 La bambina che amava Tom Gordon by Stephen        King
La bambina che amava Tom Gordon by Stephen        KingMy rating: 5 of 5 stars
"Era come se in quel grande bosco ci fosse solo lei e, sebbene l'idea fosse ridicola, il pesciolino aveva scodinzolato un'altra volta nello spazio vuoto di quel luogo speciale. Un po' più forte di prima"
PRATICAMENTE IO AD OGNI CAMPEGGIO DEGLI SCOUT
Nonostante mi sia capitato di sentire diversi pareri positivi su "La bambina che amava Tom Gordon", ero parecchio indecisa prima di iniziarne la lettura. Questo testo nasce infatti dalla fusione tra un elemento quasi sempre ben riuscito nelle opere kinghiane ed uno che invece non penso rientri tra i suoi punti di forza; nella fattispecie, troviamo accostate una storia di sopravvivenza in condizioni estreme ad una protagonista molto giovane. In questo caso (forse perché la bambina é isolata dal resto dei personaggi?) ho però trovato la sua prospettiva abbastanza gradevole da seguire. Considerando poi che ha solo nove anni, il caro Stephen non può permettersi troppe lungaggini in commenti lascivi e fuori luogo. E vorrei ben dire!
La storia di Patricia "Trisha" McFarland si ambienta nel giugno 1998 sui monti Appalachi, dove si trova in gita con il fratello maggiore Pete e la madre Quilla Andersen. Dopo il divorzio dal marito ed il trasloco da Boston al Maine meridionale, la donna ha sviluppato una passione per le attività familiari edificanti, arrivando così ad imporre ai figli un percorso sulla Route 68 dell'Appalachian Trail, tra le altre iniziative; a Trisha andrebbe anche bene, non fosse per l'interminabile litigio tra la madre e Pete, che la spinge ad allontanarsi leggermente dal sentiero indicato. Una scelta a dir poco infelice, perché la ragazzina perde del tutto l'orientamento e si ritrova da sola, a vagare per i boschi con l'unica compagnia delle voci alla radio del suo walkman.
Raccontato così, l'intreccio potrebbe apparire un po' noioso e ripetitivo, invece la storia si sviluppa con un ottimo ritmo: non ci sono mai momenti morti in cui il lettore percepisce l'attesa di una nuova svolta narrativa, anzi la (dis)avventura di Trisha è costellata di ostacoli sempre nuovi da affrontare, ed i pochi attimi di pausa non riescono a stemperare del tutto la tensione che si va accumulando. Tensione che getta le sue basi già dalle primissime pagine, con un inizio deciso e rapido al punto giusto, cosicché la posta in gioco venga subito messa in chiaro. Si prosegue quindi con un deciso crescendo di angoscia, che va a braccetto con il deterioramento della psiche della bambina.
Trisha inizia infatti ad immaginare di essere affiancata da Tom "Flash" Gordon, il numero 36 dei Red Sox e suo idolo personale, ma anche perseguitata da un'entità malvagia che alberga nei boschi e la spia durante la notte. La fantasia della protagonista da un lato crea delle descrizioni terrificanti e potenti per gli ambienti naturali -che contribuiscono a costituire il valido fattore horror del romanzo-, e dall'altro generano una misteriosa voce fredda la quale, sussurrando al suo orecchio, dipinge scenari tragici ma plausibili; in questo modo risulta sia spaventosa per il cinico realismo, sia ingannevolmente manipolatoria. Pur avendo adorato la prospettiva determinata e carismatica di Trisha, questa sorta di suo alterego maligno mi è sembrato ancor più interessante da ascoltare.
Si è trattato quindi di una lettura perfetta? no, qualche difetto si fa notare. Parlo però di elementi per la maggior parte di contorno; ad esempio, non ho trovato appieno soddisfacenti i brevi scorci su come la famiglia di Trisha affronti la sua scomparsa: rimangono in gran parte superficiali ed inficiano a tratti sul buon ritmo narrativo. Personalmente non sono poi riuscita, non dico ad apprezzare, ma neppure a cogliere i moltissimi riferimenti al mondo del baseball, per me del tutto alieno. Per contro, mi sarebbe piaciuto vedere qualche pagina in più dedicata alla conclusione, perché il confronto finale sembra un po' troppo rapido, e lo stesso vale per il momento post-climax, che avrebbe beneficiato di maggior spazio, specie per dare una risoluzione alle dinamiche interne alla famiglia McFarland.
Al netto di queste osservazioni marginali, il romanzo rimane estremamente godibile, oltre ad essere un'ottima scelta sia per dei giovani lettori che provino della curiosità verso l'intimidente bibliografia del caro Stephen, sia per i neofiti dell'autore intenzionati a capire se possa fare al caso loro. Questo perché la storia di Trisha è dotata di una voce universale, che può suggerire delle riflessioni anche in persone molto più grandi di lei dal punto di vista anagrafico, senza però adottare una prosa respingente verso un pubblico di ragazzi. In tutta onestà, avrei preferito iniziare da qui anziché partire a bomba con i traumi brutti di "It".
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