Buon
2020 a tutti!
Il
nuovo anno non può che iniziare con una serie di classifiche per premiare i
libri migliori letti nei dodici mesi appena conclusi, ma anche rabbrividire per
i peggiori.
Iniziamo
con un elenco (andrò per data di lettura) dei dieci migliori romanzi
autoconclusivi, che vanno a ricadere soprattutto nella narrativa generale
contemporanea.
"A volte ritorno" di John Niven
Storia
dalle premesse potenzialmente trash, che si è rivelata invece una lettura
capace di bilanciare momenti satirici e divertenti con riflessioni più
profonde.
Seguiamo
le vicende (a tempo di musica) di un Gesù sui generis che, costretto dal papino
a tornare sulla Terra per ricordare agli umani il suo solo comandamento ossia
"Fate i bravi!", decide di sfruttare i nuovi media per diffondere il
suo messaggio al maggior numero di fedeli possibile, iscrivendosi ad un reality
basato sul proprio talento musicale.
Il
romanzo segue per molti versi le vicende dei vangeli, dando però un taglio
contemporaneo sia agli eventi sia ai personaggi, riuscendo a creare una storia
capace di far ridere per l'ironia surreale ma anche piangere per crudeltà della
natura umana, a conti fatti mutata ben poco in duemila anni.
Ishirugo
è praticamente un ospite fisso nelle mie classifiche positive, nonché tra le
letture alle quali ripenso con più piacere, anche dopo molto tempo. In questo
romanzo ci racconta la vita di Mr Stevens, prototipo dell'inflessibile e
puntuale maggiordomo inglese, da anni al servizio del nobile Lord Darlington.
L'uomo
va a ripercorrere la sua vita, come fosse una tappa del suo viaggio in
macchina, e si rimane colpiti soprattutto dalla freddezza che si impone di
dimostrare per risultare impeccabile nel suo lavoro; questa freddezza è anche
la causa dei suoi contrasti con la governante Miss Kenton, alla quale non si
reputa all'altezza di confessare i suoi veri sentimenti.
Una
lettura lenta, da gustare pian piano, capace di portare il lettore con la mente
nella placida eleganza di una dimora signorile negli anni Venti.
"Storia parziale delle cause perse" di Jennifer duBois
Un
libro che ruota attorno al mondo degli scacchi ma avvincente anche per chi,
come me, non conosce neppure le regole più basilari di questo gioco. In parte
si tratta anche di un romanzo storico, focalizzato sugli ultimi decenni di
storia russa, senza dimenticare le sue valide deviazioni sulla politica attuale
di questo Paese.
Seguiamo
principalmente la giovane statunitense Irina, affetta da un malattia
neurologica degenerativa, che decide di concedersi un viaggio a Mosca dove
spera di potersi confrontare con l'ex campione di scacchi Aleksandr per
potergli chiedere come si possa affrontare una sfida nella quale si è destinati
a perdere.
Il
romanzo risulta ovviamente molto incisivo sul lato emotivo, ma anche capace di
dar vita ad una trama coinvolgente come un'avventura, tanto da riuscire a
dimenticarsi a tratti delle sue parti più dolorose.
"your name." di Makoto Shinkai
Scritto
in contemporanea con la produzione del film d'animazione omonimo, il libro va
ad arricchire con dei piccoli dettagli questa perla della cinematografia
orientale.
La
storia ha due protagonisti nei liceali giapponesi Taki e Mitsuha, improvvisamente
capaci di scambiarsi i corpi, evento che -dopo le iniziali difficoltà- li
poterà ad aiutarsi a vicenda ed a volersi incontrare di persona. Le vita cittadina
di lui e rurale di lei non sono però l'unica cosa che li tiene separati, come
si arriva a scoprire in uno dei molti colpi di scena di cui il volume è ricco.
Una
lettura piacevole che incanterà chi ha amato il film o spingerà chi non l'ha
mai visto a fargli una possibilità; imperdibile anche per tutti gli
appassionati della cultura giapponese e delle storie a metà tra la fantascienza
ed il realismo magico.
"Le prime quindici vite di Harry August" di Claire North
Questo
libro è sicuramente il mio preferito, anche in questa ristretta classifica... e
pensare che l'ho scelto quasi casualmente un giorno in cui ero indecisa su cosa
leggere!
La
storia è (ovviamente) quella di Harry August, uomo capace di conservare la
memoria delle proprie vite passate; questa straordinaria capacità gli frutterà
un posto in seno al Cronus club, associazione esclusiva che si impegna a
conservare la timeline intatta. Nel corso di diverse vite seguiamo lo scontro
molto ravvicinato tra Harry e la sua nemesi, una persona decisa ad accelerare
il progresso tecnologico di decenni per i propri scopi.
Questo
romanzo presenta parecchi dei miei elementi preferiti: realtà parallele
spiegate in modo chiaro e credibile, dicotomia protagonista - antagonista
perfettamente equilibrata, trama incalzante e un'ambientazione storica
costruita efficacemente.
"American Gods" di Neil Gaiman
Fino
alla fine non ero troppo convinta di questo romanzo, perché pur con elementi
originali ed interessanti presentava una trama troppo oscura, che per centinaia
di pagine sembra non andare a parare da nessuna parte. Com'è finito tra i miei
favoriti allora? La differenza l'ha fatta il finale, che ripaga della pazienza
dimostrata con dei colpi di scena imprevedibili.
Il
protagonista è l'ex galeotto Shadow Moon; ingaggiato dal misterioso Wednesday
come suo uomo di fatica, Shadow si troverà a viaggiare per buona parte degli
Stati Uniti e sarà coinvolto nella guerra tra nuovi e vecchi dei per vincere il
cuore e la fede degli americani.
Se
il ritmo della storia si mantiene lento, il volume trova però il suo punto
forte nello straordinario cast di personaggi; ho apprezzato anche la serie di
racconti circa l'arrivo delle varie divinità sul suolo statunitense, portate da
popoli di tutto il mondo: toccanti senza mai essere stucchevoli.
"Gargoyle"
di Andrew Davidson
Romanzo
poco conosciuto che ho adocchiato perché, nella sinossi, si fa riferimento alle
vite passate ed ero in crisi di astinenza da questo elemento narrativo dopo
"Le prime quindici vite di Harry August"; i due titoli non hanno
nulla in comune, ma io potuto comunque scoprire una storia inaspettatamente
gradevole.
Il
protagonista della storia non ha nome, in compenso c'è molto da dire sulla sua
vita: rimasto orfano da bambino, si trova privo di prospettive una volta
terminato il suo periodo nell'orfanotrofio e decide di fare fortuna nell'industria
pornografica; all'inizio del romanzo lo troviamo in ospedale dopo un tragico
incidente d'auto, e proprio qui incontrerà l'enigmatica Marianne, donna capace
di mostrargli un nuovo modo di vedere la realtà.
Come
se non bastassero una trama originale e dei personaggi carismatici, abbiamo
anche delle storie secondarie molto emozionanti e capaci di dare maggior
contesto alle vicende.
"Ladra"
di Sarah Waters
Questo
titolo ha saputo unire una storia piena di plot twist davvero imprevedibili,
un'ambientazione storica genuinamente dickensiana e tre -più uno- protagonisti
indimenticabili.
Nella
prima parte (non mi spingo mai oltre i primi capitoli, perché la lettura di
questo romanzo verrebbe irrimediabilmente inficiata dagli spoiler), seguiamo il
POV di Sue, giovane donna nei bassifondi di Londra, che decide di prendere
parte ad un piano criminale per impossessarsi dell'ingente patrimonio di Maud,
una ereditiera dalla vita riservata a causa dell'intrattabile zio.
La
complessità di questa trama sono all'apparenza prevedibile è sorprendente e mi
ha tenuta incollata alle pagine, mentre la quantità delle tematiche, sempre
affrontate con giudizio, e il piacevole senso di risoluzione dato dal finale
hanno spalancato le porte di questa classifica al romanzo.
"Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop" di Fannie Flag
Una
storia che per molti versi mi ha ricordato "The Help" di Kathryn
Stockett (già meritevole protagonista di questa classifica lo scorso anno), in
particolare per l'aver messo al centro della storia i personaggi femminili.
Il
romanzo si divide in più linee temporali, inoltre i capitoli normali vengono
inframmezzati da articoli di giornali e riviste fittizi. Il tutto per
raccontare la vita degli abitanti di Whistle Stop, una cittadina dell'Alabama;
tra i tanti personaggi spicca senza dubbio l'anticonformista Idgie Threadgoode,
contitolare del locale al quale si accenna nel titolo e quasi un attrazione
locale per il suo stile di vita, ma anche per il carattere solare con cui
riesce a conquistare l'amicizia di tutti.
L'autrice
mi ha conquistata con una raccolta di vite tutte diverse e con il suo deciso
appello contro ogni forma di discriminazione, che si percepisce con forza dalle
pagine del libro.
"Bellezza selvaggia" di Anna-Marie McLemore
Questo
romanzo mi ha fatto riscoprire l'amore per il realismo magico che credevo
limitato al solo Gabriel García Márquez. Qui abbiamo un'ambientazione che
ricorda per molti versi il villaggio di Macondo, ossia la Pradera dove vivono
le donne chiamate Nomeolvides; questo luogo da un lato permette loro di creare
dei meravigliosi fiori da ogni terreno, ma dall'altra fa scomparire le persone
di cui si innamorano e gli impedisce di andare altrove, e quindi di costruire
una vita diversa da quella delle loro antenate.
Il
focus riguarda la generazione più giovane della famiglia, in particolare
Estrella che più di tutte desidera lasciare la Pradera tanto da chiederle un
segno: il mattino dopo compare dal nulla un ragazzo senza memoria, e il suo
arrivo sarà solo il primo cambiamento in un mondo chiuso.
Ho
apprezzato la peculiare ambientazione e molti dei personaggi in questa storia,
ma ancor più le tematiche affrontate dall'autrice, per nulla scontate in un
romanzo per ragazzi.
E
ora passiamo a cinque titoli che invece non ho apprezzato quasi per nulla, o
che comunque hanno disatteso le mie aspettative. Anche in questo caso abbiamo
soltanto romanzo autoconclusivi di autori contemporanei.
"I misteri di Chalk Hill" di Susanne Goga
Mystery
storico che, secondo la quarta di copertina, dovrebbe ricordare il capolavoro
della Brontë "Jane Eyre"; seppur ci siano dei punti in comune, purtroppo
ci troviamo di fronte ad una storia decisamente meno coinvolgente, che
concentra tutte le sue energie su un mistero troppo prevedibile.
La
trama segue la giovane tedesca Charlotte, assunta da sir Andrew come
istitutrice per la sua figlioletta, da poco rimasta orfana della madre; proprio
sulla figura di quest'ultima ruota una serie di eventi e presagi inquietanti.
Nonostante il piglio concreto delle indagini della protagonista, la risoluzione
lascia un certo margine al sopranaturale, stridendo nettamente con quanto
mostrano fino a quel punto.
Ho
trovato irritante anche il frequente sottinteso romantico che non porta a nulla
a conti fatti, la piattezza dei personaggi e lo stile dell'autrice in alcuni
punti.
"Il codice Rebecca" di Ken Follett
In
pratica la versione egiziana (e più deludente) de "La cruna dell'ago"
che, pur con i suoi difetti, mi aveva convinta per merito soprattutto di un
antieroe accattivante. Questo romanzo invece ha un cast decisamente più debole,
nel quale si salva solo Eléne capace da sola di salvare la situazione.
Il
romanzo segue la missione della spia tedesca Alex Wolff mentre cerca di
scoprire il segreto del codice usato dagli inglesi e di trasmetterlo al
generale Rommel. La parte dell'eroe spetta al maggiore Vandam che dovrà
catturare la spia, grazie soprattutto ai molti colpi di fortuna accordati
generosamente dall'autore.
Non
è un libro problematico nel complesso, ma il confronto con il titolo precedente
dell'autore è impietoso e, più in dettaglio, alcune scene si potevano risolvere
in modo migliore. O escludere del tutto.
"Il labirinto delle streghe" di Jeanne Kalogridis
Caotico
è il miglior aggettivo per descrivere questo libro, e l'opera della Kalogridis
in generale. Ciò rende faticoso procedere nella lettura e, una volta giunti
alla fine, lascia una sensazione di confusione che non permette di valutare
chiaramente quello che si è letto.
La
storia viene raccontata dalla stessa protagonista Sybille che, imprigionata con
l'accusa di stregoneria, attende la condanna a morte. Riviviamo tutta la sua
vita, con particolare attenzione alla lotta che si combatte tra la Razza (le
cosiddette steghe) e il Nemico, concretizzato nelle figure degli inquisitori.
I
personaggi sono privi di spessore, in particolare Sybille sembra incapace di
prendere delle decisioni in autonomia; abbiamo poi un'accozzaglia di elementi
esoterici e solo a tratti soprannaturali, che in alcune occasioni vengono
utilizzati per minimizzare e giustificare delle situazioni surreali come il
tentato rapimento di una neonata.
"Cari mostri" di Stefano Benni
Da
parecchi anni ero curiosa di leggere qualcosa nella ricca produzione di questo
autore nostrano, peccato perché il primo volume mi ha fatto passare del tutto
il desiderio di leggere altro.
Non
si tratta di un romanzo, bensì di una raccolta di racconti brevi in cui i
mostri assumono un ruolo se non di eroi comunque di punitori dei veri malvagi.
L'idea di base non sarebbe malvagia, ma viene scialacquata in troppe storielle
che in alcuni casi non la illustrano in modo corretto oppure parlano d'altro.
Ho
trovato sbagliato l'accostamento di storie dai target così evidentemente
diversi, tanto da non capire quale pubblico voleva colpire l'autore, mentre i
temi delicati che qui sono affrontati con superficialità e in modo sommario
avrebbero richiesto un maggiore approfondimento per non urtare la sensibilità
di chi fa i conti, ad esempio, con la dipendenza dalle droghe.
"Fandom"
di Anna Day
Il
classico libro YA che pretende di prendersi gioco degli altri libri YA:
purtroppo per fare ironia nel modo corretto non ci si può limitare a deridere i
cliché usati dagli altri scrittori per poi adottarne altri per il proprio
romanzo.
Protagonista
di questa storia è la diciassettenne Violet, che si ritrova catapultata
all'interno del mondo del romanzo distopico fittizio, "La danza delle
forche". Avendo causato la morte dell'eroina, tocca poi a Violet e i suoi
amici portare avanti la trama come prestabilito, cercando nel frattempo di
capire come tornare alla realtà.
Pur
essendo rivolto ad un pubblico di adolescenti, il volume non fa nulla per
indicare come negativi il bullismo o lo slut-shaming. Nel complesso si dimostra
un tentativo mancato di portare qualcosa di nuovo in un genere che si è
mantenuto stantio nell'ultimo decennio.
Avendo
letto ben dodici classici della letteratura internazionale nell'ultimo anno,
vorrei parlare brevemente anche dei tre migliori, ossia quelli che -a
prescindere dal valore letterario di tutti questi titoli- mi hanno colpita di
più.
Già
ad inizio anno ho trovato un preferito in "Jane Eyre" di Charlotte
Brontë, che ho apprezzato specialmente per la caratterizzazione della
protagonista e lo stile dell'autrice, nonché per la stupenda edizione illustrata
targata BUR classici deluxe.
In
"1984" di George Orwell sono stata colpita invece dalla crudezza
dell'ambientazione distopica ma non troppo lontana dalla nostra realtà;
affascinante anche la ricchezza di caratteri nel cast e soprattutto le
riflessioni sulla labilità della conoscenza umana.
Di
"Tess dei d'Urberville" di Thomas Hardy ho amato in primis la
protagonista, oltre ad un'atmosfera cupa e realistica unita a delle tematiche
assolutamente contemporanee sulla società e le relazioni interpersonali.
Parliamo
ora di serie perché nel corso dell'anno ne ho concluse una dozzina, quindi
vorrei premiare le tre migliori e consigliarvi di stare alla larga dalle tre
peggiori.
La
trilogia La chimera di Praga si merita di certo una menzione per l'originalità
del mondo creato da Laini Taylor; pur terminando con quello che io ho visto
come un finale aperto, "Sogni di mostri e divinità" si è dimostrato
una conclusione degna per trama e stile.
Pur
non essendo una serie nel senso stretto del termine, la trilogia I nostri
antenati di Italo Calvino rientra tra le mie preferenze per la cupezza di
queste fiabe moderne. Nello scorso anno ho letto sia "Il barone
rampante" (in assoluto il mio favorito) sia "Il cavaliere inesistente", entrambe novelle ricche di personaggi peculiari e raccontate
da narratori unici.
Alla
trilogia The Broken Empire (mi rifiuto di chiamarla con l'assurdo titolo
italiano) ho dedicato un intero post dove pontifico sull'abilità di Mark
Lawrence come ideatore di trame contorte e geniali; altri punti forti della
serie sono i suoi personaggi, tutti scritti ottimamente, dal protagonista ai
suoi numerosi antagonisti.
Come
poteva sicuramente prevedere chiunque abbia letto il mio post sulla duologia
The Ivy Series di Amy Engel questa serie mi ha completamente deluso, in
particolare per la pretesa di essere un distopico; anche stile e tematiche sono
osceni, a voler essere generosi.
Pur
avendo alcuni elementi potenzialmente positivi boccio in toto anche la trilogia
The Captive Prince di C.S. Pacat; ho trovato ridicola la creazione del mondo in cui
si svolge la serie, per tacere della caratterizzazione dei personaggi.
Non
potevo poi esimermi dall'includere la tetralogia I Medici del caro Matteo
Strukul, che ho ricevuto in regalo e mi sono quindi dovuta leggere per intero.
Raramente ho trovato libri tanto pieni di dialoghi imbarazzanti e scene
inutilmente prolisse.
Ed
ecco arrivati ai premi più superficiali, che nulla hanno a che vedere con il
contenuto dei libri in questione, ossia le tre copertine più belle... e
ovviamente le tre più sgradevoli.
Con
la sua spirale psichedelica e il connubio tra gli alberi e la scalinata elegante,
"Il sentiero del bosco incantato" di Rosamund Hodge si presenta in
modo molto onesto al lettore.
Anche
"Scarlet" di Marissa Meyer presenta una figura incappucciata in
copertina, ma in questo caso è l'elemento principale e spicca sullo sfondo, pur
non avendo un particolare collegamento con questa storia.
Come
ho già detto, ho acquistato questa versione di "Moxie" di Jennifer
Mathieu proprio per l'estetica della cover. Adoro il contrasto tra
l'illustrazione in bianco e nero e il titolo fuxia in rilievo.
La
copertina di "Ritratto di famiglia con superpoteri" di Steven Amsterdam
è incredibilmente scadente, nonché per nulla pertinente. Questa specie di
disegno dalla tinta sbiadita è tristissimo, senza contare che metà dello spazio
viene rubato dalla sinossi.
L'edizione
di "Miss Marple nei Caraibi" di Agatha Christie è effettivamente un
po' vecchiotta, ma credo che in nessun epoca fosse accettabile una tale
abbondanza da giallo acceso. Titolo quasi invisibile, nome dell'autrice urlato
al povero lettore.
E
finiamo con "Replay: un vita senza fine" di Ken Grimwood, con il suo
accostamento delicato di azzurro neon e verde acido. Se non avessi visto questo
titolo nell'edizione inglese su Goodreads (ben diversa!) probabilmente l'avrei
scambiato per un libro di testo scolastico.
E
in conclusione andiamo a vedere un elenco delle serie che non sono riuscita a
completare nell'anno in corso, e che quindi vorrei concludere nel 2020.
- Pentalogia Magisterium, di Holly Black e Cassandra Clare
- "Trilogia" Prodigium, di Rachel Hawkins
- Trilogia Gemma Doyle, di Libba Bray
- Tetralogia Bartimeus, di Jonathan Stroud
- Trilogia Die Silber Trilogie, di Kerstin Gier
- Trilogia Il quarto elemento, di Kat Ross
- Trilogia Chocolat, di Joanne Harris
Le
mie aspettative maggiori sono riposte nelle serie di Stroud e della Gier,
mentre penso di aver sbagliato nell'acquistare d'impulso quella di Joanne
Harris. Tra l'altro nel frattempo si è trasformata in una tetralogia, cosa che
tenterò di ignorare con tutte le mie forze.
In
conclusione vi segnalo che, tra qualche giorno, posterò un'ulteriore serie di
classifiche per premiare i libri migliori nei miei generi letterari preferiti...
Stay tuned!
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