
My rating: 2 of 5 stars
"Il suo volto pareva sereno, tanto che avrei quasi potuto credere che si fosse sdraiata a fare un pisolino. Se solo non avesse avuto quel coltello dal manico nero che le spuntava dalla pancia. Perché Helen non stava dormendo; era certamente morta"
MA DOVE CASPITA CORRI, CATHERINE?
Come mi è capitato di accennare nella recensione di "Scende la notte", l'unica ragione per cui ho acquistato quel romanzo era avere un titolo da abbinare al seguito di "Un misterioso omicidio e molti segreti"; risulta quindi crudelmente ironico che il cozy romantasy di Cross mi sia piaciuto mentre il cozy mystery di Coles sia risultato parecchio inferiore rispetto al primo capitolo. Come giallo "Delitto all'ora del tè" non sarebbe malaccio, ma perde tutte le particolarità che arricchivano la serie, a vantaggio di un focus ridondante (e, spesso, fuori luogo) su elementi non proprio di mio gusto.
Questa volta l'azione compre un arco temporale molto breve: dal delitto alla risoluzione passano solo pochi giorni. L'ambientazione rimane il Berkshire del 1947, ma la cittadina di Westleham viene lasciata da parte per spostarsi nella vicina Winteringham, dove la protagonista Martha Miller è stata chiamata ad inaugurare la Sagra Campestre di Winteringham e del Distretto dall'organizzatrice Annie Raynor, in virtù della sua brillante risoluzione del primo caso. La donna arriva nel paesino scortata tra gli altri dalla sua cucciola Lizzie, ed è proprio il setter ad individuare il corpo senza vita Helen Kennedy, nipote del vicario locale Frederick "Freddie" Butler, dando così il via all'indagine principale.
L'intreccio che si dipana da questo spunto non è nulla di spettacolare o di troppo originale, soprattutto se siete ben avvezzi al genere, però risulta gradevole da seguire, anche per il buon ritmo con cui viene sviluppata la narrazione. Oltre alla mera investigazione, l'elemento che ho trovato più interessante riguarda gli accenni al passato del vicario Luke Walker, perché contribuiscono ad ampliare un poco il contesto, nonché a dare una maggior profondità alla sua caratterizzazione. L'autrice decide di non inserire troppi chiarimenti, ma si può facilmente intuire quali motivazioni spingano questo personaggio.
Un aspetto teoricamente positivo, sul quale però solo molto combattuta, è la presenza di messaggi femministi, collegati sia ai ruoli di genere che alla cultura patriarcale, causa di victim blaming e slut shaming. Di base, sono contenta di vedere inclusi temi di questo genere, tra l'altro in maniera organica e motivata all'interno del romanzo; purtroppo la prosa di Coles non risulta all'altezza, rendendo le argomentazioni dei personaggi (tanto da una parte quanto dall'altra della discussione) didascaliche e ripetitive. Inoltre, trovo le osservazioni espresse a dir poco anacronistiche, considerando che questa è un'ambientazione storica e non un contesto ucronico in cui i protagonisti si possono permettere di inneggiare ai diritti della donna come farebbero dei giovani attivisti sui social nella contemporaneità.
Passando ai difetti che ho riscontrato mettendo questo libro in confronto con il suo predecessore, si sono perse totalmente le sottotrame legate al rapporto di Martha con la sorella ed alla sua ricerca del marito; nel testo viene ricordato più volte che lei vuole bene a Ruby e che Stan è scomparso lasciandola in difficoltà, senza però dare alcuno sviluppo concreto. Per contro, la cara Catherine ha deciso di investire una quantità di spazio all'attrazione proibita tra Martha e Luke; e non ci sarebbe nulla di male, se questi accenni non fossero inseriti nei momenti meno opportuni (sì, anche quando salta fuori un cadavere!) e farciti di gelosia tossica ed insensata. Questo è proprio un esempio di romanzo giallo, fantasy, sci-fi, o altro rovinato dalla sovrabbondanza di romance: tanto valeva scrivere direttamente un cozy romance! anche perché questa parentesi non ha alcuna risoluzione a fine volume.
E per arrivare alla quella fine il lettore dovrà comunque sopportare una narrazione terribilmente affrettata -soprattutto nei primi capitoli, in cui l'autrice sembra avere l'impellente bisogno di arrivare al ritrovamento del cadavere-, un ruolo più da pagliacci del solito per i rappresentanti delle forze dell'ordine di turno, ed una struttura narrativa parecchio bislacca: Martha e Luke passano ad un interrogatorio all'altro, fanno una breve pausa per riepilogare quanto scoperto, e poi ricominciano da capo con il primo testimone, il tutto seguendo un percorso forzato e meccanico, che ricorda quasi un videogioco con delle interazioni obbligatorie per poter proseguire nell'avventura.
Il sunto della mia delusione però potrebbe essere la motivazione dietro questa storia: se nel primo libro la protagonista aveva un'ottima ragione per voler risolvere il caso, dal momento che era finita in cima alla lista dei sospettati, qui non c'è alcun motivo per cui lei venga spronata e finisca per convincersi a passare davanti alle autorità. La scusa adotta da Martha -ovvero, fare giustizia per la piccola Janet- non regge proprio, perché la polizia ha le stesse informazioni ed il medesimo obiettivo; lei diventa quindi l'esatta rappresentazione del dilettante che cerca di intralciare le forze dell'ordine perché chi scrive ha deciso che non saranno queste ultime a risolvere il caso.
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