«I never had much artistic flair for needlework, but apparently I was good with skin»
Preferisco comunque la versione di Victor
Recensione a "The Dark Descent di Elizabeth Frankenstein" di Kiersten White
TITOLO: The Dark Descent of Elizabeth Frankenstein
TRADUTTORE: -
EDITORE: Penguin Random House LLC
COLLANA: Delacorte Press
PAGINE: 290
VOTO: 2 stelline
IL COMMENTO
"The Dark Descent of Elizabeth
Frankenstein" è un romanzo thriller, con alcuni elementi sci-fi
legati alla storia sulla quale basa gran parte della sua trama e del suo cast,
ossia "Frankenstein" di Mary Shelley (QUI la recensione). Questo
titolo si presenta infatti come una versione alternativa del celebre classico,
narrando gli avvenimenti dal punto di vista di Elizabeth Lavenza, moglie di
Victor e vittima della sua Creatura nel romanzo della Shelley; l'intenzione
della White, di base, è alquanto lodevole: dare voce ad un personaggio
secondario, seppur vitale per lo sviluppo della storia, peccato per
l'esecuzione carente... ma cominciamo dalla vicenda!
Il volume è
diviso in tre parti. Nelle prime due si seguono con molta fedeltà gli eventi
dell'opera di base, con qualche piccola libertà narrativa legata soprattutto a
dei retroscena marginali e alla relazione tra Elizabeth e i suoi genitori
adottivi; fino a questo punto il ritmo si mantiene incredibilmente lento e la
storia si sviluppa soprattutto nei flash back che spezzano i capitoli a metà,
creando un senso di fastidio nel lettore e di disagio negli stessi personaggi,
«"Where
are you?" she asked, putting a gentle hand on my shoulder.
I
sighed. "In the past."»
avrei preferito l'espediente dei capitoli a parte
adottato da Destiny Soria in "Beneath the Citadel" (QUI la
recensione). Nella terza parte invece la storia subisce un'accelerazione
improvvisa e, sebbene la White dimostri una maggiore creatività rispetto ai
capitoli precedenti, ci si ritrova sommersi da una sequela di eventi che non si
fa quasi in tempo a metabolizzare, per giungere infine ad una conclusione
troppo positiva visti i toni cupi del romanzo.
Prima di
proseguire con la mia analisi (molto) critica, vorrei spezzare una lancia in
favore dell'opera della White, anzi tre! Il primo elemento positivo è dato dai
tanti riferimenti alla genesi del romanzo originale, ad esempio quando
Elizabeth si finge la cugina di Victor perché effettivamente lo era nella prima
stesura,
«"Victor
Frankenstein?" [...] "What do you want him for?"
"I
am his cousin," I said.»
o quando si accenna al fatto che soffra di incubi, come
Mary Shelley; i titoli delle parti e dei capitoli sono poi delle citazioni
tratte dal poema "Il paradiso perduto" di John Milton, fonte
d'ispirazione di "Frankenstein" stesso. Mi è piaciuto anche che la
storia si aprisse con una notte di temporale, evento atmosferico che ritroviamo
molte altre volte, mentre il terzo punto a favore è alquanto superficiale: la
cover inglese cattura l'attenzione e risulta perfetta per il contenuto del
volume; in confronto quella scelta per l'edizione italiana fa una figura ben
misera.
E ora partiamo
con le lament... critiche costruttive. Iniziamo dalla trama che, come detto,
per due terzi è copiata quasi interamente dal romanzo della Shelley e per il
terzo restante è un accozzaglia di situazioni incredibili, nel senso che non
c'è nessuna logica azione-reazione. La White tenta di creare una svolta della
storia che genera un mucchio di domande nel povero lettore -come (senza
spoiler, tranquilli) "qual è la ragione dietro all'omicidio di William,
visto lo scopo finale dell'assassino?"- oltre a portare ad una brutta
scopiazzatura del fantastico "Ladra" di Sarah Waters (QUI la
recensione).
Le pecche di
quest'ultima parte si fanno fin troppo evidenti quando l'autrice cerca di
giustificare con motivazioni inventate da lei delle scene originali, creando di
fatto delle nette incongruenze, soprattutto nelle azioni della Creatura, di
Alphonse e della stessa Elizabeth.
E passiamo
quindi al vero problema del libro: Elizabeth Lavenza in Frankenstein, la nostra
protagonista. L'autrice la introduce come un personaggio dedito al calcolo del
proprio tornaconto personale,
«[...] I had no doubt, he [Judge Frankenstein] would determine that I was not worth holding on to. I had done too well, fixing Victor.»
una giovane donna che valuta ogni parola e ogni gesto
per raggiungere il suo fine, ossia... vivere di rendita. Ebbene sì, per quanto
la White si sforzi d'ispirare la compassione nel lettore, Elizabeth vuole
banalmente farsi mantenere dalla famiglia Frankenstein a vita,
«He [Judge Frankenstein] had debts apparently. What if I had secured Victor, only for him to be rendered a pauper?»
e non vediamo mai da parte sua uno sforzo nel crearsi
delle altre opportunità: ad esempio, quando le vengono affidati i fratelli
minori di Victor per solo un paio di giorni va subito in paranoia e non sa cosa
fare per intrattenerli. La sua situazione risulta ancor più assurda perché,
nello stesso libro, ci sono due ragazze quasi coetanee di Elizabeth impegnate
in un'attività lavorativa e, a conti fatti, indipendenti economicamente.
Purtroppo capiamo in quale considerazione la nostra protagonista tenga il lavoro
altrui quando la vediamo far licenziare almeno tre dipendenti dei Frankenstein
senza un motivo valido.
Il lettore è
bloccato nella mente di Elizabeth, quindi conosce ben poco degli altri
personaggi, tanto che si potrebbe descrivere ognuno con una sola parola: Victor è
pazzo, Justine è dolce, Ernest è unadolescente (tutt'attaccato), Alphonse è
scostante, la Creatura è inutile e Mary è -ohi noi!- un enorme deus ex machina,
in ognuna delle scene nelle quali interviene per far proseguire una trama
altrimenti arenata.
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Cover russa |
«I bit back my impulse to berate him, to inform him I was there to save his foolish life.»
Ancor più assurdo il caso di Justine: uno degli espedienti narrativi che meno tollero è il ricorrere a dei legami spirituali/magici/istintivi per far affezionare due personaggi estranei, e qui succedere esattamente questo!
«Though we had only just met, I felt a soul-deep connection to her, and I knew we would be part of each other's lives forever.»
Altra
conseguenza della svogliata caratterizzazione è l'insensibilità del lettore quando
si arriva alle morti dei personaggi, anche se questo potrebbe essere causato in
parte dalla mia conoscenza del romanzo di base, per cui sapevo già chi sarebbe
stato ucciso.
In
conclusione, un'idea interessante elaborata in modo pessimo; un romanzo che
prospera all'ombra del capolavoro della Shelley e palesa tutte le sue debolezze
quand'è ora di mostrare la propria solidità individuale.
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