domenica 31 marzo 2019

Wrap-Up - Letture di marzo 2019

Wrap-Up - Letture di marzo 2019


Tirando un bilancio delle letture del mese passato, mi sono accorta che la maggior parte sono state ottime (già vedo qualche top dell’anno), ma un paio mi hanno decisamente deluso.

Il mese appena passato è iniziato con una storia capace di mettere ancora i brividi, ad oltre quarant’anni dalla sua prima pubblicazione: “Le notti di Salem” di Stephen King. Il mio voto è stato di quattro stelline, ma QUI potete leggere la recensione completa.

Continuando con la TBR, sono poi passata ad una lettura decisamente più leggera con “Forever” di Amy Engel, il primo romanzo di una duologia distopica, leggasi una delle decine di romance (spesso con triangolo amoroso annesso) a sfondo distopico che sono fioriti attorno al successo di “Hunger Games”. Trovo sempre molto fastidioso incappare in questi romanzetti privi di spessore che vengono pubblicati unicamente in virtù della tendenza del momento, rovinando in questo caso un genere storicamente impegnato; potrei scrivere pagine e pagine sull’assurdità del mondo creato dalla Engel, ma mi limiterò a dire che negli USA l’unica città sopravvissuta all’armageddon riesce ad essere perfettamente autosufficiente con solo diecimila abitanti. Diecimila. Abitanti.
Sorvolando sull'ingannevole sinossi proposta dalla Newton Compton, sull’atroce copertina scelta dalla Newton Compton e sul titolo totalmente randomico affibbiato dalla Newton Compton, ci troviamo di fronte ad una trama prevedibile ed inconsistente: Ivy Westfall è una delle nipoti del fondatore della sopraccitata città-stato, Westfall (poco egomaniaco il nonnino, eh?), ed il suo destino è sposare il figlio dell’attuale presidente, per uccidere entrambi e far riconquistare il potere alla sua famiglia. Ovviamente Ivy non potrà mai portare a termine il suo obiettivo semplicemente perché Bishop Lattimer, ossia il promesso sposo dal nome ridicolo, è il personaggio più bucolico di cui abbia mai letto, oltre ad essere bello e conquistarsi così l'amore incondizionato della protagonista nell’arco di un paio di pagine.
Come se non bastassero trama, personaggi ed ambientazione pessimi, anche la narrazione in prima persona al presente lascia parecchio a desiderare, ma temo che parte della colpa sia da attribuirsi alla traduzione svogliata.
Sì, sono severa. Ma giusta.
Il mio voto è di una stellina.

Per la lettura successiva ho (felicemente!) abbandonato la distopia in favore del fantasy con “I centomila regni” di Nora K. Jemesin, un romanzo sottovalutato ma inaspettatamente piacevole ed originale. Per una recensione completa fate un salto QUI, ma già vi anticipo che l’ho valutato con quattro stelline e mezza.

Continuando le mie letture in inglese da autodidatta, ho acquistato e subito letto un altro titolo di Roald Dahl, ossia “The Magic Finger”; si tratta di una breve novella che ho trovato se possibile perfino più semplice di “The Witches”.
L'intento dell'autore è spiegare ai ragazzi cosa comporti per gli animali essere cacciati dall'uomo, come sempre con l'aggiunta di un elemento magico. La storia è carina, ma non ho per nulla apprezzato la protagonista per l'uso indiscriminato del suo potere.
Come per la lettura precedente, consiglio Dahl a chiunque muova i primi passi nella lettura in lingua, ma non darò alcuna valutazione.

Successivamente ho affrontato il classico per questo mese, ovvero “Le notti bianche” e “La cronaca di Pietroburgo” di Fëdor M. Dostoevskij. Una novella ed una raccolta di articoli pubblicati da un giovane ed ancora ottimista Dostoevskij, che si scontrano nettamente con la sua visione più matura e pessimistica che avevo incontrato in “Delitto e castigo” (QUI la recensione). QUI potete leggere la mia recensione, mentre vi anticipo già che ho valutato cinque stelline.

Ultima lettura della mia TBR è stata “Il barone rampante” di Italo Calvino, seguito ideale de “Il visconte dimezzato” (QUI la recensione) e parte centrale nella trilogia nota come I nostri antenati, alla quale da anche il nome. Anche questo romanzo si presenta come una fiaba, sebbene abbia dei toni un po' meno oscuri rispetto alla precedente, e ripercorre la vita di Cosimo Piovasco di Rondò che all'età di dodici anni sale su un albero per una puerile ripicca contro la famiglia; dagli alberi, il giovane nobiluomo, non scenderà più per tutta la vita, ritrovandosi così protagonista di avventure incredibili.
Narratore della storia è il fratello minore Biagio, che compone una sorta di puzzle biografico accostando i racconti di Cosimo stesso agli episodi riportati da vicini e conoscenti, mettendo in evidenza gli eventi più significativi come la battaglia contro i pirati o l’incontro con Napoleone Bonaparte.
Il primo aspetto che colpisce nella lettura è l’attenta descrizione degli alberi e, più in generale, dell’ambiente agreste in cui si muove il protagonista, vicino alla civiltà eppure così selvaggio all’apparenza. Allo stesso modo, Cosimo viene presentato di volta in volta come un semplice nobile dagli usi bizzarri o come un uomo selvaggio che spesso viene scambiato dai forestieri per una qualche creatura mitologica.
Notevole rilevanza ottiene la relazione tra Cosimo e la volubile Viola: un amore che come tutto in questo romanzo è ad un tempo possibile ed impossibile, diventando per i personaggio e per i lettori fonte di gioia ed anche di grandi sofferenze. L’aspetto storico acquisisce a tratti la predominanza sulla scena, e viene trattato con grande attenzione e precisione nelle informazioni; un buon lavoro di ricerca è di certo stato fatto anche per poter inserire dialoghi in diverse lingue straniere.
Un romanzo struggente ed evocativo, che si mantiene sempre federe al suo registro narrativo e capace di dare spessore anche alle comparse. Non potrei desiderare di meglio.
Il mio voto è di cinque stelline.

Dopo aver pianto tutte le mie lacrime con l'epilogo de "Il barone rampante", ho cercato rifugio in uno dei miei genere preferiti: il mystery. Il mio ultimo tentativo con la narrativa contemporanea tedesca non era andato benissimo (QUI per la recensione dell'atroce “Musica per un amore proibito”), ma questo non mi ha impedito di approcciarmi a “I misteri di Chalk Hill” di Susanne Goga.
Questo romanzo viene pubblicizzato come un mix tra il mystery e lo storico, con atmosfere simili a quelle di “Jane Eyre” (QUI la recensione), e per quanto riguarda questi aspetti posso dire che mantiene fede alle premesse; il lato sentimentale invece viene introdotto molto tardi nella narrazione -cosa che non mi ha minimamente infastidito- e risulta così artificioso e forzato -cosa che invece mi ha decisamente infastidito.
La storia si incentra su un mistero simile alle indagini di Sherlock Holmes, spesso citato nel testo, che all’apparenza sembra avere delle cause sopranaturali ma viene affrontato dai personaggi con piglio critico e cercando soluzioni oggettive; proprio per questo sono rimasta parecchio delusa dalla risoluzione finale solo in parte razionale, oltre che dalla prevedibilità della trama data ai moltissimi cliché.
I protagonisti sono caratterizzati con sufficiente cura, seppur venga dato fin troppo spazio alle loro storie precedenti, mentre per quanto riguarda i personaggi secondari si dimostrano quasi tutti funzionali alla trama e quindi privi di un loro spessore. Ad infastidirmi maggiormente è stato però lo stile dell’autrice che sembra incapace di avviare e concludere le scene, quindi inserire delle fastidiose frasi ad effetto oppure tronca di netto i dialoghi; promuovo invece i suoi sforzi per creare un’ambientazione storica credibile.
Il mio voto è di due stelline e mezza.

Un regalo inaspettato (e graditissimo) mi ha poi permesso di completare la trilogia di Miss Peregrine con la lettura de “La biblioteca delle anime” di Ransom Riggs. In generale, mi sento di consigliare questa serie per ragazzi, e il capitolo conclusivo ha confermato in buona parte l’opinione che mi ero fatta leggendo i volumi precedenti, dei quali potete leggere QUI e QUI le recensioni.
Ho apprezzato soprattutto la scelta di raccontare in modo davvero realistico delle vicende ricche di magia ed eventi sopranaturali; in special modo, il rapporto del protagonista con i suoi genitori non viene banalizzato, acquistando anzi parecchio spazio nella parte finale quando il ragazzo deve venire a patti con le due metà della sua vita. Godibile anche lo stile dell’autore e i toni molto oscuri che da alla storia, specialmente considerando che si tratta comunque di un romanzo pensato per un pubblico abbastanza giovane.
Bocciate invece alcune parti del romanzo che sembrano inserite al solo fine di allungare la storia, senza però dare un contributo decisivo allo sviluppo della trama. Non ho gradito neanche il personaggio di Bentham: la scelta di introdurlo solo dalla metà dell’ultimo volume non permette di capire per nulla il suo comportamento, e la spiegazione che ne da Miss Peregrine non è comunque soddisfacente.
Anche in questo terzo volume, alcuni aspetti collegati alla magia mi sono sembrati macchinosi e troppo convenienti, sebbene siano presenti diverse spiegazioni. Gradite come sempre invece le foto d’epoca che hanno reso celebre questa trilogia.
Il mio voto è di quattro stelline.

All’ultima lettura del mese mi sono avvicinata per la curiosità di vedere il film d’animazione che ne hanno tratto. E dal momento che è d’obbligo leggere PRIMA il libro, eccomi qui con “your name.” di Makoto Shinkai.
Il romanzo si presenta inizialmente come un divertente romance con target young adult: Taki e Mitsuha, due liceali dalle vite parecchio diverse (lui abita nella grande Tokyo e tiene uno stile di vita moderno, lei abita nella cittadina rurale di Itomori ed aiuta la nonna nelle antiche cerimonie del tempio di famiglia), si ritrovano per una strana magia ad “abitare” l’uno il corpo dell’altra. Il volume si spinge presto però ben oltre, analizzando soprattutto i temi del ricordo e del destino, in una trama che si fa via via più ricca e dai toni inevitabilmente commoventi.
Sicuramente lo stile narrativo è inusuale per noi occidentali e risulta molto strano trovarsi di fronte ad un testo ricco di onomatopee e pause; parte di questo problema viene ovviato grazie all’eccellente edizione italiana, che comprende anche i commenti dell’autore e del produttore del film nonché molte note utili a capire il significato di alcuni termini o semplici oggetti per i quali non esiste un corrispettivo in italiano.
Avendo visto nel frattempo anche il film (preparate i fazzoletti!), posso affermare che la storia si mantiene grosso modo uguale ma differiscono le tempistiche nelle quali viene sviluppata. Consiglio a tutti di vedere il lungometraggio dopo la lettura anche per poter cogliere meglio alcuni passaggi che nel romanzo, a causa della narrazione in prima persona, rimangono lacunosi.
Il mio voto è di quattro stelline e mezza.

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