Wrap-Up - Letture di novembre 2019
Un mese di letture
piacevoli seppur non eccezionali, ma soprattutto un mese di letture
cinematografiche: ben cinque dei titoli dei quali vi parlo di seguito sono
stati adattati per il grande schermo, in alcuni casi anche molto recentemente.
La prima lettura che
ho completato questo mese non ha nulla da spartire con la mia TBR, ma sono
scusata dal momento che ho iniziato questo libro a fine ottobre.
“Pomodori verdi fritti” è un volume al quale mi sono inizialmente interessata
solo perché mi sembrava simile a “The Help” di Kathryn Stockett (QUI la
recensione), e dopo averlo letto vi posso dire che in certi aspetti la
somiglianza e molto forte anche se qui la struttura narrativa è completamente
diversa.
Anticipandovi che il
mio voto è stato di quattro stelline,
potete andare QUI e leggere il commento dettagliato.
Il secondo libro
letto è stato il capitolo (quasi) finale della serie Cronache Lunari di Marissa Meyer; dico quasi perché “Winter” è teoricamente seguito da una
novella conclusiva presente nella raccolta di cui parlerò a breve.
In questo capitolo la
fiaba di partenza è Biancaneve, ma il romanzo ha l’arduo compito di portare a
compimento gli avvenimenti della trama orizzontale, ovvero la lotta degli eroi
protagonisti contro la regina Levana: questo va automaticamente ad accantonare
la storia della principessa Winter che ottiene uno spazio decisamente più
contenuto rispetto alle altre protagoniste della serie.
La storia riprende a
qualche settimana dalla conclusione di “Cress” (ne parlo QUI), con il gruppo
degli eroi a bordo della Rampion, intenti a pianificare una strategia per
fermare le mire di conquista di Levana, mentre Scarlet è ancora rinchiusa nel
serraglio lunare con Winter e il lupo Ryu come sola compagnia.
Il volume scorre un
po' lentamente nei primi capitoli per poi accelerare decisamente nella parte
conclusiva, dove il finale conclude la tetralogia in maniera convincente e, pur
mantenendo fede al concetto dell'happy ending fiabesco, credibile. L'unico
aspetto che mi ha lasciata perplessa è lo scontro tra Cinder e Levana (non
ditemi che è spoiler, dai!), perché nel complesso è stata deludente rispetto al
tanto hype creato e subito dopo c'è un salto temporale fin troppo repentino.
Promuovo invece la
relazione tra Winter e Jacin: rispetto alle altre si basa su un sentimento
duraturo e su anni di esperienze in comune, quindi risulta un'evoluzione
spontanea della loro amicizia. Positivo anche che l'autrice si sia ricordata di
alcuni personaggi secondari degli altri volumi per dar loro qui un meritato
epilogo.
Ultimo appunto
solitario: la traduzione italiana non sarebbe sgradevole se non venisse
inserito continuamente -e a sproposito- il verbo accartocciarsi. Just... why?
Il mio voto è di quattro stelline.
Ho continuato poi la
mia TBR con “5cm al secondo” di
Makoto Shinkai, il secondo libro dell'autore e regista giapponese letto
quest'anno che, proprio come “your name.” (ne parlo QUI), è in sostanza la
versione cartacea ed ampliata del suo omonimo film d'animazione del 2007.
La storia è
incentrata sul personaggio di Takaki, del quale seguiamo la vita dall’infanzia
fino all’età adulta; il volume è infatti suddiviso in tre episodi (in origine
era stato pubblicato in forma seriale su una rivista) che vanno a focalizzarsi
su altrettanti periodi della vita del protagonista. La prima parte è narrata da
Takaki stesso in una sorta di mémoir che racconta degli anni delle elementari e
del suo primo incontro con Akari, compagna di scuola della quale si innamorerà;
la seconda è narrata sempre in prima persona ma da Kanae, compagna di Takaki al
liceo e appassionata di surf, che da sempre ha una cotta segreta per il
ragazzo; la terza è invece narrata in terza persona e, pur seguendo
principalmente il protagonista, ci offre anche qualche breve scorcio sulla vita
adulta di Akari.
Nel complesso la
storia di Takaki è molto attuale e può risultare istruttiva sia per dei
ragazzi, sia per un pubblico più maturo. Mi è impossibile non fare un confronto
con “your name.” e sentire la mancanza dell’elemento fantastico che arricchiva
quel romanzo; qui la storia è decisamente più concreta e lascia anche una
velata tristezza di fondo.
Per quanto riguarda
lo stile, qui sono quasi assenti le onomatopee nella narrazione e, in generale,
il testo è molto scarno di dialoghi. L’edizione è abbastanza curata, ma c’è
qualche refuso e molte espressioni giapponesi non vengono spiegate con delle
note.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.
È arrivato poi il
turno del classico di questo mese, anche se in questo caso “classico” è
un’etichetta un po’ discutibile dal momento che Ray Bradbury ha pubblicato “Fahrenheit
451” nel 1953; penso si possa comunque considerarlo uno dei pilastri del
genere distopico, e come tale l’ho affrontato.
Per leggere la mia
opinione dettagliata di quest’opera potete andare QUI, mentre già vi anticipo
che la valutazione è stata di quattro
stelline e mezza.
E continuiamo a
parlare di libri bruciati (ma anche salvati dalle fiamme), ma in un libro di
tutt'altro genere letterario ed ambientazione con “Storia di una ladra di libri”, sicuramente il titolo più noto
dell'autore australiano Markus Zusak.
Questo romanzo
storico si è guadagnato quattro stelline,
e dal momento che aspettava da diversi anni sullo scaffale della mia libreria
mi sono sentita in dovere di dedicargli una recensione completa, che potete
leggere QUI.
Ho concluso poi la
mia TBR di questo mese con “The Midnight
Sea”, primo romanzo della trilogia Il quarto elemento, scritta dall’autrice
newyorkese Kat Ross, che presenta
una classica storia fantasy nell’ambientazione inusitata del Mediterraneo
orientale. O meglio, di una sua versione fantastica di oltre 2300 anni fa.
La trama segue la
giovane Nazafareen che, decisa a vendicare la tragica morte della sorella per
mano di un Druj, lascia il suo clan per unirsi ai Water Dogs, dei guerrieri
impegnati proprio nella caccia a queste creature malvagie. Seguiamo quindi l'addestramento
della ragazza sotto la guida del capitano Ilyas, compreso il momento cruciale
in cui sarà vincolata al suo daeva, Darius. Una missione all'apparenza semplice
stravolgerà però le loro vite, e tutto quello in cui hanno sempre creduto.
Devo ammettere di
essere partita un po' prevenuta con questo romanzo, e forse proprio per questo
ne sono rimasta colpita in senso positivo. È innegabile che ci siano dei
difetti, ma nel complesso la storia risulta interessante -specie per merito
dell'originale setting- e lo stile dell'autrice è gradevole.
Punto forte del
romanzo sono sicuramente i suoi personaggi, in particolare le relazioni che
intrecciano tra di loro; sebbene il libro sia breve, viene dato il giusto tempo
ai protagonisti per conoscersi meglio, evitando così delle forzature narrative.
Ho apprezzato il particolare la costruzione del personaggio di Tijah (una back
story un po' irrealistica, ma accettabile) e il suo rapporto di amicizia sia
con Nazafareen che con la sua daeva Myrri. Molto interessante anche l'arco
narrativo di Ilyas, che compie una metamorfosi inaspettata in questo volume.
Sull'altro piatto
della bilancia ci sono certamente alcuni cliché, riconducibili sia al genere
fantasy sia al romance (anche se l'autrice evita abilmente insta-love e
triangolo amoroso), e dei colpi di scena molto prevedibili, ma soprattutto i
primi capitoli in cui sono presenti troppi salti temporali: personalmente avrei
preferito iniziare con la narrazione al presente, per poi inserire le varie
informazioni in qualche flash back.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.
Come anticipato
qualche riga fa, ho letto successivamente la raccolta di racconti “Stars Above: A Lunar Chronicles Collection”,
sempre di Marissa Meyer; il volume
include nove storie brevi, alcune già pubblicate nei precedenti libri della
serie per l'edizione originale, mentre in Italia l'intera raccolta è tutt'ora
inedita.
La racconta è
composta da otto racconti prequel, rispetto a “Cinder” (ne parlo QUI), e un
ultimo racconto collocato cronologicamente due anni dopo quanto successo in
“Winter”. Tra le storie prequel, abbiamo le prime sei che vanno ad illustrarci
come i nostri protagonisti si siano ritrovati nelle situazioni in cui li incontriamo
alla loro prima apparizione nella storia principale (con l’eccezione di Thorne
per il quale si è scelto un episodio di parecchi anni prima); questi racconti
sono semplicemente delle versioni estese di scene che già erano state accennate
dagli stessi personaggi. L’unica storia che fornisce qualche informazione utile
(e mia preferita) è “Glitches”, perché ci mostra in modo più chiaro i motivi
dell’astio di Adri nei confronti di Cinder; ho trovato invece abbastanza ridicolo
“The Keeper”, dove scopriamo che Logan ha affidato la vita della sua legittima
regina ad una donna con cui ha avuto una storia durata qualche giorno
trent’anni prima! Un altro genio incompreso...
Troviamo poi “The
Little Android”, rivisitazione della fiaba La sirenetta in cui sono di scena
dei personaggi completamente inediti ad eccezione di un breve cameo. Pur
presentando delle grosse ingenuità narrative, la storia nel complesso è molto
piacevole e va a riscrivere questo classico dell’infanzia mantenendone lo
spirito originale, senza gli sdolcinati edulcoramenti della Disney.
L’ultimo prequel presenta
in realtà una scena già vista proprio all’inizio di “Cinder”, con la semplice
inversione del POV dalla nostra eroina all’insopportabile Kai, che anche qui fa
mostra di riflessioni degne di un cliché vivente (lei è diversa da tutte le
altre... certo!).
Da più parti ho
sentito definire la lettura di questa racconta imprescindibile per completare
la serie, ma non mi trovo troppo d’accordo: pur dando un ulteriore epilogo alla
storia -in particolare per quanto riguarda la coppia principale-, questi
racconti non hanno aggiunto nessun elemento completamente nuovo, e a mio avviso
ci si può fermare senza rimorsi a “Winter”.
Cambiando
completamente genere, sono tornata dopo ben due anni da Chuck Palahniuk con il suo romanzo d’esordio (nonché la sua opera
più celebre), ossia “Fight Club”.
La trama viene
illustrata in modo parecchio frammentario, con diversi salti sia in avanti sia
in dietro nel tempo fra una scena e l’altra: il nostro anonimo protagonista
soffre di insonnia e -su consiglio del suo medico- inizia a frequentare dei
gruppi di ascolto per diverse patologie molto gravi, dove trova una valvola di
sfogo alla propria situazione; la riacquistata serenità viene però distrutta
dalla comparsa di Marla Singer che come lui partecipa a questi incontri senza
essere realmente una malata terminale. È a questo punto che fa la sua comparsa
il terzo protagonista della storia, l’enigmatico Tyler Durden con cui il
protagonista fa presto amicizia, tanto che assieme fonderanno il Fight Club,
circolo di lottatori clandestini che da il nome al romanzo.
A partire da questo
incipit, prende il via una storia densa di eventi all’apparenza scollegati tra
di loro ma che pian piano acquistano un senso, e portano il protagonista e
Tyler a creare una sorta di squadra paramilitare determinata a scardinare ogni
struttura sociale del passato.
Devo ammettere di non
ricordare nel dettaglio tutti gli avvenimenti di “Invisible Monsters” (QUI la
recensione), ma riconosco comunque la presenza di molti elementi in comune come
il primo capitolo che anticipa quanto avverrà nell’epilogo o il personaggio
principale che narra le vicende nascondendo volontariamente al lettore alcuni
elementi della storia per poi stupirlo con rivelazioni inaspettate. Lo stile di
Palahniuk continua però a non convincermi del tutto e lo trovo estremamente
difficoltoso da leggere, se non si presta molta attenzione.
Il libro presenta una
struttura molto cinematografica, che sicuramente ha determinato il successo del
film, ma anche questa può creare un po’ di confusione nel lettore alla minima
distrazione. Quindi nel complesso è un romanzo dagli spunti molto interessanti,
ma probabilmente non è una lettura che appassionerà tutti.
Il mio voto è di quattro stelline.
Con l’ultima lettura
del mese ho voluto continuare (o forse, iniziare?) la serie dedicata allo
spassoso jinn Bartimeus -scritta da Jonathan
Strout- con “L’amuleto di Samarcanda”.
La storia è
ambientata questa volta nella Londra contemporanea, dove però maghi e demoni di
vario ordine e grado non solo bazzicano tranquillamente per le strade della
capitale britannica ma addirittura governano il Paese attraverso centinaia di
ministeri. In una città divisa quindi tra maghi benestanti e i comuni (ossia i
“babbani” potteriani) che loro disprezzano, il nostro Bartimeus si vede
convocato controvoglia da un ragazzino di nome Nathaniel che subito gli ordina
di rubare per lui un prezioso e potete artefatto magico; quella che era iniziata
come una banale vendetta tra maghi assume ben presto dei contorni decisamente
più ampi e pericolosi.
Nel complesso,
ritengo questo volume nettamente superiore al primo letto. L’ambientazione è
decisamente più interessante per la presenza di una società governata dai maghi
nel mondo contemporaneo (si parla di auto, telefoni e computer), inoltre
Nathaniel come coprotagonista si è dimostrano caratterizzato in modo ben più
accurato rispetto ad Asmira. Lo stile di Stroud si riconferma estremamente
piacevole ed il modo in cui ha unito alla trama di questo romanzo degli spunti
per continuare la serie è brillante.
Relativamente alla
sequenza di lettura, rimane sempre il dubbio se questo romanzo debba essere
considerato il primo della serie; infatti “L’anello di Salomone” (ne parlo QUI)
è un prequel a quanto succede in questo romanzo, seppur scritto diversi anni
dopo. Credo che l’ordine di lettura sia abbastanza soggettivo, perché la
trilogia che inizia con questo libro è completamente slegata dal precedente,
con le eccezioni di Bartimeus e il suo collega Faquarl, nonché di Salomone che
viene nominato in un paio di occasioni.
Il mio voto è di cinque stelline.
DOVE COMPRARE QUESTI LIBRI
- "Winter" di Marissa Meyer
- "5cm al secondo" di Makoto Shinkai
- "The Midnight Sea" di Kat Ross
- "Stars Above: A Lunar Chronicles Collection" di Marissa Meyer
- "Fight Club" di Chuck Palahniuk
- "L'amuleto di Samarcanda" di Jonathan Stroud
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