lunedì 30 novembre 2020

Wrap-Up - Letture di novembre 2020

Wrap-Up - Letture di novembre 2020


A novembre sono stata abbastanza produttiva in termini di letture concluse. Peccato che nessuna mi abbia davvero colpita al cento per cento, ma soprattutto peccato per un paio di cocenti delusioni che hanno segnato la seconda metà del mese.

Ho iniziato il mese con la lettura di "The Bird and the Blade" di Megan Bannen, romanzo che mi aspettavo sarebbe stato incentrato su un'avventura fantasy, con i personaggi in viaggio nell'Impero Mongolo al momento del suo massimo splendore. Non è andata affatto come previsto, perché questo titolo è maggiormente focalizzato sulla relazione romantica tra i due protagonisti, senza alcun elemento fantastico; stranamente sono rimasta comunque catturata dalla storia -della quale ho già pubblicato QUI una recensione- e nel complesso l'ho valutata con quattro stelline.


Successivamente, ho continuato la serie La prima legge di Joe Abercrombie leggendo "Non prima che siano impiccati", ossia il secondo volume della trilogia. Un secondo volume che parte un po' lento -a causa degli eventi del primo capitolo, del quale ancora risentono il ritmo e l'intreccio- per poi migliorare decisamente, specie quanto si arriva ai vari scontri che vedono i nostri protagonisti in azione nel loro elemento naturale: la lotta più spietata e sanguinosa.
La struttura rimane fedele a quella de "Il richiamo delle spade" (ne parlo QUI), con gli stessi sei punti di vista che in alcuni capitoli vengono sovrapposti perché i diversi personaggi si trovano nel medesimo luogo. In particolare seguiamo: West e Mastino nell'Angland minacciata dall'esercito di Bethod; Logen, Jezal e Ferro nel gruppo riunito da Bayaz per svolgere un'importante missione nel continente ad ovest; Glokta e i suoi pratici, nella città di Dagoska assediata dall'imperatore Gurkish prima, e di nuovo ad Adua negli ultimi capitoli. Anche in questo secondo libro lo sviluppo della trama orizzontale è parecchio limitato, perché gli elementi che avvicinano le storie dei protagonisti alle vicende politiche del Mondo Circolare sono centellinate; Abercrombie si dimostra però abbastanza abile nel fornire degli indizi ben pensati per non rivelare troppo, e al contempo dare al lettore degli spunti su cui fare congetture per il futuro.

I personaggi principali ed i rapporti tra loro si confermano il punto di forza della trilogia. L'autore si prende parecchio spazio per costruire gradualmente delle amicizie improbabili ma del tutto riuscite, come anche alcune relazioni romantiche -in questo caso, ho un paio di riserve perché mal sopporto l'introduzione di personaggi femminili al solo scopo di affiancare un protagonista maschile (di solito per metterne in luce determinate caratteristiche).
Per quanto mi abbiano convinto i protagonisti di Abercrombie, aumentano le mie perplessità relativamente agli antagonisti: compaiono troppo di rado e con ruoli non sempre rilevanti, oltre a risultare monodimensionali nelle azioni e negli atteggiamenti. Ho trovato da ridire anche in un paio di scene di combattimento che si risolvono in modo a dir poco conveniente per i nostri eroi.
Nulla di troppo grave comunque, infatti il libro si lascia leggere in modo scorrevole, e risulta molto divertente tanto che è facile scordare di aver di fronte un grimdark in più di una scena.
Il mio voto è di quattro stelline e mezza.

Come terzo titolo, ho concluso la lettura di "Flatlandia" di Edwin A. Abbott,
ovvero il classico per il mese di novembre. Racconto decisamente breve e semplice, ma non per questo di immediata comprensione: bisogna prestare molta attenzione ad ogni nuovo elemento introdotto in questo mondo fantastico. Per fortuna, lo stile è immediato e sempre chiaro; anche per questo, la mia valutazione è stata di cinque stelline, ma se volete saperne di più vi invito a fare una salto QUI e leggere la recensione completa.

 

La lettura che ho iniziato poi mi stava un po' annoiando (tranquilli, ne parleremo tra qualche riga) quindi ho deciso di concedermi una pausa dalla TBR con un titolo presente da eoni nella mia libreria: "La soglia" di Ursula K. Le Guin, autrice che mi incuriosisce molto anche per la sua opera più celebre, ossia la saga Terramare. Anche questo romanzo può essere considerato un fantasy, pur andando oltre questa categorizzazione dal momento che l'avventura narrata è soltanto un pretesto per mettere in scena un'enorme allegoria dell'emancipazione dei due protagonisti.
Con una trama tipica dei portal fantasy, la Le Guin ci introduce le vite grigie di Hugh e Irene: lui commesso in un discount con velleità di bibliotecario soffocate sul nascere dalla snervante madre, lei impiegata di basso livello divisa tra il desiderio di indipendenza e la volontà di non abbandonare la famiglia in balia del patrigno violento. In momenti diversi, i due scopriranno di poter raggiungere una realtà parallela, nella quale il tempo scorre in modo bizzarro, che rappresenta un posto in cui essere se stessi ed affrontare le proprie paure; qui si svolte la parte fantastica della vicenda, con un intreccio che potrebbe aver ispirato "Il gigante sepolto" di Kazuo Ishiguro (QUI la recensione) in parecchi elementi, come la lotta metaforica e fisica a tempo stesso contro la draghessa.
Ho trovato estremamente interessante il mondo ideato dalla Le Guin, soprattutto per la particolarità delle leggi magiche e per l'idioma che ha inventato, per cui i dialoghi risultano sempre un po' criptici. Ottima la presenza di alcune scene condivise tra i POV, così da poter mostrare le reazioni distinte dei protagonisti a quanto succede.
Nonostante questi aspetti positivi, il romanzo risulta parecchio ostico, soprattutto se -come me- lo iniziate pensando di trovarvi di fronte ad un classico epic fantasy; ad esempio, la scena del combattimento è estremamente anticlimatica. L'autrice lascia anche sospeso moltissime sottotrame: non sappiamo cosa succederà alla madre e ai fratellastri di Irene, se il villaggio di Tambreabrezi (o Tembreabrezi, nella versione originale) supererà l'isolamento forzato, cosa sia accaduto anni prima al trisavolo del Podestà e neppure se la passione della madre di Hugh per l'esoterismo centri qualcosa con la scoperta della soglia.
Per quanto riguarda la parte romance -se così possiamo definirla- trovo che Hugh e Irene siano una coppia valida solo sulla carta, ma visto che tutta la storia si basa su un gioco di allegorie dobbiamo lasciarli al loro lieto fine sulla sola fiducia. A questo punto però non capisco a cosa sia servito inserire l'insta love tra Hugh e Allia, mentre l'interesse di Irene per Sark è già più sensato ma poco approfondito, come molti altri aspetti di questo romanzo decisamente troppo breve.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

 

Parliamo ora del libro che mi ha quasi procurato una slump, ossia "The Midnight Star" di Marie Lu, il terzo ed ultimo capitolo della serie The Young Elites, alla quale ho dedicato un post per la rubrica Lettura d'Insieme che potete trovare QUI.
E partiamo ponendoci una domanda relativa alla serialità di quest'opera: c'era bisogno di fare una trilogia? A mio avviso il materiale letterario sarebbe potuto andar bene per un volume autoconclusivo, o al più una duologia; infatti, oltre metà di questo terzo libro è composta da scene ripetute sempre uguali (in particolare, Adelina che si deprime random) e da morti di personaggi per i quali l'autrice aveva evidentemente ormai esaurito le idee, che risultano del tutto prive di patos.
La trama effettiva copre l'ultimo terzo del libro, e addirittura era già stata spiegata per sommi capi in "The Rose Society" (ne parlo QUI). Vediamo gli Elites rendersi conto dell'imminente fine del mondo, causata dalla presenza dei loro poteri divini nel mondo mortale, e quindi decidere di risolvere il problema con una missione verso un posto, dove faranno una cosa, con una certa procedura. E se tutto ciò vi pare un po' troppo vago, tranquilli: Raffaele ha studiato il piano alla perfezione... peccato che non dica mai nulla a noi poveri lettori, e l'autrice stessa non si sforzi di spiegare dove lui abbia reperito informazioni tanto specifiche visto che loro sono i primi Elites esistenti.
Tra l'altro, questo risvolto sull'origine dei poteri e la loro influenza sulla realtà, va a contraddire uno dei temi maggiormente positivi della serie: sin dal primo libro, la storia mostrava al lettore come i cosiddetti malfetto venissero discriminati per le loro menomazioni fisiche, tanto che una delle sottotrame principali riguardava l'odio di Teren nei confronti di quelli che considerava degli abomini; ma a quanto pare il caro Teren aveva ragione, perché è proprio la presenza degli Elites ad innescare la distruzione del mondo!
Ho riscontrato altri problemi (tranquilli, nella Lettura d'Insieme mi concentro anche sugli aspetti positivi), come la serie di coincidenze a favori di trama che fanno sospirare "How convenient!", o la confusione sulla mitologia del mondo che perdura dopo ben tre romanzi. Si ha anche la sensazione che, tra il secondo ed il terzo libro, tutto sia rimasto fermo ad eccezione delle conquiste di Adelina: in un intero anno Raffaele non ha cercato nuovi Elites, Maeve se n'è tornata a casa e basta, etc.
Nel complesso posso salvare solo le scene di Magiano, che fortunatamente abbondano. Per il resto, questo ultimo volume è stato davvero noioso e -cosa ancor più grave- non mi ha per nulla commossa nonostante l'autrice punti molto sul fattore emotivo nel finale.
Il mio voto è di due stelline.

Non avrei dovuto lamentarmi per non aver pianto con quest'ultimo libro, dal momento che la lettura del titolo successivo mi ha completamente prosciugata. "Il ritratto vivente" di Willem Jan Otten parte come una storia simpatica su un quadro che si interroga su quale soggetto verrà ritratto sulla sua tela, per poi proseguire in una serie di cupe riflessioni e sottintesi angoscianti; ironia della sorte, mi è pure piaciuto e gli ho assegnato quattro stelline e mezza. Potete già leggere QUI la recensione dettagliata del romanzo.

 

Visto che ultimamente ho poche serie in lettura, ho deciso di iniziare la tetralogia The Greatcoats di Sebastien De Castell, che attendeva da qualche mese in libreria e mi dava l'impressione di poter diventare un nuovo preferito. Ed è stato così, ma solo in parte.
"Traitor's Blade" parte da un ottima premessa, ossia una versione fantastica e più oscura de "I tre moschettieri" di Alexandre Dumas padre (QUI la recensione); la storia si ambientata in un regno immaginario in cui cinque anni prima rispetto all'inizio della vicenda il buono e giusto re Paelis è stato assassinato dai duchi, che ora possono governare liberamente -e crudelmente- su una popolazione misera e sottomessa. A narrarci le vicende è Falcio Val Mond, un tempo Cantor (aka il comandante) dell'equivalente locale dei Moschettieri: i Greatcoat, così chiamati per gli speciali cappotti che indossano; questo corpo è stato sciolto alla morte dell'ultimo sovrano, ma lui e i suoi compagni Kest e Brasti sperano ancora di poter riunire il loro gruppo e riportare la giustizia del re in un mondo dove la violenza e la corruzione la fanno da padrone. La trama si sviluppa seguendo i tentativi di Falcio di portare a termine l'ultimo incarico ricevuto da Paelis, mentre alcuni flashback ci mostrano dei frammenti della sua vita passata, dall'infanzia fino allo smantellamento dei Greatcoat.
Parto subito con le lamentele, così poi possiamo dedicarci agli aspetti positivi di questo titolo. Innanzitutto ci sono le promesse disattese: vista la sinossi proposta, mi aspettavo che i personaggi di Kest e Brasti avessero molto più spazio nella storia, mentre risultano davvero marginali. Abbiamo poi un sistema magico del quale non sappiamo quasi nulla, cosa che irrita non poco nelle scene in cui sta accadendo qualcosa di magico ed il lettore non ne capisce minimamente la logica; lo stesso discorso vale per la "religione" di questo mondo, o meglio il sistema degli dei e dei santi. Ci sono infine troppe coincidenze fortuite ed incontri improbabili, che fanno sollevare gli occhi al cielo, e a poco vale far comparire dovunque la Tailor come fosse una novella Infermiera Joy.
E passiamo finalmente ai motivi per i quali, nel complesso, il romanzo mi è piaciuto e sono molto curiosa di continuare questa tetralogia. Per quanto riguarda le aspettative disattese, rimango speranzosa che i prossimi libri saranno maggiormente chiari (io esigo di vedere sul serio il duello di Kest!) e comunque questo volume rimane fedele nel suo proposito di seguire la storia di Falcio, infatti ho molto apprezzato la caratterizzazione del suo personaggio e tutte le relazioni che intreccia nel corso della storia. Mi sono piaciute anche le tante strizzatine d'occhio alla letteratura classica ed alla mitologia, come il personaggio di Ethalia che rappresenta la dea Calipso. Ma soprattutto questo è un libro che, a dispetto di diversi momenti cruenti e tragici, non si prende troppo sul serio e riesce a strappare parecchie risate con le sue battute caustiche.
Il mio voto è di quattro stelline.

 

Ultima lettura, non solo del mese ma anche della mia TBR iniziale, è stata "Le sorelle" di Claire Douglas; thriller psicologico, nonché debutto di quest'autrice il cui passato da giornalista patinata si fa sentire in modo evidente tra le pagine del suo primo romanzo.
L'intreccio segue la giornalista freelance (visto?) trentenne Abigail "Abi" Cavendish, che sta vivendo un periodo molto difficile dopo aver perso la gemella Lucy in un tragico incidente meno di due anni prima. Abi crede di vedere ovunque la sorella, ed è così che incrocia la strada di Beatrice "Bea" Price e del suo gemello Ben; la sua nuova amica è infatti molto simile a Lucy, sia nell'aspetto sia nel carattere. La trama si complica quando Abi decide di trasferirsi nella casa dei due fratelli ed iniziano una serie di dispetti e ripicche che sembrano voler distruggere la sua amicizia con Bea e l'amore appena nato per Ben.
Dico subito quali sono stati gli unici due elementi positivi di questo romanzo, così poi posso scatenare il mio lato più critico e frustrato (da questa lettura). Apprezzo che la traduzione del titolo sia stata fedele -anche se si poteva fare qualcosa per migliorare la pessima risoluzione della cover; inoltre, lo stile della Douglas risulta immediato e scorrevole con la conseguenza che, pur detestando la storia, non si fatica ad arrivare alla fine.
Ma cominciamo con la narrazione a POV alternati: perché adottare la prima persona nei capitoli dedicati ad Abi e la terza in quelli di Bea, se poi di entrambe vengono inseriti i pensieri, e censurate le parti rivelatrici? Lo stile dell'autrice poi è eccessivamente semplice, soprattutto nelle descrizioni: si passa dal ripetere fino alla nausea lo stesso dettaglio (quante volte ancora vuoi dirmi che Ben ha le lentiggini?), al dilungarsi inutilmente sull'abbigliamento dei personaggi, che tra l'altro è tutto quanto rimane in mente a fine lettura. Ma il vero crimine stilistico è la spiegazione delle metafore, anche quelle banali come la famiglia di Abi senza più Lucy che viene paragonata ad un tavolo con solo tre gambe.
Per quanto riguarda i personaggi, ad esclusione dei tre principali, abbiamo solo una parata di macchiette dotate di una sola caratteristica: Pam parla a vanvera, Cass adora Bea, Eva spettegola mentre prepara piatti da riscaldare a nastro, etc. Come protagonista, Abi si dimostra incredibilmente stupida e priva di istinto di autoconservazione; Bea e Ben sono incommentabili: unicamente funzionali alla trama.
La cosa più fastidiosa è però il senso di vuoto che lascia l'epilogo della storia, perché nessuno dei tre compie la minima evoluzione rispetto all'inizio e tutto sembra ricominciare da capo. In pratica, più di trecento pagine buttate nel cesso.
Il mio voto è di una stellina e mezza.

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