«I saw a raven in the tree. But which was it-a raven for peril, or a raven I loved? ... I only had time to think, Both»
Qualcuno crea ancora fiabe
Recensione ad "An Enchantment of Ravens" di Margaret Rogerson
TITOLO: An Enchantment of Ravens
AUTORE: Margaret Rogerson
TITOLO ORIGINALE: -TRADUTTORE: -
EDITORE: Simon & Schuster, Inc.
COLLANA: Margaret K. McElderry Books
PAGINE: 310
VOTO: 4 stelline
"An
Enchantment of Ravens" è un romanzo rosa ambientato in un mondo fantastico
dove gli umani convivono con il popolo fatato, al quale vendono le loro Craft
(ossia creazioni che vanno dagli abiti ai romanzi) in cambio di incantesimi
utili nella vita quotidiana. Sono presenti anche molti aspetti legati all’avventura
ed al viaggio, tanto che questo titolo ricorda parecchio "Stardust"
di Neil Gaiman (ne parlo QUI), dove pure la maggior parte della trama ruotava
attorno ad una missione aldilà del muro posto a dividere il nostro mondo dalle
terre incantate.
La storia vede come protagonista la pittrice
Isobel, che si guadagna da vivere realizzando dei ritratti per le fate (e vi
sconsiglio di pensare a Campanellino o simili); la svolta iniziale è data dalla
visita di Rook, principe della corte d’autunno, del quale la ragazza si
innamora durante le loro sedute. Pur trattandosi di un evidente caso di
insta-love
«I knew that part of him esiste, but
I didn’t want to see it. And that was more dangerous than all the enchantments
he could offer me combined.»
il
risultato non è fastidioso perché, come molti altri elementi in questo romanzo
-aiuti supernaturali convenienti o protagonisti orfani-, porta il titolo
idealmente vicino al mondo delle fiabe. In questo mi ha ricordato "Paper
Magician" di Charlie N. Holmberg (QUI la recensione) anche perché entrambi
presentano un cast di personaggi ben sviluppato ma abbastanza limitato.
A spingere i due protagonisti a viaggiare tra
i reami fatati è però la tristezza umana che Isobel dipinge inavvertitamente
negli occhi di Rook, il quale non può permettere che il suo ruolo venga messo
in dubbio a causa dei sentimenti trasmessi dal ritratto. Il viaggio permette
all’autrice di arricchire la storia con molte descrizioni pittoresche
«One moment I was admiring a stand
of fiery rowans, and the next I stepped into a different forest altogether.
Everything was green. [...] We were in the springlands!»
che
risultano calzanti dal momento che la storia è narrata in prima persona da
un’artista come Isobel.
E proprio questa giovane piena di
determinazione è il personaggio che più mi ha convinto nella storia, seppur
come detto gli altri riescano a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto.
Isobel conosce ogni legge del popolo fatato e sa bene di non potersi
confrontare con loro sul piano fisico, ma sfrutta al meglio le sue limitate
risorse -come l’abilità di pittrice e l’anello in ferro.
«I seized his hand and squeezed it
tight, making sure the ring I’d picked out of my pocket seam pressed against
his bare skin. It wasn’t just any ring. It was forged from cold, pure iron.»
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Bozze per la cover |
Pur soffrendo di una trama priva di vere e
proprie svolte, il romanzo si fa forza della sua ambientazione, nella quale
convergono sia i luoghi che le tradizioni delle fate. La protagonista stessa ci
rende edotti delle numerose leggi alle quali queste creature sono costrette ad
obbedire, pena una sofferenza fisica; scopriamo così come il loro aspetto
perfetto non sia altro che il risultato di una magia,
«And as the years passed I grew
disenchanted with enchantments, which were just as much a lie.»
stratagemma
che utilizzano anche per ingannarsi tra loro e mutare l’aspetto dei vecchi
abiti o dei cibi putrescenti. Quello che in un primo momento sembra un luogo da
fiaba, si rivela ben presto un posto spaventoso dove tutto è fasullo e
corrotto, ridotto così dall’essenza stessa dei suoi abitanti.
«"That’s cruel." All of it
was. Him to me, and them to him.
"Such is our nature. It may be
cruel, but it is also fair."»
Ho apprezzato molto l’intento della Rogerson
nel trasmettere il messaggio sul valore dell’arte, vista come vera forza
creatrice in opposizione all’ingannevole magia del popolo fatato. La stessa
Isobel capisce dopo poco come le fate considerino le creazioni umani misteriose
allo stesso modo in cui noi umani potremmo vedere i loro incantesimi.
«Realizing that your own magic held
more mystery to fair folk than theirs did to you was a peculiar experience.»
Molto positivo anche il tentativo di scrivere
una fiaba all’apparenza tradizionale, ma con dei messaggi ed una consapevolezza
contemporanei: la protagonista combatte per se stessa e per coloro che ama, ed
il suo comprimario la affianca senza sminuirla. In un mondo editoriale sempre
più straripante di fiabe riscritte, trovarne una originale è stata una bella
sorpresa.
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