Post Chiacchiericcio
Perché non leggo libri LGBT+
Ve
l'avevo promesso nella TBR arcobaleno di questo mese ed eccomi qui a parlare
del motivo per cui non leggo libri etichettati come LGBT+.
Va
fatta innanzitutto una doverosa premessa perché avrete certamente notato che
sul blog sono presenti recensioni di molti libri considerati LGBT+; giusto per
citare un paio, tra i miei ultimi preferiti abbiamo "Bellezza
selvaggia" di Anna-Marie McLemore (QUI la recensione) e "They Both
Die at the End" di Adam Silvera (QUI la recensione). Ho dedicato un post
anche a "The Rest of Us Just Live Here" di Patrick Ness (QUI la
recensione) i cui titoli, come quelli dei due autori precedenti, rientrano
spesso nelle liste di libri consigliati a chi apprezza la narrativa LGBT+.
A
mio avviso mettere l'etichetta LGBT+ a tutte le storie che hanno come
protagonista (quando non come comprimario) un personaggio non-cisgender è
sbagliato perché va a creare false aspettative nel lettore, convinto
erroneamente che quell'aspetto sia il punto focale della storia. Ecco perché
non calcolo i libri sopracitati, in cui uno o più personaggi principali sono
parte della comunità LGBT+, come parte di questa categoria: lo trovo limitante
e poco trasparente nei confronti dell'audience.
Quali
sono invece a mio (discutibilissimo) avviso i libri LGBT+, e perché me ne tengo
alla larga?
Alcuni
tra i più famosi li ho usati per l'immagine-copertina di questo post e sono
tutti titoli in cui il protagonista che si scopre o sa di essere gay (o lesbica
o altro, ma il cliché più abusato è quello del teenager gay) e deve fare i
conti con una famiglia, un gruppo di amici, un'intera comunità che non lo
accetta. E giù di drammone!
Non
avendo effettivamente letto questi titoli, c'è sempre la possibilità che io mi
sbagli sulle sinossi, ma ho la sensazione di trovarmi di fronte a trame tutte
simili. Come se non bastasse si passa ogni volta attraverso gli stessi
passaggi, per giungere al classico momento conclusivo in cui il protagonista è
infine accettato da chi gli sta vicino ed ha anche trovato il suo Vero Amore.
Come
avrete capito, il principale motivo è la potenziale noia nel dover leggere
storie quasi uguali. D'altro canto trovo che sia ormai ora di superare questo
genere di titoli: se si continua a scrivere di personaggi che devono affrontare
mille problemi per farsi accettare, forse si darà coraggio a qualcuno, ma si
andrà anche a svilire chi non vuole lottare e chiede di essere accettato e
basta, senza doversi guadagnare nulla con la forza.
In
quest'ottica, la mia preferenza va ai romanzi dove l'orientamento o le
preferenze sessuali del protagonista sono un dato di fatto, magari utili da
conoscere ai fini della trama, ma non il centro della sua storia; dove non ci
si deve imporre su una società bigotta, ma è la comunità stessa a dirti
"vai bene comunque tu sia".
Mi
auguro che nei prossimi anni ci si muova sempre più in questa direzione, finché
anche l'etichetta LGBT+ sui libri sarà qualcosa di obsoleto, in una realtà
totalmente inclusiva.
E
voi? Leggete con piacere i libri LGBT+ (in base alla MIA definizione) oppure vi
hanno stufato come nel mio caso?
Se
vi va, rispondetemi con un commento sotto questo post.
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