'Salem's Lot, la sirena del Male
Recensione a "Le notti di Salem" di Stephen King
TITOLO: Le notti di Salem
AUTORE: Stephen King
TITOLO ORIGINALE: 'Salem's Lot: Illustrated EditionTRADUTTORE: Tullio Dobner
EDITORE: Sperling & Kupfer
COLLANA: Pickwick
PAGINE: 650
VOTO: 4 stelline
“Le notti di Salem” è un romanzo d'orrore, nonché una
delle primissime opere pubblicate dal prolifico Stephen King, che in questo
volume si prefigge di riscrivere il “Dracula” di Bram Stoker
«-Ti ricorda qualcuno?-, gli chiese
[Ben].
-Sì-, rispose Jimmy. -Van Helsing.»
puntando però ad un finale decisamente più pessimista
e collocando la mitica figura del vampiro nel contesto inusitato della
provincia del Maine.
Ambientazione
prescelta è quindi Jerusalem's Lot, tipica cittadina dove la privacy è quasi
una chimera e dotata di un'aura cupa e misteriosa. L'arrivo nel paese di Ben
Mears da l'avvio alla narrazione; il protagonista è (immancabilmente) uno
scrittore pubblicato alla ricerca dell'ispirazione per il suo nuovo romanzo, ma
anche dell'occasione per esorcizzare le sue paure infantili collegate a Casa
Marsten, una villa diroccata dove fu obbligato ad entrare da ragazzino durante
una prova di coraggio.
Ben non è il
solo outsider in città, infatti poco dopo giunge a 'Salem's Lot l'esperto di
mobili d'epoca Straker che, assieme al suo sfuggente socio in affari Barlow,
intende aprire un negozio di antiquariato e, soprattutto, instaurarsi nella
sinistra Casa Marsten.
La narrazione
non si limita a seguire il protagonista, ma si estende ad un numero notevole di
personaggi, molti dei quali secondari, che attraverso i loro POV permettono al
lettore di assistere a quanto succede nell'intera città. Un ruolo predominante
è comunque riservato alla “squadra” che assisterà Ben nella caccia al
vampiro; come premesso però, gli eroi non vengono particolarmente aiutati
dall'autore e si trovano spesso in svantaggio contro il signore della notte.
L'unico a dimostrare una decisione ferrea ed un intuito notevole è quello da
cui meno te lo aspetti: il giovanissimo Mark, che per conseguenza risulta
essere anche il personaggio meno realistico dell'intero cast.
Parte di questo cast è anche, o forse
soprattutto, la cittadina stessa dotata di un innegabile fascino e di una
storia originale
«[Tanner] Per dire bosco usava
l'espressione wood lot, da qui il nome di Jerusalem's Lot. [...] in America
anche un maiale può aspirare all'immortalità.»
che
viene maggiormente esplorata nel racconto prequel intitolato “Jerusalem's Lot”, presente come diversi altri
contenuti in questa edizione, e rende chiaro come questo luogo sin dalle sue
origini fosse votato al male. All'interno della cittadina poi, Casa Marsten si
conquista un ruolo predominante
«Se ne sta su quel colle a dominare
il villaggio come... oh, come una specie di idolo.»
«Ma la prospettiva che il male
sopravviva a chi l'ha commesso è più inquietante. [...] Io credo che quella
casa possa essere il monumento di Hubert Marsten al male, [...]»
«-Forse la casa ha chiamato a sé un
altro uomo cattivo.»
che la rende agli occhi del lettore il vero emblema
della malvagità, una sirena che chiama a sé i peggiori tra i mostri della Terra
perché la abitino ed alimentino così un pozzo di crudeltà senza fondo.
Alla classica
personificazione del male nella forma del vampiro si accosta una sua
espressione più sensoriale ed istintiva
«Quella [durante la guerra in
Vietnam] era paura razionale. [...] Questa paura invece era infantile, non
aveva riferimenti precisi.»
quasi astratta eppure capace di generare effetti
tangibili. Ancor più angosciante a mio avviso è poi la crudeltà nella sua
espressione quotidiana, come la violenza immotivata sui bambini o l'esaltazione
dell'avidità insita nell'uomo, che lo rende cieco di fronte alle conseguenze
delle sue azioni.
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Cover tedesca |
Come avrete
facilmente intuito, questo romanzo ha svolto egregiamente il suo compito di
mettermi i brividi, complice la lettura serale, ma presenta diversi problemi
che non mi permettono di assegnargli un punteggio pieno. Sono rimasta delusa
dalle molte storie lasciate in sospeso e, sebbene alcune vengano riprese in
altre opere di King, avrei almeno voluto conoscere più nel dettaglio la vita di
Marsten a 'Salem's Lot e cosa l'abbia portato alla sua drammatica fine. Al
lettore vengono poi presentati un'infinità di nomi tra personaggi e luoghi,
creando un'inevitabile confusione, ma il problema maggiore è nel finale che,
sebbene non lieto come auspicato dall'autore, concede una risoluzione troppo
banale e lascia molti dubbi irrisolti.
L'edizione
italiana è arricchita da molti contenuti extra: troviamo introduzione e
postfazione in cui King stesso spiega cosa l'abbia spinto a scrivere questa
storia, alcuni degli articoli fittizi raccolti da Ben Mears, il racconto sequel
“Il bicchiere
della staffa” e quello
prequel “Jerusalem's Lot”,
delle suggestive foto realizzate appositamente per questa edizione illustrata
(che ricordano parecchio quelle presenti nei romanzi della trilogia Miss
Peregrine di Ransom Riggs) ed infine alcune delle scene eliminate dal
manoscritto iniziale, utili a colmare diverse lacune nel testo finale.
Mi trovo
costretta però a lamentarmi per la scelta del traduttore Tullio Dobner, lo
stesso de “Il miglio verde” (QUI la recensione), che passa da
pigre traduzioni letterari a vocaboli ricercati e desueti, passando per alcuni
importuni regionalismi come in questi esempi
«[La signorina Coogan] Riempie
tonnellate di schede di prenotazioni e TIRA
SCEMA la signorina Starcher.»
«[Ben] Non era venuto a SPANDERE e un uomo che lavorava dopo cena
era di quelli intenzionati fino in fondo [...]»
Per
un autore della fama di King la Sperling & Kupfer potrebbe puntare su una
traduzione più attenta, che rendesse fluida la lettura.
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