mercoledì 29 gennaio 2020

Un classico al mese - "Senza nome" di Wilkie Collins

«Tutto il mondo è un teatro, mia cara ragazza, e qui si conclude una delle nostre scene»

 

Un classico al mese

  "Senza nome" di Wilkie Collins



LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Senza nome
AUTORE: William "Wilkie" Collins
TITOLO ORIGINALE: No Name
TRADUTTORE: Adriana Altavilla
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: I Mammut Gold
PAGINE: 440
VOTO: 5 stelline

IL COMMENTO

  "Senza nome" è tra le opere meno note di Collins, forse proprio perché si discorsa in parte dagli altri titoli dell'autore britannico. Durante la lettura l'ho più volte confrontato con "La donna in bianco" (QUI la recensione), constatando la totale assenza delle atmosfere cupe e a tratti gotiche che pullulavano invece nell'altro romanzo; anche il genere di riferimento di Collins -la sensation novel- in questo caso viene ribaltato: nel volume precedente i protagonisti dovevano venire a capo di un mistero e sbrogliare una rete di complotti abilmente tesa ai loro danni, mentre qui seguiamo il punto di vista di coloro che tendono questa rete per raggiungere i propri scopi.
  In generale, possiamo dire che in questo romanzo il mistero venga utilizzato come spunto della trama, e non ne sia il focus principale.

«[...] la verità nel loro caso, come in molti altri, rimase sepolta finché la casualità non la fece venire a galla.»

Infatti, il passato dei coniugi Vanstone viene rivelato già nella prima parte dell'opera e serve poi da avvio per la vera storia sulla quale l'autore si vuole concentrare.
  Il romanzo comincia proponendoci l'idilliaca vita della famiglia Vanstone, in una serie di situazioni quotidiane che ricordano quasi "Mansfield Park" di Jane Austen (QUI la recensione); una lettera arriva però dagli Stati Uniti per gettare un'ombra sulla loro felicità, e sarà solo la prima avvisaglia di molte future tragedie. In questo, Collins dimostra un sadismo quasi martiniano (da George R.R. Martin, ndR): nell'arco di un centinaio di pagine le sorelle Vanstone si ritrovano senza genitori, cacciate dalla loro stessa casa e private del loro nome.
  E mentre la pacata Norah subisce tutto questo con stoica rassegnazione, Magdalen è decisa a riprendersi quello che sente suo di diritto, se non legale almeno morale, ricordando a più riprese una Eva Kant d'altri tempi (riferito al suo passato pre-Diabolik).

«"[...] Avete già patito abbastanza per noi; è arrivato il momento di imparare a soffrire per conto nostro. Io ho imparato. E Norah sta imparando".»

Sulla forza e la determinazione di questa giovane donna ruota l'intera vicenda, che segue i suoi tentativi per riottenere l'eredità del padre, da spartire con la sorella. Il legame tra le due rimane per tutta la storia ciò che àncora Magdalen al suo lato più buono,

«Non farò mai del male al tuo cuore.»

impedendole così di spingersi troppo oltre in alcune situazioni decisamente estreme; la protagonista dimostra infatti una sorprendete caratterizzazione quando la vediamo vacillare prima di compiere determinati gesti, sempre in bilico tra il desiderio di vendetta e i ricordi del suo passato felice.
  Pilastro della narrazione, Magdalen si dimostra da subito una figura ben diversa da tante sue omologhe nei libri di quell'epoca. Perduta la sua ricchezza, si risolve a sfruttare al meglio le capacità personali, come il talento per la recitazione:

«Ha un’abilità innata nell’imitare i comportamenti delle persone, che non mi è mai capitato di vedere eguagliata in una donna; si è esibita in pubblico finché non si è resa conto del proprio potere e ha capito di aver potenziato al massimo il proprio talento.»

Il suo carattere emerge al meglio nei confronti con gli altri personaggi, come il capitano Wragge o la cameriera Louisa, quando usa le parole per dare voce a dei pensieri decisamente anticonformisti che non mancano di stupire i suoi interlocutori. Sicuramente degno di nota il suo dialogo con Mrs Lecount, dove la sua determinazione viene paragonata ad un castello di carte,

«"[...] La sua mano è più ferma di quel che penso e immagino che deciderà di aggiungerla quell’altra carta".
"Farà crollare il castello", disse Mrs Lecount.
"E lo rimetterà di nuovo in piedi", ribatté Magdalen.»

  Gli altri personaggi non sono da meno: se in "La donna in bianco" mi ero lamentata della monodimensionalità dei comprimari, qui mi sono felicemente ricreduta perché anche le figure inserite con intento umoristico risultano dotate di profondità. Il miglior esempio è sicuramente Mr Clare senior, presentato inizialmente come una macchietta,

«Quando i ragazzi andarono al college, Mr Clare li salutò con un "arrivederci", e tra sé e sé si disse: "Grazie a Dio".»

riesce poi a dare vita ad un paio di momenti toccanti, nei quali tratta Magdalen con affetto rude, ma quasi paterno.
  Devo concedere uno spazio a parte per quello che è il migliore tra i personaggi secondari: il capitano Wragge. Presentato come una versione migliorata del conte Fosco, quest'uomo non prova alcuna vergogna nel definirsi un delinquente, anzi ne fa quasi un vanto,

«"Truffatore non è nient’altro che una parola di quattro sillabe: t, r, u, f, f, a: truffa; t, o, r, e: tore. Definizione: un contadino morale, un uomo che ara il campo della fiducia umana. Io sono quel contadino morale, quell’uomo che ara.»

In paragone al suo omologo in "La donna in bianco", abbiamo un individuo più carismatico e capace di bilanciare la sua dedizione alla truffa con dei sentimenti decisamente umani. Il suo duello a distanza con Mrs Lecount è incredibilmente emozionante, nonché studiato alla perfezione per tenere il lettore sempre in bilico perché in qualunque momento un'azione imprevista può capovolgere l'esito della sfida.

«"Scacco matto a Mr Bygrave [Mrs Wragge, ndR]!" pensò Mrs Lecount, mentre chiudeva la busta e apponeva l’indirizzo. "Fine dei giochi, questa è la mossa vincente".»

  Strutturato in otto scene divise da degli intermezzi nei quali la storia continua in forma epistolare, il romanzo è dotato di una forte componente autobiografica; da un lato abbiamo gli elementi legali, sempre presenti nell'opera di Collins, dall'altro il tema dell'illegittimità altrettanto caro all'autore che, proprio come il generoso Andrew Vanstone visse per trent'anni con la vedova Caroline Graves senza mai sposarla.
  Ho solo lodi per questo titolo? In teoria sì, dal momento che dopo un inizio un po' lento la storia e i personaggi catturano anche il lettore più esigente. Purtroppo mi ritrovo con un'edizione targata Newton Compton particolarmente scomoda e che presenta anche parecchi refusi, ma se ho perdonato la Garzanti per "Via dalla pazza folla" (QUI la recensione del romanzo di Thomas Hardy) posso di certo chiudere un occhi anche adesso.


DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO

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