«Un unico pensiero mi tornava continuamente in mente: Che razza di mostruosa famiglia è mai questa?»
La fiera delle ovvietà
Recensione ad "Alla corte dei Borgia" di Jeanne Kalogridis
TITOLO: Alla corte dei Borgia
AUTORE: Jeanne Kalogridis
TITOLO ORIGINALE: The Borgia BrideTRADUTTORE: Marina Visentin
EDITORE: TEA
COLLANA: Teadue
PAGINE: 580
VOTO: 3 stelline
"Alla corte dei Borgia" è un romanzo storico
ambientato nel centro del periodo rinascimentale, in particolare tra il Regno
di Napoli e lo Stato Pontificio. La trama segue la vita di Sancia d'Aragona,
figlia illegittima di Alfonso II, dall'infanzia fino alla vita adulta.
Nella prima
parte vediamo la giovane Sancia crescere alla corte di Napoli, divisa tra la
genuina bontà del fratello minore Alfonso e la crudeltà dimostrata dal padre e
dal nonno. La famiglia Borgia tanto sbandierata nel titolo non fa la sua
comparsa se non ad un terzo del volume; o meglio, i membri più noti come
Lucrezia e Cesare non si vedono nelle prime duecento pagine, ossia quando
Sancia è costretta a trasferirsi a Roma con il marito Goffredo, figlio di papa
Alessandro VI. A contatto con i Borgia, Sancia diventa più risoluta ed avvezza
ad inganni e tradimenti di ogni sorta, in un luogo dove pullulano spie e
sicari.
Sulla trama
non ho particolari obbiezioni perché alla fine deve seguire gli eventi storici,
anche se l'autrice da come dati di fatto parecchi pettegolezzi dell'epoca. Tutto
un altro paio di maniche sono i personaggi che, quando non scompaiono tra una
pagina e l'altra (qualcuno ha più visto il principe Djem il Turco?), peccano di
una caratterizzazione sufficientemente solida: il risultato è l'incapacità del
lettore di affezionarsi a loro.
Sulle
relazioni interpersonali potrei spendere pagine e pagine, perché si creano e
poggiano letteralmente sul nulla, tanto che abbiamo non uno ma ben due casi di
insta-love!
«Non lo volevo, non lo avevo cercato
e tuttavia stava accadendo, e io ero completamente alla sua mercé. E non sapevo
nulla dell'uomo che mi aveva appena rubato l'anima.»
E proprio su queste "granitiche" basi poggia
il rapporto principale del romanzo, ossia quello tra Sancia e Cesare Borgia,
una delle storie d'amore (immaginate una sfilza di virgolette sarcastiche) più
malate della letteratura contemporanea.
Già
dall'inizio -quando il lettore dovrebbe vedere in Cesare un uomo da amare- lui
le fornisce delle chiare indicazioni su come comportarsi; ad esempio, per evitare
le attenzioni di Alessandro le consiglia
«[...] di vestirmi e di comportarmi
in modo pudico quando ero nelle sue vicinanze e soprattutto di tenermi alla
larga non appena mi accorgevo che Alessandro stava cominciando ad essere
ubriaco.»
Ma
la parte peggiore arriva quando lei capisce la sua natura omicida, frutto
dell'ambizione e delle mire di conquista, eppure non smette di amarlo tirando
in ballo dei sentimenti più forti della realtà oggettiva. Arriva perfino a
volergli fornire delle prove dello stupro subito da parte di Giovanni (tra
l'altro, inutile ai fini della storia), e questo delirio continua anche quando,
più avanti, si trova a temere per la sua stessa incolumità:
«La mia vita era in pericolo; un
passo falso e l'uomo che mi amava poteva con altrettanta facilità dispiacersi di
me e uccidermi.»
Nella parte finale si arriva all'estremo con
questa relazione: dopo aver rifiutato più volte di sposarlo, Sancia viene a
sapere che durante le sue battaglie Cesare si diletta a stuprare le nobildonne
delle terre conquistate e, quando le viene riferito delle sevizie sofferte da
Caterina Sforza, Sancia afferma che,
«Provavo un indicibile disprezzo nei
confronti di Cesare, ma anche collera verso me stessa poiché ancora sentivo
delle fitte di gelosia.»
Se
sei tanto gelosa di questo adorabile cavaliere perché non te lo sposi? magari
non tediando più noi poveri lettori.
Cover britannica |
Con il resto del cast le cose non vanno
meglio: passa dall'odio al fidarsi ciecamente degli altri personaggi. Il caso
più inverosimile è l'amicizia con Lucrezia che si rinnova nonostante i
reciproci sotterfugi e senza che ci sia mai un chiarimento genuino tra le due
donne; è un vero peccato perché si poteva incentrare il romanzo proprio sulla
solidarietà tra loro due.
Anche superando cotanto squallore, lo
sviluppo della storia è penalizzato dalla sua estrema prevedibilità. Da un lato
abbiamo la stessa protagonista che termina i capitoli lasciando intendere
quello che succederà dopo,
«Credevo di essere riuscita
finalmente a liberarmi dalla crudele trappola costruita da mio padre e di
potermene stare al sicuro a casa mia.»
dall'altro
alcune scene permettono di indovinare a colpo sicuro le successive cento
pagine, come Sancia che riceve un pugnale da Alfonso (dici che le sarà utile da
lì a poco?) o l'annuncio della gravidanza di Lucrezia seguito a ruota da una
gara di corsa... non avrà mica una brutta caduta che la porterà a perdere il
bambino, con conseguente disperazione collettiva?
Lo stile è perfettamente in tono con la
storia, perché anche in questo aspetto il romanzo è prevedibilissimo, in gran
parte per merito delle metafore ardite della Kalogridis.
«[...] uno sguardo che la fece
appassire all'istante, come un fiore sotto il sole cocente.»
Per
un esempio migliore, ecco le parole con cui Alfonso di presenta alla sua
promessa sposa (nonché amore-a-prima-vista) Lucrezia:
«"Madonna Lucrezia [...] voi
risplendete come una stella nella notte. Comparato con la vostra bellezza,
tutto ciò che vi circonda è oscurità."»
Molto
fastidioso anche il continuo ripersi dei titoli nobiliari e delle parentele tra
i personaggi, soprattutto perché il volume stesso fornisce gli alberi
genealogici nelle prime pagine. Altrettanto irritante (e ridicola) è la
passione di Sancia per la meteorologia, o comunque la fissa di iniziare i
capitoli con le previsioni del tempo locali.
«L'aria era fresca e umida per la
brezza che veniva dal mare, ma il sole offriva un perfetto grado di calore; [...].»
Con tutti questi difetti, il titolo si è
comunque meritato una sufficienza. In primo luogo perché rispetto agli altri
della stessa autrice è scritto in modo chiaro e comprensibile dall'inizio alla
fine, e poi lo considero una buona lettura di svago per chi legge poco e magari
vuole un romanzo non troppo impegnativo da portare in vacanza.
Seduti sulla sdraio al sole, si può leggere
rilassati e certi di non perdere il filo, anche distraendosi un po'.
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