Contessina mia, quanto ti desidero (solo per amanti del trash)
Recensione a "Una dinastia al potere" di Matteo Strukul
LA SCHEDA TECNICA
TITOLO: I Medici - Una dinastia al potere
AUTORE: Matteo Strukul
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: -
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: Nuova Narrativa
PAGINE: 370
TRADUTTORE: -
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: Nuova Narrativa
PAGINE: 370
Per fare un
frutto ci vuole un fiore, come ci insegna un noto ritornello. Ma per fare un
romanzo storico non ci vogliono per forza dei termini aulici. Questo basilare
concetto sembra sfuggire al buon Strukul che ha deciso anzi di farcire questo
volume di latinismi e vocaboli desueti già nel Quattrocento e non solo nei
dialoghi, dove un simile linguaggio avrebbe avuto ragion d’essere, ma anche
nelle descrizioni, rendendole se non pedanti sicuramente ridicole.
E quello
appena citato è soltanto il primo della -purtroppo- lunga serie di
problematiche da me riscontrate durante la lettura di questo romanzo che, come
la Newton Compton non si stanca di ricordaci con le sue immancabili fascette
promozionali, si è guadagnato il Premio Bancarella 2016.
Assegnato per
la prima volta nel ’53 ad Hemingway per “Il vecchio e il mare”, tale
riconoscimento nel corso degli anni ha visto sul gradino più alto del podio
romanzi di innegabile valore letterario, tra i quali lo splendido “Olive
Kitteridge” di Elizabeth Strout (QUI la recensione); con queste informazioni
wikipediane alla mano, due possibili alternative si palesano all’orizzonte: “I
Medici - Una dinastia al potere” è un romanzo splendido che la mia limitatezza
non mi ha permesso di comprendere, oppure gli altri finalisti erano ancora
peggio. Temo sia la seconda.
La storia
inizia con... ecco, già scrivere qualche riga sulla trama mi mette in
difficoltà. Si potrebbe semplicemente dire che il romanzo ripercorre le vicende
della famiglia Medici dalla morte del “patriarca” Giovanni fino a quella del
figlio minore Lorenzo, avvenuta nel periodo di maggiore lustro per i banchieri
fiorentini. In realtà gli avvenimenti sono presentati in modo molto sconnesso,
quasi fossero degli episodi a sé stanti, come capitava ne “Il guanto di rame”
del duo Black / Clare (QUI la recensione); i vari elementi non si amalgamano in
una storia uniforme, bensì vengono presentati al lettore individualmente,
risultando quali asettici.
Asettico è un
aggettivo che ben si sposa anche con i dialoghi di questo romanzo, che si
dividono in due categorie: brevi e dal lessico informale, quasi contemporaneo,
oppure oltremodo prolissi, veri e propri monologhi che nemmeno abili oratori
pronuncerebbero in modo naturale e spontaneo. Questi dialoghi rendono difficile
anche istaurare un minimo di empatia con i personaggi, in particolare con colui
che dovrebbe essere il protagonisti.
Nei suoi
momenti migliori Cosimo è freddo e distaccato, caratterizzazione che ben si
accorda con l’interpretazione di Richard Madden nella recente serie TV (un mio
commento telegrafico? sopravvalutata); purtroppo, come protagonista è poco
riuscito, specialmente perché non è sempre al centro della narrazione e per la
sua natura che è contemporaneamente buona, giusta, saggia, magnanima, mite,
caritatevole: praticamente un Gary Stu fatto e finito. Non fosse sufficiente,
questa sua innaturale perfezione si trasmette per osmosi ai suoi familiari,
rendendoli altrettanto noiosi agli occhi del lettore.
L’unico che mi
sento di salvare, almeno per pietà, tra i dottori toscani è Lorenzo.
Quest’ultimo è la trasposizione umana di Paolini Paperino: mentre Cosimo /
Gastone vive prospero sotto lo sguardo benevolo della dea bendata (UOT?), il
povero Lorenzo arranca nelle difficoltà a dispetto dell’impegno e della buona
volontà, obbedendo agli ordini del fratello senza fiatare e finendo sempre in
mezzo agli scontri. Per rendere l’idea, la sola occasione in cui una bella
donna gli fa gli occhi dolci è per tentare di ucciderlo!
Ironicamente
gli antagonisti sono ben più sviluppati ed interessanti dei “buoni”,
soprattutto quelli inventati dall’autore, ossia Schwartz e Laura. Per quanto
eccessivamente sopra le righe, i loro personaggi sono i soli a funzionare e
questo la dice lunga sul romanzo, visto che sono rispettivamente un assassino
spietato ed una veggente puttana, No, non scandalizzatevi per questo
appellativo perché è lo stesso Strukul a definirla così in ogni occasione,
anziché ricorrere a termini meno offensivi. D’altro canto questo volume è una
continua escalation di violenza fisica e psicologica, anche nei confronti
dell’innocente lettore! Alcune scene sono però tanto esasperate da far nascere
una risata anziché un brivido di terrore: cosa dire ad esempio di Rinaldo degli
Albizzi, forte di un sicario formidabile (sempre Shwartz, sì), che affida la
missione di uccidere Cosimo a due soldati imbranati? Non si può che ridere alla
loro cruenta quanto prevedibile dipartita.
Con sfacciato
ottimismo, mi sforzerò di trovare un paio di elementi positivi per questo
romanzo. La narrazione si sofferma sulla storia dei personaggi, anche
secondari, tentando di dar loro un poco d’introspezione psicologica; inoltre
sono evidenti i tentativi di descrivere le ambientazioni con taglio poetico...
ho scritto tentativi non risultati, eh. Un aspetto non proprio positivo ma di
certo utile a rendere veloce la lettura è la scelta di creare dei capitoli
brevi.
Ma torniamo ai
problemi, in particolare per la mancata revisione: ci sono passaggi immotivati
dal tu informale al Voi formale, pensieri racchiusi nelle virgolette solo in
alcuni casi e una ripetizione quasi ossessiva di verbi -e relative
declinazioni- quali allagare, dilagare, annegare, affogare. Spesso inseriti a
sproposito (chi è mai stato allagato di sudore al collo?), il loro continuo
comparire tra le righe mi aveva fatto credere ci fosse un motivo stilistico o
storico alla base di questa scelta.
Invece no.
DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO