martedì 16 luglio 2024

"Il libro dei Baltimore" di Joël Dicker

Il libro dei BaltimoreIl libro dei Baltimore by Joël Dicker
My rating: 3 of 5 stars

"Woody, Hillel e io fummo gli amici più fedeli del mondo. Fu in compagnia di Woody che passai i miei anni più belli con i Baltimore ... Dall'età di dieci anni a quella di diciotto, fummo assolutamente inseparabili. Costituimmo un'entità fraterna a tre facce, triade o trinità, che battezzammo fieramente la Gang dei Goldman"


BETTER CALL SAUL (GOLDMAN)

Sono passati diversi anni da quando lessi "La verità sul caso Harry Quebert", senza dubbio alcuno il titolo più popolare di Dicker; e pur avendo dei ricordi abbastanza nebulosi riguardo alla trama (a memoria, posso solo dire ci fossero una quantità enorme di personaggi e colpi di scena), ripenso ancora con piacere a quel romanzo per merito della prosa del caro Joël. Prosa che si conferma il suo principale punto di forza ne "Il libro dei Baltimore", una sorta di prequel/sequel del volume precedente.

A raccontare la vicenda ritroviamo infatti lo scrittore Marcus "Markie" Goldman, appena trasferitosi a Boca Raton per cercare l'ispirazione per il suo prossimo romanzo in un ambiente quieto. In questa località, Marcus si imbatte però nella sua ex Alexandra "Alex" Neville -ora affermatissima cantante- e questo incontro riporta a galla una misteriosa Tragedia avvenuta anni prima, che coinvolse i suoi cugini Hillel "Hill" e Woodrow "Woody". Marcus decide quindi di dedicare il suo nuovo libro al ramo della famiglia denominato Baltimore (in quanto residenti nell'omonima città del Maryland), partendo dai felici giorni dell'infanzia trascorsi nella casa di zio Saul e zia Anita.

Come accennato, lo stile rimane un importante pregio in questa narrazione: risulta sempre piacevolmente scorrevole, senza però scadere nel raffazzonato oppure diventare noioso nei passaggi più carenti in quanto ad azione. Mi è inoltre piaciuta la capacità di Dicker nel tenere viva la curiosità dei suoi lettori verso il mistero di fondo, pur non trattando una storia mystery di tipo canonico: Marcus è già in possesso della maggior parte delle informazioni (e recupera con facilità quelle mancanti), eppure si rimane incollati alle pagine per seguire fino in fondo la sua disamina degli eventi.

Tra gli aspetti che ho apprezzato, mi sento di includere poi il tema della gelosia -nonostante in un secondo momento diventi un filino ridondante nella sua esposizione- e la particolare struttura temporale data alla narrazione. A dispetto di quanto indicato all'inizio delle diverse parti e dei singoli capitoli, nel ricostruire le vicende Marcus non procede infatti in ordine cronologico, ma balza spesso tra avvenimenti lontani nel passato (arrivando ad analizzare le dinamiche all'interno della sua famiglia anni prima della sua stessa nascita), aneddoti relativi alla sua giovinezza ed eventi del presente. Nel complesso, si genera a tratti un po' di confusione, ma il tutto trasmette bene la sensazione di una persona impegnata in un percorso di ricerca.

Tutto ciò non è stato purtroppo abbastanza a portare il libro oltre una risicata sufficienza. I problemi partono già dai primi dialoghi, ai quali l'autore affida il compito di caratterizzare i suoi personaggi, senza però includere alcun cenno all'intonazione o alle loro emozioni individuali. Di conseguenza, si fatica ad affezionarsi al cast, specie quando una buona parte di esso dimostra un'idiozia immotivata, e solo al fine di direzionare la trama in un certo modo; è il caso delle moltissime informazioni che vengono taciute per decenni allo stesso Marcus. Non che lui si impegni troppo per scoprire la verità, comunque!

Questa scelta mi ha trasmesso in più punti della frustrazione, ma questa è davvero l'unica emozione che io abbia provato: l'intero romanzo è privo di qualunque genere di tensione narrativa, assente perfino nelle scene più drammatiche. La ragione è da ricercarsi nelle tante esagerazioni -legate al lato economico, ma anche alle reazioni tra i personaggi-, che creano un triste distacco emotivo dalle vicende messe in scena.

Un altro elemento che non ho particolarmente apprezzato è stata la designazione di Marcus come voce narrante, in primo luogo perché racconta in più punti eventi ai quali non assiste e dei quali nessuno gli riferisce: come può mai sapere nel dettaglio cosa faccia zia Anita per salvare il rapporto con il marito? chi gli ha riferito nei particolari la fuga che porta alla Tragedia? Inoltre, si assegna così un'attenzione eccessiva alla relazione romantica tra lui ed Alexandra, togliendo molto spazio al rapporto tra i cugini Goldman che mi illudevo fosse invece il vero cuore della storia.

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