Wrap-Up - Letture di settembre 2020
Mi posso dire molto
soddisfatta delle letture completate durante questo mese: ad eccezione di un
paio di titoli a fine mese, tutti i libri si sono rivelati migliori di quanto
mi aspettassi!
Il mese non poteva
iniziare in modo migliore, con le cinque
stelline meritatissime di "Turno
di notte"; avevo già apprezzato lo stile di Sarah Waters in "Ladra" (QUI la recensione), ma questo
romanzo mi ha colpito ancor di più con i suoi personaggi tridimensionali, una
storia coinvolgere e la grande attenzione per il setting storico. Potete già
trovare QUI la mia recensione esaustiva su questo titolo meraviglioso.
Continuando con la
mia TBR ho letto poi "Ruin and
Rising" di Leigh Bardugo,
che va a concludere la trilogia iniziata con "Shadow and Bone" (ne
parlo QUI) alcuni mesi fa, ma anche a chiudere questa prima parte dei romanzi
ambientati nel Grishaverse verso il quale -devo ammettere- ho parecchia
curiosità e penso prossimamente di continuare con questo universo narrativo.
La storia ci riporta
da Alina e il suo gruppo malconcio di Grisha tre mesi dopo il confronto con il
Darkling, che ormai governa su Ravka grazie ad un esercito potenziato dalla
presenza dei nichyevo'ya, ossia i soldati-ombra. Mostrata ai fedeli rifugiati
sottoterra per essere venerata come una Santa, Alina è di fatto prigioniera
dell'Apparat e dovrà innanzitutto riottenere i suoi poteri per poi affrontare
il confronto decisivo e salvare il regno dallo spietato dittatore.
Grazie ad un atteggiamento
più maturo e al valido finale, questo ultimo capitolo ha decisamente migliorato
la mia opinione sulla serie nel suo complesso, nonostante la prima parte sia un
susseguirsi di scene dalla dubbia utilità, come il crollo della galleria o i
siparietti con Oncat (per quanto io adori i felini). Mi hanno lasciato un po'
perplessa anche i dialoghi molto colloquiali e ricchi di frecciatine presenti
in scene teoricamente pericolose e la capacità dei personaggi di incontrare
sempre gente conosciuta a dispetto della vastità del territorio ravkiano.
Divertente invece il momento in cui Alina permette all'ottenne Misha di
esercitarsi a combattere -con spada di legno, ma fucile vero!- quando poche
pagine prima aveva ordinato imperiosamente che nessun ragazzino fosse arruolato
tra le fine dei Soldat Sol.
Dall'altro lato, le
interazioni tra i protagonisti e i diversi momenti di confronto sono sicuramente
i punti più alti della narrazione, e si nota la grande cura con cui la Bardugo
sceglie i termini da adottare; trovo ottimo anche lo sviluppo della maggior
parte dei personaggi: in particolare, la mia preferita Genya e -chi l'avrebbe
mai detto?- Nikolai. A questo punto sto facendo un pensierino anche per
"King of Scars", che finora avevo bocciato a priori, perché la storia
del nuovo sovrano di Ravka ha un grandissimo potenziale.
Circondata forse da
troppo hype, questa serie riesce comunque a creare delle ottime basi per questo
mondo fantastico, ma è anche godibile come prodotto fine a se stesso e migliora
di volume in volume; non mancano i difetti e degli ampi margini di
miglioramento, ma se volete un'analisi più approfondita trovate QUI la mia
Lettura d'Insieme in cui sviscero alti e bassi della trilogia.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.
La terza lettura è
stata dedicata al classico di settembre, e se da un lato le mie aspettative
erano -giustamente- alte perché si tratta pur sempre di Thomas Hardy, dall'altro avevo alcune riserve principalmente a
causa dell'editore (la Garzanti aveva già distrutto "Via dalla pazza
folla") e del genere. Nonostante tutto, "I tre sconosciuti e altri racconti" è stata una lettura
fantastica e mi sono ricreduta anche riguardo all'edizione, come potete leggere
QUI nella mia recensione del volume. Ovviamente, cinque stelline per uno dei migliori autori dell'Inghilterra di
fine Ottocento.
È stata una lettura
molto soddisfacente anche quella di "Beneath
the Citadel", fantasy YA pubblicato un paio di anni fa dalla
statunitense Destiny Soria. Da un
lato sono felice di aver apprezzato questo titolo (la mia valutazione è di quattro stelline e mezza), dall'altro
non capisco perché non sia più conosciuto: ha tutte le carte in regola per
risultare appetibile per il target di riferimento, e non solo. Parlo più in
dettaglio di questo romanzo QUI, dove potete leggere la mia recensione per un
volume ingiustamente sottovalutato.
Rispetto alla mia TBR
iniziale, ho (erroneamente!) tenuto come ultima scelta il libro sul quale avevo
le aspettative più basse; e ne avevo ben donde, dal momento che "Il trionfo di Cesare" di Andrea Frediani si è dimostrato in
linea con gli altri -pessimi- volumi di questa trilogia. Nel complesso, la
serie non fa pensare a dei romanzi nel senso tradizionale, quanto piuttosto a
un ibrido tra una sequela di episodi di cronaca e un testo didattico.
Dopo un inizio in
cui, per svariate pagine, ci viene riepilogato (leggasi, info-dumpato) quanto
successo durante la guerra in Egitto, in questo terzo capitolo seguiamo
principalmente le battaglie contro il re Giuba e gli anticesariani nel Nord
Africa per poi passare, dopo una breve parentesi dedicata alla celebrazione dei
quattro trionfi, allo scontro ben più circoscritto in Spagna, contro quello che
rimane della coalizione avversaria, ossia Gneo Pompeo, Attio Varo e
-ovviamente- Tito Labieno.
Come nei volumi
precedenti, agli eventi storici si affianca una trama fittizia, che in questo
caso credo sia stata studiata in modo più attento, seppur rimanga molto
prevedibile e piena di plot-holes: ad esempio, l'intera sottotrama di Publio
Scevio risulta completamente inutile e fine a se stessa.
I problemi più
evidenti riguardano però lo stile di scrittura e la caratterizzazione dei
personaggi. Relativamente al primo difetto, abbiamo parecchi dialoghi vuoti,
nei quali ci si limita a ribadire fatti noti ad uso e consumo del solo lettore,
oltre ad informazioni ripetute ad oltranza (alla centomillesima volta in cui
Cleopatra viene nominata a membro, ho avuto la tentazione di lanciare il libro)
e interi paragrafi composti da sole domande dirette e retoriche. Riguardo ai
personaggi, sono presenti dei comportamenti decisamente OOC (come si può
affidare informazioni tanto importanti ad un beota come Bote?), mentre continua
la mortificazione delle -poche- donne presenti: Servilia zerbina di Cesare fino
alla fine, Eunoe apparsa solo per compiere una delle peggiori azioni possibili,
e Veleda della quale parlerò meglio tra qualche riga.
Come promesso ai
tempi de "L'ombra di Cesare" (ne parlo QUI), ho alcune osservazioni
sulla serie nel complesso. Innanzitutto, trovo che sei POV principali -e
diversi altri secondari- siano decisamente troppi per una trama così lineare;
ci sono poi le note a piè di pagina, insufficienti per comprendere il sistema
politico e l'apparato militare della Roma repubblicana, per cui avrei preferito
avere un glossario completo a fine volume. La rappresentazione delle figure
storiche stravolge completamente la Storia, quando non si tratta di personaggi
marginali: Cesare generale infallibile solo grazie ad un inganno, Labieno più
zerbino di Servilia e Quinto che possiamo definire solo come Lammerda. Altro
tasto dolente sono le scene esplicite, di cui la serie abbonda senza un motivo
apparente, dal momento che non portano avanti la trama e non sono funzionali
neanche alla crescita delle relazioni; che dire poi della scelta di adottare
degli eufemismi tanto ridicoli da rendere fiero il caro Matteo Strukul?
E per ultimo, il
piatto forte, ossia il triangolo amoroso. Tralasciandone la risoluzione
fulminea tra un accecamento e delle grasse risate, qualcuno potrebbe pensare
che per lo meno c'è un lieto fine; e proprio qui vi sbagliate! Dipinta per tre
libri seguendo il cliché dello strong-female-character, Veleda continua a
cercare un uomo abbastanza forte per poterla riportare in Germania, e Ortwin
-in teoria, il migliore dei protagonisti- riesce a conquistarla proprio per
aver dimostrato questa forza: c'è una scena atroce in cui lui -lo ricordo, il
migliore!- afferma di volersi battere con Quinto ad armi pari per provare a lei
di essere una scelta migliore del pazzo assassino stupratore. Tra loro, i
gorilla dello zoo intrattengono delle relazioni più civili e sane!
Il mio voto è di due stelline.
E curiosamente anche
la lettura successiva è ambientata in un mondo che richiama in molti elementi
la Roma imperiale. Dopo aver concluso la TBR, ho letto infatti "The Winner's Curse", primo
capitolo della serie The Winner's Trilogy di Marie Rutkoski, che purtroppo soffre della stessa problematiche
riscontrata nella trilogia The Captive Prince Series di C. S. Pacat (analizzo
l'intera serie QUI), ossia è ambientata in un mondo fittizio ma non c'è alcun
elemento fantastico o soprannaturale, semplicemente all'autrice scocciava
documentarsi un minimo su un reale periodo storico e così se n'è inventato uno
random ottenuto mescolando la mentalità battagliera degli spartani con la
leziosità degli inglesi vittoriani (almeno per quanto riguarda l'impero
Valorian).
La storia è
incentrata su una relazione romantica alla Romeo-E-Giulietta tra Kestrel,
figlia del generale che ha conquistato il regno degli Herrani, e Arin,
appartenente proprio a questa popolazione, un tempo nobile e ora diventato
schiavo dei conquistatori. In una scena iniziale che urla
"Convenient!" da ogni riga, Kestrel acquista all'asta Arin e questo
da l'avvio ad una trama parecchio prevedibile, ma comunque accettabile dal
momento che il focus è tutto rivolto al rapporto tra i personaggi.
Proprio in queste
interazioni risiede la forza del libro: oltre alla storia d'amore -che sembra
forzata all'inizio, ma poi si sviluppa in modo gradevole- abbiamo l'affetto tra
Kestrel ed il padre del quale lei cerca di conquistare l'approvazione, ed
abbiamo anche l'amicizia della ragazza con Jess; in tutti i casi si tratta di
situazioni genuine, nelle quali è facile immedesimarsi, nonostante la
protagonista sia davvero fastidiosa con le sue frecciatine da pettegola nella
prima metà del volume.
Il ritmo, che si
mantiene buono per la maggior parte della storia, è il solo altro elemento
positivo che mi sento di segnalare. Tutto il resto del romanzo è ridicolo,
anche considerando il target: le azioni politiche e militari che sono in teoria
uno dei temi principali vengono studiate con leggerezza, e di conseguenza
risultano puerili; in entrambe le nazioni sono presenti dei comportamenti
assurdi, ad esempio l'impero Valorian vieta i duelli ma, nella pratica, questi
sono pubblici, è previsto un compenso fisso per la famiglia dell'eventuale
defunto e chi uccide non viene perseguito penalmente. Inverosimile anche la
legge per incentivare la natalità: se una ragazza non è sposata entro i
vent'anni (sposata, non madre!) deve arruolarsi e combattere al fronte... ma
come potete aumentare la popolazione se mandate in guerra le donne in età
fertile?
Il romanzo poi è
costellato da dozzine di morti, anche molto violente, ma queste hanno un
impatto lieve sui personaggi, e nullo sul lettore che non viene mai coinvolto
emotivamente. Si nota inoltre la tendenza dell'autrice a chiudere i capitoli in
modo troppo repentino, spesso lasciando intendere delle azioni che i personaggi
poi non compiono.
E come possono
mancare le due scene tipiche dei romanzi YA? Io sono davvero stufa di trovarle
sempre rappresentate, ma a quanto parte la scena della vestizione con l'abito
strafigo -accompagnata dal conseguente ballo- e il tentato stupro impedito
dall'eroe di turno sembrano essere momenti imprescindibili nella narrativa per
ragazzi.
Il mio voto è di due stelline e mezza.
- "Ruin and Rising" di Leigh Bardugo
- "Il trionfo di Cesare" di Andrea Frediani
- "The Winner's Curse" di Marie Rutkoski