter scegliere. Questo è il miracolo americano. Libertà di
fede significa essere liberi di credere nella cosa sbagliata, in fondo. Esattamente
come la libertà di parola ti dà diritto di tacere.»
Per concludere, eccovi la mia solita
lamentela sull’edizione italiana. Capisco che si tratti di un libro abbastanza
lungo, ma ho riscontrato davvero parecchi errori di mancata revisione e considerate
che ho letto la nuova edizione del 2016, non quella dei primi anni 2000. Un
problema del tutto soggettivo è rappresentato invece dalla copertina, che è
attinente alla storia ma sembra davvero di pessima qualità grafica... si poteva
fare di meglio, Mondadori.
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