«Io ho paura. Ho paura di noi»
Un classico al mese
"Il Signore delle Mosche" di William Golding

LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: Il Signore delle Mosche
AUTORE: William Golding
TITOLO ORIGINALE: Lord of the Flies
TRADUTTORE: Filippo Donini
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar Moderni
PAGINE: 210
VOTO: 5 stelline
TRADUTTORE: Filippo Donini
EDITORE: Mondadori
COLLANA: Oscar Moderni
PAGINE: 210
VOTO: 5 stelline
"Il Signore delle Mosche" è romanzo
a tesi che rientra per molti aspetti nel genere della distopia classica,
risultando idealmente vicino soprattutto a "La fattoria degli
animali" di George Orwell (QUI la recensione) con il quale condivide il
passaggio dall'illusoria utopia, conseguenza di una situazione di improvvisa
libertà (in un caso dal fattore Jones, nell'altro dagli adulti), alla violenta
distruzione di ogni traccia di civiltà.
La trama, sfruttata da un moltitudine di
romanzi successivi come "Battle Royale" di Koushun Takami o la
trilogia The Hunger Games di Susanne Collins, ci porta su un'isola deserta dove
-dopo un tragico incidente aereo- si trovano a naufragare un gruppo di
ragazzini inglesi, senza alcun genitore o insegnante che possa vigilare su di
loro. In un primo momento questa situazione sembra quasi idilliaca, con i
bambini entusiasti di questo luogo incontaminato
«Accarezzò un momento il tronco di
palma e, costretto alla fine a cedere alla realtà dell'isola, rise di nuovo di
gioia e fece un'altra capriola.»
e dell'assenza di
imposizioni esterne. Due ragazzi decidono di riunire gli altri usando una
conchiglia, oggetto che diventerà ben presto simbolo della loro neonata
società, tanto da perdere poi progressivamente colore con la scomparsa di
limiti morali; infatti, inizialmente i protagonisti dimostrano un naturale
ribrezzo nei confronti della violenza, com'è evidente nel loro primo incontro
con uno dei maiali che popolano l'isola:
«Lo sapevano benissimo perché non
l'aveva colpito: per quell'enormità del coltello che scendeva a immergersi
nella carne viva, per quella cosa insopportabile, quel sangue.»
non passa però molto
tempo perché la caccia diventi non solo accettata, ma anche vista come qualcosa
di emozionante e più importante del fuoco per le segnalazioni o della cura dei
piccoli.
«"Io ho continuato", disse
Jack. "Li ho lasciati andare. Io dovevo continuare. Io..."
Cercava di far capire il bisogno che
aveva d'inseguire e di uccidere, un bisogno irresistibile.»
La situazione si fa quindi via via più
brutale, specialmente nel momento in cui i personaggi iniziano a considerare
come vere delle paure irrazionali: ecco che un paracadutista precipitato nella
notte diventa una bestia feroce da temere
«"Ma le leggi sono l'unica cosa
che abbiamo!"
Ma Jack gli gridava contro, in piena
rivolta.
"Chi se ne frega delle leggi!
Noi siamo forti... siamo cacciatori! Se c'è una bestia, le daremo la caccia!
[...]"»
o alla quale offrire
sacrifici. Il ritorno ad un comportamento da primitivi fa sì che si perda anche
il desiderio di essere salvati e lasciare l'isola, come capitava agli abitanti
de "Il condominio" di J.G. Ballard (QUI la recensione), pur
rendendosi conto del rischio concreto di poter morire lì.

«[...] se qualcuno aveva dato prova
di intelligenza era Piggy, mentre era ovvio che Jack aveva la stoffa del capo.
Ma c'era qualcosa di eccezionale nella calma con cui Ralph sedeva immobile.»
I dialoghi sono il tallone d'Achille del
romanzo, perché spesso risulta incomprensibile chi stia parlando e quale tono
venga adottato, specie nelle scene in cui sono presenti molti personaggi;
l'autore sembra non voler perdere tempo ad indicare le voci nelle
conversazioni, come avesse troppa fretta di riportare ciò che viene detto.
Molto valide e suggestive sono invece le
descrizioni dell'isola, e non solo; Golding non usa delle immagini troppo
ricercate, puntando invece su in risultato immediato e più efficace: ecco come
la luna calante si trasforma in un'unghia, il fulmine che brilla in cielo in
una cicatrice e le fiamme in movimento da un ramo all'altro in uno scoiattolo
salterino.
Il romanzo è ricco di simbolismi,
concretizzati in diverse immagini evocative, ognuna con un significato da
scoprire: la già menzionata conchiglia, il fuoco in cima alla montagna, la
testa del maiale, la danza dei cacciatori. L'autore crea anche degli
interessanti parallelismi, come nella scena in cui uno dei piccoli lancia della
sabbia mentre poi vediamo Roger lanciare ben altro sull'inconsapevole Henry.
«Il braccio di Roger era
condizionato da un civiltà che non sapeva nulla di lui ed era in rovina.»
Da notare anche come il solo a comprendere la
realtà dietro le sciocche superstizioni sia Simon. Lui è l'unico a cercare di
scoprire e poi comprendere la vera natura della bestia,
«[...] Simon si volse verso la
povera figura spezzata che giaceva accanto a lui e ammorbava l'aria. La bestia
era innocua e orribile: bisognava farlo sapere a tutti al più presto.»
ma al tempo stesso è
il più folle di tutto il gruppo. La pazzia diventa quindi sinonimo di
razionalità, mentre i sani hanno ceduto al loro lato bestiale.
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