
My rating: 4 of 5 stars
"Ma certo, c'era il film. Quel film orribile. Erano arrivati alla loro quarta copia di I Vendicatori. La prima, l'aveva noleggiata Herb al Video Clip un mese circa prima del suicidio. E quel vecchio film ... aveva liberato Tak... o messo a fuoco, come si focalizza la luce con una lente di ingrandimento e se ne ricava una fiamma"
MA NEGLI USA NON ERANO ABITUATI ALLE SPARATORIE?
Quando ho deciso di cominciare La forza del male, sono andata contro quanto proposto nella più recente edizione nostrana, iniziando da "Desperation". Arrivata ora a completare anche la lettura de "I Vendicatori", posso dire di aver fatto quella che reputo la scelta migliore, perché questo romanzo sembra essere quasi una fanfiction del suo gemello, con tanto di personaggi OOC, citazioni ad oggetti e luoghi, e collegamenti da fare durante la lettura. Non a caso è Bachman ad essere nato dalla mente di King, non il contrario! quindi ha senso che quest'opera dia l'impressione di essere un derivato, seppur riuscitissimo.
Per raccontare la storia, l'autore ci trasporta nella patria della famiglia Carver, in particolare nella città immaginaria di Wentworth, in Ohio. Tutto inizia in un caldissimo pomeriggio del luglio 1996, quando un'ordinaria giornata in Poplar Street viene stravolta dall'arrivo di alcuni furgoni dai colori bizzarri: dal loro interno, individui mascherati in modo ancor più stravagante sparano senza ragione sui residenti. Il panico colpisce i passanti, una delle abitazioni prende fuoco, contattare le forze dell'ordine sembra impossibile, e nel mentre una calma surreale persiste nel civico 247, dove Audrey Wyler abita con il nipote Seth dopo che la famiglia di lui è rimasta vittima di una strage con fin troppe analogie a quella in corso.
Per diversi aspetti, lo spunto potrebbe sembrare parecchio infantile -e come tale si dimostra in parte con il procedere della narrazione-, ma questa è una storia horror molto valida, seppur meno incentrata sull'elemento gore rispetto ad altre opere di "Bachman". A rendere particolarmente inquietante la lettura non sono quindi i momenti in cui l'antagonista causa più o meno direttamente la morte dei personaggi, bensì le scene ambientate in casa Wyler: Tak che pian piano si insinua nelle vite di Audrey e di suo marito Herb, Tak che fa leva sul loro affetto per tenerli legati a sé, Tak che bilancia la sua violenza con la dolcezza di Seth, Tak che applica le sue abilità paranormali per portare avanti delle ripicche tanto puerili quanto crudeli. Proprio per questo reputo Seth una scelta perfino più azzeccata di Entragian, nonostante manchi di un'apparenza fisica intimidente, perché permette all'antagonista di sfruttare il fattore emotivo ed al contempo veicolare ottimamente il concetto della cattiveria nei bambini.
L'altro principale pregio del volume è il formato mixed media, ossia i documenti di varia natura (articoli, relazioni, copioni, ed altro ancora) che vengono inseriti alla fine di ogni capitolo. Non solo si tratta di una scelta narrativa molto innovativa per l'epoca di pubblicazione, ma King dimostra di averla sfruttata in maniera davvero brillante per includere tanti avvenimenti legati al passato, senza per questo appesantire o rallentare la narrazione al presente. Personalmente ho gradito molto anche il modo in cui l'autore ha rielaborato alcuni dei personaggi di "Desperation" -dando nuovi spunti alle loro storie-, l'essersi discostato dal tema religioso, la rilevanza del rapporto tra Audrey e Seth, e la conclusione adottata. Apprezzo sempre i finali un po' agrodolci, e questa vicenda non poteva che puntare ad un epilogo simile per mantenere una coerenza interna.
Passando ai lati meno riusciti del romanzo, forse il difetto più evidente si trova nella caratterizzazione, ambito nel quale solitamente il caro Stephen eccelle; qui invece si è arenato in un cast un po' troppo numeroso, dandosi (e dando ai lettori!) anche poco tempo per conoscere i personaggi nei primi capitoli. Di conseguenza, si finisce per interessarsi veramente solo a quelli già presenti in "Desperation", con la sola eccezione del piccolo Seth: gli altri finiscono per essere dimenticabili o perfino interscambiabili, come nel caso di Cammie Reed e Kim Geller. Ad accentuare la sensazione di star leggendo una fanfiction, c'è poi l'assenza di una motivazione consistente o approfondita per cui certi personaggi siano finiti a vivere in Poplar Street, Johnny Marinville in primis.
A dispetto degli eventi che danno il via alla storia, ci troviamo poi con un lato survival non particolarmente presente, nonché affrettato; lo vediamo bene nella parentesi della missione nella fascia verde: non c'è un minimo di strategia, alla prima difficoltà si fa marcia indietro e manca del tutto il concetto di fare squadra. Tracciando un confronto con quanto avveniva nel libro gemello, qui i protagonisti non arrivano mai a formare dei legami di fiducia reciproca, nonostante ci sia tra loro una conoscenza pregressa. Penso che l'esempio migliore sia la scena della spiegazione fornita da Audrey, presente in entrambi i volumi con esiti ben diversi; in questo caso, anziché coalizzarsi contro la minaccia di Tak, i personaggi nel escono ancor più in disaccordo. In questo senso, la velocità con cui si giunge al finale comporta un'impressione di raffazzonato e poco spontaneo, che un po' ne rovina l'atmosfera.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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