giovedì 29 novembre 2018

Contessina mia, quanto ti desidero (solo per amanti del trash) - Recensione a “Una dinastia al potere” di Matteo Strukul

Contessina mia, quanto ti desidero (solo per amanti del trash)

Recensione a "Una dinastia al potere" di Matteo Strukul


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: I Medici - Una dinastia al potere
AUTORE: Matteo Strukul
TITOLO ORIGINALE: -
TRADUTTORE: -
EDITORE: Newton Compton
COLLANA: Nuova Narrativa
PAGINE: 370

IL COMMENTO

  Per fare un frutto ci vuole un fiore, come ci insegna un noto ritornello. Ma per fare un romanzo storico non ci vogliono per forza dei termini aulici. Questo basilare concetto sembra sfuggire al buon Strukul che ha deciso anzi di farcire questo volume di latinismi e vocaboli desueti già nel Quattrocento e non solo nei dialoghi, dove un simile linguaggio avrebbe avuto ragion d’essere, ma anche nelle descrizioni, rendendole se non pedanti sicuramente ridicole.
  E quello appena citato è soltanto il primo della -purtroppo- lunga serie di problematiche da me riscontrate durante la lettura di questo romanzo che, come la Newton Compton non si stanca di ricordaci con le sue immancabili fascette promozionali, si è guadagnato il Premio Bancarella 2016.
  Assegnato per la prima volta nel ’53 ad Hemingway per “Il vecchio e il mare”, tale riconoscimento nel corso degli anni ha visto sul gradino più alto del podio romanzi di innegabile valore letterario, tra i quali lo splendido “Olive Kitteridge” di Elizabeth Strout (QUI la recensione); con queste informazioni wikipediane alla mano, due possibili alternative si palesano all’orizzonte: “I Medici - Una dinastia al potere” è un romanzo splendido che la mia limitatezza non mi ha permesso di comprendere, oppure gli altri finalisti erano ancora peggio. Temo sia la seconda.
  La storia inizia con... ecco, già scrivere qualche riga sulla trama mi mette in difficoltà. Si potrebbe semplicemente dire che il romanzo ripercorre le vicende della famiglia Medici dalla morte del “patriarca” Giovanni fino a quella del figlio minore Lorenzo, avvenuta nel periodo di maggiore lustro per i banchieri fiorentini. In realtà gli avvenimenti sono presentati in modo molto sconnesso, quasi fossero degli episodi a sé stanti, come capitava ne “Il guanto di rame” del duo Black / Clare (QUI la recensione); i vari elementi non si amalgamano in una storia uniforme, bensì vengono presentati al lettore individualmente, risultando quali asettici.
  Asettico è un aggettivo che ben si sposa anche con i dialoghi di questo romanzo, che si dividono in due categorie: brevi e dal lessico informale, quasi contemporaneo, oppure oltremodo prolissi, veri e propri monologhi che nemmeno abili oratori pronuncerebbero in modo naturale e spontaneo. Questi dialoghi rendono difficile anche istaurare un minimo di empatia con i personaggi, in particolare con colui che dovrebbe essere il protagonisti.
  Nei suoi momenti migliori Cosimo è freddo e distaccato, caratterizzazione che ben si accorda con l’interpretazione di Richard Madden nella recente serie TV (un mio commento telegrafico? sopravvalutata); purtroppo, come protagonista è poco riuscito, specialmente perché non è sempre al centro della narrazione e per la sua natura che è contemporaneamente buona, giusta, saggia, magnanima, mite, caritatevole: praticamente un Gary Stu fatto e finito. Non fosse sufficiente, questa sua innaturale perfezione si trasmette per osmosi ai suoi familiari, rendendoli altrettanto noiosi agli occhi del lettore.
  L’unico che mi sento di salvare, almeno per pietà, tra i dottori toscani è Lorenzo. Quest’ultimo è la trasposizione umana di Paolini Paperino: mentre Cosimo / Gastone vive prospero sotto lo sguardo benevolo della dea bendata (UOT?), il povero Lorenzo arranca nelle difficoltà a dispetto dell’impegno e della buona volontà, obbedendo agli ordini del fratello senza fiatare e finendo sempre in mezzo agli scontri. Per rendere l’idea, la sola occasione in cui una bella donna gli fa gli occhi dolci è per tentare di ucciderlo!
  Ironicamente gli antagonisti sono ben più sviluppati ed interessanti dei “buoni”, soprattutto quelli inventati dall’autore, ossia Schwartz e Laura. Per quanto eccessivamente sopra le righe, i loro personaggi sono i soli a funzionare e questo la dice lunga sul romanzo, visto che sono rispettivamente un assassino spietato ed una veggente puttana, No, non scandalizzatevi per questo appellativo perché è lo stesso Strukul a definirla così in ogni occasione, anziché ricorrere a termini meno offensivi. D’altro canto questo volume è una continua escalation di violenza fisica e psicologica, anche nei confronti dell’innocente lettore! Alcune scene sono però tanto esasperate da far nascere una risata anziché un brivido di terrore: cosa dire ad esempio di Rinaldo degli Albizzi, forte di un sicario formidabile (sempre Shwartz, sì), che affida la missione di uccidere Cosimo a due soldati imbranati? Non si può che ridere alla loro cruenta quanto prevedibile dipartita.
  Con sfacciato ottimismo, mi sforzerò di trovare un paio di elementi positivi per questo romanzo. La narrazione si sofferma sulla storia dei personaggi, anche secondari, tentando di dar loro un poco d’introspezione psicologica; inoltre sono evidenti i tentativi di descrivere le ambientazioni con taglio poetico... ho scritto tentativi non risultati, eh. Un aspetto non proprio positivo ma di certo utile a rendere veloce la lettura è la scelta di creare dei capitoli brevi.
  Ma torniamo ai problemi, in particolare per la mancata revisione: ci sono passaggi immotivati dal tu informale al Voi formale, pensieri racchiusi nelle virgolette solo in alcuni casi e una ripetizione quasi ossessiva di verbi -e relative declinazioni- quali allagare, dilagare, annegare, affogare. Spesso inseriti a sproposito (chi è mai stato allagato di sudore al collo?), il loro continuo comparire tra le righe mi aveva fatto credere ci fosse un motivo stilistico o storico alla base di questa scelta.
  Invece no.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA

  Lorenzo "Mainagioia" De' Medici

venerdì 23 novembre 2018

BookTag Time - Mamma mia! BookTag

BookTag Time

  Mamma mia! BookTag


Dopo ben dieci anni dall'uscita del film-musical “Mamma mia!”, quest'anno è finalmente arrivato l'attesissimo sequel. E io, seppur con un paio di mesi di ritardo, voglio celebrare questo splendido film con un BookTag ispirato alle canzoni degli Abba.
Il BookTag in questione è stato “rubato” dal canale Youtube di Erika Romagnoli, aka diaryofabibliophile, e QUI potete ascoltare le sue risposte.

1. WHEN I KISSED THE TEACHER - Un libro con un plot-twist scioccante
Un romanzo con parecchie svolte inaspettate, che mi hanno stupita e tenuta incollata alla storia, è sicuramente “La città di sabbia” di Laini Taylor (QUI la recensione). Il ritmo incalzante e ricco di plot-twist hanno trasformato questo libro nel migliore della serie, secondo la mia discutibile opinione; e non credo che il terzo potrà superarlo.
2. WATERLOO - Un libro di cui ti innamorerai sicuramente
Presumo che la domanda sottintenda un libro ancora non letto... spero di non sbagliarmi! In ogni caso, tengo d'occhio “Cuore oscuro” di Naomi Novik da quando era disponibile soltanto in inglese; ora l'ho finalmente acquistato e, in base alla sinossi, sono quasi cerca di innamorarmi di questa lettura.
3. WHY DID IT HAVE TO BE ME - Un libro che hai letto perché eri sicuro ti avrebbe fatto superare il blocco del lettore
Verso la fine dello scorso anno ho letto parecchi libri che non mi stavano per nulla convincendo e proseguivo nella lettura molto lentamente: non parliamo di un vero blocco del lettore, ma quasi. A “salvarmi” è stato “Sette minuti dopo la mezzanotte” di Patrick Ness (QUI la recensione), un romanzo tutt'altro che leggero ma capace di catturarmi nella sua storia e farmi iniziare l'anno nuovo con maggiore positività.
4. I HAVE A DREAM - Un personaggio che ti ispira
Nomino senza esitazioni isabel di “Solo per sempre tua” di Louise O'Neill (QUI la recensione). Senza addentrarmi in nessuno spoiler, credo che chi ha letto questo romanzo fino alla fine capirà benissimo perché ammiro questa ragazza: dimostra un coraggio ed una determinazione stoica a dispetto di una sorte decisamente avversa.
5. ANDANTE ANDANTE - Cosa stai leggendo?
Per una volta parlo di graphic novel, genere che leggo spesso ma non nomino mai perché temo di non avere uno straccio di competenza per analizzarlo. Ieri ho terminato la lettura di “Basilicò” di Giulio Macaione; lo stile di disegno mi ha conquistata e convinta ad acquistare il volume, mentre la storia seppur piacevole ha dei risvolti decisamente cringe che mi hanno sconvolto sul finale.
6. KNOWING ME, KNOWING YOU - Un libro con il quale hai dovuto rompere e che non hai finito
Un libro abbandonato anni fa, che spero ancora di riprendere in un futuro non meglio identificato, è “La progenie” di Guillermo del Toro e Chuck Hogan. È il primo volume di una trilogia tra horror e thriller incentrata sull'invasione degli USA da parte dei vampiri, che nel 2014 è stata adatta nella serie TV “The Strain”.
7. MAMMA MIA - Un libro che hai riletto di recente
Negli ultimi anni ho abbandonato l'abitudine di rileggere i libri, soprattutto per mancanza di tempo ed eccessiva disponibilità di titoli nuovi, ma ricordo di aver letto almeno tre volte “Beastly” di Alex Flinn. Forse ora lo leggerei in modo molto più critico, ma all'epoca adoravo questa storia... almeno fino all'uscita dell'atroce film!
8. DANCING QUEEN - Un libro che ti ha fatto venire voglia di ballare
Non penso che mi sia mai capitato di chiudere un libro e iniziare a danzare... Comunque, un libro che mi ha fatto desiderare di essere tra le sue pagine, in particolare per visitare tutti i tendoni del circo più assurdo e stupefacente del mondo, è “Circo della notte” di Erin Morgenstern (QUI la recensione).
9. SUPER TROUPER - Una serie che non hai finito perché ti intimidisce la sua mole
Pur avendo apprezzato molto il primo libro di questa serie, devo ammettere di non aver mai continuato la Century Trilogy di Ken Follett, nello specifico perché i volumi sono interminabili, a dispetto del microscopico formato delle edizioni flip-back.

giovedì 15 novembre 2018

Le avventure di uno 007 in pensione - Recensione a “Madre notte” di Kurt Vonnegut

Le avventure di uno 007 in pensione

Recensione a "Madre notte" di Kurt Vonnegut


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Madre notte
AUTORE: Kurt Vonnegut
TITOLO ORIGINALE: Mother Night
TRADUTTORE: Luigi Ballerini
EDITORE: Feltrinelli
COLLANA: Universale Economica
PAGINE: 200

IL COMMENTO

  Ad attrarmi verso questo libro è stata indubbiamente la sua copertina. Tranquilli, non nutro nessun interesse morboso per il nazismo, più semplicemente l’immagine della svastica sulla bandiera statunitense mi aveva fatto pensare subito alla “Svastica sul sole” di Philip K. Dick (QUI la recensione), dove appunto gli Stati Uniti erano una colonia della Germania nazista.
  L’acquisto a libri chiuso però si è rivelato una scelta vincente: “Madre notte” ha ben poco a che spartire con il romanzo di Dick, ma regala una storia ricca di emozioni, colpi di scena e spunti di riflessione assolutamente degni, il tutto contornato da una narrazione tanto attenta agli elementi storici da risultare davvero credibile. Tra i maggiori pregi del volume è da annoverare anche l’attualità della storia: il romanzo presenta temi e situazioni capaci di rispecchiare molti elementi della nostra contemporaneità e mi ha stupito scoprire che la prima pubblicazione risale al lontano 1961.
  Vonnegut adotta una espediente già sfruttato da altri grandi scrittori, Hawthorne ne “La lettera scarlatta” (QUI la recensione) per fare un esempio, ossia si finge il curatore del suo stesso romanzo, attribuendone la paternità al protagonista, tale Howard W. Campbell jr.
  Il signore Campbell è statunitense, ma si trasferisce in Germania da ragazzino, Paese dove rimane anche da adulto, sebbene i suoi genitori rientrino in patria prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Howard è uno scrittore di testi teatrali e proprio il lavoro gli permette di incontrare l’attrice Helga Noth, destinata a diventare sua moglie; nell’ombra l’uomo svolge però tutt’altro genere di attività, essendo una spia al servizio degli Stati Uniti nell’imminente conflitto.
  Sarà proprio la sua patria a chiedergli di fingersi un fervente nazista in modo da arrivare alla conduzione di un programma radiofonico di propaganda a mezzo del quale trasmette messaggi in codice oltreoceano. In una missione che porta inevitabilmente alla mente il fantastico “A beautiful mind”, Howard è costretto ad una vita piena di menzogne, anche nei confronti del’amata moglie, nonché ad una condotta che lo farà finire anni dopo nella lista dei criminali nazisti ricercati in tutto il mondo. Come nel film con Russell Crowe, il protagonista viene abbandonato dall’agente Wiltanen, suo contatto con il governo americano e unico a poter garantire sulla sua vera fedeltà, ed è costretto a rifugiarsi in un anonimo monolocale newyorkese dove conduce una vita da eremita per anni.
  La storia di Campbell ci viene narrata da lui medesimo: il primo capitolo si apre con l’uomo rinchiuso nel carcere di Gerusalemme, impegnato a scrivere appunto le sue memorie per difendersi nel processo che lo vede imputato per gli anni di discorsi populisti, antisemiti e incitanti alla violenza fatti alla radio. Il protagonista si sofferma sulle storie dei secondini del carcere, prima di avventurarsi nella propria biografia, nella quale non segue peraltro un ordine cronologico, bensì collega vari episodi per associazione di idee.
  I capitoli presentano quindi uno schema abbastanza fisso, con il focus su un evento in particolare e, sul finale, una frase viene inserita per creare suspense e dà lo spunto per il soggetto nel nuovo capitolo.
  Lo stile è diretto e relativamente semplice (attenzione! non semplicista) è, soprattutto nelle parti dei dialoghi, la prosa è ridotta all’essenziale, limitata sempre e solo al verbo dire, lasciando alle battute il compito di darsi un tono da sé; questa scelta stilistica ben si accorda anche all’attività di autore teatrale del “finto” autore.
  Il punto di forza del romanzo è indubbiamente il protagonista. Senza eclissare del tutto gli altri personaggi, Campbell si dimostra il sovrano incontrastato della scena, caratterizzato da un pungente sarcasmo e dotato di uno spirito critico, sia nei confronti di sé stesso sia del mondo che lo circonda. Curioso notare come Howard abbia vissuto delle vere avventure, degne di una spia, solo anni dopo la fine della guerra, mentre la sua missione di copertura fosse in confronto relativamente sicura; geniale invece il concetto dello Stato a due, esposto da lui ma evidentemente proprio di Vonnegut.
  Per merito della vita atipica del protagonista, il romanzo introduce direttamente -o accenna soltanto a- diverse figure storiche, in particolare di gerarchi nazisti come Goebbels ed Eichmann. Vonnegut adotta un atteggiamento estremamente razionale, che è un po’ il tratto distintivo di Howard, per trattare tematiche delicate come l’olocausto: riesce ad evitare facili qualunquismi, mostrando gli eventi in un’ottica realista e diretta.
  L’argomento della guerra in sé viene elaborato con il medesimo occhio critico ed oggettivo, andando oltre la classica divisione tra alleati buoni e nazifascisti cattivi, ma valutando ogni individuo per le sue azioni e per il suo temperamento. Questa visione disincantata della Storia è ben illustrata già nelle Avvertenze del curatore, dove Vonnegut rievoca un avvenimento tragico -la distruzione di Dresda- da lui vissuto in prima persona quando era arruolato nell’esercito statunitense: il bombardamento operato dai suoi connazionali e dagli inglesi ai danni dei civili tedeschi palesa con evidenza l’impossibilità di scindere tra colpevoli ed innocenti in tempi di guerra. Come suggerisce la “fata turchina” di Howard, aka l’agente Wiltanen, la sola distinzione possibile in tempo di guerra è tra vivi e morti.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA

  L'unico tedesco buono è un tedesco morto (?)

sabato 10 novembre 2018

tutta questione di MARKETING - Titoli copiati

Gironzolando per la libreria o in uno dei tanti store di libri online, vi è mai capitato di imbattervi in due libri completamente diversi ma con dei titoli quasi uguali? Oppure in copertine che sembrano fotocopiate, titoli tradotti senza tener conto dell'originale o libri spezzati in più volumi?
Tutte queste e molte altre scelte editoriali sono dettate da ragioni di marketing: se un libro vende bene, pubblicarne uno dello stesso genere con una copertina simile può attrarre i lettori meno attenti, come pure chi compra i libri per conto terzi.
Con questa rubrica voglio esaminare alcuni di questi casi, per farvi riflettere sulle strategie adottate dalle case editrici e per smascherare i trucchi più frequenti con qualche esempio.
In questo post parleremo dei...

Titoli copiati


Anche questo è un tema sul quale tornerò in futuro perché le librerie strabordano di libri che devono i loro titoli unicamente all'assonanza con un altri più famosi; oggi ci concentreremo su questi tre esempi.

1. Cominciamo da un romanzo parte di una trilogia molto chiacchierata in questi giorni per l'uscita del film "Tutte le volte che ho scritto ti amo". Già nell'estate del 2016 la Piemme pubblicava in Italia il secondo capitolo della serie intitolato "P.S. Ti amo ancora" di Jenny Han.

Quasi esattamente un anno più tardi, la Newton Compton portò nelle librerie nostrane un'altra storia d'amore tra adolescenti dal titolo davvero molto simile, "P.S. I like you" di Kasie West.

A parziale discolpa della casa editrice va precisato che si sono limitati a pubblicare il libro, senza variare il titolo originale e neanche la cover, quindi forse la malafede parte dall'edizione originale.

2. Passiamo ad un genere completamente diverso, ovvero il thriller che, stando ad ogni singola copertina creata da Newton Compton, è sempre "un grande thriller" (lo so, è difficile credermi, ma andate pure a controllare!). Torniamo nel 2016, ma in autunno, quando la Nord pubblicò "La coppia perfetta" di B.A. Paris.

Come lasciarsi sfuggire un occasione tanto ghiotta? Considerando poi che la Newton Comton sforna thriller come se non ci fosse un domani... Ed ecco che pochi mesi dopo, ad aprile 2017, arriva in Italia "Una coppia quasi perfetta" di Nina Sadowsky.

Ma non è finita qui perché la Newton ha deciso di bissare quest'anno; a giugno è stato pubblicato anche "La coppia quasi perfetta" di John Marrs. Mi sembra superfluo evidenziare la facilità con cui un acquirente potrebbe confondere dei titoli tanto simili.

Tra l'altro i titoli originali di questi ultimi due romanzi erano completamente diversi: rispettivamente "Just Fall" e "The One".

3. E concludiamo con un caso davvero ecclatante, tornando tra l'altro nel genere romance con target young adult o new adult. Era il lontano 2013 quando la Garzanti portava in Italia il primo libro della prolifica serie scritta da Jamie McGuire, ossia "Uno splendido disastro".

Dovendo pubblicare un romanzo rosa della stella nascente di Wattpad Ali Novak, con tanto di imprescindibile triangolo amoroso, la Newton Compton (prometto che la prossima volta non tirerò in ballo questa casa editrice!) opta per il titolo "Uno splendido errore".

In aggiunta, il libro aveva in origine un titolo del tutto diverso, "My Life with the Walter Boys", e doveva essere il primo di una serie mai conclusa neppure in patria.

domenica 4 novembre 2018

Ma dove vai, se la mappa non ce l’hai - Recensione a “La città di sabbia” di Laini Taylor

Ma dove vai, se la mappa non ce l'hai

Recensione a "La città di sabbia" di Laini Taylor


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: La città di sabbia
AUTORE: Laini Taylor
TITOLO ORIGINALE: Days of Blood & Starlight
TRADUTTORE: Donatella Rizzati
EDITORE: Fazi
COLLANA: Lain ya
PAGINE: 460

IL COMMENTO

  Al momento di scrivere il commento a “The Help” di Kathryn Stockett (QUI la recensione), ho procrastinato per diversi giorni in cerca delle parole giuste, e ora mi trovo mio malgrado in una circostanza analoga con “La città di sabbia”; le situazioni presentano invero parecchi somiglianze, perché prima di iniziare la lettura ero riluttante ad approcciarmi ad entrambi i volumi, mentre leggevo non riuscivo a staccarmene e una volta terminati la gioia per la lettura fruttuosa non era accompagnata da un impellente desiderio di mettere nero su bianco le mie opinioni.
  Non di meno, eccomi infine pronta ad elogiare il secondo volume della trilogia de “La chimera di Praga”. Seguito davvero superiore al primo libro -“La chimera di Praga” (QUI la recensione), appunto- soprattutto per la scelta di limitare l’uso dei flashback a poche scene distinte anziché ammassarli in capitoli a parte. La seconda parte del primo libro era appesantita dalla valanga di flashback che finivano per accantonare la storia principale e creavano un progressivo calo di interesse nel lettore. Questo è tra l’altro il motivo principale per cui non ero proprio entusiasta all’idea di continuare la serie.
  La storia prende l’avvio qualche settimana dopo che Karou ed Akiva hanno liberato i ricordi spezzando l’osso del desiderio e si sono separati: il Serafino di ritorno tra i suoi fratelli Illegittimi e la ragazza alla ricerca di un portale per Eretz, decisa a vedere con i suoi occhi il tragico destino della sua specie.
  Per le prime cinquanta pagine, la narrazione non si sofferma mai direttamente su Karou, mostrando invece dei capitoli POV di Akiva e Zuzana, con la protagonista relegata ai margini della scena. I capitoli incentrati sul Serafino ci mostrano -come da me auspicato- nuovi dettagli sull’Impero ed introducono in modo maggiormente approfondito i già visti compagni di Akiva, l’estroverso Hazael e l’ombrosa Liraz. Nelle parti della giovane burattinaia vediamo soprattutto i tentativi suoi e di Mik per ritrovare Karou.
  La protagonista si fa attendere, è vero, ma quando entra in scena l’aspettativa è ben ripagata da quello che annovero tra i migliori personaggi di cui abbia mai letto. Karou è caratterizzata con estrema cura e i suoi comportamenti sono sempre chiari e ben motivati; all’inizio la troviamo molto diversa da com’era nei primi capitoli de “La chimera di Praga”, perché lo sterminio operato dai Serafini a Loramendi l’ha costretta a mettere da parte la sua indole pacifica in nome della vendetta su coloro che hanno distrutto la sua famiglia e la sua terra. L’incontro fortuito con una vecchia conoscenza contribuirà ad acuire il suo desiderio di rivalsa delle Chimere superstiti.
  Karou non è affatto una ragazza debole o influenzabile, ma è comprensibile come sembri persa ed indifferente alla violenza all’inizio; solo la reunion con Zuze l’aiuterà ad aprire gli occhi su ciò in cui si sta trasformando la ribellione. Questo è di certo uno degli aspetti che ho preferito: come abbiamo visto ne “Il circo della notte” di Erin Morgenstern (QUI la recensione) o di recente in “Hollow City” di Ransom Riggs (QUI la recensione), è frequente nei fantasy che il protagonista, una volta scoperto il proprio epico destino, abbandoni su due piedi la monotona vita umana per dedicarsi anima e corpo alla salvezza del globo terracque; in questo libro invece le amicizie “umane” non vengono dimenticate e rimangono l’ancora della protagonista, ed il mondo reale non scopare anzi, nella parte finale torna prepotentemente ad affermare la sua importanza.
  Come avrete capito, ho amato tutti i coprotagonisti, umani, Serafini e Chimere, come non mi capitava dai tempi del fangirleggiamento (e petaloso muto!) adolescenziale; c’è poco da fare: la Taylor eccelle nella caratterizzazione, anche quando si tratta di misere comparse. Akiva invece è tutt’altro paio di maniche, perché a dispetto della mia buona volontà continuo a mal sopportarlo. Lui è quasi l’opposto di Karou e mentre lei reagisce e combatte, il Serafino si lamenta e invoca la morte... insoffribile.
  I cattivi mi creano qualche perplessità. Jael richiama molti cliché degli antagonisti classici (volto sfigurato, piacere nel torturare, continui rimandi alla lussuria), mentre Thiago con la sua costate ambiguità cela meglio il suo lato feroce e all’inizio era riuscito a farmi dubitare del suo temperamento.
  Come già detto per il primo capitolo, non posso che valutare positivamente lo stile e, soprattutto, le poetiche descrizioni della Taylor: ritengo che quelle incentrate sulla kasbah in Marocco e il palazzo di vetro dell’Imperatore Joram siano le più suggestive.
  C’è qualcosa da criticare in questo libro? Sì, anche se si tratta di due aspetti collegati all’edizione e non la romanzo. In questo libro compaiono molte creature magiche e, soprattutto, diversi tipi di Chimere dai nomi non proprio intuitivi, quindi avrei apprezzato una breve appendice per riepilogare le caratteristiche principali delle varie specie, così da evitare continui salti da una pagina all’altra in cerca di chiarimenti. Altro errore è l’assenza di una mappa del mondo di Eretz, che aiuti il lettore a comprendere gli spostamenti dei personaggi ed i luoghi in cui si svolgono i vari scontri; in questo caso la colpa è da imputarsi alla Fazi, perché nell’edizione originale la cartina era presente.

DOVE COMPRARE QUESTO LIBRO
LA VIGNETTA

  Why so serious... Akiva?