City of Blades by Robert Jackson Bennett
My rating: 5 of 5 stars
"On each side of the river mouth are two vast, ragged peaks that slowly recede down to the waters in a rambling jangle of sharp, broken, blade-like stones. No wonder they call it the city of blades"
DELL'IMPORTANZA DI VERSARE I CONTRIBUTI
Secondo capitolo nella trilogia The Divine Cities, "City of Blades" è stata una lettura che ho iniziato con tanto entusiasmo quanta titubanza. Dopo le vette del primo libro riponevo infatti enormi aspettative in questa serie, ma allo stesso tempo le prime pagine mi spingevano ad avere un paio di riserve; in particolare temevo potessero esserci delle forzature per giustificare la presenza delle divinità nella storia e che le trame dei due volumi fossero troppo simili tra loro. Non avrei dovuto dubitare di Bennett perché non solo questi dubbi sono stati cancellati, ma penso onestamente che in alcuni aspetti la sua prosa sia migliorata.
La storia in effetti ha una struttura paragonabile a quella di "City of Stairs", con l'inizio leggero e divertente, una parte incentrata sull'esplorazione della città che fa da ambientazione agli eventi, l'avvio dell'indagine che sarà motore e fulcro principale della storia, un combattimento abbastanza lungo contro un essere sovrannaturale, e nel finale una serie di colpi di scena che ribaltano la trama e la risoluzione che tira in ballo le divinità del Continente. Questo però associa i due romanzi solo ad un'analisi superficiale, perché sia il tono sia le tematiche affrontate sono completamente diversi.
La vicenda inizia cinque anni dopo la fine del primo libro. La protagonista e POV principale questa volta è il generale Turyin Mulaghesh, che ritroviamo sull'isola tropicale di Javrati a godersi l'agognata pensione tra una lite a colpi di fucile con i vicini e l'ennesima bottiglia di alcool; l'arrivo di Pitry Suturashni sconvolge la sua routine e la costringe a tornare in servizio per un'ultima missione: indagare sulla strana scomparsa di un'agente ministeriale nella città di Voortyashtan, dove Saypur sta svolgendo delle ricerche su un nuovo minerale dalle enormi potenzialità come conduttore. Nel mentre vediamo l'introduzione di nuovi personaggi ed il ritorno dei volti già noti di Ashara "Shara" Komayd e Sigrud Je Harkvaldsson, qui con ruoli meno centrali.
Rispetto a "City of Stairs", la trama si focalizza maggiormente sul lato investigativo della storia e sulle scene d'azione. Questa scelta è ben giustificata sia dall'aver assegnato a Mulaghesh il ruolo di protagonista -una militare abituata all'azione, a differenza della più riflessiva Shara- sia dalla caratterizzazione di Voortya, la divinità guerriera sulla quale il libro ovviamente si concentra. Non per questo il lato fantasy perde di importanza: se è vero che risulta meno preponderante, ai fini della risoluzione è comunque vitale e ben dosato.
Il romanzo ha molti aspetti positivi, a cominciare dai suoi personaggi. Non si tratta di un cast particolarmente numeroso, ma tutti sono scritti con tanta cura da rendere possibile comprendere, se non empatizzare, anche le motivazioni degli antagonisti. Ho apprezzato in particolare le interazioni tra i personaggi principali e la loro evoluzione, in positivo o in negativo; anche perché ciò torna utile nell'epilogo per gettare le basi dell'ultimo libro nella serie.
Altro elemento sviluppato ottimamente sono i temi che l'autore sceglie di trattare; si parla molto del disturbo post-traumatico da stress -collegato alla guerra combattuta anni prima contro il Continente ma anche alla più recente battaglia di Bulikov-, delle difficoltà di instaurare un buon rapporto con i figli e della necessità di trovare un scopo nella vita. Quest'ultima tematica torna sia nel percorso affrontato da Mulaghesh sia nella sottotrama degli aldilà che sono stati distrutti dopo il Blink, impedendo così a tanti devoti di raggiungere la pace.
Come per "City of Stairs", mi devo sforzare per trovare dei difetti in questi libri, o comunque dei difetti tanto palesi da inficiare la lettura. La mia sola lamentala qui riguarda uno degli antagonisti (che non nominerà per evitare spoiler): pur tenendo conto gli anni di tempo a disposizione di questo personaggio, non penso sia verosimile quello che riesce a fare; per rendere questa parte più credibile sarebbe stato meglio inserire qualche altra figura che aiutasse fisicamente a realizzare il suo piano malvagio.
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giovedì 29 aprile 2021
domenica 25 aprile 2021
"La musa degli incubi" di Laini Taylor
La musa degli incubi by Laini Taylor
My rating: 3 of 5 stars
"Una minuscola falena d'argento aveva raggiunto le stelle sulla sua pelle blu. Era un desiderio: che lei potesse essere... chi?
Non la Musa degli Incubi. Quel tempo era finito. Ma pregò che per lei, per loro, non fosse finito il tempo di sognare"
ORA VOGLIO IL LAINI TAYLOR CINEMATIC UNIVERSE
Dopo aver completato la lettura de "Il sognatore" non riuscivo ad immaginare come Taylor fosse riuscita a scrivere un seguito tanto lungo per quella storia; soprattutto vista l'impasse finale, mi sembrava strano trovarmi di fronte un tomo di oltre cinquecento pagine. Il mistero è presto svelato: l'autrice ha impiegato buona parte di queste pagine per inutili filler romance e ripetizioni di intere scene che avevamo già visto nel primo capitolo, diluendo così i pochi eventi davvero rilevanti.
Premetto che, per parlare in maniera esaustiva di questo libro, dovrò necessariamente spoilerare quanto accade ne "Il sognatore", quindi continuate a leggere a vostro rischio e pericolo.
La vicenda riprendere precisamente dove era stata interrotta, con lo stallo alla messicana tra Lazlo e Minya, che mettono in pericolo l'anima di Sarai e le vite degli abitanti di Pianto, impegnati ad evacuare la città per timore che l'enorme abuso edilizio a forma di Gundam sopra le loro teste precipiti. Questa situazione viene accantonata relativamente in fretta; la prima parte del libro si incentra infatti sull'introduzione delle sorelle Kora e Nova -delle quali scopriamo pian piano il passato- ed i siparietti romantici tra le tante coppie presenti nel romanzo. Solo oltre la metà del volume la trama assume un ritmo più incalzante e ci viene effettivamente presentato il contrasto principale della storia.
Questa disomogeneità è solo il primo problema de "La musa degli incubi", e non influenza solo gli eventi narrati ma anche il tono. Ci sono infatti degli sbalzi molto fastidiosi dati dalla presenza di battutine leggere inserite alquanto inopportunamente in momenti forti dal punto di vista emotivo, come stupri o infanticidi; posso capire la necessità di stemperare la tensione, ma in questo l'autrice esagera un po' a mio parere. Anche alcuni degli intermezzi romantici appaiono fuori luogo: non penso che quando la tua stessa vita è messa in pericolo sia il momento ideale per correre in camera da letto, no? D'altro canto qui i personaggi sono costantemente ingrifati e sempre pronti a fare battutine a sfondo sessuale.
Un altro difetto estremamente evidente è il ridimensionamento di alcuni personaggi prima presentati come fondamentali, per non parlare del totale accantonamento di altri: ad esempio tutta la parentesi sulle capacità alchemiche di Thyon Nero viene dimenticata, e tra l'altro lui e Calixte sono i soli del gruppo di esperti reclutati da Eril-Fane che rivediamo.
La problematica maggiore sta però negli eventi legati al passato. Tramite l'escamotage dei flashback, Taylor sceglie di mostrarci solo pochi elementi dell'impero da cui provengono i Mesarthim e della loro storia; questo non riesce però a nascondere le incoerenze, ma solo ad evitare di dare delle risposte chiare. Non voglio dilungarmi con troppi esempi, quindi dirò soltanto che (view spoiler)[trovo ridicolo quanto scopriamo sull'ambizioso Skathis: la sua decisione di rinunciare al ruolo di imperatore di interi mondi per diventare il dio di una sola cittadina, il viaggio attraverso così tante realtà senza sapere di essere inseguito da Nova, la produzione in serie bambini da vendere. Cosa progettava di fare con i tesori così accumulati in soffitta? voleva nuotarci dentro come Paperon de' Paperoni? (hide spoiler)]
A questo punto sembrerà che il libro mi abbia schifato, ma in realtà l'ho trovato comunque una buona lettura, anche se forse avrei preferito che l'autrice limasse qualche scena e togliesse un paio di personaggi per realizzare un volume autoconclusivo. Ho trovato comunque ottima la scelta dell'antagonista, soprattutto per il modo in cui viene presentata, coerente con le tematiche sulle quali poggia la duologia.
Lo stile si conferma eccellente e alcuni dei personaggi sono scritti molto bene, in particolare Minya, Eril-Fane e le sorelle Kora e Nova hanno un'evoluzione verosimile ed emozionante. I protagonisti invece non mi hanno convinta appieno: non sono mai stata una fan di Lazlo e per quanto riguarda Sarai, che qui doveva essere il personaggio più importante, ho trovato troppo convenienti i nuovi poteri assegnatile e un po' ridicolo il modo in cui dimentica di averli quando ne avrebbe più bisogno.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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My rating: 3 of 5 stars
"Una minuscola falena d'argento aveva raggiunto le stelle sulla sua pelle blu. Era un desiderio: che lei potesse essere... chi?
Non la Musa degli Incubi. Quel tempo era finito. Ma pregò che per lei, per loro, non fosse finito il tempo di sognare"
ORA VOGLIO IL LAINI TAYLOR CINEMATIC UNIVERSE
Dopo aver completato la lettura de "Il sognatore" non riuscivo ad immaginare come Taylor fosse riuscita a scrivere un seguito tanto lungo per quella storia; soprattutto vista l'impasse finale, mi sembrava strano trovarmi di fronte un tomo di oltre cinquecento pagine. Il mistero è presto svelato: l'autrice ha impiegato buona parte di queste pagine per inutili filler romance e ripetizioni di intere scene che avevamo già visto nel primo capitolo, diluendo così i pochi eventi davvero rilevanti.
Premetto che, per parlare in maniera esaustiva di questo libro, dovrò necessariamente spoilerare quanto accade ne "Il sognatore", quindi continuate a leggere a vostro rischio e pericolo.
La vicenda riprendere precisamente dove era stata interrotta, con lo stallo alla messicana tra Lazlo e Minya, che mettono in pericolo l'anima di Sarai e le vite degli abitanti di Pianto, impegnati ad evacuare la città per timore che l'enorme abuso edilizio a forma di Gundam sopra le loro teste precipiti. Questa situazione viene accantonata relativamente in fretta; la prima parte del libro si incentra infatti sull'introduzione delle sorelle Kora e Nova -delle quali scopriamo pian piano il passato- ed i siparietti romantici tra le tante coppie presenti nel romanzo. Solo oltre la metà del volume la trama assume un ritmo più incalzante e ci viene effettivamente presentato il contrasto principale della storia.
Questa disomogeneità è solo il primo problema de "La musa degli incubi", e non influenza solo gli eventi narrati ma anche il tono. Ci sono infatti degli sbalzi molto fastidiosi dati dalla presenza di battutine leggere inserite alquanto inopportunamente in momenti forti dal punto di vista emotivo, come stupri o infanticidi; posso capire la necessità di stemperare la tensione, ma in questo l'autrice esagera un po' a mio parere. Anche alcuni degli intermezzi romantici appaiono fuori luogo: non penso che quando la tua stessa vita è messa in pericolo sia il momento ideale per correre in camera da letto, no? D'altro canto qui i personaggi sono costantemente ingrifati e sempre pronti a fare battutine a sfondo sessuale.
Un altro difetto estremamente evidente è il ridimensionamento di alcuni personaggi prima presentati come fondamentali, per non parlare del totale accantonamento di altri: ad esempio tutta la parentesi sulle capacità alchemiche di Thyon Nero viene dimenticata, e tra l'altro lui e Calixte sono i soli del gruppo di esperti reclutati da Eril-Fane che rivediamo.
La problematica maggiore sta però negli eventi legati al passato. Tramite l'escamotage dei flashback, Taylor sceglie di mostrarci solo pochi elementi dell'impero da cui provengono i Mesarthim e della loro storia; questo non riesce però a nascondere le incoerenze, ma solo ad evitare di dare delle risposte chiare. Non voglio dilungarmi con troppi esempi, quindi dirò soltanto che (view spoiler)[trovo ridicolo quanto scopriamo sull'ambizioso Skathis: la sua decisione di rinunciare al ruolo di imperatore di interi mondi per diventare il dio di una sola cittadina, il viaggio attraverso così tante realtà senza sapere di essere inseguito da Nova, la produzione in serie bambini da vendere. Cosa progettava di fare con i tesori così accumulati in soffitta? voleva nuotarci dentro come Paperon de' Paperoni? (hide spoiler)]
A questo punto sembrerà che il libro mi abbia schifato, ma in realtà l'ho trovato comunque una buona lettura, anche se forse avrei preferito che l'autrice limasse qualche scena e togliesse un paio di personaggi per realizzare un volume autoconclusivo. Ho trovato comunque ottima la scelta dell'antagonista, soprattutto per il modo in cui viene presentata, coerente con le tematiche sulle quali poggia la duologia.
Lo stile si conferma eccellente e alcuni dei personaggi sono scritti molto bene, in particolare Minya, Eril-Fane e le sorelle Kora e Nova hanno un'evoluzione verosimile ed emozionante. I protagonisti invece non mi hanno convinta appieno: non sono mai stata una fan di Lazlo e per quanto riguarda Sarai, che qui doveva essere il personaggio più importante, ho trovato troppo convenienti i nuovi poteri assegnatile e un po' ridicolo il modo in cui dimentica di averli quando ne avrebbe più bisogno.
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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domenica 18 aprile 2021
"Tempi d'oro per i morti" di Charles Willeford
Tempi d'oro per i morti by Charles Willeford
My rating: 1 of 5 stars
"«Tutti e tre avrete due mesi a disposizione per occuparvi a tempo pieno dei cinquanta casi sospesi che ho scelto»"
HOKE LEGGE HAROLD ROBBINS. ORA TUTTO SI SPIEGA
Comprato lo scorso anno con la promozione Feltrinelli dell'acquisto combinato di due titoli, "Tempi d'oro per i morti" era quello che mi interessava meno ma ho dovuto prenderlo per approfittare dell'offerta. A questo punto mi sento solo di sperare che con l'altro romanzo vada meglio.
Secondo volume della tetralogia dedicata al detective Hoke Moseley, questo romanzo può essere tranquillamente letto come un autoconclusivo: i retroscena dei vari personaggi ci vengono spiegati con chiarezza e le vicende completano il loro arco narrativo con l'ultimo capitolo. La storia di fondo vorrebbe essere un mystery, in particolare un romanzo noir, incentrato su cruenti delitti risolti brillantemente dal protagonista; uso il condizionale perché vengono inserite moltissime sottotrame -a dispetto della brevità del volume- che limitano molto lo spazio dell'indagine principale, tanto da costringere poi l'autore a ricorrere a degli espedienti debolucci per dare un senso alla risoluzione finale.
All'interno del libro seguiamo principalmente Hoke, mentre è impegnato a fronteggiare svariati problemi: sul piano lavorativo deve indagare sulla morte sospetta di un giovane per overdose e risolvere dei casi vecchi di anni per ordine del suo superiore, mentre nella vita privata è angosciato per le ristrettezze economiche, la necessità di trovare una casa a Miami e l'arrivo inatteso delle figlie in città. In sottofondo troviamo le vicende quotidiane di altri personaggi, in particolare i suoi colleghi della Squadra Omicidi.
Voglio parlare subito dei pochi aspetti positivi di "Tempi d'oro per i morti" perché, come avrete forse capito, non è stata una lettura entusiasmante. La prosa di Willeford è davvero incalzante e, pur non brillando per originalità, risulta nel complesso valida. Mi sono piaciute anche le intuizioni inaspettate di Hoke nella prima parte della storia, in uno stile molto sherlockiano; inoltre ho apprezzato particolarmente il personaggio di Ellita Sanchez, partner del detective, per la forza di volontà e la convinzione nei suoi princìpi.
La mia coscienza ora è a posto: mi posso sfogare! Pur tenendo a mente che questo titolo ha più di trentacinque anni, bisogna ammettere che è invecchiato malissimo da ogni punto di vista; probabilmente era lo scopo dell'autore risultare politicamente scorretto, ma c'è un limite tra il descrivere in modo oggettivo una realtà degradata e l'esagerare ogni carattere, ogni battuta, ogni stereotipo solo per il gusto di scioccare il lettore. Di conseguenza che anche i personaggi sono tutti scritti in un'ottica fortemente negativa: violenti, ottusi, avidi, opportunisti o molesti, non c'è un individuo degno di essere "salvato"; quello che Willeford ottiene non è però un cast credibile, ma un amalgama di personaggi talmente sopra le righe da suscitare una risata isterica.
Le indagini, che dovrebbero corrispondere al cuore pulsante della storia, danno l'impressione di essere quasi elementi di contorno; questo perché la risoluzione dei casi avviene sempre in modo troppo semplice, quasi senza alcuno sforzo da parte di Hoke e i suoi colleghi. E cosa dire dei dialoghi? mi sento di definirli per lo meno surreali per il modo in cui i personaggi passano da un argomento all'altro nell'arco di una sola frase. Allucinante (e contradditorio) anche il modo in cui Willeford parla del matrimonio, attraverso le parole di Hoke: il detective indica in più occasioni alle figlie che devono pensare a sposarsi, ma ogni coppia vista o nominata nella storia dimostra come quest'istituzione sia il male in Terra, tra omicidi, violenze domestiche, tradimenti e ricatti economici o emotivi.
E poi c'è la scena del cane. Ma per preservare almeno la vostra, di sanità mentale, soprassederò.
Voto effettivo: una stellina e mezza
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My rating: 1 of 5 stars
"«Tutti e tre avrete due mesi a disposizione per occuparvi a tempo pieno dei cinquanta casi sospesi che ho scelto»"
HOKE LEGGE HAROLD ROBBINS. ORA TUTTO SI SPIEGA
Comprato lo scorso anno con la promozione Feltrinelli dell'acquisto combinato di due titoli, "Tempi d'oro per i morti" era quello che mi interessava meno ma ho dovuto prenderlo per approfittare dell'offerta. A questo punto mi sento solo di sperare che con l'altro romanzo vada meglio.
Secondo volume della tetralogia dedicata al detective Hoke Moseley, questo romanzo può essere tranquillamente letto come un autoconclusivo: i retroscena dei vari personaggi ci vengono spiegati con chiarezza e le vicende completano il loro arco narrativo con l'ultimo capitolo. La storia di fondo vorrebbe essere un mystery, in particolare un romanzo noir, incentrato su cruenti delitti risolti brillantemente dal protagonista; uso il condizionale perché vengono inserite moltissime sottotrame -a dispetto della brevità del volume- che limitano molto lo spazio dell'indagine principale, tanto da costringere poi l'autore a ricorrere a degli espedienti debolucci per dare un senso alla risoluzione finale.
All'interno del libro seguiamo principalmente Hoke, mentre è impegnato a fronteggiare svariati problemi: sul piano lavorativo deve indagare sulla morte sospetta di un giovane per overdose e risolvere dei casi vecchi di anni per ordine del suo superiore, mentre nella vita privata è angosciato per le ristrettezze economiche, la necessità di trovare una casa a Miami e l'arrivo inatteso delle figlie in città. In sottofondo troviamo le vicende quotidiane di altri personaggi, in particolare i suoi colleghi della Squadra Omicidi.
Voglio parlare subito dei pochi aspetti positivi di "Tempi d'oro per i morti" perché, come avrete forse capito, non è stata una lettura entusiasmante. La prosa di Willeford è davvero incalzante e, pur non brillando per originalità, risulta nel complesso valida. Mi sono piaciute anche le intuizioni inaspettate di Hoke nella prima parte della storia, in uno stile molto sherlockiano; inoltre ho apprezzato particolarmente il personaggio di Ellita Sanchez, partner del detective, per la forza di volontà e la convinzione nei suoi princìpi.
La mia coscienza ora è a posto: mi posso sfogare! Pur tenendo a mente che questo titolo ha più di trentacinque anni, bisogna ammettere che è invecchiato malissimo da ogni punto di vista; probabilmente era lo scopo dell'autore risultare politicamente scorretto, ma c'è un limite tra il descrivere in modo oggettivo una realtà degradata e l'esagerare ogni carattere, ogni battuta, ogni stereotipo solo per il gusto di scioccare il lettore. Di conseguenza che anche i personaggi sono tutti scritti in un'ottica fortemente negativa: violenti, ottusi, avidi, opportunisti o molesti, non c'è un individuo degno di essere "salvato"; quello che Willeford ottiene non è però un cast credibile, ma un amalgama di personaggi talmente sopra le righe da suscitare una risata isterica.
Le indagini, che dovrebbero corrispondere al cuore pulsante della storia, danno l'impressione di essere quasi elementi di contorno; questo perché la risoluzione dei casi avviene sempre in modo troppo semplice, quasi senza alcuno sforzo da parte di Hoke e i suoi colleghi. E cosa dire dei dialoghi? mi sento di definirli per lo meno surreali per il modo in cui i personaggi passano da un argomento all'altro nell'arco di una sola frase. Allucinante (e contradditorio) anche il modo in cui Willeford parla del matrimonio, attraverso le parole di Hoke: il detective indica in più occasioni alle figlie che devono pensare a sposarsi, ma ogni coppia vista o nominata nella storia dimostra come quest'istituzione sia il male in Terra, tra omicidi, violenze domestiche, tradimenti e ricatti economici o emotivi.
E poi c'è la scena del cane. Ma per preservare almeno la vostra, di sanità mentale, soprassederò.
Voto effettivo: una stellina e mezza
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venerdì 16 aprile 2021
"Il Sangue degli Elfi" di Andrzej Sapkowski
Il sangue degli Elfi by Andrzej Sapkowski
My rating: 2 of 5 stars
"«È la tattica del terrore ... Violenza genera violenza. L'odio ha attecchito nei cuori... e ha contaminato il sangue dei nostri affini»"
LE NOVELLE FINIRANNO TRA 3, 2, 1...
Ero molto indecisa sul voto da assegnare a questo libro, perché alcune parti sono state estremamente interessanti e piacevoli da leggere, ma come primo romanzo effettivo della serie non credo abbia svolto al meglio il suo compito. Questo perché "Il Sangue degli Elfi" è fin troppo simile alle novelle, dalle quali dovrebbe invece distaccarsi per iniziare a raccontare una storia più omogenea; quella che abbiamo qui è praticamente una nuova raccolta, con episodi distinti dai lunghissimi capitoli. E pensare che nell'ultima recensione scritta, quella per "Blanca & Roja", mi ero lamentata dei capitoli troppo brevi!
Come conseguenza di questa divisione, anche la trama è frammentata e individuare il filone principale che sarà poi il fulcro della serie non è così immediato. Inizialmente vediamo Cirilla "Ciri" a Kaer Morhen impegnata ad allenarsi con gli altri strighi, poi seguiamo i vari spostamenti di Geralt mentre dei nuovi antagonisti sono sulle sue tracce e scopriamo qualcosa di più sulla situazione politica dei vari regni, nella parte finale si ritorna all'addestramento di Ciri ma in questo caso con Yennefer per imparare a controllare la sua innata predisposizione alla magia.
Il passaggio da una storia all'altra si percepisce nettamente e scombussola un po', così come le parti in cui la narrazione sembra interrompersi per fare spazio ad alcuni fastidiosi info dump. Infatti, se da un lato il romanzo ci fornisce nuove informazioni utili -soprattutto sul ruolo degli strighi e la loro organizzazione- risulta snervante leggere pagine e pagine in cui personaggi secondari appena introdotti disquisiscono sulle faide tra i vari Stati o sugli antagonismi interni al Capitolo dei maghi. Il tutto contornato da una grandinata di nomi astrusi che si dimenticano dopo mezza riga, e potrebbero rivelarsi poi di vitale importanza, come anche no.
Delle spiegazioni più dettagliate non guasterebbero invece nelle scene in cui vediamo Ciri apprendere le tecniche di combattimento e gli incantesimi, ma proprio in questi passaggi Sapkowski ricorre a dei lunghi dialoghi fatti di botta e risposta cosicché il povero lettore deve capire da solo quali gesti stia facendo la ragazza o su quale attrezzo si stia esercitando. Ormai ho capito che questo è un tratto distintivo dell'autore, e devo ammettere di averci fatto un po' il callo, oltre a trovare divertenti i piccoli twist che inserisce alla fine dei dialoghi.
Nel romanzo hanno ampio spazio la crescita del personaggio di Ciri e il suo rapporto con i mentori Geralt e Yennefer. La ragazzina ricalca uno stereotipo abbastanza comune, ma alcune sue battute sono molto intelligenti e nel complesso sono riuscita a non trovarla quasi mai irritante; la sua inesperienza del mondo è inoltre un ottimo escamotage per introdurre molti dettagli sconosciuti al lettore. Per quanto riguarda lo strigo, qui l'ho trovato ancor più fastidioso rispetto alle novelle, e mi sono chiesta seriamente cosa trovi ogni singolo personaggio femminile di tanto affascinante in lui; anche il suo modo di relazionarsi a Ciri non mi ha fatta impazzire. Con Yennefer invece è tutto un altro paio di maniche: lontano da Geralt, il suo personaggio ha avuto lo spazio per mostrare tutto il suo potenziale, in particolare il suo sarcasmo è finalmente sfruttato per qualcosa che non sia un punzecchiamento amoroso.
Che dire poi del meraviglioso rapporto che la maga instaura con Ciri? i dialoghi tra loro sono di una tenerezza unica, pur rimanendo sempre brillanti e pungenti. E, da soli, hanno saputo risollevare questa lettura.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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My rating: 2 of 5 stars
"«È la tattica del terrore ... Violenza genera violenza. L'odio ha attecchito nei cuori... e ha contaminato il sangue dei nostri affini»"
LE NOVELLE FINIRANNO TRA 3, 2, 1...
Ero molto indecisa sul voto da assegnare a questo libro, perché alcune parti sono state estremamente interessanti e piacevoli da leggere, ma come primo romanzo effettivo della serie non credo abbia svolto al meglio il suo compito. Questo perché "Il Sangue degli Elfi" è fin troppo simile alle novelle, dalle quali dovrebbe invece distaccarsi per iniziare a raccontare una storia più omogenea; quella che abbiamo qui è praticamente una nuova raccolta, con episodi distinti dai lunghissimi capitoli. E pensare che nell'ultima recensione scritta, quella per "Blanca & Roja", mi ero lamentata dei capitoli troppo brevi!
Come conseguenza di questa divisione, anche la trama è frammentata e individuare il filone principale che sarà poi il fulcro della serie non è così immediato. Inizialmente vediamo Cirilla "Ciri" a Kaer Morhen impegnata ad allenarsi con gli altri strighi, poi seguiamo i vari spostamenti di Geralt mentre dei nuovi antagonisti sono sulle sue tracce e scopriamo qualcosa di più sulla situazione politica dei vari regni, nella parte finale si ritorna all'addestramento di Ciri ma in questo caso con Yennefer per imparare a controllare la sua innata predisposizione alla magia.
Il passaggio da una storia all'altra si percepisce nettamente e scombussola un po', così come le parti in cui la narrazione sembra interrompersi per fare spazio ad alcuni fastidiosi info dump. Infatti, se da un lato il romanzo ci fornisce nuove informazioni utili -soprattutto sul ruolo degli strighi e la loro organizzazione- risulta snervante leggere pagine e pagine in cui personaggi secondari appena introdotti disquisiscono sulle faide tra i vari Stati o sugli antagonismi interni al Capitolo dei maghi. Il tutto contornato da una grandinata di nomi astrusi che si dimenticano dopo mezza riga, e potrebbero rivelarsi poi di vitale importanza, come anche no.
Delle spiegazioni più dettagliate non guasterebbero invece nelle scene in cui vediamo Ciri apprendere le tecniche di combattimento e gli incantesimi, ma proprio in questi passaggi Sapkowski ricorre a dei lunghi dialoghi fatti di botta e risposta cosicché il povero lettore deve capire da solo quali gesti stia facendo la ragazza o su quale attrezzo si stia esercitando. Ormai ho capito che questo è un tratto distintivo dell'autore, e devo ammettere di averci fatto un po' il callo, oltre a trovare divertenti i piccoli twist che inserisce alla fine dei dialoghi.
Nel romanzo hanno ampio spazio la crescita del personaggio di Ciri e il suo rapporto con i mentori Geralt e Yennefer. La ragazzina ricalca uno stereotipo abbastanza comune, ma alcune sue battute sono molto intelligenti e nel complesso sono riuscita a non trovarla quasi mai irritante; la sua inesperienza del mondo è inoltre un ottimo escamotage per introdurre molti dettagli sconosciuti al lettore. Per quanto riguarda lo strigo, qui l'ho trovato ancor più fastidioso rispetto alle novelle, e mi sono chiesta seriamente cosa trovi ogni singolo personaggio femminile di tanto affascinante in lui; anche il suo modo di relazionarsi a Ciri non mi ha fatta impazzire. Con Yennefer invece è tutto un altro paio di maniche: lontano da Geralt, il suo personaggio ha avuto lo spazio per mostrare tutto il suo potenziale, in particolare il suo sarcasmo è finalmente sfruttato per qualcosa che non sia un punzecchiamento amoroso.
Che dire poi del meraviglioso rapporto che la maga instaura con Ciri? i dialoghi tra loro sono di una tenerezza unica, pur rimanendo sempre brillanti e pungenti. E, da soli, hanno saputo risollevare questa lettura.
Voto effettivo: due stelline e mezza
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lunedì 12 aprile 2021
Refined Reads #05
In questa rubrica vado ad analizzare gli ultimi otto libri letti in inglese, focalizzandomi in particolare sulla difficoltà di comprensione e i motivi per cui ne consiglio o sconsiglio la lettura, non in generale ma nello specifico in lingua. Riporto anche le trame dei libri tradotte in modo amatoriale da me, così che possiate farvi subito un'idea della storia.
TITOLO: City of Stairs
AUTORE: Robert Jackson Bennett
TARGET: Adult
GENERE: Fantasy, mystery
SERIE: The Divine Cities 1.0
IN ITALIA: No
LIVELLO: Alto
TEMATICHE: Rapporto con la fede religiosa / Omofobia e discriminazione etnica / Corruzione politica e oppressione delle minoranze
TEMATICHE: Rapporto con la fede religiosa / Omofobia e discriminazione etnica / Corruzione politica e oppressione delle minoranze
PUNTI
A FAVORE: Narrazione al presente / Azione circoscritta principalmente ad una singola città
PUNTI
CONTRO: Molti POV alternati, anche nello stesso capitolo / Largo utilizzo di termini specifici / Mondo inedito, senza collegamenti storici
TRAMA: Devi fare attenzione quando insegui un assassino per Bulikov, perché la realtà non è come dovrebbe essere in quella città. Quando gli dei furono distrutti e la loro venerazione messa al bando dalla Polis, la realtà si sbriciolò; adesso le scale non conducono in alcuni luogo, i vicoli sono diventati dei portali verso il passato e i criminali svaniscono nell'aria.
L'omicidio del dottor Efrem Pangyui, il diplomatico della Polis impegnato nelle ricerche sul passato del Continente, da inizio a qualcosa. Ora i sussurri di una rivolta sbucano fuori da angoli invisibili.
Solo una donna è determinata a perseguire la verità -ma probabilmente ciò le costerà ogni cosa.
TITOLO: Knight's Shadow
AUTORE: Sebastien De Castell
TARGET: Adult
GENERE: Fantasy
SERIE: The Greatcoats 2.0
IN ITALIA: No
LIVELLO: Medio-alto
TEMATICHE: Riflessione sui limiti da porsi nel raggiungimento degli obiettivi / Focus sulle relazioni amicali, molto vicine a quelle familiari
TEMATICHE: Riflessione sui limiti da porsi nel raggiungimento degli obiettivi / Focus sulle relazioni amicali, molto vicine a quelle familiari
PUNTI
A FAVORE: Narrazione in prima persona con POV unico / Presenza di una mappa dettagliata / Prevalenza di capitoli brevi
PUNTI
CONTRO: Presenza di termini desueti / Terminologia specifica inerente le armi / Trama non sempre facile da seguire
TRAMA: Tristia è una nazione soprafatta dagli intrighi e dalla corruzione. L'idealista, giovane Re Paelis è morto ed i Greatcoats -leggendari magistrati viaggianti che portavano la giustizia nel Regno- sono ora etichettati come traditori. Ma poco prima che la sua testa finisse su una picca, il re ha incaricato ognuno dei suoi centoquarantaquattro Greatcoats con una diversa missione.
Falcio Val Mond, Primo Cantore, ha portato a termina l'ultimo incarico del suo re: ha trovato i suoi Charoites -be', una per lo meno, e lei non è proprio ciò che si era aspettato. Ora deve proteggere la ragazza dai tanti che la vorrebbero vedere morta, e metterla suo trono di un regno senza legge. Abbastanza facile, non fosse per la banda dei leggendari assassini, i Duchi determinati a preservare i loro Ducati già a pezzi, e il veleno che sta lentamente uccidendo Falcio, pronti a mettersi nel mezzo.
Per non nominare il Lamento del Greatcoat...
TITOLO: The Undoing of Arlo Knott
AUTORE: Heather Child
TARGET: Adult
GENERE: Formazione, romance, sci-fi
SERIE: No
IN ITALIA: No
LIVELLO: Alto
TEMATICHE: Elaborazione del lutto / Capacità di mettere a frutto i propri talenti / Focus sui rapporti affettivi
TEMATICHE: Elaborazione del lutto / Capacità di mettere a frutto i propri talenti / Focus sui rapporti affettivi
PUNTI
A FAVORE: Narrazione in prima persona con POV unico / Ambientazione contemporanea / Cast non troppo numeroso
PUNTI
CONTRO: Presenza di molteplici timeline / Slang tipico britannico e termini specifici di alcuni mestieri
TRAMA: Arlo Knott scopre di avere un'insolita capacità... Può invertire la sua ultima azione -annullare ogni errore.
Ma le seconde opportunità non sono come appaiono. per quanto sia meravigliosa la sua nuova vita, un incidente nella traumatica infanzia di Arlo lo perseguita ancora e la tentazione di disfare, disfare e continuare a disfare potrebbe essere irresistibile.
TITOLO: Supernova
AUTORE: Marissa Meyer
TARGET: Young-adult
GENERE: Sci-fi, romance
SERIE: Renegades 3.0
IN ITALIA: No
LIVELLO: Medio
TEMATICHE: Critica della discriminazione verso una minoranza / Denuncia della condizione dei detenuti nelle carceri
TEMATICHE: Critica della discriminazione verso una minoranza / Denuncia della condizione dei detenuti nelle carceri
PUNTI
A FAVORE: Presenza di un elenco dettagliato dei personaggi principali / Maggioranza di capitoli brevi
PUNTI
CONTRO: Narrazione in terza persona la passato / Descrizione dettagliata di molte scene di combattimento
TRAMA: Il peggiore nemico dei Renegades è tornato, minacciando di riconquistare Gatlon City.
Nova e Adrian devono fronteggiare bugie e tradimenti per proteggere coloro che amano mentre lottano per mantenere segrete le loro identità.
Le loro più grandi paure stanno per prendere vita, e se non riusciranno a creare un ponte tra eroi e cattivi, finiranno con il perdere ogni cosa.
Compresi loro stessi.
TITOLO: Oh My Gods
AUTORE: Alexandra Sheppard
TARGET: Young-adult
GENERE: Formazione, urban fantasy
SERIE: No
IN ITALIA: No
LIVELLO: Medio-basso
TEMATICHE: Valore dei rapporti affettivi, soprattutto familiari e di amicizia / Multiculturalità ed appartenenza a più etnie
TEMATICHE: Valore dei rapporti affettivi, soprattutto familiari e di amicizia / Multiculturalità ed appartenenza a più etnie
PUNTI
A FAVORE: Narrazione in prima persona con POV unico / Tono diretto ed informale / Ambientato principalmente nel mondo contemporaneo
PUNTI
CONTRO: Ampio utilizzo di slang e termini tipici dell'inglese britannico / Elementi mitologici inventati
TRAMA: La vita di un'adolescente mezza-mortale dovrebbe essere epica. Ma per Helen Thomas è invece tragica.
Si è appena trasferita con il suo imbranato padre e i suoi egocentrici fratelli maggiori -che sono in realtà gli dei dell'antica Grecia, e vivono segretamente a Londra!
Tra tenere segreta la vera identità della sua famiglia, fare colpo sui nuovi amici, ed incontrare un ragazzo davvero carino, il livello di stress per Helen è più alto del Monte Olimpo.
Deve tenere a bada la sua caotica famiglia prima che facciano saltare la copertura E le sue possibilità di avere una vita sociale semi-normale.
O forse Helen è destinata ad un imbarazzo di proporzioni mitiche?
TITOLO: Gods of Jade and Shadow
AUTORE: Silvia Moreno-Garcia
TARGET: New-adult
GENERE: Fantasy, romance
SERIE: No
IN ITALIA: No
LIVELLO: Medio-alto
TEMATICHE: Desiderio di rivalsa e di emancipazione femminile / Critca alla discriminazione verso minoranze e svantaggiati
TEMATICHE: Desiderio di rivalsa e di emancipazione femminile / Critca alla discriminazione verso minoranze e svantaggiati
PUNTI
A FAVORE: Narrazione focalizzata su un gruppo ristretto di personaggi / Presenza di un glossario esaustivo
PUNTI
CONTRO: Narrazione in terza persona al passato / Ampio utilizzo di termini legati alla cultura messicana degli anni Venti e alla mitologia maya
TRAMA: Siamo nel pieno dell'Età del Jazz, ma Casiopea Tun è troppo occupata a strofinare i pavimenti della casa del nonno benestante per andare oltre ai sogni di una vita lontana dalla sua cittadina nel Messico meridionale.
Finché un giorno non libera per errore un antico dio maya della morte, che le offre un patto: in cambio dell'aiuto di Casiopea per riottenere il suo trono, lui le concederà qualunque cosa desideri.
Dalle giungle dello Yucatán alle brillanti luci di Città del Messico e nelle profonde oscurità di Xibalba, l'oltremondo maya. L'avventura di Casiopea la porterà in una pericolosa odissea attraverso diverse regioni, e oltre ciò che ha sempre conosciuto.
Il successo la porterebbe a veder realizzato ogni suo sogno, ma il fallimento significherebbe perdersi, per sempre...
TITOLO: The Wolf in the Whale
AUTORE: Jordanna Max Brodsky
TARGET: Adult
GENERE: Formazione, fantasy
SERIE: No
IN ITALIA: No
LIVELLO: Alto
TEMATICHE: Critica alle limitazioni imposte dai ruoli di genere / Importanza dell'affetto familiare e del rispetto per l'ambiente
TEMATICHE: Critica alle limitazioni imposte dai ruoli di genere / Importanza dell'affetto familiare e del rispetto per l'ambiente
PUNTI
A FAVORE: Presenza di una mappa e di diversi glossari esplicativi / Capitoli tendenzialmente brevi
PUNTI
CONTRO: Personaggi numerosi e dai nomi ostici / Presenza di parole in altre lingue / Ampio uso di termini specifici legati alla caccia, alla tessitura, alla navigazione e al combattimento
TRAMA: C'è una storia antica, raramente narrata, di un lupo che corre nell'oceano e diventa una balena.
Nata con l'anima di un cacciatore e scelta dallo spirito del Lupo, Omat è destinata a seguire le orme del nonno -invocando gli spiriti di terra, mare e cielo per proteggere la sua gente.
Ma gli dei non ascoltano più e la famiglia di Omat sta per morire per la mancanza di cibo. Soli ai confini del mondo, la speranza è tutto ciò che gli rimane.
Pronta a tutto per salvarli, Omat viaggia attraverso le distese di ghiaccio, combattendo ad ogni passo per sopravvivere. Quando incontra un guerriero vichingo ed i suoi strani nuovi dei, si metterà in azione un conflitto che potrebbe distruggere il suo mondo... o salvarlo.
TITOLO: Blanca & Roja
AUTORE: Anna-Marie McLemore
TARGET: Young-adult
GENERE: Realismo magico, romance, retelling
SERIE: No
IN ITALIA: No
LIVELLO: Medio
TEMATICHE:Valore dei rapporti affettivi (familiari, amicali e romantici) / Rappresentazione LGBT+ e di minoranze etniche / Importanza dell'autodeterminazione
TEMATICHE:Valore dei rapporti affettivi (familiari, amicali e romantici) / Rappresentazione LGBT+ e di minoranze etniche / Importanza dell'autodeterminazione
PUNTI
A FAVORE: Cast circoscritto ad un numero ristretto di personaggi / Chiara indicazione di chi sia il POV del capitolo
PUNTI
CONTRO: Narrazione al passato, con quattro POV alternati / Presenza di parole in spagnolo / Utilizzo di termini specifici legati alla botanica
TRAMA: Le ragazze del Cisne non sono mai state solo sorelle -sono anche rivali ed opposti, Blanca tanto obbediente e aggraziata quanto Roja è aggressiva e manipolatrice. Sanno che, per un incantesimo vecchio di generazioni, la loro famiglia è vincolata allo stormo di cigni all'interno del bosco. Sanno che, un giorno, i cigni le spingeranno in un gioco pericoloso che permetterà ad una di rimanere una ragazza e intrappolerà l'altra nel corpo di un cigno.
Ma quando due ragazzi del posto vengono trascinati nel gioco, l'incantesimo dei cigni si intreccia alla strana e imprevedibile magia legata al bosco, e i destini dei quattro dipenderanno dall'affrontare le verità che potrebbero sia salvarli sia distruggerli.
domenica 11 aprile 2021
"Blanca & Roja" di Anna-Marie McLemore
Blanca & Roja by Anna-Marie McLemore
My rating: 4 of 5 stars
"If we held our hands tightly enough together, the swans could not tear one of us from the other. Maybe I was the dark and she was handfuls of stars, but we were still one night"
CAMERIERE! PIÙ CAPITOLI POV DI PAGE, GRAZE
La penna di McLemore già la conoscevo per aver letto "Bellezza selvaggia" un paio di anni fa, ma rientra tra gli scrittori che vorrei approfondire e questo secondo (per me) romanzo ha confermato la mia convinzione nel voler leggere di più, in particolare i suoi titoli più recenti. Le trame dei suoi libri sono sempre molto intriganti, e se a questo aggiungiamo la bravura che dimostra nel rendere attuale un genere come il realismo magico -senza però forzare la mano verso una modernità eccessiva-, devo ammettere di rimanerne facilmente incantata.
È questa la sensazione predominante mentre si legge "Blanca & Roja": ci si trova trasportanti in un mondo vicino al nostro e contemporaneamente irraggiungibile, come fosse al di fuori del tempo. L'ambientazione perfetta dove mettere in scena un mix di tante fiabe diverse, da Biancaneve e Rosarossa a Il brutto anatroccolo, passando per I cigni selvatici e tante altre che vengono solo nominate o suggerite all'interpretazione del lettore.
La narrazione si articola in quattro punti di vista distinti: i principali sono quelli delle sorelle Blanca e Roja del Cisne, la cui famiglia è legata da un terribile patto ad uno stormo di cigni che in ogni generazione sceglie una delle figlie adolescenti per trasformarla in una di loro, strappandola dall'affetto dei suoi cari; quelli secondari sono di Barclay "Yearling" Holt e Page Ashby, due amici che all'inizio della storia vengono dati per scomparsi dopo essersi inoltrati nel bosco. Il punto principale dell'intreccio riguarda il tentativo delle ragazze di rimanere umane e liberarsi dalla maledizione che affligge da decenni la loro famiglia, ma non mancano sottotrame interessanti come gli affari degli Holt e lo sviluppo di relazioni romantiche tra i protagonisti.
Questo è un elemento che potrebbe far storcere più di un naso, perché la storia avanza con un ritmo molto serrato, e vediamo quindi nascere dei rapporti -sia sentimentali che di amicizia- in breve tempo. Il fatto che si tratti di un romanzo di realismo magico, tra l'altro fortemente ispirato ad un immaginario fiabesco, concede qualche libertà in più da questo punto di vista, come anche per la risoluzione di alcuni problemi che i personaggi devono affrontare. Capisco che potrebbe comunque risultare frustrante leggere scene come la partenza dei genitori, perché i personaggi si comportano in modo illogico, ma questo è il bello (?) del genere.
Sempre sul fronte degli aspetti negativi abbiamo (e non pensavo che mi sarei mai lamentata di questo!) dei capitoli eccessivamente brevi, in cui le scene vengono troncate in modo netto e non sempre riprese in seguito, dando l'impressione di essersi persi qualcosa. Un altro punto sul quale non sono troppo convinta è la caratterizzazione di Liam, e la scelta di renderlo il villain principale; sia perché mi aspettavo di vedere entrare in scena il padre e lo zio, sia perché le sue intenzioni sono palesi fin da subito in tutti i POV nei quali lo vediamo introdotto: renderne ambigui i comportamenti avrebbe reso il personaggio più accattivante.
Ma ora passiamo agli aspetti positivi, e ce n'è tanti! Come non partire dalla rappresentazione: è ormai chiaro che l'obiettivo di McLemore è scrivere di personaggi latini e queer, cosa nella quale eccelle; in questo romanzo ho particolarmente apprezzato la scrittura del personaggio di Page, un ragazzo trans che lotta per far accettare la sua identità non binaria. Abbiamo poi una prosa davvero ricca, soprattutto di metafore legate alla natura, e quindi molto calzanti in una storia come questa; ammetto che in un altro libro avrei probabilmente trovato pomposo uno stile così ricercato, invece la lettura di "Blanca & Roja" è scivolata senza intoppi. Molto intelligente anche il modo in cui McLemore sfrutta i diversi POV per mostrarci le distinte impressioni dei protagonisti ad una stessa scena.
A questo punto, sono pronta a fiondarmi su un altro dei suoi romanzi? Sicuramente, ma ripensando a "Bellezza selvaggia" devo ammettere che i parallelismi sono tantissimi: a questo punto il mio solo timore è che i suoi libri si assomiglino un po' troppo, risultando noiosi. Spero che il tempo saprà smentire questa preoccupazione.
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My rating: 4 of 5 stars
"If we held our hands tightly enough together, the swans could not tear one of us from the other. Maybe I was the dark and she was handfuls of stars, but we were still one night"
CAMERIERE! PIÙ CAPITOLI POV DI PAGE, GRAZE
La penna di McLemore già la conoscevo per aver letto "Bellezza selvaggia" un paio di anni fa, ma rientra tra gli scrittori che vorrei approfondire e questo secondo (per me) romanzo ha confermato la mia convinzione nel voler leggere di più, in particolare i suoi titoli più recenti. Le trame dei suoi libri sono sempre molto intriganti, e se a questo aggiungiamo la bravura che dimostra nel rendere attuale un genere come il realismo magico -senza però forzare la mano verso una modernità eccessiva-, devo ammettere di rimanerne facilmente incantata.
È questa la sensazione predominante mentre si legge "Blanca & Roja": ci si trova trasportanti in un mondo vicino al nostro e contemporaneamente irraggiungibile, come fosse al di fuori del tempo. L'ambientazione perfetta dove mettere in scena un mix di tante fiabe diverse, da Biancaneve e Rosarossa a Il brutto anatroccolo, passando per I cigni selvatici e tante altre che vengono solo nominate o suggerite all'interpretazione del lettore.
La narrazione si articola in quattro punti di vista distinti: i principali sono quelli delle sorelle Blanca e Roja del Cisne, la cui famiglia è legata da un terribile patto ad uno stormo di cigni che in ogni generazione sceglie una delle figlie adolescenti per trasformarla in una di loro, strappandola dall'affetto dei suoi cari; quelli secondari sono di Barclay "Yearling" Holt e Page Ashby, due amici che all'inizio della storia vengono dati per scomparsi dopo essersi inoltrati nel bosco. Il punto principale dell'intreccio riguarda il tentativo delle ragazze di rimanere umane e liberarsi dalla maledizione che affligge da decenni la loro famiglia, ma non mancano sottotrame interessanti come gli affari degli Holt e lo sviluppo di relazioni romantiche tra i protagonisti.
Questo è un elemento che potrebbe far storcere più di un naso, perché la storia avanza con un ritmo molto serrato, e vediamo quindi nascere dei rapporti -sia sentimentali che di amicizia- in breve tempo. Il fatto che si tratti di un romanzo di realismo magico, tra l'altro fortemente ispirato ad un immaginario fiabesco, concede qualche libertà in più da questo punto di vista, come anche per la risoluzione di alcuni problemi che i personaggi devono affrontare. Capisco che potrebbe comunque risultare frustrante leggere scene come la partenza dei genitori, perché i personaggi si comportano in modo illogico, ma questo è il bello (?) del genere.
Sempre sul fronte degli aspetti negativi abbiamo (e non pensavo che mi sarei mai lamentata di questo!) dei capitoli eccessivamente brevi, in cui le scene vengono troncate in modo netto e non sempre riprese in seguito, dando l'impressione di essersi persi qualcosa. Un altro punto sul quale non sono troppo convinta è la caratterizzazione di Liam, e la scelta di renderlo il villain principale; sia perché mi aspettavo di vedere entrare in scena il padre e lo zio, sia perché le sue intenzioni sono palesi fin da subito in tutti i POV nei quali lo vediamo introdotto: renderne ambigui i comportamenti avrebbe reso il personaggio più accattivante.
Ma ora passiamo agli aspetti positivi, e ce n'è tanti! Come non partire dalla rappresentazione: è ormai chiaro che l'obiettivo di McLemore è scrivere di personaggi latini e queer, cosa nella quale eccelle; in questo romanzo ho particolarmente apprezzato la scrittura del personaggio di Page, un ragazzo trans che lotta per far accettare la sua identità non binaria. Abbiamo poi una prosa davvero ricca, soprattutto di metafore legate alla natura, e quindi molto calzanti in una storia come questa; ammetto che in un altro libro avrei probabilmente trovato pomposo uno stile così ricercato, invece la lettura di "Blanca & Roja" è scivolata senza intoppi. Molto intelligente anche il modo in cui McLemore sfrutta i diversi POV per mostrarci le distinte impressioni dei protagonisti ad una stessa scena.
A questo punto, sono pronta a fiondarmi su un altro dei suoi romanzi? Sicuramente, ma ripensando a "Bellezza selvaggia" devo ammettere che i parallelismi sono tantissimi: a questo punto il mio solo timore è che i suoi libri si assomiglino un po' troppo, risultando noiosi. Spero che il tempo saprà smentire questa preoccupazione.
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giovedì 8 aprile 2021
Top 5 e Recap - Inverno 2021
In questa rubrica vado a tirare le somme delle letture completate durante l'ultima
stagione, con i cinque titoli migliori e delle statistiche su autori, generi,
valutazioni e molto altro.
I titoli che più mi hanno convinta sono stati quelli letti in lingua, anche perché in questo trimestre il loro numero è cresciuto notevolmente, soprattutto in confronto allo scorso anno (lo vedremo tra qualche grafico). L'unico romanzo in classifica letto in italiano è "A viso scoperto" di C.S. Lewis, un ottimo retelling del mito di Amore e Psiche dal punto di vista della sorellastra maggiore.
Abbiamo poi due libri parte di una serie: "City of Stairs" di Robert Jackson Bennett, primo volume nella trilogia fantasy The Divine Cities che mi ha stupito in ogni aspetto (personaggi, trama, sistema magico, ambientazione), e "Knight's Shadow" di Sebastien De Castell, che continua brillantemente la tetralogia The Greatcoats ampliando il mondo degli intrighi politici di Tristia.
infine, due standalone ispirati a mitologie per me inedite: "Gods of Jade and Shadow" di Silvia Moreno-Garcia, ambientato in un Messico degli anni Venti in cui gli dei maya bazzicano ancora tra gli ignari umani, e "The Wolf in the Whale" di Jordanna Max Brodsky, che immagina un incontro tra gli inuit e gli esploratori vichinghi approdati sul continente americano.
Passiamo
ora alle varie statistiche, premettendo che nei tre mesi passati ho letto un
totale di 20 libri.
Anche questo trimestre le autrici donne dominano le mie letture (10 contro 8 autori uomini), come anche gli scrittori nuovi per me (11 contro 7 vecchi). Sono invece stupita dal dato sulla nazionalità perché abbiamo un parimerito tra autori americani e autori britannici (7 per Paese), mentre un solo rappresentante di Spagna, Polonia, Canada e Messico. In questo primo lotto di schemi non ho tenuto conto della raccolta "A Thousand Beginnings and Endings" dal momento che vi hanno contribuito autori diversi.
Relativamente all'anno di pubblicazione, abbiamo una maggioranza schiacciante di romanzi scritti nell'ultimo decennio, mentre tra i target risulta vincitore l'Adult con 12 titoli contro i 6 dello Young Adult e i 2 del New Adult. Con le serie non sono stata particolamente attiva dal momento che ho letto ben 13 autoconclusivi, ma ho anche 2 serie iniziate, 3 continuate e 2 terminate.
I generi di romanzo non ci riservano novità: i 9 titoli fantasy stravincono, seguiti da un secondo posto parimerito tra romance e romanzi di formazione; abbiamo poi un titolo per umoristico, mystery, thriller, sci-fi e racconti. Con l'ambientazione voglio introdurre una piccola variazione, concentrandomi più sul tempo che sul luogo; primeggiano quindi i mondi fantastici con 8 libri, mentre abbiamo 5 romanzi ambientati nel passato, 4 nel presente e uno nel futuro (categoria in cui inserirò anche realtà post-apocalittiche e fantascientifiche). In 2 casi invece abbiamo ambientazioni varie o non chiare.
Come anticipato, abbiamo avuto un pareggio tra letture in italiano e in inglese, con 10 titoli per parte (evento inedito, che non credo si ripeterà a breve). Sono rimasta coerente anche con i formati, infatti abbiamo 17 copertine flessibili e 3 rigide.
martedì 6 aprile 2021
"Vent'anni dopo" di Alexandre Dumas padre
Vent'anni dopo by Alexandre Dumas
My rating: 4 of 5 stars
"«Non sono le guerre civili che ci disuniscono; è che non abbiamo più vent'anni, e i leali slanci della giovinezza sono scomparsi per far posto al mormorio degli interessi, al soffio delle ambizioni, ai consigli dell'egoismo»"
BASTA UCCIDERE CAVALLI, SIGNOR DUMAS
Seguito delle avventure de "I tre moschettieri" ambientato -come suggerisce sottilmente il titolo- vent'anni dopo, questo romanzo mi ha riportato nella narrazione leggera e divertente di Dumas, tra duelli fisici e di strategia, scene degne di Beautiful (non ho ancora metabolizzato la storia del concepimento di Raoul) e un numero incalcolabile, per mera pigrizia della scrivente, di refusi che hanno reso l'edizione Rizzoli la nemesi per più di una settimana.
Molto è cambiato in Francia da quando i nostri eroi baccagliavano un giorno sì e l'altro pure con il cardinale Richelieu: d'Artagnan è l'unico rimasto all'interno del corpo dei moschettieri, ancora in attesa che la riconoscenza di Anna d'Austria gli permetta di far carriera; proprio con questa speranza, l'uomo viene avvicinato dal nuovo ministro, l'italiano Mazarino, che gli promette il titolo di capitano in cambio del suo aiuto. Per buona parte del romanzo vediamo infatti la Corte del giovanissimo Luigi XIV contrapposta al movimento della Fronda, composto da popolani, borghesi e nobili riuniti dal disprezzo verso il cardinale e le sue tasse sempre più gravose.
Nella prima parte del libro seguiamo d'Artagnan impegnato nella ricerca e nel (tentato) reclutamento dei suoi vecchi amici, persi di vista con il passare degli anni; nella seconda ci si focalizza principalmente su una missione in Inghilterra, dove le forze di Carlo I e i ribelli al seguito di Oliver Cromwell si danno battaglia.
Mi è impossibile non fare un confronto tra questo e il primo libro, soprattutto perché ci sono tanti elementi in comune come lo stile, il genere e gli stessi personaggi, principali e secondari, che ritornano in scena. Seppure il voto assegnato ai due volumi sia alla fine lo stesso, i punti a favore e contro sono quasi opposti: "Vent'anni dopo" è caratterizzato infatti da una omogeneità della trama del tutto assente nel precedente titolo. Anche qui abbiamo tante avventure, provocate dagli ostacoli che i personaggi si trovano a dover affrontare, ma la narrazione segue un intreccio generale strutturato con più cura, come si evince anche dalla presenza di alcuni ottimi colpi di scena. Per contro i personaggi, in particolare gli antagonisti che ritenevo il punto di forza dell'altro volume, qui si dimostrano notevolmente più deboli tanto che il testo stesso ci dice chiaramente come Mazarino non sia all'altezza di Richelieu o Mordaunt a quella di Milady.
È anche vero che altri personaggi guadagnano molto da questo salto in avanti nel tempo, in special modo d'Artagnan che perde in parte la sua strafottenza giovanile per sfoderare un'attitudine molto più razionale; di conseguenza, leggere dei piani da lui ideati risulta una delle parti più godibili del testo. Per apprezzare davvero i quattro protagonisti credo sia però necessario liberarsi dell'ideale comune nato nel tempo attorno alla figura dei moschettieri: dopo tanti adattamenti sul grande e il piccolo schermo i personaggi di Dumas si sono ridotti a degli stereotipati cavalieri pronti a difendere i deboli e lottare contro gli oppressori; chi si approccia all'opera cartacea potrebbe essere alquanto confuso trovandosi di fronte dei caratteri molto più sfaccettati e non sempre votati al bene incondizionato. A parte Athos che è un santo, o un semidio nel caso chiedeste a d'Artagnan.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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My rating: 4 of 5 stars
"«Non sono le guerre civili che ci disuniscono; è che non abbiamo più vent'anni, e i leali slanci della giovinezza sono scomparsi per far posto al mormorio degli interessi, al soffio delle ambizioni, ai consigli dell'egoismo»"
BASTA UCCIDERE CAVALLI, SIGNOR DUMAS
Seguito delle avventure de "I tre moschettieri" ambientato -come suggerisce sottilmente il titolo- vent'anni dopo, questo romanzo mi ha riportato nella narrazione leggera e divertente di Dumas, tra duelli fisici e di strategia, scene degne di Beautiful (non ho ancora metabolizzato la storia del concepimento di Raoul) e un numero incalcolabile, per mera pigrizia della scrivente, di refusi che hanno reso l'edizione Rizzoli la nemesi per più di una settimana.
Molto è cambiato in Francia da quando i nostri eroi baccagliavano un giorno sì e l'altro pure con il cardinale Richelieu: d'Artagnan è l'unico rimasto all'interno del corpo dei moschettieri, ancora in attesa che la riconoscenza di Anna d'Austria gli permetta di far carriera; proprio con questa speranza, l'uomo viene avvicinato dal nuovo ministro, l'italiano Mazarino, che gli promette il titolo di capitano in cambio del suo aiuto. Per buona parte del romanzo vediamo infatti la Corte del giovanissimo Luigi XIV contrapposta al movimento della Fronda, composto da popolani, borghesi e nobili riuniti dal disprezzo verso il cardinale e le sue tasse sempre più gravose.
Nella prima parte del libro seguiamo d'Artagnan impegnato nella ricerca e nel (tentato) reclutamento dei suoi vecchi amici, persi di vista con il passare degli anni; nella seconda ci si focalizza principalmente su una missione in Inghilterra, dove le forze di Carlo I e i ribelli al seguito di Oliver Cromwell si danno battaglia.
Mi è impossibile non fare un confronto tra questo e il primo libro, soprattutto perché ci sono tanti elementi in comune come lo stile, il genere e gli stessi personaggi, principali e secondari, che ritornano in scena. Seppure il voto assegnato ai due volumi sia alla fine lo stesso, i punti a favore e contro sono quasi opposti: "Vent'anni dopo" è caratterizzato infatti da una omogeneità della trama del tutto assente nel precedente titolo. Anche qui abbiamo tante avventure, provocate dagli ostacoli che i personaggi si trovano a dover affrontare, ma la narrazione segue un intreccio generale strutturato con più cura, come si evince anche dalla presenza di alcuni ottimi colpi di scena. Per contro i personaggi, in particolare gli antagonisti che ritenevo il punto di forza dell'altro volume, qui si dimostrano notevolmente più deboli tanto che il testo stesso ci dice chiaramente come Mazarino non sia all'altezza di Richelieu o Mordaunt a quella di Milady.
È anche vero che altri personaggi guadagnano molto da questo salto in avanti nel tempo, in special modo d'Artagnan che perde in parte la sua strafottenza giovanile per sfoderare un'attitudine molto più razionale; di conseguenza, leggere dei piani da lui ideati risulta una delle parti più godibili del testo. Per apprezzare davvero i quattro protagonisti credo sia però necessario liberarsi dell'ideale comune nato nel tempo attorno alla figura dei moschettieri: dopo tanti adattamenti sul grande e il piccolo schermo i personaggi di Dumas si sono ridotti a degli stereotipati cavalieri pronti a difendere i deboli e lottare contro gli oppressori; chi si approccia all'opera cartacea potrebbe essere alquanto confuso trovandosi di fronte dei caratteri molto più sfaccettati e non sempre votati al bene incondizionato. A parte Athos che è un santo, o un semidio nel caso chiedeste a d'Artagnan.
Voto effettivo: quattro stelline e mezza
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