«Nessuno dei due pensava ancora in termini di dentro e fuori. Non venne loro in mente che la barriera potesse non avere fine»
The Tome
Recensione a "The Dome" di Stephen King
TITOLO: The Dome
AUTORE: Stephen King
TITOLO ORIGINALE: Under the DomeTRADUTTORE: Tullio Dobner
EDITORE: Sperling & Kupfer
COLLANA: PickWick
PAGINE: 1.040
VOTO: 5 stelline
"The
Dome" è un romanzo thriller con abbondanti dosi di post-apocalittico e horror,
indirizzato ad un pubblico adulto e per nulla suggestionabile, viste molte
delle scene descritte, al limite dello splatter.
Prendendo spunto da classici della distopia
come "Noi" di Evgenij Zamjatin (QUI la recensione) e da romanzi più
moderni ma altrettanto angoscianti -mi sono venuti subito in mente
"Cecità", "Il condominio" e "Bunker Diary", tutti
recensiti sul blog-, King crea una storia dalle atmosfere epiche, sviluppandola
però nell'arco di una sola settimana. Tanto basta perché la cittadina di
Chester's Mill (ovviamente, nel Maine!) si trasformi in un luogo da incubo,
dove perfino l'aria da respirare diventa un miraggio.
La storia inizia un sabato mattina di fine
ottobre quando un campo di forza ribattezzato poi come Cupola cala precisamente
sui confini della città, causando già parecchie vittime. Questa emergenza
genera da subito degli antagonismi, in particolare tra Dale "Barbie"
Barbara, militare in congedo che viene incaricato dal Governo statunitense di
gestire la crisi, e James "Big Jim" Rennie, venditore locale di auto
usate e secondo consigliere, ossessionato dall'idea di mantenere il potere sul
Mill,
«Ma conosceva la risposta. Non erano
i soldi; era la città. Quella che lui concepiva come la sua città. Su una
spiaggia in Costa Rica o in una tenuta in Namibia, Big Jim sarebbe diventato
Small Jim. Perché un uomo senza uno scopo, anche se ricco sfondato, è sempre un
uomo piccolo.»
sarà
lui ad imporsi con forza come autocrate e ad arruolare una sorta di esercito
privato con il pretesto di dover ristabilire l'ordine.
Ai due personaggi principali si unisce via
via un cast davvero ricco (come sempre, nei romanzi di King) nel quale spiccano
la reporter Julia Shumway, della quale ho apprezzato particolarmente
l'evoluzione collegata al rapporto positivo con Barbie, ed il figlio di Big
Jim, Junior, che si presenta fin dai primi capitoli come un antagonista molto
più originale del padre: la sua discesa nella follia più totale è resa in modo
magistrale e mette i brividi.
«Doveva seppellirle, naturalmente.
Presto. [...]
Presto. Ma non subito. Perché era
troppo rilassante.
Anche un po' eccitante. Gli altri
non avrebbero capito, ovviamente, ma non c'era bisogno che capissero.»
Ma Junior non è il solo a compiere un arco
discendente, perché l'intera città viene rapidamente travolta dal terrore,
dando vita a grottesche scene di aggressioni, di autolesionismo, ma anche di
violenza psicologia e ricatti crudeli:
«"Ma ci sono quelle pillole che
prendi. Quell'OxyContin."
Andrea si sentì gelare la pelle.
"E allora?"
"Andy ne ha messa via una buona
scorta per te, ma se in questa corsa tu dovessi puntare sul cavallo sbagliato,
quelle pillole potrebbero sparire."»
Quelli
che pochi giorni prima erano amichevoli vicini si rivelano pronti al furto e
all'aggressione, come nella scena in cui a Big Jim è sufficiente il lancio di
un sasso per innescare l'assalto immotivato al supermercato locale. Il secondo
consigliere gioca davvero bene le sue carte, soprattutto nel manipolare le
fragili menti dei suoi concittadini -già provate dall'isolamento forzato- e
come un novello Napoleone (il maiale antagonista de "La fattoria degli
animali", non l'imperatore francese!), sfruttare lo spauracchio di Barbie
e dei suoi inesistenti alleati per dipingere se stesso come un eroe.
Oltre ai trigger warning per la violenza, ritengo
doveroso segnalare come questo romanzo presenti anche un folto gruppo di
personaggi maschili che etichettare come sessisti sarebbe quasi un complimento;
con Big Jim come scontato capofila,
«Era sicuro che [Linda] avrebbe
avuto una cattiva influenza sugli altri uomini. Le donne belle ce l'hanno
sempre. Era già abbastanza un guaio la Wettington con quelle tette a siluro.»
e
Junior ed i suoi amici appena nominati "assistenti speciali" come
seguaci,
«A Junior stava cominciando a far di
nuovo male la testa ed era tutta colpa di quella troia tossica e impicciona. Quello
che sarebbe successo adesso... anche quello sarebbe stato colpa sua.»
frasi
offensive come quelle appena riportate sono praticamente all'ordine del giorno.
A peggiorare la situazione abbiamo un continuo spalleggiamento tra questi
personaggi, che vanno a coprirsi a vicenda per i rispettivi crimini. Tutto è
reso in modo estremamente realistico, ma mi rendo conto che molti lettori
potrebbero esserne giustamente disgustati.
![]() |
Cover olandese |
Lo stile di King è sempre molto gradevole e,
sebbene la storia sia ambientata nel 2009, si ha spesso la sensazione di tornare
ad uno dei suoi romanzi degli anni Ottanta, soprattutto per il ripetersi di determinati
schemi narrativi e di alcuni caratteri (ed esempio, l'immancabile gruppo di
bambini pieno di risorse). L'autore arriva diverse volte al punto di citare se
steso:
«Un'altra [teoria] era che fosse un
esperimento finito male e diventato incontrollabile ("Proprio come in quel
film, The Mist", aveva scritto un blogger).»
In
questo passaggio, ad esempio, viene nominato il film tratto da uno dei suoi
racconti più celebri.
Ho apprezzato molto l'utilizzo di tecniche
come la narrazione da più prospettive, in cui King accenna ad un personaggio o
ad un evento per poi svilupparlo nel capitolo successivo, e il foreshadowing:
«Dappertutto, fuori e dentro la
Cupola, ci furono uccelli che andarono a schiantarsi e caddero morti; i loro
cadaveri sarebbero stati uno dei modi con cui delineare in seguito il tracciato
della nuova barriera.»
Anziché
rovinare una svolta della trama, questi espedienti permettono di aumentare
l'hype del lettore, e di rendere appetibile un volume tanto lungo.
In conclusione, un paio di riserve su questa
lettura, che non possono mai mancare con una lettrice rompic... esigente come
me. L'aspetto fantascientifico della storia non mi ha troppo convinta perché
sembra troppo opportuno per risolvere la vicenda, come pure la parte
paranormale (parlo del cane che vede i fantasmi). La traduzione non è troppo
malvagia e in un libro di oltre mille pagine posso soprassedere a qualche
refuso; un po' meno alla rappresentazione della Cupola in copertina che non
assomiglia affatto a com'è realmente descritta nel romanzo.
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