Un classico datato 1989
Recensione a "Quel che resta del giorno" di Kazuo Ishiguro
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Quel che resta del giorno
AUTORE: Kazuo Ishiguro
TITOLO ORIGINALE: The Remains of the DayTRADUTTORE: Maria Antonietta Saracino
EDITORE: Einaudi
COLLANA: Super ET
PAGINE: 270
VOTO: 5 stelline
“Quel che resta del giorno” è un romanzo di narrativa generale
pubblicato nel 1989; vincitore nello stesso anno del Booker Prize, ha dato il
via all'ascesa letteraria di Kazuo Ishiguro, culminata nel 2017 con la meritata
assegnazione del Nobel per la letteratura.
La trama è
prevedibilmente povera di eventi e si dipana con la lentezza che sempre
caratterizza l'opera di Ishiguro, per poi acquistare di pagina in pagina
un'importanza ed una carica impreviste
«-Può darsi che la Storia stessa si
compia, sotto questo tetto, [...]»
sino al finale, ricco di emozioni e capace, a dispetto
dello sconforto generale, di trasmettere un positivo messaggio di speranza, che
mi ha ricordato per molti versi l'epilogo de “Olive Kitteridge” di Elizabeth
Strout (QUI la recensione).
La narrazione
copre due archi temporali, passando da un presente riconducibile agli anni '50
del secolo scorso a lunghi flashback ambientati a cavallo tra gli anni '20 e
'30. Protagonista e narratore è Mr Stevens, perfetta incarnazione del classico
maggiordomo inglese; l'uomo ha trascorso gran parte della sua vita alle
dipendenze di Lord Darlington e, trovandosi improvvisamente con un nuovo (e ben
diverso!) datore di lavoro, affronta una crisi lavorativa e personale con la
quale è incapace di venire a patti.
Un viaggio in
auto tra alcuni paesini della campagna inglese offre a Stevens degli spunti per
riflettere sugli eventi più importanti della sua vita da maggiordomo, durante
la quale ha sempre anelato ad un ideale di dignità, arrivando a seppellire ogni
sentimento ed impulso dietro ad una perenne maschera di compostezza formale. In
particolare, la narrazione al passato mette in contrapposizione due eventi, uno
tragico ed uno potenzialmente positivo, ed è interessante notare come per
entrambi la reazione del protagonista sia lo stesso freddo distacco emotivo.
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Cover britannica |
Come per gli
altri romanzi dell'autore che ho letto finora, la storia trova la sua perfetta
ambientazione nella provincia inglese; lunghi dall'essere uno mero scenario, la
patria d’adozione di Ishiguro si conquista a più riprese la scena, risultando sicuramente
una componente fondamentale all'interno dello stesso cast. Inoltre diversi
personaggi la evocano nei dialoghi
«Sì, perché voialtri [...] quando
mai avete occasione di andarvene in giro a visitare questo vostro meraviglioso
paese?»
in
una sorta di ode a quella terra, come pure fa il protagonista nei suoi pensieri
«[...] una qualità capace di
designare il panorama inglese [...] è probabilmente meglio riassunta nel
termine di “grandezza”.»
focalizzandosi
su una caratteristica che acquisisce per lui un significato ben più profondo,
portandolo poi ad associare se stesso allo spirito augusto e flemmatico
dell'Inghilterra stessa.
Il romanzo presenza una struttura atipica:
non sono presenti dei normali capitoli, bensì ogni sosta nell'itinerario di Mr
Stevens ottiene una parte a se stante che inizia generalmente con un riepilogo
del viaggio in auto, come una vera cronaca, per poi passare al viaggio tra i
ricordi, attraverso i quali rivalutare le scelte del passato.
Questa forma porta l'autore ad adottare la
narrazione in prima persona al presente, dando ai lettori la sensazione di
essere seduti al fianco di Stevens sulla Ford d’epoca mentre racconta, e
ricorda. È inoltre da notare che alcuni aspetti verranno poi ripresi ne “Il
gigante sepolto” (QUI la recensione), come la tematica dell'importanza del
ricordo, ma anche la scelta di un protagonista anziano con una storia tutta da
esplorare.
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