venerdì 10 aprile 2020

La fiera delle ovvietà - Recensione ad "Alla corte dei Borgia" di Jeanne Kalogridis

«Un unico pensiero mi tornava continuamente in mente: Che razza di mostruosa famiglia è mai questa?»

La fiera delle ovvietà

Recensione ad "Alla corte dei Borgia" di Jeanne Kalogridis


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Alla corte dei Borgia
AUTORE: Jeanne Kalogridis
TITOLO ORIGINALE: The Borgia Bride
TRADUTTORE: Marina Visentin
EDITORE: TEA
COLLANA: Teadue
PAGINE: 580
VOTO: 3 stelline

IL COMMENTO

  "Alla corte dei Borgia" è un romanzo storico ambientato nel centro del periodo rinascimentale, in particolare tra il Regno di Napoli e lo Stato Pontificio. La trama segue la vita di Sancia d'Aragona, figlia illegittima di Alfonso II, dall'infanzia fino alla vita adulta.
  Nella prima parte vediamo la giovane Sancia crescere alla corte di Napoli, divisa tra la genuina bontà del fratello minore Alfonso e la crudeltà dimostrata dal padre e dal nonno. La famiglia Borgia tanto sbandierata nel titolo non fa la sua comparsa se non ad un terzo del volume; o meglio, i membri più noti come Lucrezia e Cesare non si vedono nelle prime duecento pagine, ossia quando Sancia è costretta a trasferirsi a Roma con il marito Goffredo, figlio di papa Alessandro VI. A contatto con i Borgia, Sancia diventa più risoluta ed avvezza ad inganni e tradimenti di ogni sorta, in un luogo dove pullulano spie e sicari.
  Sulla trama non ho particolari obbiezioni perché alla fine deve seguire gli eventi storici, anche se l'autrice da come dati di fatto parecchi pettegolezzi dell'epoca. Tutto un altro paio di maniche sono i personaggi che, quando non scompaiono tra una pagina e l'altra (qualcuno ha più visto il principe Djem il Turco?), peccano di una caratterizzazione sufficientemente solida: il risultato è l'incapacità del lettore di affezionarsi a loro.
  Sulle relazioni interpersonali potrei spendere pagine e pagine, perché si creano e poggiano letteralmente sul nulla, tanto che abbiamo non uno ma ben due casi di insta-love!

«Non lo volevo, non lo avevo cercato e tuttavia stava accadendo, e io ero completamente alla sua mercé. E non sapevo nulla dell'uomo che mi aveva appena rubato l'anima.»

E proprio su queste "granitiche" basi poggia il rapporto principale del romanzo, ossia quello tra Sancia e Cesare Borgia, una delle storie d'amore (immaginate una sfilza di virgolette sarcastiche) più malate della letteratura contemporanea.
  Già dall'inizio -quando il lettore dovrebbe vedere in Cesare un uomo da amare- lui le fornisce delle chiare indicazioni su come comportarsi; ad esempio, per evitare le attenzioni di Alessandro le consiglia

«[...] di vestirmi e di comportarmi in modo pudico quando ero nelle sue vicinanze e soprattutto di tenermi alla larga non appena mi accorgevo che Alessandro stava cominciando ad essere ubriaco.»

Ma la parte peggiore arriva quando lei capisce la sua natura omicida, frutto dell'ambizione e delle mire di conquista, eppure non smette di amarlo tirando in ballo dei sentimenti più forti della realtà oggettiva. Arriva perfino a volergli fornire delle prove dello stupro subito da parte di Giovanni (tra l'altro, inutile ai fini della storia), e questo delirio continua anche quando, più avanti, si trova a temere per la sua stessa incolumità:

«La mia vita era in pericolo; un passo falso e l'uomo che mi amava poteva con altrettanta facilità dispiacersi di me e uccidermi.»

  Nella parte finale si arriva all'estremo con questa relazione: dopo aver rifiutato più volte di sposarlo, Sancia viene a sapere che durante le sue battaglie Cesare si diletta a stuprare le nobildonne delle terre conquistate e, quando le viene riferito delle sevizie sofferte da Caterina Sforza, Sancia afferma che,

«Provavo un indicibile disprezzo nei confronti di Cesare, ma anche collera verso me stessa poiché ancora sentivo delle fitte di gelosia.»

Se sei tanto gelosa di questo adorabile cavaliere perché non te lo sposi? magari non tediando più noi poveri lettori.
Cover britannica
  Con il resto del cast le cose non vanno meglio: passa dall'odio al fidarsi ciecamente degli altri personaggi. Il caso più inverosimile è l'amicizia con Lucrezia che si rinnova nonostante i reciproci sotterfugi e senza che ci sia mai un chiarimento genuino tra le due donne; è un vero peccato perché si poteva incentrare il romanzo proprio sulla solidarietà tra loro due.
  Anche superando cotanto squallore, lo sviluppo della storia è penalizzato dalla sua estrema prevedibilità. Da un lato abbiamo la stessa protagonista che termina i capitoli lasciando intendere quello che succederà dopo,

«Credevo di essere riuscita finalmente a liberarmi dalla crudele trappola costruita da mio padre e di potermene stare al sicuro a casa mia.»

dall'altro alcune scene permettono di indovinare a colpo sicuro le successive cento pagine, come Sancia che riceve un pugnale da Alfonso (dici che le sarà utile da lì a poco?) o l'annuncio della gravidanza di Lucrezia seguito a ruota da una gara di corsa... non avrà mica una brutta caduta che la porterà a perdere il bambino, con conseguente disperazione collettiva?
  Lo stile è perfettamente in tono con la storia, perché anche in questo aspetto il romanzo è prevedibilissimo, in gran parte per merito delle metafore ardite della Kalogridis.

«[...] uno sguardo che la fece appassire all'istante, come un fiore sotto il sole cocente.»

Per un esempio migliore, ecco le parole con cui Alfonso di presenta alla sua promessa sposa (nonché amore-a-prima-vista) Lucrezia:

«"Madonna Lucrezia [...] voi risplendete come una stella nella notte. Comparato con la vostra bellezza, tutto ciò che vi circonda è oscurità."»

Molto fastidioso anche il continuo ripersi dei titoli nobiliari e delle parentele tra i personaggi, soprattutto perché il volume stesso fornisce gli alberi genealogici nelle prime pagine. Altrettanto irritante (e ridicola) è la passione di Sancia per la meteorologia, o comunque la fissa di iniziare i capitoli con le previsioni del tempo locali.

«L'aria era fresca e umida per la brezza che veniva dal mare, ma il sole offriva un perfetto grado di calore; [...].»

  Con tutti questi difetti, il titolo si è comunque meritato una sufficienza. In primo luogo perché rispetto agli altri della stessa autrice è scritto in modo chiaro e comprensibile dall'inizio alla fine, e poi lo considero una buona lettura di svago per chi legge poco e magari vuole un romanzo non troppo impegnativo da portare in vacanza.
  Seduti sulla sdraio al sole, si può leggere rilassati e certi di non perdere il filo, anche distraendosi un po'.


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