«Vivere così totalmente alla mercé dei capricci e dei desideri altrui, pensava, non era vivere veramente»
Potrebbe piovere...
Recensione a "Longbourn House" di Jo Baker
TITOLO: Longbourn House
AUTORE: Jo Baker
TITOLO ORIGINALE: LongbournTRADUTTORE: Giulia Boringhieri
EDITORE: Einaudi
COLLANA: Super ET
PAGINE: 370
VOTO: 2 stelline
"Longbourn
House" si presenta come un romanzo storico, mascherando così la sua effettiva
natura di romance, che a tratti sfocia nel puro Harmony (abbiamo pure
l’immancabile protagonista maschile con le cicatrici sulla schiena... TOP!).
Non c’è nulla di sbagliato in un romanzo rosa, ma per correttezza il lettore
non andrebbe ingannato, soprattutto se la storia d’amore presentata è tanto
sconclusionata quanto inquietante. A riprova di ciò, voglio iniziare questa
recensione in modo diverso dal solito, ossia con una citazione tratta dal
testo:
«Invece, a sua insaputa, c’era anche
James. L’aveva seguita di nascosto,senza farsi scorgere, come era diventato
esperto a fare.»
Non
vi sembrano le premesse ideali per un thriller in cui l’assassino stalkera in
modo a dir poco angosciante la sua prossima vittima? Be' vi sbagliate! perché
il serial killer mancato James e la sua potenziale vittima (aka la cameriera
Sarah) sono la felice coppia per la quale dovremmo fare il tifo in questo
libro.
Ma mettiamo da parte (pur tenendo bene a
mente) questa premessa e passiamo alla trama del romanzo.
Innanzitutto questa storia non è
completamente originale dal momento che basa gran parte degli avvenimenti e dei
personaggi secondari sul classico austeniano "Orgoglio e
pregiudizio". Il romanzo si impone infatti di raccontare le vicende della
servitù della famiglia Bennet dall’arrivo di Bingley a Netherfield fino a
qualche tempo dopo il matrimonio di Elizabeth e Darcy. In particolare, il focus
è incentrato sulla governante Mrs Hill e i già menzionati Sarah e James (il
nuovo valletto), ma anche la seconda cameriera Mary "Polly" e il
maggiordomo Mr Hill hanno un ruolo di rilievo nella storia.
Parlando di trama, le mie critiche su questo
titolo possono cominciare già da qui. La storia principale è infatti divisa a
metà da una parte molto consistente sul passato di uno dei personaggi, che non
si amalgama per nulla con il resto della narrazione, un po' come succedeva in
"The Invasion of the Tearling" di Erika Johansen (ne parlo QUI) e
"In territorio nemico" di Scrittura Industriale Collettiva (ne parlo QUI);
vorrei precisare che, in tutti e tre i casi, la storia secondaria non è mal
scritta di per sé, soltanto stona inserita in quella principale.
Il ritmo narrativo viene inoltre spezzato di
frequente da descrizioni prolisse e dettagli spesso inutili. Questi troncano la
storia nei momenti in cui dovrebbe esserci più tensione: ad esempio, quando i
Bennet vengono informati della fuga di Lydia, l'autrice blocca la scena e
spende diverse righe per raccontare di come Mrs Hill paghi il corriere e dei
pericoli in cui questi potrebbe incorrere sulla strada di notte. Sarebbe anche
interessante, se non fosse in corso una vera emergenza!
Passando ai personaggi, penso che quanto
scritto all'inizio su Sarah e James sia sufficiente, anche se devo segnalare
come lei sia una totale apatica -sempre pronta a lamentarsi della sua
situazione, ma incapace di prendere un’iniziativa sensata. Come non bastasse,
gli ostacoli all’amore tra i due sono davvero ridicoli: le minacce di Wickham
vengono rese vane dallo stesso epilogo e il triangolo amoroso risulta inutile
tanto quanto il personaggio che ne diventa il terzo lato.
Riguardo Mrs Hill rimangono ancora parecchie
domande irrisolte: perché non ha mai lasciato la famiglia Bennet, date le tante
sofferenze patite? perché non dice nulla a Sarah, per poi spiattellare tutto
dopo la fuga di James? perché odia da subito Ptolemy? E non si tiri in ballo la
questione razziale,
«E se Sarah ricambiava l’interresse
- sempre che si fosse riusciti a impedire al mulatto di farle perdere
completamente la testa - [...].»
perché
tutti gli altri personaggi lo trattano senza il minimo pregiudizio e anche lei
poi cambia idea senza alcun motivo. Poteva essere il personaggio migliore della
storia, e probabilmente lo è visto il livello degli altri, ma non basta di
certo.
![]() |
Cover spagnola |
Quelli che più mi hanno lasciata perplessa sono
però i personaggi della Austen, qui in qualità di comparse, che in molti casi
vengono completamente snaturati. Jane è scostante, Lizzie e Darcy diventano
degli astiosi egoisti, Wickham addirittura un pedofilo, mentre il bonario Mr
Bennet è quasi l'antagonista della situazione. Visto il suo ruolo, non posso
credere che tenga un comportamento del genere con Mrs Hill;
«Se adesso avesse fatto un'altra
obiezione, lui se la sarebbe segnata - teneva segretamente conto di tutto - e
gliel'avrebbe fatta pagare alla prima occasione buona.»
con
questo non voglio dire che questi personaggi non debbano avere difetti, ma se
si scrive una storia ispirandosi ad un'altra opera bisognerebbe esserle il più
possibile fedeli.
Di fondo l'idea del romanzo non è da buttare
(altrimenti non l'avrei comprato!), perché siamo abituati a storie che seguono
personaggi con una posizione elevata e ci dimentichiamo di chi deve lavorare ai
piani bassi, e spesso essere svilito dai suoi datori di lavoro,
«-È solo perché lei [Mary Bennet] è
la signorina e io non che lei si può far chiamare May e io sono dovuta
diventare Polly, anche se il mio nome di battesimo è Mary come il suo.»
È
sicuramente positiva anche la concezione della servitù di Longbourn come un
nucleo familiare a se stante e composto da persone che forse non si sono scelte
come famiglia in un primo momento ma hanno imparato pian piano a vedersi come
tale.
«[Sarah] Lesse piano -per non
disturbare la bambina che dormiva o il vecchio assopito - di come ci fossero
nuove speranze di rapida vittoria in Spagna, [...].»
Lo stile della Baker è il vero tallone
d'Achille del romanzo. Ho trovato fastidiosa la sua abitudine di interrompere
le frasi principali con delle lunghe subordinate incluse nei trattini, come
pure l'alternare diversi punti di vista all'interno dello stesso paragrafo e le
molte ripetizioni ridondati di aggettivi e concetti.
Sono presenti anche dei dialoghi innaturali,
che lasciano basiti. Vi porto in esempio queste due frasi consecutive:
«-Dovete riguardarvi, bambolina.
Nessun altro lo farà per voi.
[...]
-Che posto è, questo in cui tutti si
chiamano Bingley?»
Come
può la seconda essere una valida risposta alla prima? Sembra che l'autrice
abbia dimenticato la parte centrale del dialogo.
E che dire delle molte metafore ardite, che
il più delle volte lasciano perplesso il lettore. Perché, siate onesti e, dopo
aver letto questa frase:
«[...] scivolava giù del letto
mentre Polly dormiva e, come una stella di mare, attraversava furtivamente il
cortile, infreddolita e ai piedi nudi, [...].»
ditemi
che non sono l'unica a non aver mai visto una stella di mare infreddolita e a
piedi nudi!
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