lunedì 30 settembre 2019

Wrap-Up - Letture di settembre 2019

Wrap-Up - Letture di settembre 2019


Questo settembre è stato caratterizzato da ben poche letture positive, ma devo ammettere che buona parte delle delusioni letterari del mese erano largamente prevedibili, quindi mea culpa!

Il primo volume è stato scelto tra i libri in TBR, ed è “Gargoyle” di Andrew Davidson. Romanzo polarising, come lo definirebbero gli anglofoni, ossia in grado di dividere nettamente l'opinione dei lettori, tra fan sfegatati e decisi detrattori. Per sapere in quale fazione mi sono schierata, potrete leggere QUI la mia recensione, ma già vi spoilero che l'ho valutato con ben cinque stelline.

La seconda lettura è stata “Cress” di Marissa Meyer, ossia il terzo volume in questa serie dedicata alla riscrittura in chiave futuristica di alcune fiabe popolari; in questo capitolo la fiaba prescelta è quella di Raperonzolo.
La storia riprendere pochi giorni dopo la fine di “Scarlet” (ne parlo QUI), con il gruppo dei protagonisti impegnato in attività imprescindibili per la salvezza del pianeta, come giocare a carte o ideare piani di un'ingenuità imbarazzante, a detta mia e -fonte ben più autorevole!- del caro dottor Erland. I nostri eroi vengono quindi contattati da quella che sarà la protagonista principale del volume, ovvero l'hacker Cress che si trova rinchiusa su un satellite in orbita attorno alla Terra: salvarla sarà solo l'inizio di una serie di nuove avventure.
Avevo delle aspettative abbastanza alte per questo libro, che sembra essere considerato un po' da tutti il migliore della saga, ma purtroppo ho visto riconfermati tutti i problemi dei capitoli precedenti. La trama è assolutamente prevedibile, nonché priva di reali momenti di tensione perché tutti i misteri che rallentano l'avanzamento della storia sono degni di una commedia degli equivoci; inoltre, con l'introduzione di così tanti personaggi, l'autrice deve aver capito di non poterli gestire tutti ed ha deciso di metterne un paio fuori gioco per facilitarsi le cose.
I principali problemi li ho però riscontrati nella caratterizzazione dei personaggi stessi: gli unici che mi sento di salvare per ora sono Cinder e Iko, Scarlet e Wolf (non pervenuti), Winter e Jacin (ottima impressione iniziale), mentre sono ancora perplessa dalla mancanza di spazio e motivazioni concrete di cui soffre Levana, che dovrebbe invece essere più presente in quanto antagonista principale. A dispetto delle mie funeste previsioni, Thorne mi ha infastidito solo a tratti e nel complesso credo sia migliorato dallo scorso libro. La vera delusione sono state Cress e Sybil, novella Madre Gothel.
La taumaturga compie delle azioni incredibilmente stupide e si rivela nel complesso un'antagonista scadente, mentre la nostra nuova eroina è caratterizzata in modo davvero assurdo: avrei potuto accettare i suoi continui piagnucolii (dopo Cinder e Scarlet è stato difficile accettare una protagonista così fastidiosa!), ma non riesco davvero a credere che una bambina di soli nove anni e ancor peggio autodidatta sia talmente brava da diventare la sola ed indispensabile hacker della corte lunare e possa aver vissuto in isolamento per sette anni senza alcuna ripercussione psicologica, tranne diventare una groupie. Per tacere delle sue riflessioni nei confronti degli altri personaggi, specialmente i ragazzi che vede tutti come bellissimi eroi, tanto che perfino nei momenti peggiori Thorne viene descritto come «un rottame, con la barba ispida e la sabbia nei capelli».
Ah, sì! c'è anche Kai... trasformato per l'occasione in un Enzo Miccio con gli occhi a mandorla e, come al solito, circondato da beoti peggiori di lui! Dirò soltanto che l'unica proposta intelligente per la sua sicurezza personale non viene da un consigliere o da un ministro ma dalla sua wedding planner.
Il mio voto è di tre stelline.

È arrivato poi il momento del classico di questo mese, ovvero “Mansfield Park”, libro per il quale potete trovare QUI il mio commento dettagliato. Seguendo l'ordine cronologico, in realtà avrei dovuto leggere questo libro prima di “Emma” (QUI la recensione), ma la mia valutazione per quest'ennesima commedia romantica firmata Jane Austen non ne ha risentito, ottenendo quattro stelline e mezza.

Questo mese ho concluso poi la serie All the Wrong Questions di Lemony Snicket con il quarto volume dal titolo “Why Is This Night Different from All Other Nights?”.
Il romanzo si apre a poca distanza dal termine del terzo capitolo e l’intera narrazione è ambientata durante un viaggio da Stain’d-by-the-Sea verso la città su un treno dove ritroviamo un po’ tutti i personaggi incontrati nei libri precedenti, ma soprattutto dove si svolge il confronto decisivo tra il nostro Lemony e la sua nemesi, Hangfire. Sulla falsariga di “Omicidio sull’Orient Express”, anche questo treno diventa lo scenario di un delitto che porta ad un’inevitabile indagine, trasformando questo volume in quello dei quattro che più si avvicina al genere giallo, senza far mancare nella risoluzione finale le tanto attese risposte ai misteri collegati alla statua della Bombinating Beast e alla genesi della Inhumane Society.
Il romanzo presenta dei colpi di scena imprevedibili, seppur sempre sveltati in modo quasi casuale, nonché un’interessante cast di personaggi tra i quali si distinguono il malinconico protagonista ed il gruppo dei giovani volontari, mentre per quanto riguarda alcuni dei personaggi più adulti sono rimasta un po’ perplessa dalla mancanza di un’effettiva evoluzione in ben quattro libri.
Nel complesso sono davvero soddisfatta dalla lettura di questa “nuova” serie di Snicket e la ritengo molto valida, anche se scritta per un pubblico abbastanza giovane; inoltre le illustrazioni, che in un primo momento non mi avevano convinto, si sono rivelate davvero azzeccate per questa storia, tanto quanto lo erano quelle decisamente più cupe e quasi burtoniane di Una serie di sfortunati eventi.

Per la quinta lettura ho ripreso mano alla TBR con “Le solite sospette” di John Niven, romanzo dal taglio umoristico e con un lessico molto spesso scurrile che parte un po’ svantaggiato per la copertina scelta nell’edizione targata Einaudi: nessuna delle protagoniste assomiglia neppure vagamente all’anziana sulla cover, ma per lo meno si può intuire dove porterà la trama.
Accantonato lo stile satirico e volutamente scioccante di Niven, che già avevo potuto conoscere in “A volte ritorno” (QUI la recensione), questo romanzo si fa subito notare per una storia concreta e più vicina alla realtà: Susan, Julie, Ethel e Jill sono quattro signore non più nel fiore degli anni che per motivi diversi si trovano ad aver bisogno di parecchi soldi, ed ecco spuntare l’idea di una rapina per risolvere tutti i loro problemi. Al quartetto si aggiunge via via un ricco cast di personaggi, alcuni al limite del demenziale come il detective Boscombe che con il proseguire della storia assomiglia sempre più all'iconico ispettore Zenigata, nella sua lotta contro le quattro ladre.
Come accennato, il romanzo unisce la caratteristica narrazione dell’autore alle vicende di queste donne abbastanza comuni, in cui non è difficile riconoscere se non se stessi almeno delle persone a noi vicine. Jill con il nipote affetto da una malattia rara, o Julie che si chiede quale sarà il suo futuro a sessant'anni, risultano dei personaggi credibili nella loro caratterizzazione anche se a tratti sopra le righe.
Il libro diverte e scorre veloce, grazie soprattutto ai capitoli brevi, che quasi fanno passare inosservati alcuni dettagli stonati, come Tamalov che collega subito Susan a “Paura” quando poteva essere chiunque di loro o l'eccessivo stravolgimento della stessa Susan, o ancora il poco spazio dato a Jill nella parte centrale del libro.
E se enunciare le età delle protagoniste ha un senso, sinceramente non ho ben capito perché si dovessero fare lo stesso perfino con le comparse.
Il mio voto è di quattro stelline.

Come ultimo libro tra quelli in TBR, mi sono riservata il peggiore; so bene che non si dovrebbe partire prevenuti ma visti i precedenti già potevo immaginare che “Una regina al potere” di Matteo Strukul non sarebbe stato il caso editoriale promesso in quarta di copertina.
Il caro Strukul si concentra questa volta su Caterina de' Medici, sovrana di Francia durante il regno del marito Enrico II e poi reggente per due dei suoi figli. Rispetto a “Un uomo al potere” (ne parlo QUI), la scena si sposta pertanto avanti nel tempo (Caterina è la bisnipote di Lorenzo il Magnifico) e nello spazio, portandoci infatti oltre le Alpi.
Come capire che siamo arrivati nella Patria di Lady Oscar? Perché, proprio come ne celebre anime degli anni Settanta, gli occhi dei personaggi luccicano di continuo, come segnale di sfida o di intenzioni malvagie.
Inutile dire che il romanzo ripropone tutti i problemi già riscontrati nei volumi precedenti, come dialoghi riempitivi, metafore illogiche e banalissime frasi fatte, ma qui spunta anche qualche errore storico: ad esempio, viene detto che Maria Stuarda ha diciotto anni al momento di sposare il futuro Francesco II mentre la regina di Scozia nel 1558 era soltanto sedicenne, si parla come di un fatto certo della relazione tra Enrico III e la sorella Margot -in realtà una mera supposizione-, o ancora viene dato grande spazio alla rivalità tra Caterina e Diana di Poitiers dimenticano totalmente di menzionare le altre amanti di Enrico II, dalle quali il sovrano ebbe almeno tre figli illegittimi! come pure viene del tutto scordato uno dei figli di Caterina, Francesco Ercole.
Qui voglio però concentrarmi sul problema principale di questo libro, ovvero la rappresentazione dei personaggi femminili. Come Strukul ci ha ormai abituato, le donne nel suoi libri sono drasticamente divise tra sante (ossia le donne della famiglia Medici) e prostitute; caso vuole che l'autore si sia trovato a dover rendere una donna protagonista in questo caso, e quindi come caratterizzarla?
Voglio immaginare che l'autore si sia tuffato nella lettura di libri Harmony per creare il personaggio di Caterina, perché l'alternativa sono i romance YA da quattro soldi. Nonostante i suoi trent'anni suonati, la regina si comporta ancora come una ragazzina: ripete in continuazione di essere brutta e fa confronti in tal senso con Diana, bollata come la causa di tutti i suoi problemi, compreso il non-amore di Enrico che lei continua ad adorare senza alcun motivo. E nella parte finale il problema si fa ancora più evidente perché, con l'intenzione di dimostrare la sua imperitura bontà d'animo, l'autore finisce per dipingerla come una totale bipolare.
Il mio voto è di una stellina.

La prima lettura “libera” è stato il secondo libro in inglese del mese, ed anche il secondo libro di Marissa Meyer; ho voluto infatti arricchire la mia analisi della serie Cronache Lunari con la novella “Fairest: Levana's Story”, incentrata com'è facile intuire dal titolo sul personaggio della regina Levana.
Questo romanzo breve inizia con l'omicidio del genitori di Levana e Channary e l'incoronazione di quest'ultima a nuova sovrana della Luna; oltre alle due sorelle, la narrazione si concentra anche sulla relazione tra Levana ed il suo primo marito Evret Hayle, il padre di Winter, e in tono minore sull'ascesa di Sybil Mira a capo dei taumaturghi.
Avevo ridimensionato le mie aspettative dopo “Cress”, ma speravo comunque che questo libro avrebbe messo in chiaro le motivazioni della nostra antagonista e a lettura ultimata posso dire che pur rispondendo a molte domande, il volume va inevitabilmente a generare ulteriori quesiti, specialmente sulla vita dei Lunari.
Ad esempio scopriamo che la famiglia Blackburn è al potere da quando il loro capostipite Cyprus ha trasformato la repubblica lunare in una monarchia ereditaria grazie al suo dono lunare; e in tutto ciò i terresti si limitano ad ignorare il problema? perdendo la loro preziosa colonia sulla quale hanno investito fior fiore di risorse?
E proprio riguardo alle risorse, che sembrano essere l'unico motivo per cui Levana ambisce a conquistare la Terra: perché volersi sposare ad ogni costo, quando sarebbe stato sufficiente ricattare i terresti con l'antidoto per la letumosi?
Inoltre questo volume è ambientato meno di vent'anni prima di “Cinder” (ne parlo QUI), ma alla corte lunare sembra di essere nell'Ottocento con sarte, balli e le donne che indossano sempre e solo abiti eleganti, e non si vede neppure l'ombra di un robot! E ancora, da chi è formata questa fantomatica corte? chi sono i membri delle famiglie nobili? I più benestanti o chi ha sviluppato maggiormente il dono lunare?
Lasciando da parte le domande (potrei continuare per ore!), anche la caratterizzazione dei personaggi non mi ha convinta del tutto. Tra i protagonisti salvo solo Evret, che devo ammettere mi ha fatto una gran pena; Channary è piatta e stereotipata (mi ha ricordato Elyssa Raleigh della serie The Tearling, e non è un gran complimento!), mentre Levana ha molto spazio ma risulta comunque impossibile percepire il minimo coinvolgimento con la sua vicenda: sarebbe come provare pena per Hitler dopo aver scoperto che non l'hanno ammesso all'Accademia delle Belle Arti di Vienna.

Mi sono poi tuffata in un romanzo acquistato di recente, pur avendo letto dalle recensioni non proprio entusiasmanti. Ho voluto comunque dare una chance a “Fandom” di Anna Day, e QUI potete trovare il mio commento dettagliato, ma sappiate già d'ora che la mia valutazione è stata di due stelline.

Alla fine del mese ho completato anche la lettura di una serie, ovvero la trilogia Captive Prince di C.S. Pacat, con il terzo volume intitolato “L'ascesa dei re”. Per questa serie ho già pubblicato un post per la rubrica Lettura d'Insieme che potete trovare QUI, dove valuto l'opera nel suo complesso, perciò ora mi limiterò a parlare dell'ultimo romanzo.
La storia riprende dal termine de “La mossa del principe” (ne parlo QUI), con Damen finalmente costretto a rivelare la sua vera identità e Laurent impegnato nella guerra contro lo zio usurpatore. E mai come in questo volume si percepiscono i problemi di ritmo nella narrazione, con battaglie campali risolte in poche righe da un lato e scene marginali proposte più e più volte dall'altro; la Pacat inoltre ha inserito troppe problematiche da risolvere in un numero esiguo di pagine, con il risultato di ottenere un finale davvero affrettato.
Ciò che mi ha maggiormente infastidito, oltre alla leggerezza con cui vengono descritti i confronti politici, è lo sdoppiamento di Laurent, finora l'unico personaggio ben caratterizzato: per dare finalmente uno sviluppo al lato romance della storia, l'autrice ha deciso di stravolgere il povero principe solo in un paio di scene e di mantenerlo “normale” (ossia distaccato e cinico) per il resto della storia.
In generale la maggior parte del romanzo va ha creare delle aspettative che il finale delude in pieno, come gli interminabili capitoli dedicati alle alleanze strategiche per formare l'inutile esercito, o ancora la ridicola storyline incentrata sul figlio di Jocasta.
Oltre ai protagonisti, gli altri personaggi sono pesantemente stereotipati e la serie si dimostra nulla più della fanfiction che era in origine. Peccato, perché l'idea iniziale prometteva di meglio.
Il mio voto è di due stelline e mezza.

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