«Sono un Lino Grana Fine Preparazione Universale Quattro Strati. Chiunque abbia voluto esaminarmi più da vicino sapeva già che costavo un piccolo capitale»
Toy Story: Portraits Edition
Recensione a "Il ritratto vivente" di Willem Jan Otten
TRADUTTORE: Elisabetta Svaluto Moredo
EDITORE: Iperborea
COLLANA: Narrativa
PAGINE: 160
"Il ritratto vivente" è un romanzo che
potremmo considerare parte della corrente del realismo magico, nonostante a
fine lettura si abbia un retrogusto quasi da thriller per la forza -sia visiva
che emotiva- di alcune scene.
La storia è
narrata da un punto di vista decisamente inusitato: quello di un quadro di
ottima qualità, acquistato dal ritrattista Felix Vincent per farne un'opera
risultato del suo estro, anziché delle innumerevoli ed insoddisfacenti
commissioni alle quali è vincolato per ragioni economiche. La sua futura
creazione inizia così a fantasticare su quale sarà il suo mirabolante destino,
già immaginandosi esposto in un celebre museo;
«Ha un progetto su di me, che è esclusivamente frutto della sua fantasia. [...] Ero destina a diventare qualcosa di grandioso.»
il caso vuole però che il nostro bizzarro protagonista
rischi prima di diventare il ritratto di una snob rifattissima, poi un
desolante paesaggio invernale, per arrivare solo verso la metà del volume a comprendere
in modo chiaro quale sarà il suo fine.
Ispirato in
parte al nostrano Pinocchio, in parte al "Frankenstein" di Mary
Shelley (QUI la recensione) -non a caso Felix viene ribattezzato ben presto
"creatore"-
«Creatore! canticchiai con tutte le mie chiavette, creatore! Fa' di me quello che vuoli! Fa' di me qualcuno!»
il romanzo si snoda in una serie di vicende dal forte intento allegorico, legate soprattutto alla realizzazione del quadro finale e alla vita privata dell'artista. Di quest'ultima in realtà il lettore non arriva a scoprire perfettamente tutti i retroscena, dal momento che il punto di vista è alquanto limitante,
«Se avessi continuato a stare attento, avrei senz'altro capito quello a cui alludevano, dove fossero rimasti e in cosa consistesse il loro gioco, [...].»
pertanto
alcune delle sottotrame approdano ad un nulla di fatto, come il rapporto tra
creatore e Minke: possiamo intuire che si conoscano da parecchio tempo, ma non
abbiamo altri dettagli sul loro passato.
Pur non eclissando gli altri personaggi della
storia, il quadro si dimostra essere il solo protagonista, del quale seguiamo
l'evoluzione sin dalla sua "nascita" come parte di un pregiato rotolo
nel negozio di belle arti Van Schendel. Una volta arrivato nella casa di Felix,
il narratore inizia la sua formazione, grazie alle parole delle persone che
frequentano lo studio da un lato,
«Lui e Lidewij parlavano di quell'autunno come di una stagione eccezionalmente calda. [...] Ogni tanto si alzava una brezza irrequieta e sentivo il fruscio delle foglio sospinte nella stanza.»
e
al proprio brillante intuito dall'altro, tanto che in più di un'occasione si
dimostra più sveglio dello stesso creatore nel cogliere le sfumature nelle
parole degli altri.
Il quadro comincia ben presto a provare anche
delle emozioni definibili umane, come la vergogna, in un crescendo di
interrogativi collegati soprattutto alla propria identità e alla definizione di
se stessi, tema assolutamente centrale di questo titolo. Il protagonista si
convince infatti che il soggetto prescelto da Felix determinerà non solo il suo
aspetto esteriore ma anche il suo carattere.
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Cover britannica |
Altra riflessione degna di menzione è quella relativa all'etica, rapportata al lavoro di un artista: se chi crea commette un'azione negativa, anche le sue opere devono essere svilite di conseguenza? Nel caso di creatore, l'errore è in buona fede, ma la reazione -ed il giudizio dell'autore- è comunque tangibile e chiara.
«Creatore ha aggiunto un'altra bracciata di rami, poi è tornato nello studio, ha arraffato le stampe, le fotografie, il video, perfino l'assegno da cinquantamila euro e ha buttato tutto nel falò, [...].»
In questo senso si nota un'eccessiva -e, per me, fastidiosa- propensione di Otten nel voler fare la morale ai suoi stessi personaggi, bacchettandone i comportamenti che ritiene inappropriati. Per il resto, lo stile dell'autore mi ha decisamente convinto; ho apprezzato la sua creatività nell'immaginare i pensieri e le emozioni di un oggetto inanimato,
«Ero esistito finché creatore mi dipingeva e Lidewij prendeva atto di me. Adesso cominciavo a dimenticarmi della mia esistenza.»
inoltre, la presenza di molti elementi metaforici, come l'albero abbattuto che costringe il pittore a prendere la bicicletta, denotano una certa ricercatezza nella prosa di Otten.
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