Il primo caffè della giornata by Toshikazu Kawaguchi
My rating: 4 of 5 stars
"Uno sbuffo di vapore salì dalla tazza piena di caffè, e ogni cosa attorno al tavolo cominciò a incresparsi e a luccicare ... ciò che la circondava cominciò a scorrere velocissimo. In questo flusso, vide scene del passato nella caffetteria proiettate come in un caleidoscopio"
TRASFERTA AD HAKODATE
Con questo terzo capitolo, la serie antologica di Kawaguchi si conferma un intermezzo agrodolce per staccare tra letture più cupe o pesanti. "Il primo caffè della giornata" è sempre composto da quattro novelle, fruibili come storie indipendenti ma strettamente collegate dai personaggi ricorrenti, dall'ambientazione, e ovviamente dalla famiglia Tokita, che ormai conosciamo molto bene.
Rispetto ai capitoli precedenti è evidente da subito una grossa novità: non siamo più a Tokyo! la narrazione ci porta infatti ad Hakodate, città portuale dell'isola di Hokkaido, dove Nagare Tokita si è momentaneamente trasferito con la cugina Kazu e la nipote Sachi per occuparsi dell'altra caffetteria di famiglia, durante l'assenza della madre Yukari. Come tra i primi due libri, anche in questo caso abbiamo un salto in avanti di otto anni circa, che ci porta nel 2030; un futuro non poi così lontano dalla contemporaneità, ma sappiamo che mai come in questa serie il tempo è relativo.
Gli intrecci narrati nelle singole novelle non si allontanano dal tono stabilito dai capitoli precedenti: a dare il via all'azione è quasi sempre una persona che soffre per la perdita di un caro defunto, e cerca nella possibilità di viaggiare nel tempo un'ultima occasione di confronto. Le storie che mi hanno convinto maggiormente sono state "La figlia", incentrata sul dramma familiare di Yayoi Seto e di sua madre Miyuki, e "La sorella minore", in cui si analizza invece il rapporto tra le sorelle Reiko e Yukika Nunokawa; in entrambi i casi ho trovato ben riuscita la combinazione tra fattore emotivo ed intreccio fantascientifico.
Gli altri due racconti non sono propriamente sull'estremo opposto, ma per qualche aspetto non mi hanno convinto del tutto: "Il comico" mi è sembrato eccessivamente simile alla prima novella a livello di trama, mentre de "L'uomo che non sapeva dire «ti amo»" non mi è piaciuta la conclusione, anche se si tratta di un'impressione personale. Gli altri elementi non troppo riusciti sono le continue ripetizioni nei dialoghi -a dir poco snervanti, soprattutto se leggete la raccolta come volume unico-, la caratterizzazione troppo esagerata per i miei gusti del personaggio di Sachi e l'introduzione di una nuova ambientazione, che rende ancora più assurde ed inspiegabili le regole dei viaggi nel tempo.
Nel complesso però la lettura mi è piaciuta parecchio, in primis per i tanti collegamenti ai volumi precedenti che rispondono a diverse domande lasciante in sospeso, come l'assenza di Nagare da Tokyo quando Kei arriva dal passato alla fine del primo libro. È stato carino poi veder cresce ancor di più la famiglia Tokita, non solo con una nuova generazione ma anche con l'introduzione di Yukari, presente in scena solo per poche pagine eppure essenziale in ognuno dei racconti.
E se è vero che leggere delle storie con un messaggio di fondo abbastanza simile può sembrare noioso, in realtà si nota come l'autore provi a dare delle sfumature maggiori alle motivazioni dei personaggi, e anche dei dettagli personali quando descrive le loro emozioni. Per quanto mi riguarda, trovo sempre molto appassionante anche mettere assieme pagina dopo pagina i piccoli pezzi che in un secondo momento contribuiranno a formare le novelle successive.
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venerdì 31 marzo 2023
lunedì 27 marzo 2023
"Una morte perfetta" di Angela Marsons
Una morte perfetta by Angela Marsons
My rating: 2 of 5 stars
"«Sa dirmi cosa spera di imparare da questo cadavere, professore?», domandò Kim ... Il professore era sbiancato in volto: non smetteva di fissare quel corpo.
Ci fu una lunga pausa, infine rispose: «Mi dispiace, ispettore, ma non posso rispondere perché questo cadavere non è uno dei nostri»"
INTRATTIENE. E BASTA
Ricevuto come regalo per Natale, "Una morte perfetta" rappresenta il classico thriller nel quale cerco rifugio nei periodi particolarmente frenetici, specialmente dal punto di vista lavorativo. C'è chi si rilassa con letture romantiche e spensierate, e poi ci sono io, che preferisco una storia piena di gente morta malissimo, purché sia ricca d'azione e colpi di scena. Prima di continuare il commento devo però fare una premessa: questo volume sarebbe il quarto di una serie ancora in corso, che conta già diciotto libri! e non tutti sono stati portati in Italia; non avendo scelto di acquistare questo titolo, io l'ho quindi affrontato come fosse un autoconclusivo -consapevole del rischio di perdermi riferimenti ai vari prequel/sequel- e penso sia fruibile in questo modo senza troppe difficoltà.
L'intreccio principale riguarda il ritrovamento del cadavere di una donna sfigurata all'interno del laboratorio Westerley, una struttura praticamente segreta in cui si svolgono esperimenti legati alla decomposizione dei corpi. Mentre cerca di risalire all'identità della vittima e al movente dell'assassino, la detective ispettore Kimberly "Kim" Stone si trova a prendere in mano parallelamente un'indagine su un vecchio caso -portato alla sua attenzione dalla giornalista Tracy Frost-, oltre a doversi barcamenare tra sviluppi inaspettati e coincidenze quasi carrambesche.
I lati positivi di questa lettura, per quanto mi riguarda, sono ben pochi; e proprio per questo, penso valga la pena dedicarci qualche riga. Il ritmo serrato con cui si sviluppa la storia si può notare fin dalla prima pagina: riesce a mantiene vivo l'interesse del lettore, anche per merito di capitoli brevi, a volte quasi telegrafici. Mi è piaciuta molto la caratterizzazione di Tracy, forse l'unico personaggio solido del romanzo; di lei ho apprezzato sia la risolutezza del carattere che come vengono raccontate le sue difficoltà fisiche e psicologiche. Potrei dire che avrei voluto fosse più presente nella storia, invece ritengo lo spazio datole perfettamente bilanciato.
Esauriti purtroppo gli elogi, passiamo alle problematiche che ho riscontrato durante questa lettura. Innanzitutto, questo chiaramente non è un giallo, però mi deluso notare quanto fosse prevedibile la risoluzione dell'intreccio, oltre a poggiare su una serie di coincidenze a dir poco ridicole. Ad eccezione di Tracy, la caratterizzazione dei personaggi è decisamente inconsistente: spesso l'autrice si premura di metterci a conoscenza di alcune loro qualità che però non trovano riscontro nella narrazione; un esempio è la presunta mancanza di tatto di Kim -della quale viene "accusata" dal suo superiore-, un deficit totalmente smentito in più scene, tra le quali quella in cui consola Catherine.
In generale, trovo che lo stile non abbia nulla di personale, e la scelta di Marsons di soffermarsi spesso su dettagli del tutto inutili -come l'abbigliamento dei personaggi- è decisamente frustrante. Com'è frustrante l'inserimento di scene fini a se stesse, vedasi l'intera sottotrama legata al dottor Daniel Bate: alquanto inutile, così come il suo contributo all'indagine, che poteva tranquillamente ricadere su un altro personaggio. Relativamente alla prosa devo menzionare anche l'utilizzo bizzarro dei pronomi, che passano dall'essere ripetuti anche quando non servirebbero, all'essere omessi così da rendere incomprensibili alcuni passaggi, specialmente nei dialoghi.
L'edizione italiana ci ha messo del suo, con una copertina non solo randomica ma davvero mal realizzata; la presenza di termini fuori luogo ed espressioni poco calzanti, mi fa poi pensare ad una traduzione raffazzonata, impressione rafforzata dai diversi refusi presenti nel testo. La ciliegina su questa edizione non certo nobilitante? la sinossi, in cui viene anticipato un avvenimento che si concretizza solo nell'ultimo terzo del volume, rovinando anche quel poco di suspense.
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My rating: 2 of 5 stars
"«Sa dirmi cosa spera di imparare da questo cadavere, professore?», domandò Kim ... Il professore era sbiancato in volto: non smetteva di fissare quel corpo.
Ci fu una lunga pausa, infine rispose: «Mi dispiace, ispettore, ma non posso rispondere perché questo cadavere non è uno dei nostri»"
INTRATTIENE. E BASTA
Ricevuto come regalo per Natale, "Una morte perfetta" rappresenta il classico thriller nel quale cerco rifugio nei periodi particolarmente frenetici, specialmente dal punto di vista lavorativo. C'è chi si rilassa con letture romantiche e spensierate, e poi ci sono io, che preferisco una storia piena di gente morta malissimo, purché sia ricca d'azione e colpi di scena. Prima di continuare il commento devo però fare una premessa: questo volume sarebbe il quarto di una serie ancora in corso, che conta già diciotto libri! e non tutti sono stati portati in Italia; non avendo scelto di acquistare questo titolo, io l'ho quindi affrontato come fosse un autoconclusivo -consapevole del rischio di perdermi riferimenti ai vari prequel/sequel- e penso sia fruibile in questo modo senza troppe difficoltà.
L'intreccio principale riguarda il ritrovamento del cadavere di una donna sfigurata all'interno del laboratorio Westerley, una struttura praticamente segreta in cui si svolgono esperimenti legati alla decomposizione dei corpi. Mentre cerca di risalire all'identità della vittima e al movente dell'assassino, la detective ispettore Kimberly "Kim" Stone si trova a prendere in mano parallelamente un'indagine su un vecchio caso -portato alla sua attenzione dalla giornalista Tracy Frost-, oltre a doversi barcamenare tra sviluppi inaspettati e coincidenze quasi carrambesche.
I lati positivi di questa lettura, per quanto mi riguarda, sono ben pochi; e proprio per questo, penso valga la pena dedicarci qualche riga. Il ritmo serrato con cui si sviluppa la storia si può notare fin dalla prima pagina: riesce a mantiene vivo l'interesse del lettore, anche per merito di capitoli brevi, a volte quasi telegrafici. Mi è piaciuta molto la caratterizzazione di Tracy, forse l'unico personaggio solido del romanzo; di lei ho apprezzato sia la risolutezza del carattere che come vengono raccontate le sue difficoltà fisiche e psicologiche. Potrei dire che avrei voluto fosse più presente nella storia, invece ritengo lo spazio datole perfettamente bilanciato.
Esauriti purtroppo gli elogi, passiamo alle problematiche che ho riscontrato durante questa lettura. Innanzitutto, questo chiaramente non è un giallo, però mi deluso notare quanto fosse prevedibile la risoluzione dell'intreccio, oltre a poggiare su una serie di coincidenze a dir poco ridicole. Ad eccezione di Tracy, la caratterizzazione dei personaggi è decisamente inconsistente: spesso l'autrice si premura di metterci a conoscenza di alcune loro qualità che però non trovano riscontro nella narrazione; un esempio è la presunta mancanza di tatto di Kim -della quale viene "accusata" dal suo superiore-, un deficit totalmente smentito in più scene, tra le quali quella in cui consola Catherine.
In generale, trovo che lo stile non abbia nulla di personale, e la scelta di Marsons di soffermarsi spesso su dettagli del tutto inutili -come l'abbigliamento dei personaggi- è decisamente frustrante. Com'è frustrante l'inserimento di scene fini a se stesse, vedasi l'intera sottotrama legata al dottor Daniel Bate: alquanto inutile, così come il suo contributo all'indagine, che poteva tranquillamente ricadere su un altro personaggio. Relativamente alla prosa devo menzionare anche l'utilizzo bizzarro dei pronomi, che passano dall'essere ripetuti anche quando non servirebbero, all'essere omessi così da rendere incomprensibili alcuni passaggi, specialmente nei dialoghi.
L'edizione italiana ci ha messo del suo, con una copertina non solo randomica ma davvero mal realizzata; la presenza di termini fuori luogo ed espressioni poco calzanti, mi fa poi pensare ad una traduzione raffazzonata, impressione rafforzata dai diversi refusi presenti nel testo. La ciliegina su questa edizione non certo nobilitante? la sinossi, in cui viene anticipato un avvenimento che si concretizza solo nell'ultimo terzo del volume, rovinando anche quel poco di suspense.
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venerdì 24 marzo 2023
"Terre desolate" di Stephen King
Terre desolate by Stephen King
My rating: 3 of 5 stars
"A guardare Blaine dal davanti, si sarebbe avuta l'impressione di una faccia, come quella di Charlie Ciu-ciu. Le spazzole inclinate avrebbero fatto pensare a palpebre leggermente abbassate"
(ARRIVANDO CON GRAN CALMA ALLE) TERRE DESOLATE
Il primo libro mi ha deluso, il secondo mi ha stupito, ed il terzo? diciamo che "Terre desolate" ha saputo mantenere grosso modo il livello settato dal suo predecessore, andando ad ampliare ancora di più il mondo fantastico creato da King, ma senza quella marcia in più a livello di trama che ormai temo di non potermi più aspettare da questa serie.
La narrazione parte quando Roland si è ormai ripreso dagli avvenimenti de "La chiamata dei tre", almeno sul piano fisico: la sua mente è ora divisa tra due linee temporali che gli ingarbugliano i ricordi e lo stanno portando alla pazzia. Per salvare Roland, Eddie, Susannah e Jake lavorano di concerto per riportare quest'ultimo nel Medio-Mondo, com'era scritto nel suo destino; il gruppo protagonista trova inoltre un Vettore, che conduce proprio alla fantomatica Torre Nera, e decide ovviamente di seguirlo fino a Lud, una città tanto bizzarra quanto decadente.
Il caro Stephen approfitta delle pellegrinazione dei nostri eroi per introdurre diversi nuovi personaggi, come sempre caratterizzati in modo ottimale; tra gli altri ho trovato particolarmente interessanti Tick-Tock "Ticky" e Blaine il Mono, purtroppo meno presenti in scena tanto quando avrei voluto, ma che reputo delle valide aggiunte al cast, e in special modo il secondo penso abbia un grande potenziale. Non ci sono solo nuovi caratteri, ma anche delle nuove ambientazioni, o meglio vengono ampliati i confini noti al lettore del Medio-Mondo; location da conoscere attraverso le immaginifiche descrizioni dell'autore, e da esplorare per ottenere qualche conoscenza in più a livello di world building.
Rispetto ai volumi precedenti, ho apprezzato la scelta di dare più spazio ai POV di tutti i protagonisti, soprattutto quello di Eddie che è il mio preferito, rendendo la storia meno Roland-centrica. Anche i legami tra loro mi sono sembrati più genuini e credibili nei piccoli gesti d'intesa e d'affetto. Un punto di forza totalmente soggettivo è dato invece dai paradossi temporali: un espediente narrativo che amo (quasi) sempre.
Ho amato molto meno la prevedibilità con cui si sviluppa la trama, inficiata anche da un ritmo decisamente lento che non sprona di certo a continuare la lettura. Mi sarebbe piaciuto leggere inoltre più scene dal punto di vista di Susannah, che mi è sembrata a tratti messa in secondo piano rispetto al resto del gruppo. A volume ultimato devo poi evidenziare che il titolo e la cover di questa edizione sono poco rappresentativi del contenuto effettivo: più che mostrare una parte della storia raccontata nel libro, anticipano quello che ne è alla fin fine l'epilogo, quindi vi consiglio di non farvi delle aspettative basandovi su questi elementi.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"A guardare Blaine dal davanti, si sarebbe avuta l'impressione di una faccia, come quella di Charlie Ciu-ciu. Le spazzole inclinate avrebbero fatto pensare a palpebre leggermente abbassate"
(ARRIVANDO CON GRAN CALMA ALLE) TERRE DESOLATE
Il primo libro mi ha deluso, il secondo mi ha stupito, ed il terzo? diciamo che "Terre desolate" ha saputo mantenere grosso modo il livello settato dal suo predecessore, andando ad ampliare ancora di più il mondo fantastico creato da King, ma senza quella marcia in più a livello di trama che ormai temo di non potermi più aspettare da questa serie.
La narrazione parte quando Roland si è ormai ripreso dagli avvenimenti de "La chiamata dei tre", almeno sul piano fisico: la sua mente è ora divisa tra due linee temporali che gli ingarbugliano i ricordi e lo stanno portando alla pazzia. Per salvare Roland, Eddie, Susannah e Jake lavorano di concerto per riportare quest'ultimo nel Medio-Mondo, com'era scritto nel suo destino; il gruppo protagonista trova inoltre un Vettore, che conduce proprio alla fantomatica Torre Nera, e decide ovviamente di seguirlo fino a Lud, una città tanto bizzarra quanto decadente.
Il caro Stephen approfitta delle pellegrinazione dei nostri eroi per introdurre diversi nuovi personaggi, come sempre caratterizzati in modo ottimale; tra gli altri ho trovato particolarmente interessanti Tick-Tock "Ticky" e Blaine il Mono, purtroppo meno presenti in scena tanto quando avrei voluto, ma che reputo delle valide aggiunte al cast, e in special modo il secondo penso abbia un grande potenziale. Non ci sono solo nuovi caratteri, ma anche delle nuove ambientazioni, o meglio vengono ampliati i confini noti al lettore del Medio-Mondo; location da conoscere attraverso le immaginifiche descrizioni dell'autore, e da esplorare per ottenere qualche conoscenza in più a livello di world building.
Rispetto ai volumi precedenti, ho apprezzato la scelta di dare più spazio ai POV di tutti i protagonisti, soprattutto quello di Eddie che è il mio preferito, rendendo la storia meno Roland-centrica. Anche i legami tra loro mi sono sembrati più genuini e credibili nei piccoli gesti d'intesa e d'affetto. Un punto di forza totalmente soggettivo è dato invece dai paradossi temporali: un espediente narrativo che amo (quasi) sempre.
Ho amato molto meno la prevedibilità con cui si sviluppa la trama, inficiata anche da un ritmo decisamente lento che non sprona di certo a continuare la lettura. Mi sarebbe piaciuto leggere inoltre più scene dal punto di vista di Susannah, che mi è sembrata a tratti messa in secondo piano rispetto al resto del gruppo. A volume ultimato devo poi evidenziare che il titolo e la cover di questa edizione sono poco rappresentativi del contenuto effettivo: più che mostrare una parte della storia raccontata nel libro, anticipano quello che ne è alla fin fine l'epilogo, quindi vi consiglio di non farvi delle aspettative basandovi su questi elementi.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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giovedì 16 marzo 2023
"Le assaggiatrici" di Rosella Postorino
Le assaggiatrici by Rosella Postorino
My rating: 3 of 5 stars
"Ingerire cibo avvelenato e morire così, senza nemmeno uno sparo di fucile, senza un'esplosione ... Una morte da topi, non da eroi. Le donne non muoiono da eroi"
L'ASSAGGIATRICE INSIPIDA
Smaltire almeno in parte i tanti titoli Feltrinelli accumulati in libreria sembra essere diventato uno dei miei propositi di questo 2023. Tre anni fa, incapace di resistere alla promozione da me ribattezzate "Prendi 2, spendi poco", mi sono trovata tra le mani una copia de "Le assaggiatrici", romanzo storico tra i più celebri di Postorino anche per merito dei tanti premi che ha ricevuto. Di questa storia però io sapevo ben poco e mi sono quindi affidata alla sinossi, peccato che questa prometta una lettura un po' diversa da quella effettivamente presentata dal libro.
La vicenda si svolge nella Prussia orientale, a cavallo tra il 1943 ed il 1944, e -almeno sulla carta- racconta le vite di dieci donne assunte per assaggiare i piatti destinati al Führer. A conti fatti Rosa Sauer, voce narrante del romanzo, è la sola ad ottenere un ruolo di primo piano ed una vera introspezione: nata e cresciuta a Berlino, si ritrova a vivere a Gross-Partsch -nei pressi della cosiddetta Wolfsschanze, la Tana del Lupo- presso i genitori del marito, impegnato a combattere sul fronte russo. Diventata giocoforza una delle assaggiatrici, Rosa inizia a stringere dei legami di amicizia con le altre donne, mentre sullo sfondo possiamo intravedere le battute finali della Seconda Guerra Mondiale.
Pur essendo un elemento fondamentale nella narrazione, il conflitto rimane sempre in secondo piano e ci sono ben poche conseguenze dirette nelle vite quotidiane delle assaggiatrici; in sostanza, mentre la sinossi sembra sottintendere che si trovino costrette a scegliere tra una morte per stenti e del cibo potenzialmente avvelenato, in realtà nessuna di loro sembra troppo patita, così come nessuna intraprende questo lavoro in virtù di una scelta: vengono infatti costrette dai militari. L'altra ragione per cui reputo la presentazione del romanzo falsante è che porta ad aspettarsi dei tentativi di avvelenamento, mentre nell'effettivo non ne viene descritto neanche uno; e dire che la scelta di raccontare dei personaggi fittizi anziché scrivere una vera biografia di Margot Wölk (una delle assaggiatrici di Hitler nella caserma di Krausendorf) avrebbe permesso a Postorino di prendersi qualche liberà in più.
Sul piano della ricostruzione storica si rimane invece molto fedeli, e questo ovviamente denota un buon lavoro di ricerca, grazie al quale l'autrice riesce a mescolare eventi reali alla finzione del romanzo in modo omogeneo. Penso che tra gli aspetti positivi rientrino anche lo spunto iniziale -abbastanza originale, pur con i limiti di cui ho già parlato- e la prosa decisamente particolare adottata da Postorino, nella quale si intrecciano stralci di dialoghi e pensieri della protagonista alla narrazione degli eventi.
Ci sono poi alcuni personaggi secondari con del potenziale, come Elfriede e la Baronessa von Mildernhagen, delle quali però non sappiamo più di tanto, oltre a delle riflessioni sulla solidarietà femminile. Riflessioni che vanno purtroppo a collidere con quella che è la caratterizzazione di Rosa, ed il suo ruolo all'interno del libro: come protagonista è troppo inattiva, e per questo la sua storia prosegue in base alle decisioni altrui, che lei segue passivamente. Mi rendo conto che con il personaggio di Rosa la cara Rosella voleva probabilmente rappresentare il sonnambulo popolo tedesco nel suo insieme, ma un carattere così sciapo non mi va proprio a genio, tanto meno in una protagonista.
Ho riscontrato inoltre un po' di difficoltà nel seguire i dialoghi, non sempre chiarissimi quando ci sono più di due personaggi in scena, e a farmi coinvolgere dalla trama. Questo perché presenta delle frasi che anticipano gli eventi, non solo nel contesto storico ma anche per quanto riguarda i personaggi fittizi, con il risultato di annullare di fatto la suspense. Il finale tenta un colpo di coda dal punto di vista emotivo, ma ormai era troppo tardi: avevo perso qualunque interesse nel provare empatia per la dimenticabile Rosa. Sul lato romance invece preferisco soprassedere in pieno e fingere non sia presente, anziché far volare improperi a destra e manca.
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My rating: 3 of 5 stars
"Ingerire cibo avvelenato e morire così, senza nemmeno uno sparo di fucile, senza un'esplosione ... Una morte da topi, non da eroi. Le donne non muoiono da eroi"
L'ASSAGGIATRICE INSIPIDA
Smaltire almeno in parte i tanti titoli Feltrinelli accumulati in libreria sembra essere diventato uno dei miei propositi di questo 2023. Tre anni fa, incapace di resistere alla promozione da me ribattezzate "Prendi 2, spendi poco", mi sono trovata tra le mani una copia de "Le assaggiatrici", romanzo storico tra i più celebri di Postorino anche per merito dei tanti premi che ha ricevuto. Di questa storia però io sapevo ben poco e mi sono quindi affidata alla sinossi, peccato che questa prometta una lettura un po' diversa da quella effettivamente presentata dal libro.
La vicenda si svolge nella Prussia orientale, a cavallo tra il 1943 ed il 1944, e -almeno sulla carta- racconta le vite di dieci donne assunte per assaggiare i piatti destinati al Führer. A conti fatti Rosa Sauer, voce narrante del romanzo, è la sola ad ottenere un ruolo di primo piano ed una vera introspezione: nata e cresciuta a Berlino, si ritrova a vivere a Gross-Partsch -nei pressi della cosiddetta Wolfsschanze, la Tana del Lupo- presso i genitori del marito, impegnato a combattere sul fronte russo. Diventata giocoforza una delle assaggiatrici, Rosa inizia a stringere dei legami di amicizia con le altre donne, mentre sullo sfondo possiamo intravedere le battute finali della Seconda Guerra Mondiale.
Pur essendo un elemento fondamentale nella narrazione, il conflitto rimane sempre in secondo piano e ci sono ben poche conseguenze dirette nelle vite quotidiane delle assaggiatrici; in sostanza, mentre la sinossi sembra sottintendere che si trovino costrette a scegliere tra una morte per stenti e del cibo potenzialmente avvelenato, in realtà nessuna di loro sembra troppo patita, così come nessuna intraprende questo lavoro in virtù di una scelta: vengono infatti costrette dai militari. L'altra ragione per cui reputo la presentazione del romanzo falsante è che porta ad aspettarsi dei tentativi di avvelenamento, mentre nell'effettivo non ne viene descritto neanche uno; e dire che la scelta di raccontare dei personaggi fittizi anziché scrivere una vera biografia di Margot Wölk (una delle assaggiatrici di Hitler nella caserma di Krausendorf) avrebbe permesso a Postorino di prendersi qualche liberà in più.
Sul piano della ricostruzione storica si rimane invece molto fedeli, e questo ovviamente denota un buon lavoro di ricerca, grazie al quale l'autrice riesce a mescolare eventi reali alla finzione del romanzo in modo omogeneo. Penso che tra gli aspetti positivi rientrino anche lo spunto iniziale -abbastanza originale, pur con i limiti di cui ho già parlato- e la prosa decisamente particolare adottata da Postorino, nella quale si intrecciano stralci di dialoghi e pensieri della protagonista alla narrazione degli eventi.
Ci sono poi alcuni personaggi secondari con del potenziale, come Elfriede e la Baronessa von Mildernhagen, delle quali però non sappiamo più di tanto, oltre a delle riflessioni sulla solidarietà femminile. Riflessioni che vanno purtroppo a collidere con quella che è la caratterizzazione di Rosa, ed il suo ruolo all'interno del libro: come protagonista è troppo inattiva, e per questo la sua storia prosegue in base alle decisioni altrui, che lei segue passivamente. Mi rendo conto che con il personaggio di Rosa la cara Rosella voleva probabilmente rappresentare il sonnambulo popolo tedesco nel suo insieme, ma un carattere così sciapo non mi va proprio a genio, tanto meno in una protagonista.
Ho riscontrato inoltre un po' di difficoltà nel seguire i dialoghi, non sempre chiarissimi quando ci sono più di due personaggi in scena, e a farmi coinvolgere dalla trama. Questo perché presenta delle frasi che anticipano gli eventi, non solo nel contesto storico ma anche per quanto riguarda i personaggi fittizi, con il risultato di annullare di fatto la suspense. Il finale tenta un colpo di coda dal punto di vista emotivo, ma ormai era troppo tardi: avevo perso qualunque interesse nel provare empatia per la dimenticabile Rosa. Sul lato romance invece preferisco soprassedere in pieno e fingere non sia presente, anziché far volare improperi a destra e manca.
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sabato 11 marzo 2023
"The Heroes" di Joe Abercrombie
The Heroes by Joe Abercrombie
My rating: 4 of 5 stars
"«Arriverà un tempo in cui uccideremo in ogni momento della giornata, con ogni stagione e tempo atmosferico. Allora sì che potremo definirci civilizzati, non trovate?»"
DUE MATRIMONI FELICI SU DUE IN UN GRIMDARK: MIRACOLO
Con il tempo mi sono accorta che tendo ad orbitare quasi sempre verso romanzi di media lunghezza, perché i titoli troppo brevi raramente mi convincono in pieno, e per contro quelli con 500 pagine o più mi intimidiscono: penso sempre che potrei leggere due libri "normali" anziché uno così lungo! Ed ecco perché ho aspettato tanto per recuperare i volumi companion de La Prima Legge, ma la bella esperienza di lettura de "Il sapore della vendetta" mi ha spronata a continuare anche con gli altri; ed infatti parliamo di "The Heroes" che ovviamente ho impiegato più di una settimana per completare. Per fortuna la prosa di Abercrombie riesce sempre a trascinarmi nel Mondo Circolare, rendendo intrigati i suoi tomoni.
Lasciata la Styria, la narrazione ci porta questa volta nel continente settentrionale dove, ad otto anni dalla conclusione de "L'ultima ragione dei re", è in corso un conflitto che vede contrapporsi gli Uomini del Nord sotto la guida di Dow il Nero contro una coalizione formata dai soldati fedeli a Mastino e l'esercito dell'Unione (qui tradotto come Alleanza) capitanati dal Lord Maresciallo Kroy. Scontento per il protrarsi della guerra, il Primo Mago Bayaz raggiunge l'armata ed ordina di convogliare le forze in un'unica, grande azione militare; si arriva così al cuore del romanzo, che racconta principalmente i tre giorni di battaglia nella città di Osrung e nella campagna vicina, dove sorgono alcuni circoli di pietre tra i quali quello noto come gli Eroi.
La storia è quindi estremamente circoscritta -sia nel tempo sia nello spazio- ma si intuisce facilmente che le ripercussioni di questi eventi non saranno tanto importanti per il volume in sé quanto per quelli successivi ambientati nello stesso universo narrativo. Questa prospettiva alletterà magari i fan del caro Joe, però ha come rovescio della medaglia una trama troppo dipendete dagli altri libri: non tanto da rendere la lettura incomprensibile, ma abbastanza da lasciare perplesso chi ci si approcci convinto di leggere un romanzo autoconclusivo a tutti gli effetti.
Un difetto che reputo totalmente soggettivo riguarda invece i POV principali: a differenza degli altri titoli di Abercrombie ho faticato non poco ad apprezzare questi protagonisti. Quelli che più mi hanno convinta sono Finree "Fin" dan Brock ed il Principe Calder, soprattutto per come risultano vitali nella risoluzione dell'intreccio; anche Curden lo Strozzato ha un buon arco narrativo nell'insieme, mentre il Colonnello Bremer dan Gorst non sarà un personaggio particolarmente accattivante ma regala comunque qualche battuta divertente. A non essermi proprio andati giù sono stati il Caporale Tunny e Beck, specialmente quest'ultimo che non ha neppure il merito di fungere da comic relief; la sua storia poteva essere tranquillamente omessa o accorpata ad altre. Anche perché questi sei non sono gli unici POV presenti: una buona parte del numeroso cast racconta almeno un paragrafo dalla sua prospettiva, aggiungendo anche pensieri e opinioni sugli altri.
Proprio l'intrecciarsi di queste prospettive è uno degli aspetti più particolari e riusciti del romanzo, perché risulta molto utile per descrivere le scene più caotiche in modo comprensibile ed interessante, con il punto di vista che passa da vittima a carnefice e viceversa, in un crescendo incalzante. In generale, tutti i combattimenti vengono descritti in modo verosimile, dando anche spazio alle emozioni dei personaggi, senza per questo sacrificare la chiarezza del testo.
Ho apprezzato particolarmente il buon mix di personaggi già noti (tra gli altri ritornano Mastino, Ishri e Brivido) con alcuni del tutto inediti, che si uniscono all'intreccio di base dell'universo narrativo, ed infatti mi aspetto di vederli ancora presenti nei seguiti. Anche dividere a metà lo spazio dato alle due fazioni è stata una valida scelta: seppur tutti i personaggi scritti da Abercrombie siano discutibili nella migliore delle ipotesi, nei volumi precedenti si era sempre portati a patteggiare per un determinato gruppo, mentre qui viene posto l'accetto proprio sull'assenza di una parte nel giusto.
L'edizione italiana presenta poi un problema tutto suo, ossia la combinazione di una traduzione spesso farraginosa, dei nomi diversi rispetto agli altri volumi ambientati nel Mondo Circolare e dei refusi sempre più numerosi con il procedere della lettura. Speriamo quindi in una ripubblicazione che non solo renda nuovamente disponibile questo titolo nel nostro Paese, ma gli ridia anche dignità.
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My rating: 4 of 5 stars
"«Arriverà un tempo in cui uccideremo in ogni momento della giornata, con ogni stagione e tempo atmosferico. Allora sì che potremo definirci civilizzati, non trovate?»"
DUE MATRIMONI FELICI SU DUE IN UN GRIMDARK: MIRACOLO
Con il tempo mi sono accorta che tendo ad orbitare quasi sempre verso romanzi di media lunghezza, perché i titoli troppo brevi raramente mi convincono in pieno, e per contro quelli con 500 pagine o più mi intimidiscono: penso sempre che potrei leggere due libri "normali" anziché uno così lungo! Ed ecco perché ho aspettato tanto per recuperare i volumi companion de La Prima Legge, ma la bella esperienza di lettura de "Il sapore della vendetta" mi ha spronata a continuare anche con gli altri; ed infatti parliamo di "The Heroes" che ovviamente ho impiegato più di una settimana per completare. Per fortuna la prosa di Abercrombie riesce sempre a trascinarmi nel Mondo Circolare, rendendo intrigati i suoi tomoni.
Lasciata la Styria, la narrazione ci porta questa volta nel continente settentrionale dove, ad otto anni dalla conclusione de "L'ultima ragione dei re", è in corso un conflitto che vede contrapporsi gli Uomini del Nord sotto la guida di Dow il Nero contro una coalizione formata dai soldati fedeli a Mastino e l'esercito dell'Unione (qui tradotto come Alleanza) capitanati dal Lord Maresciallo Kroy. Scontento per il protrarsi della guerra, il Primo Mago Bayaz raggiunge l'armata ed ordina di convogliare le forze in un'unica, grande azione militare; si arriva così al cuore del romanzo, che racconta principalmente i tre giorni di battaglia nella città di Osrung e nella campagna vicina, dove sorgono alcuni circoli di pietre tra i quali quello noto come gli Eroi.
La storia è quindi estremamente circoscritta -sia nel tempo sia nello spazio- ma si intuisce facilmente che le ripercussioni di questi eventi non saranno tanto importanti per il volume in sé quanto per quelli successivi ambientati nello stesso universo narrativo. Questa prospettiva alletterà magari i fan del caro Joe, però ha come rovescio della medaglia una trama troppo dipendete dagli altri libri: non tanto da rendere la lettura incomprensibile, ma abbastanza da lasciare perplesso chi ci si approcci convinto di leggere un romanzo autoconclusivo a tutti gli effetti.
Un difetto che reputo totalmente soggettivo riguarda invece i POV principali: a differenza degli altri titoli di Abercrombie ho faticato non poco ad apprezzare questi protagonisti. Quelli che più mi hanno convinta sono Finree "Fin" dan Brock ed il Principe Calder, soprattutto per come risultano vitali nella risoluzione dell'intreccio; anche Curden lo Strozzato ha un buon arco narrativo nell'insieme, mentre il Colonnello Bremer dan Gorst non sarà un personaggio particolarmente accattivante ma regala comunque qualche battuta divertente. A non essermi proprio andati giù sono stati il Caporale Tunny e Beck, specialmente quest'ultimo che non ha neppure il merito di fungere da comic relief; la sua storia poteva essere tranquillamente omessa o accorpata ad altre. Anche perché questi sei non sono gli unici POV presenti: una buona parte del numeroso cast racconta almeno un paragrafo dalla sua prospettiva, aggiungendo anche pensieri e opinioni sugli altri.
Proprio l'intrecciarsi di queste prospettive è uno degli aspetti più particolari e riusciti del romanzo, perché risulta molto utile per descrivere le scene più caotiche in modo comprensibile ed interessante, con il punto di vista che passa da vittima a carnefice e viceversa, in un crescendo incalzante. In generale, tutti i combattimenti vengono descritti in modo verosimile, dando anche spazio alle emozioni dei personaggi, senza per questo sacrificare la chiarezza del testo.
Ho apprezzato particolarmente il buon mix di personaggi già noti (tra gli altri ritornano Mastino, Ishri e Brivido) con alcuni del tutto inediti, che si uniscono all'intreccio di base dell'universo narrativo, ed infatti mi aspetto di vederli ancora presenti nei seguiti. Anche dividere a metà lo spazio dato alle due fazioni è stata una valida scelta: seppur tutti i personaggi scritti da Abercrombie siano discutibili nella migliore delle ipotesi, nei volumi precedenti si era sempre portati a patteggiare per un determinato gruppo, mentre qui viene posto l'accetto proprio sull'assenza di una parte nel giusto.
L'edizione italiana presenta poi un problema tutto suo, ossia la combinazione di una traduzione spesso farraginosa, dei nomi diversi rispetto agli altri volumi ambientati nel Mondo Circolare e dei refusi sempre più numerosi con il procedere della lettura. Speriamo quindi in una ripubblicazione che non solo renda nuovamente disponibile questo titolo nel nostro Paese, ma gli ridia anche dignità.
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giovedì 2 marzo 2023
"The Affair of the Mysterious Letter" di Alexis Hall
The Affair of the Mysterious Letter by Alexis Hall
My rating: 4 of 5 stars
"My editor asks also that I remind the reader to be on the lookout for the next edition of The Strait magazine, in which he, she, ze, or they may vicariously experience my arrival in the domain of an Eternal Lord of Ven"
TITOLO DI NICCHISSIMA
Due fattori hanno contribuito ad abbassare di parecchio qualsiasi aspettativa potessi avere su "The Affair of the Mysterious Letter": aver acquistato la mia copia per un prezzo ridicolmente basso -indice di un titolo non troppo richiesto- e non aver letto dei commenti troppo positivi. A dire la verità, questo romanzo ha ricevuto poche recensioni in generale, forse perché i lettori di Hall si aspettavano una storia più incentrata sul romance, mentre qui l'attenzione è puntata in tutt'altra direzione.
Già guardando l'illustrazione sulla cover, dove campeggia una versione femminile (e molto più spigliata!) di Sherlock Holmes assieme ad una strana creatura sovrannaturale, penso si riescano a cogliere gli elementi principali di questo libro. La voce narrate del Capitano John Wyndham ci porta infatti a Khelathra-Ven, una città in parte steampunk e in parte fantascientifica, dove l'uomo cerca un alloggio a buon mercato vicino all'ospedale in cui lavora; si giunge così all'incontro con la futura coinquilina Ms. Shaharazad Haas, consulente per problemi legati alla magia, che lei stessa pratica con grande abilità. Il mistero attorno al quale ruota la trama dell'intero volume riguarda un caso di ricatto del quale è vittima Lady Eirene Viola Delhali, figlia del defunto Conte di Hyades e vecchia fiamma di Shaharazad.
La finzione narrativa adottata da Hall ricorda in parte i titoli classici dai quale trae ispirazione perché John racconta gli eventi molti anni più tardi, pubblicando la storia a capitoli sul periodico The Strait. Ed è per questo motivo che il testo è farcito da commenti e note assortiti in cui il Capitano censura i dialoghi per adeguarli alla sensibilità dei suoi lettori oppure spiega le sue scelte narrative sulla base dei consigli ricevuti dall'editor. Il risultato è un meta-romanzo davvero spassoso e sopra le righe, che ben trasmette la leggerezza della storia ma anche l'importanza dei legami emotivi tra i personaggi, tra i quali spicca sicuramente la nascente amicizia di Shaharazad e John.
Proprio loro sono i caratteri più riusciti del cast: da un lato hanno tanti elementi in comune con le loro controparti doyleiane, come la capacità deduttiva di Ms. Haas o la spontanea gentilezza di Mr. Wyndham, ma per altri riescono a dimostrarsi dei personaggi autonomi; ad esempio, è interessante scoprire la storia familiare del Capitano -che lo rende estremamente pudico, ma allo stesso tempo desideroso di emanciparsi dal biasimo del padre- come anche leggere della tendenza al flirt della maga, un elemento per cui si avvicina idealmente più allo Sherlock di Robert Downey Jr., rispetto a quello di Benedict Cumberbatch. Gli altri personaggi hanno comunque del potenziale, ma solo pochi di loro ottengono abbastanza spazio in scena; il più grande spreco in questo senso penso sia la Augur Extraordinary Joy-in-Sorrow Standfast, ma mi sarebbe piaciuto leggere altro anche sul banchiere-necromante Jeremiah Donne.
Mi è piaciuto molto come Hall abbia adattato personaggi ed elementi della storia originale, ed ecco che nasce il numero 221b di Martyrs Walk proprietà di Mrs. Hive, un alveare senziente che infesta sempre nuovi cadaveri, oppure l'ufficiale Gabriel Lawson, Second Augur diviso tra il suo dovere come rappresentante della legge ed il rapporto di rispetto misto ad insofferenza verso Shaharazad. Le storie di Doyle non sono tra l'altro l'unica fonte di ispirazione: vengono citati più o meno palesemente altri classici della letteratura, come "Dracula" di Stoker o "L'isola del tesoro" di Stevenson, ma anche ad alcune fiabe tradizionali.
Se da un lato troviamo questi elementi che rendono il world building estremamente particolare ed affascinante, dall'altro devo ammettere che memorizzare le tante informazioni sulla storia di questo mondo non è stato per nulla facile. E non aiuta di certo l'assenza di un qualunque chiarimento sul sistema magico, nonostante Ms. Haas compia molti incantesimi nel corso della vicenda. Avrei poi preferito una narrazione più omogenea, invece la trama procede per episodi; ha senso nell'ottica di mantenere la finzione narrativa, ma rende la lettura frammentaria.
Nel complesso, credo che questo libro pur essendo a tutti gli effetti un retelling sia davvero originale. Forse troppo, se consideriamo lo scarso riscontro che ha ottenuto: probabilmente, i fan di Hall avrebbero preferito una storia d'amore, mentre chi cercava una riscrittura del personaggio-simbolo di Doyle è rimasto tiepido di fronte ad un mistero non proprio imprevedibile. Considerando il mio punto di partenza, non mi voglio lamentare; penso anzi sia bello a volte leggere delle storie divertenti che trasmettono comunque dei messaggi positivi a livello di inclusività sotto tanti aspetti, dall'orientamento sessuale, all'etnia, alla fede religiosa.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"My editor asks also that I remind the reader to be on the lookout for the next edition of The Strait magazine, in which he, she, ze, or they may vicariously experience my arrival in the domain of an Eternal Lord of Ven"
TITOLO DI NICCHISSIMA
Due fattori hanno contribuito ad abbassare di parecchio qualsiasi aspettativa potessi avere su "The Affair of the Mysterious Letter": aver acquistato la mia copia per un prezzo ridicolmente basso -indice di un titolo non troppo richiesto- e non aver letto dei commenti troppo positivi. A dire la verità, questo romanzo ha ricevuto poche recensioni in generale, forse perché i lettori di Hall si aspettavano una storia più incentrata sul romance, mentre qui l'attenzione è puntata in tutt'altra direzione.
Già guardando l'illustrazione sulla cover, dove campeggia una versione femminile (e molto più spigliata!) di Sherlock Holmes assieme ad una strana creatura sovrannaturale, penso si riescano a cogliere gli elementi principali di questo libro. La voce narrate del Capitano John Wyndham ci porta infatti a Khelathra-Ven, una città in parte steampunk e in parte fantascientifica, dove l'uomo cerca un alloggio a buon mercato vicino all'ospedale in cui lavora; si giunge così all'incontro con la futura coinquilina Ms. Shaharazad Haas, consulente per problemi legati alla magia, che lei stessa pratica con grande abilità. Il mistero attorno al quale ruota la trama dell'intero volume riguarda un caso di ricatto del quale è vittima Lady Eirene Viola Delhali, figlia del defunto Conte di Hyades e vecchia fiamma di Shaharazad.
La finzione narrativa adottata da Hall ricorda in parte i titoli classici dai quale trae ispirazione perché John racconta gli eventi molti anni più tardi, pubblicando la storia a capitoli sul periodico The Strait. Ed è per questo motivo che il testo è farcito da commenti e note assortiti in cui il Capitano censura i dialoghi per adeguarli alla sensibilità dei suoi lettori oppure spiega le sue scelte narrative sulla base dei consigli ricevuti dall'editor. Il risultato è un meta-romanzo davvero spassoso e sopra le righe, che ben trasmette la leggerezza della storia ma anche l'importanza dei legami emotivi tra i personaggi, tra i quali spicca sicuramente la nascente amicizia di Shaharazad e John.
Proprio loro sono i caratteri più riusciti del cast: da un lato hanno tanti elementi in comune con le loro controparti doyleiane, come la capacità deduttiva di Ms. Haas o la spontanea gentilezza di Mr. Wyndham, ma per altri riescono a dimostrarsi dei personaggi autonomi; ad esempio, è interessante scoprire la storia familiare del Capitano -che lo rende estremamente pudico, ma allo stesso tempo desideroso di emanciparsi dal biasimo del padre- come anche leggere della tendenza al flirt della maga, un elemento per cui si avvicina idealmente più allo Sherlock di Robert Downey Jr., rispetto a quello di Benedict Cumberbatch. Gli altri personaggi hanno comunque del potenziale, ma solo pochi di loro ottengono abbastanza spazio in scena; il più grande spreco in questo senso penso sia la Augur Extraordinary Joy-in-Sorrow Standfast, ma mi sarebbe piaciuto leggere altro anche sul banchiere-necromante Jeremiah Donne.
Mi è piaciuto molto come Hall abbia adattato personaggi ed elementi della storia originale, ed ecco che nasce il numero 221b di Martyrs Walk proprietà di Mrs. Hive, un alveare senziente che infesta sempre nuovi cadaveri, oppure l'ufficiale Gabriel Lawson, Second Augur diviso tra il suo dovere come rappresentante della legge ed il rapporto di rispetto misto ad insofferenza verso Shaharazad. Le storie di Doyle non sono tra l'altro l'unica fonte di ispirazione: vengono citati più o meno palesemente altri classici della letteratura, come "Dracula" di Stoker o "L'isola del tesoro" di Stevenson, ma anche ad alcune fiabe tradizionali.
Se da un lato troviamo questi elementi che rendono il world building estremamente particolare ed affascinante, dall'altro devo ammettere che memorizzare le tante informazioni sulla storia di questo mondo non è stato per nulla facile. E non aiuta di certo l'assenza di un qualunque chiarimento sul sistema magico, nonostante Ms. Haas compia molti incantesimi nel corso della vicenda. Avrei poi preferito una narrazione più omogenea, invece la trama procede per episodi; ha senso nell'ottica di mantenere la finzione narrativa, ma rende la lettura frammentaria.
Nel complesso, credo che questo libro pur essendo a tutti gli effetti un retelling sia davvero originale. Forse troppo, se consideriamo lo scarso riscontro che ha ottenuto: probabilmente, i fan di Hall avrebbero preferito una storia d'amore, mentre chi cercava una riscrittura del personaggio-simbolo di Doyle è rimasto tiepido di fronte ad un mistero non proprio imprevedibile. Considerando il mio punto di partenza, non mi voglio lamentare; penso anzi sia bello a volte leggere delle storie divertenti che trasmettono comunque dei messaggi positivi a livello di inclusività sotto tanti aspetti, dall'orientamento sessuale, all'etnia, alla fede religiosa.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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