Wrap-Up - Letture di luglio 2019
Caratterizzate da ambientazioni
fantastiche o surreali, le tante letture di questo mese mi hanno generalmente
intrattenuto positivamente, ma purtroppo nessuna si è meritata il massimo dei
voti.
Il primo libro letto
a luglio è stato “The Fate of the
Tearling” di Erika Johansen.
Avendo così concluso questa trilogia, ho deciso di scriverne un commento
dettagliato e con spoiler per la rubrica Lettura d'Insieme, che potete leggere QUI.
Valutando questo volume in modo individuale, posso dire che ripresenta molti
dei difetti riscontrati negli altri capitoli, aggiungendone purtroppo di nuovi.
Innanzitutto, sebbene
la storia riprenda precisamente dal finale di “The Invasion of the Tearling”
(ne parlo QUI), all'inizio l'autrice piazza un prologo del tutto sconclusionato
che si rivela essere un enorme infodump. Tra una contraddizione e un no sense,
la trama scorre comunque abbastanza bene fino all'ultima parte, quando
l'autrice piazza una conclusione a dir poco forzata che non solo non da
risposta a molte domande, ma anzi cancella del tutto il percorso fatto dai
personaggi in tre volumi!
Alcune scelte
narrative sfiorano poi il ridicolo, come gli eventi collegati al Nido -prima
temutissimo e segreto, ora noto a tutti e facilmente debellabile- o il passo
indietro quando Javel assiste all'arrivo di Kelsea a Demesne, mentre poco prima
veniva detto che lei era già rinchiusa nelle segrete. Non ho apprezzato troppo
neanche gli spunti presi da altri franchisee di successo, come il personaggio
di Aisa copiato da Arya Stark, i bambini vampirizzati di The Strain o il
dialogo tra William e una Kelsea in punto di morte... chi ha detto Silente ed
Harry?
Per quanto riguarda
l'edizione, dovrei poi fare le mie scuse a Matteo Strukul, che incolpavo per i
refusi dei primi due libri; qui ci sono due nuovi revisori, ma gli errori non
mancano di certo soprattutto nei nomi propri dei personaggi, per non parlare
delle ripetizioni, sia dei concetti (colpa dell'autrice) sia delle singole
parole (colpa del traduttore).
Il mio voto è di due stelline e mezza.
La seconda lettura
del mese è stato “L’uomo che voleva
essere colpevole” di Henrik
Stangerup, una storia ambientata in un futuro distopico seppur non
prepotentemente totalitario, dove le persone si vedono alienate anche delle
loro colpe individuali e dove la scienza viene considerata una soluzione valida
ai problemi morali.
Potete leggere la mia
recensione completa QUI, ma già vi anticipo che ho valutato questo romanzo con quattro stelline e mezza.
Sono poi passata ad
una lettura in inglese, iniziando tra l’altro una nuova serie, con “Who Could That Be at This Hour?” di Lemony Snicket l’autore -o come lui
stesso si definisce, “colpevole”- di Una serie di sfortunati eventi.
Nella tetralogia All
the Wrong Questions torniamo nel mondo già conosciuto con le avventure degli
orfani Baudelaire, ma parecchi anni prima e con lo stesso Lemony come
protagonista; lo vediamo dodicenne iniziare l'apprendistato nei VFD (solo VF
nelle edizioni italiane) sotto la guida decisamente migliorabile della
chaperone S. Theodora Markson.
Il primo incarico
poterà Snicket lontano dalla città, nella località morente di
Stain'd-by-the-Sea, dove dovrà indagare su una misteriosa statua che potrebbe
essere o non essere stata rubata.
Ci sono varie
motivazioni che mi hanno convinto ad iniziare questa serie, e sono le stesse
ragioni che mi spingono a consigliarla anche a voi: innanzitutto si tratta di
romanzi a target middle-grade, quindi con un livello di inglese assolutamente
affrontabile, inoltre ci sono diverse illustrazioni che possono aiutare nella
comprensione del testo e lo stesso autore spesso spiega il significato delle
parole più inusuali; in secondo luogo, sebbene la Salani abbia iniziato al
pubblicazione della tetralogia, in Italia sono arrivati soltanto i primi due
libri e per poter leggere tutta la storia avrei comunque dovuto prendere gli
altri in lingua; infine, per chi come me ha amato la serie originale, qui ci
sono parecchi riferimenti ad essa, come versioni più giovani di personaggi che
già conosciamo o spiegazioni di alcuni misteri rimasti irrisolti.
Continuando con la
mia TBR, ho letto “Lui è tornato” di
Timur Vermes, romanzo che si basa
sull'ipotetica ricomparsa di Adolf Hitler nella Germania dei giorni nostri. Per
questo titolo ho scritto una recensione esaustiva che potete trovare QUI,
mentre posso dire da subito che la mia valutazione è stata di quattro stelline.
Con la lettura
successiva ho concluso un'altra serie, in particolare la trilogia ideale -o
ciclo compiuto, come lo definisce lo stesso autore- I nostri antenati di Italo Calvino. “Il cavaliere inesistente” è un racconto che pesca a piene mani dal
tradizionale ciclo carolingio, riprendendo anche personaggi molto noti come
Orlando ed Astolfo, i quali rimangono comunque poco più di comparse.
La storia si
concentra invece sul nobile cavaliere Agilulfo, che non esiste sul piano della
tangibilità ma solo in virtù della sua mera volontà, e riesce in questo modo a
muovere un’armatura sempre immacolata. Per poter dimostrare la bontà dei suoi
innumerevoli titoli, il cavaliere è costretto ad affrontare un lungo viaggio
tra Europa e Nord Africa, sempre attorniato da una folta schiera di personaggi
dalle storie al limite del reale.
Confrontato con agli
altri romanzi della trilogia, questo è indubbiamente il più divertente con
delle scene surreali, come quando il giovane Rambaldo si presenta presso un
apposito ufficio per poter far richiesta di un duello contro un moro al fine di
riparare l’onore della sua famiglia. Il tema centrale del libro è però la
ricerca della propria identità, ricerca che impegna non soltanto l’inesistente
Agilulfo ma tutti gli altri personaggi principali, dal sempliciotto Gurdulù
-promosso per dispetto da Carlomagno a scudiero di Agilulfo- agli abitanti
della Curvaldia, che riescono infine a prendere coscienza di sé ed a instaurare
una sorta di repubblica dove prima il dominio dei nobili era incontestabile.
Il mio voto è di quattro stelline e mezza.
La scelta della
lettura successiva non è stata per nulla facile perché, sebbene avessi in
libreria un paio dei suoi libri, questa autrice mi aveva deluso parecchio un
paio d'anni fa con “La sposa dell’inquisitore” (QUI la recensione); ho voluto
comunque dare una seconda chance a Jeanne
Kalogridis e leggere “Il labirinto
delle streghe”, altro romanzo storico che mescola però parecchi elementi
fantastici.
La trama segue la
storia di Sybille dal racconto che lei stessa fa della sua vita al monaco
Michel; accusata di stregoneria, per la giovane donna è già pronta una condanna
a morte, ma lei è comunque determinata a raccontare la sua versione di quanto
accaduto dal giorno della sua nascita, e soprattutto della lotta tra la sua
Razza e il Nemico che la vuol tenere separata dal suo Amore.
Mi rendo conto di non
essere in grado di riassumere decentemente la sinossi, ma in questo libro la
confusione regna sovrana: vengono mescolati assieme elementi New Age che
rimandano alla Wicca, riferimenti religiosi dell'Ebraismo e del Cristianesimo e
l'esoterismo dei Cavalieri Templari. Come se non bastasse, non è mai ben
chiarito se la magia in questo romanzo sia reale o meno, perché ad esclusione
di chi la pratica essa ha ripercussioni quasi nulle sul mondo esterno e si
parla principalmente di sogni profetici ed amuleti non sempre efficaci. Per non
parlare di quando queste visioni servono a giustificare azioni decisamente
riprovevoli, come il rapimento di una neonata o lo stupro di una ragazzina
incosciente.
Neppure i personaggi
mi hanno particolarmente colpita, specie perché sono poco approfonditi e
ricalcano delle macchiette collaudate. Non mi sento di salvare neppure la
protagonista che si dimostra priva di carattere e sempre in balia degli eventi,
con la “scusa” di dover compiere il volere della Dea.
Lo stile della
Kalogridis è buono ma del tutto dimenticabile, e mi ha divertito solo per le descrizioni
contraddittorie (l'omone... basso?) e la scelta di inserire sempre dei colori
accostati (nero-bluastro, rosso-dorato, verde-grigio, ecc.).
Di questo romanzo
promuovo però l'accurato lavoro di ricerca per la parte storica; nella
descrizione delle malattie del passato e delle battaglie l'autrice da il meglio
di sé, scivolando in alcuni casi nello splatter senza un valido motivo.
Ultima nota,
l'edizione italiana targata Newton Compton ha stravolto il titolo originale
“The Burning Times” (letteralmente, L'epoca dei roghi) in favore di uno del
tutto fuori contesto: quelli che in questa storia vengono definiti streghe o
stregoni non amano detti appellativi, ma soprattutto non c'è nessunissimo
labirinto!
Il mio voto è di due stelline.
In seguito ho iniziato
una nuova serie, ossia la Tetralogia di Bartimeus di Jonathan Stroud, con “L'anello
di Salomone” anche se fino all'ultimo sono rimasta combattuta se fosse il
volume giusto dal quale cominciare: in teoria questo è un prequel alla trilogia
originale scritto anni dopo la sua conclusione, ma nel volume unico edito da
Salani viene messo all'inizio ed indicato come primo libro.
A conti fatti credo
che entrambi gli ordini di lettura possano essere validi, perché la trama è
comprensibilissima già da questo libro e non ho trovato nessun riferimento
oscuro. La storia vede come protagonista Bartimeus, un jinn abbastanza forte ma
soprattutto molto astuto che come molti suoi simili è al servizio di uno dei
maghi supremi di Gerusalemme; la città è diventata il punto di convergenza per
i più potenti stregoni degli Stati limitrofi in virtù dell’Anello indossato da
re Salomone, capace di convocare in un attimo un esercito di spiriti ai suoi
comandi.
Sebbene la trama sia uno
dei punti deboli del libro a causa della sua prevedibilità, non voglio dire
nulla di più per evitare spoiler; anticipo soltanto che il libro vede come
coprotagonista Asmira, una guerriera proveniente dalla lontana Saba con la
missione di proteggere il suo regno dalla minaccia dell’Anello. Lei è
decisamente l’altro punto debole, perché ha una storia personale già letta
decine di volte e perché il suo personaggio mantiene un comportamento
detestabile per buona parte del volume, così che la svolta finale risulta
troppo affrettata.
Ma veniamo agli
aspetti positivo del romanzo. Innanzitutto il personaggio di Bartimeus è
caratterizzato in modo geniale e assolutamente accattivante, con la giusta
miscela di sarcasmo e sagacia: i suoi capitoli POV -gli unici ad essere narrati
in prima persona- sono decisamente i più godibili. Un’altra nota positiva è
data dall’interessante sistema magico collegato ad oggetti incantati e
all’evocazione degli spiriti; promuovo a pieni voti anche la scelta di dare un
taglio molto maturo a questo libro per ragazzi, affrontando anche tematiche
come la perdita, la lotta spietata per il potere e lo sfruttamento degli
schiavi.
Il mio voto è di quattro stelline e mezza.
Mi rimaneva ancora un
libro per poter concludere la mia TBR, quindi ho successivamente letto il
classico “La donna in bianco” di Wilkie Collins. Per questo romanzo
potete leggere QUI la mia recensione completa, mentre già vi anticipo che l’ho
valutato con quattro stelline.
Ho poi continuato la
serie All the Wrong Questions con “When
Did You See Her Last?”, sempre di Lemony
Snicket; questo romanzo presenta un nuovo caso per il duo Lemony /
Theodora, in particolare l’indagine verte sulla scomparsa di una giovane e
talentuosa chimica, unica speranza di poter ridare lustro alla cittadina ormai
quasi disabitata di Stain’d-by-the-Sea.
Ben presto diventa
chiaro che a questa indagine sono collegati strettamente altri personaggi già
incontrati nel primo volume, come il malvagio Hangfire o Ellington Feint,
ragazza tanto affascinante quanto indecifrabile. In questo secondo capitolo
tornano anche alcuni personaggi secondari che penso ci accompagneranno ormai
per tutta la tetralogia, oltre ad altri presi direttamente dalla serie
precedente dell’autore.
Ovviamente continuo a
consigliare questa opera, che a mio avviso dosa con accortezza riferimenti alla
letteratura e al mondo della musica nella trama principalmente investigativa;
valuto positivamente anche la scelta di concentrarsi su uno sviluppo verticale
della storia, vista la relativa brevità della serie.
Non mi sento di dare
un voto convenzionale al volume, ma posso dire che la storia mi sta
coinvolgendo molto e i personaggi di Moxie e Kit (seppur “fuori campo”) si
stanno dimostrando degli eccellenti esempi di modelli femminili per le lettrici
di ogni età.
L’ultima lettura mi
ha portato verso un tipo di narrazione che solitamente evito, ossia le short
stories. Dopo anni di sosta nella mia libreria ho deciso che era arrivato il
momento per “Cari mostri” di Stefano Benni, appunto una raccolta di
ben venticinque racconti brevi, in alcuni casi brevissimi.
Si parla principalmente
di mostri, ma non (solo) nel senso convenzionale del termine: l’autore cerca di
mostrare in chiave parodistica vari aspetti della società attuale che non
approva, sostanzialmente punendo i malvagi attraverso le figure dei mostri che
si trasformano quindi da creature spaventose ad angeli vendicatori.
Purtroppo non ho
apprezzato particolarmente questo libro, soprattutto perché non credo che sia
stato chiarito il target di riferimento; alcune delle storie sono fiabesche e
sembrano prese da una raccolta per bambini mentre altre sono decisamente mature,
piene di blasfemia, volgarità e violenza ai limiti del descrivibile. Insomma,
contenuti che potrebbero turbare anche un lettore adulto uniti a dei messaggi
perlopiù infantili, come sii gentile verso il tuo prossimo o rispetta
l’ambiente che ti circonda.
Di questa raccolta
salvo unicamente la critica all’eccessiva sterilità delle relazioni d’oggi, i
riferimenti ad alcuni mostri classici della letteratura come Dracula e, aspetto
decisamente più superficiale, la suggestiva copertina. Del resto, questo libro
non mi ha per nulla spaventato e le uniche risate sono state provocate dalle
citazioni alla contemporaneità, perché non credo si possa trovare nulla di
divertente in temi seri come la dipendenza da droghe o la pedofilia, se
trattati in modo così superficiale.
Il mio voto è di tre stelline.
DOVE COMPRARE QUESTI LIBRI
- "The Fate of the Tearling" di Erika Johansen
- "Who Could That Be at This Hour?" di Lemony Snicket
- "Il cavaliere inesistente" di Italo Calvino
- "Il labirinto delle streghe" di Jeanne Kalogridis
- "L'anello di Salomone" di Jonathan Stroud
- "When Did You See Her Last?" di Lemony Snicket
- "Cari mostri" di Stefano Benni
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