Wrap-Up - Letture di settembre 2019
Questo settembre è
stato caratterizzato da ben poche letture positive, ma devo ammettere che buona
parte delle delusioni letterari del mese erano largamente prevedibili, quindi
mea culpa!
Il primo volume è
stato scelto tra i libri in TBR, ed è “Gargoyle”
di Andrew Davidson. Romanzo
polarising, come lo definirebbero gli anglofoni, ossia in grado di dividere
nettamente l'opinione dei lettori, tra fan sfegatati e decisi detrattori. Per sapere
in quale fazione mi sono schierata, potrete leggere QUI la mia recensione, ma
già vi spoilero che l'ho valutato con ben cinque
stelline.
La seconda lettura è
stata “Cress” di Marissa Meyer, ossia il terzo volume in
questa serie dedicata alla riscrittura in chiave futuristica di alcune fiabe
popolari; in questo capitolo la fiaba prescelta è quella di Raperonzolo.
La storia riprendere
pochi giorni dopo la fine di “Scarlet” (ne parlo QUI), con il gruppo dei
protagonisti impegnato in attività imprescindibili per la salvezza del pianeta,
come giocare a carte o ideare piani di un'ingenuità imbarazzante, a detta mia e
-fonte ben più autorevole!- del caro dottor Erland. I nostri eroi vengono
quindi contattati da quella che sarà la protagonista principale del volume,
ovvero l'hacker Cress che si trova rinchiusa su un satellite in orbita attorno
alla Terra: salvarla sarà solo l'inizio di una serie di nuove avventure.
Avevo delle
aspettative abbastanza alte per questo libro, che sembra essere considerato un
po' da tutti il migliore della saga, ma purtroppo ho visto riconfermati tutti i
problemi dei capitoli precedenti. La trama è assolutamente prevedibile, nonché
priva di reali momenti di tensione perché tutti i misteri che rallentano l'avanzamento
della storia sono degni di una commedia degli equivoci; inoltre, con
l'introduzione di così tanti personaggi, l'autrice deve aver capito di non
poterli gestire tutti ed ha deciso di metterne un paio fuori gioco per
facilitarsi le cose.
I principali problemi
li ho però riscontrati nella caratterizzazione dei personaggi stessi: gli unici
che mi sento di salvare per ora sono Cinder e Iko, Scarlet e Wolf (non
pervenuti), Winter e Jacin (ottima impressione iniziale), mentre sono ancora
perplessa dalla mancanza di spazio e motivazioni concrete di cui soffre Levana,
che dovrebbe invece essere più presente in quanto antagonista principale. A
dispetto delle mie funeste previsioni, Thorne mi ha infastidito solo a tratti e
nel complesso credo sia migliorato dallo scorso libro. La vera delusione sono
state Cress e Sybil, novella Madre Gothel.
La taumaturga compie
delle azioni incredibilmente stupide e si rivela nel complesso un'antagonista
scadente, mentre la nostra nuova eroina è caratterizzata in modo davvero
assurdo: avrei potuto accettare i suoi continui piagnucolii (dopo Cinder e
Scarlet è stato difficile accettare una protagonista così fastidiosa!), ma non
riesco davvero a credere che una bambina di soli nove anni e ancor peggio
autodidatta sia talmente brava da diventare la sola ed indispensabile hacker
della corte lunare e possa aver vissuto in isolamento per sette anni senza
alcuna ripercussione psicologica, tranne diventare una groupie. Per tacere
delle sue riflessioni nei confronti degli altri personaggi, specialmente i
ragazzi che vede tutti come bellissimi eroi, tanto che perfino nei momenti
peggiori Thorne viene descritto come «un rottame, con la barba ispida e la
sabbia nei capelli».
Ah, sì! c'è anche
Kai... trasformato per l'occasione in un Enzo Miccio con gli occhi a mandorla
e, come al solito, circondato da beoti peggiori di lui! Dirò soltanto che
l'unica proposta intelligente per la sua sicurezza personale non viene da un
consigliere o da un ministro ma dalla sua wedding planner.
Il mio voto è di tre stelline.
È arrivato poi il
momento del classico di questo mese, ovvero “Mansfield Park”, libro per il quale potete trovare QUI il mio
commento dettagliato. Seguendo l'ordine cronologico, in realtà avrei dovuto
leggere questo libro prima di “Emma” (QUI la recensione), ma la mia valutazione
per quest'ennesima commedia romantica firmata Jane Austen non ne ha risentito, ottenendo quattro stelline e mezza.
Questo mese ho
concluso poi la serie All the Wrong Questions di Lemony Snicket con il quarto volume dal titolo “Why Is This Night Different from All Other
Nights?”.
Il romanzo si apre a
poca distanza dal termine del terzo capitolo e l’intera narrazione è ambientata
durante un viaggio da Stain’d-by-the-Sea verso la città su un treno dove ritroviamo
un po’ tutti i personaggi incontrati nei libri precedenti, ma soprattutto dove
si svolge il confronto decisivo tra il nostro Lemony e la sua nemesi, Hangfire.
Sulla falsariga di “Omicidio sull’Orient Express”, anche questo treno diventa
lo scenario di un delitto che porta ad un’inevitabile indagine, trasformando
questo volume in quello dei quattro che più si avvicina al genere giallo, senza
far mancare nella risoluzione finale le tanto attese risposte ai misteri
collegati alla statua della Bombinating Beast e alla genesi della Inhumane
Society.
Il romanzo presenta
dei colpi di scena imprevedibili, seppur sempre sveltati in modo quasi casuale,
nonché un’interessante cast di personaggi tra i quali si distinguono il
malinconico protagonista ed il gruppo dei giovani volontari, mentre per quanto
riguarda alcuni dei personaggi più adulti sono rimasta un po’ perplessa dalla
mancanza di un’effettiva evoluzione in ben quattro libri.
Nel complesso sono
davvero soddisfatta dalla lettura di questa “nuova” serie di Snicket e la
ritengo molto valida, anche se scritta per un pubblico abbastanza giovane;
inoltre le illustrazioni, che in un primo momento non mi avevano convinto, si
sono rivelate davvero azzeccate per questa storia, tanto quanto lo erano quelle
decisamente più cupe e quasi burtoniane di Una serie di sfortunati eventi.
Per la quinta lettura
ho ripreso mano alla TBR con “Le solite
sospette” di John Niven, romanzo
dal taglio umoristico e con un lessico molto spesso scurrile che parte un po’
svantaggiato per la copertina scelta nell’edizione targata Einaudi: nessuna
delle protagoniste assomiglia neppure vagamente all’anziana sulla cover, ma per
lo meno si può intuire dove porterà la trama.
Accantonato lo stile
satirico e volutamente scioccante di Niven, che già avevo potuto conoscere in
“A volte ritorno” (QUI la recensione), questo romanzo si fa subito notare per
una storia concreta e più vicina alla realtà: Susan, Julie, Ethel e Jill sono
quattro signore non più nel fiore degli anni che per motivi diversi si trovano
ad aver bisogno di parecchi soldi, ed ecco spuntare l’idea di una rapina per
risolvere tutti i loro problemi. Al quartetto si aggiunge via via un ricco cast
di personaggi, alcuni al limite del demenziale come il detective Boscombe che
con il proseguire della storia assomiglia sempre più all'iconico ispettore
Zenigata, nella sua lotta contro le quattro ladre.
Come accennato, il
romanzo unisce la caratteristica narrazione dell’autore alle vicende di queste
donne abbastanza comuni, in cui non è difficile riconoscere se non se stessi
almeno delle persone a noi vicine. Jill con il nipote affetto da una malattia
rara, o Julie che si chiede quale sarà il suo futuro a sessant'anni, risultano
dei personaggi credibili nella loro caratterizzazione anche se a tratti sopra
le righe.
Il libro diverte e
scorre veloce, grazie soprattutto ai capitoli brevi, che quasi fanno passare
inosservati alcuni dettagli stonati, come Tamalov che collega subito Susan a
“Paura” quando poteva essere chiunque di loro o l'eccessivo stravolgimento
della stessa Susan, o ancora il poco spazio dato a Jill nella parte centrale
del libro.
E se enunciare le età
delle protagoniste ha un senso, sinceramente non ho ben capito perché si
dovessero fare lo stesso perfino con le comparse.
Il mio voto è di quattro stelline.
Come ultimo libro tra
quelli in TBR, mi sono riservata il peggiore; so bene che non si dovrebbe
partire prevenuti ma visti i precedenti già potevo immaginare che “Una regina al potere” di Matteo Strukul non sarebbe stato il
caso editoriale promesso in quarta di copertina.
Il caro Strukul si
concentra questa volta su Caterina de' Medici, sovrana di Francia durante il
regno del marito Enrico II e poi reggente per due dei suoi figli. Rispetto a
“Un uomo al potere” (ne parlo QUI), la scena si sposta pertanto avanti nel
tempo (Caterina è la bisnipote di Lorenzo il Magnifico) e nello spazio,
portandoci infatti oltre le Alpi.
Come capire che siamo
arrivati nella Patria di Lady Oscar? Perché, proprio come ne celebre anime
degli anni Settanta, gli occhi dei personaggi luccicano di continuo, come
segnale di sfida o di intenzioni malvagie.
Inutile dire che il
romanzo ripropone tutti i problemi già riscontrati nei volumi precedenti, come
dialoghi riempitivi, metafore illogiche e banalissime frasi fatte, ma qui
spunta anche qualche errore storico: ad esempio, viene detto che Maria Stuarda
ha diciotto anni al momento di sposare il futuro Francesco II mentre la regina
di Scozia nel 1558 era soltanto sedicenne, si parla come di un fatto certo
della relazione tra Enrico III e la sorella Margot -in realtà una mera
supposizione-, o ancora viene dato grande spazio alla rivalità tra Caterina e
Diana di Poitiers dimenticano totalmente di menzionare le altre amanti di
Enrico II, dalle quali il sovrano ebbe almeno tre figli illegittimi! come pure
viene del tutto scordato uno dei figli di Caterina, Francesco Ercole.
Qui voglio però
concentrarmi sul problema principale di questo libro, ovvero la
rappresentazione dei personaggi femminili. Come Strukul ci ha ormai abituato,
le donne nel suoi libri sono drasticamente divise tra sante (ossia le donne
della famiglia Medici) e prostitute; caso vuole che l'autore si sia trovato a
dover rendere una donna protagonista in questo caso, e quindi come
caratterizzarla?
Voglio immaginare che
l'autore si sia tuffato nella lettura di libri Harmony per creare il
personaggio di Caterina, perché l'alternativa sono i romance YA da quattro
soldi. Nonostante i suoi trent'anni suonati, la regina si comporta ancora come
una ragazzina: ripete in continuazione di essere brutta e fa confronti in tal
senso con Diana, bollata come la causa di tutti i suoi problemi, compreso il
non-amore di Enrico che lei continua ad adorare senza alcun motivo. E nella
parte finale il problema si fa ancora più evidente perché, con l'intenzione di
dimostrare la sua imperitura bontà d'animo, l'autore finisce per dipingerla
come una totale bipolare.
Il mio voto è di una stellina.
La prima lettura
“libera” è stato il secondo libro in inglese del mese, ed anche il secondo
libro di Marissa Meyer; ho voluto
infatti arricchire la mia analisi della serie Cronache Lunari con la novella “Fairest: Levana's Story”, incentrata
com'è facile intuire dal titolo sul personaggio della regina Levana.
Questo romanzo breve
inizia con l'omicidio del genitori di Levana e Channary e l'incoronazione di
quest'ultima a nuova sovrana della Luna; oltre alle due sorelle, la narrazione
si concentra anche sulla relazione tra Levana ed il suo primo marito Evret
Hayle, il padre di Winter, e in tono minore sull'ascesa di Sybil Mira a capo
dei taumaturghi.
Avevo ridimensionato
le mie aspettative dopo “Cress”, ma speravo comunque che questo libro avrebbe
messo in chiaro le motivazioni della nostra antagonista e a lettura ultimata
posso dire che pur rispondendo a molte domande, il volume va inevitabilmente a
generare ulteriori quesiti, specialmente sulla vita dei Lunari.
Ad esempio scopriamo
che la famiglia Blackburn è al potere da quando il loro capostipite Cyprus ha
trasformato la repubblica lunare in una monarchia ereditaria grazie al suo dono
lunare; e in tutto ciò i terresti si limitano ad ignorare il problema? perdendo
la loro preziosa colonia sulla quale hanno investito fior fiore di risorse?
E proprio riguardo
alle risorse, che sembrano essere l'unico motivo per cui Levana ambisce a
conquistare la Terra: perché volersi sposare ad ogni costo, quando sarebbe
stato sufficiente ricattare i terresti con l'antidoto per la letumosi?
Inoltre questo volume
è ambientato meno di vent'anni prima di “Cinder” (ne parlo QUI), ma alla corte
lunare sembra di essere nell'Ottocento con sarte, balli e le donne che
indossano sempre e solo abiti eleganti, e non si vede neppure l'ombra di un
robot! E ancora, da chi è formata questa fantomatica corte? chi sono i membri
delle famiglie nobili? I più benestanti o chi ha sviluppato maggiormente il
dono lunare?
Lasciando da parte le
domande (potrei continuare per ore!), anche la caratterizzazione dei personaggi
non mi ha convinta del tutto. Tra i protagonisti salvo solo Evret, che devo ammettere
mi ha fatto una gran pena; Channary è piatta e stereotipata (mi ha ricordato
Elyssa Raleigh della serie The Tearling, e non è un gran complimento!), mentre
Levana ha molto spazio ma risulta comunque impossibile percepire il minimo
coinvolgimento con la sua vicenda: sarebbe come provare pena per Hitler dopo
aver scoperto che non l'hanno ammesso all'Accademia delle Belle Arti di Vienna.
Mi sono poi tuffata
in un romanzo acquistato di recente, pur avendo letto dalle recensioni non
proprio entusiasmanti. Ho voluto comunque dare una chance a “Fandom” di Anna Day, e QUI potete trovare il mio commento dettagliato, ma
sappiate già d'ora che la mia valutazione è stata di due stelline.
Alla fine del mese ho
completato anche la lettura di una serie, ovvero la trilogia Captive Prince di C.S. Pacat, con il terzo volume
intitolato “L'ascesa dei re”. Per
questa serie ho già pubblicato un post per la rubrica Lettura d'Insieme che
potete trovare QUI, dove valuto l'opera nel suo complesso, perciò ora mi
limiterò a parlare dell'ultimo romanzo.
La storia riprende dal
termine de “La mossa del principe” (ne parlo QUI), con Damen finalmente
costretto a rivelare la sua vera identità e Laurent impegnato nella guerra
contro lo zio usurpatore. E mai come in questo volume si percepiscono i
problemi di ritmo nella narrazione, con battaglie campali risolte in poche
righe da un lato e scene marginali proposte più e più volte dall'altro; la
Pacat inoltre ha inserito troppe problematiche da risolvere in un numero esiguo
di pagine, con il risultato di ottenere un finale davvero affrettato.
Ciò che mi ha
maggiormente infastidito, oltre alla leggerezza con cui vengono descritti i
confronti politici, è lo sdoppiamento di Laurent, finora l'unico personaggio
ben caratterizzato: per dare finalmente uno sviluppo al lato romance della
storia, l'autrice ha deciso di stravolgere il povero principe solo in un paio
di scene e di mantenerlo “normale” (ossia distaccato e cinico) per il resto
della storia.
In generale la
maggior parte del romanzo va ha creare delle aspettative che il finale delude
in pieno, come gli interminabili capitoli dedicati alle alleanze strategiche
per formare l'inutile esercito, o ancora la ridicola storyline incentrata sul
figlio di Jocasta.
Oltre ai
protagonisti, gli altri personaggi sono pesantemente stereotipati e la serie si
dimostra nulla più della fanfiction che era in origine. Peccato, perché l'idea
iniziale prometteva di meglio.
Il mio voto è di due stelline e mezza.
- "Cress" di Marissa Meyer
- "Why Is This Night Different from All Other Nights?" di Lemony Snicket
- "Le solite sospette" di John Niven
- "Una regina al potere" di Matteo Strukul
- "Fairest: Levana's Story" di Marissa Meyer
- "L'ascesa dei re" di C.S. Pacat
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