«Forse posso fermare tutto questo. Forse posso cambiare quello che è successo»
5+2. Il numero del nosense
Recensione a "7. Il numero maledetto" di Barnabas Miller e Jordan Orlando
TITOLO: 7.Il numero maledetto
AUTORE: Barnabas Miller e Jordan Orlando
TITOLO ORIGINALE: 7 SoulsTRADUTTORE: Marco Ceragioli
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: Vertigo
PAGINE: 310
VOTO: 2 stelline
"7. Il numero maledetto" è un thriller
con un paio di elementi dei generi horror e paranormale; lo spunto della storia
è davvero interessante (peccato sia quanto di meglio il romanzo abbia da
offrire ai suoi lettori): nella prima parte del volume, una ragazza viene
assassinata in circostanze misteriose, mentre nella seconda la vediamo rivivere
alcuni momenti del suo ultimo giorno attraverso gli occhi dei suoi potenziali
assassini.
Nelle vesti di
questa detective spettrale troviamo la neo diciassettenne Mary Shayne, ragazza
newyorkese molto avvenente ed inguaribile festaiola. La mattina del suo
compleanno si risveglia nello showroom di un negozio d'arredamento senza abiti
e ferita; la giornata continua in modo sempre più strano fino a culminare con
la sua morte. In una sorta di moderno contrappasso -che a tratti riporta alla
mente anche l'incontro con i fantasmi del Natale di Ebenezer Scrooge- Mary si
ritrova ad "indossare" i corpi delle persone a lei più vicine e,
attraverso dei flashback
«Un intero, dettagliato ricordo le
era appena passato per la mente, proprio nel momento in cui il portiere aveva
usato quella frase. Qualcosa le aveva rammentato un evento passato e aveva
ricordato l’intera esperienza, all’improvviso.
Ma
era un ricordo di Scott.»
decisamente anticlimatici, capisce di aver avuto
spesso un comportamento detestabile e che tutti loro avevano dei (non sempre)
validi motivi per odiarla.
Con queste
premesse, il libro aveva a mio avviso un grande potenziale che però viene
sprecato in una storia piena di contraddizioni e buchi di trama; giusto per
iniziare, come può la protagonista indigente permettersi di frequentare una
scuola per ricconi, senza neanche una borsa di studio?
La parte più
assurda arriva però con il personaggio della madre. Riguardo al suo stato di
salute sappiamo che
«Prima che le ragazze uscissero per
andare a scuola, con il buono o con il cattivo tempo, la mamma doveva prendere
i farmaci broncodilatatori per il suo enfisema [...]. Aveva bisogno che le
portassero tutto a letto, insieme al pacchetto di Virginia Slims che teneva
nella cassettiera, agli antidepressivi e stabilizzatori dell’umore per il
disturbo bipolare e all’OxyContin e vitamina B12 per la sindrome da stanchezza
cronica.»
e nonostante la malattia, le dipendente e il suo non
essere autosufficiente (a parte la scuola, non la lasciano mai sola), le hanno
permesso di cresce da sola le figlie per dieci anni. Ma dove sono i parenti e
gli assistenti sociali? A me non pare assolutamente credibile, e devo anche
dire che per questa totale assenza di adulti responsabili questo libro mi ha
ricordato parecchio "Tredici" di Jay Asher (QUI la recensione), con
il quale condivide -ironia della sorte- anche il titolo numerico.
Vogliamo
parlare poi della terrificante maledizione egizia? Vi consiglierei di leggere il
libro solo per arrivare a quel punto e farvi delle grasse risate, ma senza dilungarmi
troppo mi chiedo soltanto come questo incantesimo potesse provare che un corpo non
ha sette anime. Ma lo dice Horus, quindi mi fido.
In linea con
la trama, i personaggi sono delle contraddizioni viventi, oltre ad essere
monocaratteriali nel migliore dei casi. Dell'intero gruppo di haters mi sento
di salvare solo Amy, perché tutti gli altri potevano semplicemente mollare Mary
se la odiavano a tal punto; in particolare è assurdo il caso di Dylan... la
detesta perché non si è potuto fare la sorella?
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Cover USA |
I peggiori
sono però la famiglia Shayne e, per quanto ci venda dipinta come stronza, Mary
nel complesso ne esce come la migliore. Abbiamo infatti: una madre che,
trascurata dall'amato marito, decide di tradirlo e non si occupa delle figlie
se non dopo morte; una sorella che progetta vendette assurde, ha informazioni
che non dovrebbe conoscere e trascura un passaggio non solo fondamentale, ma anche
ripetuto due volte; un padre psicoterapeuta che, come tutti i medici seri e
professionali, scoprendosi tradito pensa di risolvere tutto con una (inutile)
maledizione egizia.
Per quanto
riguarda il target, il romanzo si rivolge al mercato young-adult, con un cast
composto quasi esclusivamente da adolescenti, ma per i modelli che propone non
mi sentirei di consigliarne la lettura ad un pubblico di ragazzi. Vediamo ad
esempio il grande classico della protagonista belloccia che giudica chiunque
non si vesta alla moda
«Non è carina come me,
pensò Mary. [...] Ma ha assolutamente qualcosa di buono, se solo cercasse
di rendersene conto...»
o
che fa spesso riflessioni sessiste e fuori contesto.
«Di norma, Mary dava per scontate
cose del genere: è ovvio che sia il ragazzo a pagare il taxi.»
Dall'altro
lato vediamo questi ragazzi condurre delle vite da adulti; l'esempio più
lampante è Patrick "Trick" che prima viene cacciato di casa e poi
vive in un albergo -sperperando in alcool e droga- a spese dei genitori. Ma che
razza di punizione sarebbe?
Purtroppo neanche lo stile si salva, tra un
utilizzo indiscriminato dei puntini di sospensione e ripetizioni fastidiose,
«[...] all’improvviso le si formò in
mente un’immagine. Un’immagine CUPA, FOSCA E IRRICONOSCIBILE,
le passò per la testa proprio in quell’istante.»
ma
l'aspetto più seccante (e ironicamente, facile da risolvere) è la narrazione in
terza persona, perché essendo così confusa e caotica sarebbe stata molto più
indicata la prima persona dal punto di vista di Mary.
Così almeno i continui riferimenti alle
marche di abiti ed accessori avrebbero trovato una motivazione.
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