giovedì 20 agosto 2020

Decapitare giganti è un lavoro da donne - Recensione a "The Boneless Mercies" di April Genevieve Tucholke

«Glory. I wanted to touch it. Taste it... I would be remembered»

Decapitare giganti è un lavoro da donne

Recensione a "The Boneless Mercies" di April Genevieve Tucholke


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: The Boneless Mercies
AUTORE: April Genevieve Tucholke
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: -
EDITORE: Macmillan Publishing
COLLANA: Farrar Straud Giroux Books
PAGINE: 340
VOTO: 4 stelline

IL COMMENTO 


  "The Boneless Mercies" è un romanzo fantasy dai toni particolarmente epici, anche per merito dell'opera dalla quale si ispira; con questo titolo la Tucholke vorrebbe infatti proporci una riscrittura di "Beowulf" -poema anonimo scritto in inglese antico- ma con protagoniste delle ragazze al posto di guerrieri nerboruti.
  La storia non si discosta molto da quella che è la seconda celebre impresa di Beowulf nel mito, ossia la lotta contro la madre di Grendel nella grotta sotterranea. Vediamo infatti Frey e il suo gruppo di Boneless Mercies che, stanche del lavoro di assassine e del malcelato disprezzo del quale sono oggetto,

«"Cowering together like mice in the middle of a field... How very fitting for a group of death-traders."»

decidono di tentare la sorte raggiungendo la regione denominata Blue Vee per dare la caccia alla terrificante creatura che ne sta decimando gli abitanti.
  Il romanzo si focalizza principalmente sul viaggio, sia fisico che emotivo, delle protagoniste rispetto alla parte in cui giungono effettivamente a confrontarsi con la bestia del Blue Vee. Tutto considerato, la trama è abbastanza piatta e scontata, ma il gradevole stile della Tucholke, unito ad un'intelligente analisi dei personaggi e delle loro relazioni, non permettono al lettore di annoiarsi.
  In tema di rapporti, è di obbligo nominare principalmente il grande affetto che lega le Mercies,

«"No. I will not be left behind. We will fight this beast together."
And Hel, but I was relieved when she said this. [...] My life burned brighter with her in it.»

un'amicizia estremamente dolce e genuina, che si può percepire chiaramente in tutte le scene in cui le quattro ragazze interagiscono tra loro. Trovo sia stato gestito con molta attenzione anche il tropo dei "giovani assassini": il genere fantasy -sia YA che adult- pullula di ragazzini che si presentano come killer abili e spietati, ma nella pratica sono tutta apparenza (aka, non li si vede mai fare davvero gli assassini) oppure compiono il loro dovere in modo troppo meccanico e non riflettono mai sulle conseguenze o sulle implicazioni morali; le Mercies invece sono capaci di uccidere con determinazione ma anche di soffrire in modo autentico per le azioni che sono costrette a compiere per poter guadagnare qualche soldo.

«"Death tracks us, unwilling to let us go."
Ovie had been right. I couldn't seem to leave death behind no matter which choice I made or what path I took.»

La loro decisione di abbandonare questo lavoro non è mossa dalla sola bontà d'animo, ma da un vero desiderio di raggiungere qualcosa di meglio, di realizzarsi nella propria vita.
  L'ambientazione in cui si muovono le nostre protagoniste è estremamente ricca ed affascinante: pur pescando a piene mani dal folklore e dalla mitologia norrena, l'autrice ha saputo creare un mondo originale e vasto. Forse anche troppo, dal momento che al lettore vengono date tantissime informazioni che spesso si dimostrano inutili ai fini della storia; sono presenti intere frasi in cui si citano personaggi e luoghi dai nomi quasi impronunciabili,

«"[...] As far as I know, Keld is still the jarl of Hail and all else near here. He worships Forset, and you will lose a finger if you're caught."»

che non sentiremo mai più nominare. Da un lato questo contribuisce come detto a creare uno scenario realistico e vasto, ma dall'altro ho avuto la stessa sensazione sperimentata con la trilogia Il quarto elemento di Kat Ross (analizzo l'intera serie QUI), ossia un enorme potenziale sprecato per una storia tanto breve.
Cover britannica
  Altro problema abbastanza fastidioso è la continua mescolanza tra il realismo tipico del fantasy (per quanta magia possa essere presente) e la fantasia sfrenata delle storie epiche. Avrei preferito di gran lunga che l'autrice scegliesse uno dei due perché non solo alcune azioni dei personaggi sembrano irrazionali, come Trigve che non vuole dissotterrare la sua ascia, ma anche le affermazioni sugli elementi fantastici sono poco coerenti; ad esempio, quando stanno seguendo Logafell e i suoi lupi, prima dicono che queste creature riescono a non lasciare tracce al loro passaggio, ma poco dopo compare questa riflessione:

«"Logafell might have able to pull herself up those rocks," I whispered, "but her wolves sure couldn't. [...]"»

decisamente più razionale e logica, che porta il lettore a chiedersi per quale motivo i lupi, se possono quasi volare sulla neve, non riescano a scalare delle rocce.
  Ho trovato anche alcune forzature, soprattutto nell'ottica dell'ambientazione. La Tucholke ha voluto inserire alcuni tematiche moderne e se in alcuni casi è riuscita a farlo egregiamente, come il reclutamento delle donne del Blue Vee per sopperire alla mancanza di guerrieri, in altri si nota troppo questa volontà di attualizzare un mondo vicino al nostro Medioevo, come la Mercy che uccide per vendicare la morte di un cane. Altra forzatura è quella delle storie dei personaggi: pur essendo interessanti, sembra molto strano che per anni non si siano raccontati nulla e poi casualmente iniziano a spiattellare tutti i loro segreti più tragici.

«If Trigve wanted a distraction, he couldn't have asked for a better one. It was rare enough for Ovie to talk, but to also tell us about her past...»

  Per chi predilige gli elementi di un'avventura fantasy canonica, va anche segnalato che le scene di combattimento sono quasi assenti. O meglio, sono presenti diversi sconti -inevitabili, vista la trama- ma l'autrice glissa sopra di essi, riducendo a poche righe una lotta all'ultimo sangue,

«It was a hero's death. We wrestled in the water until his strength gave out, and then I pushed my knee into the small of his back to keep him down until the end.»

Personalmente non lo ritengo un grosso difetto, ma capisco che chi si approccia a un titolo che reimmagina la storia di Beowulf possa essere deluso da questa scelta narrativa.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO

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