lunedì 30 novembre 2020

Wrap-Up - Letture di novembre 2020

Wrap-Up - Letture di novembre 2020


A novembre sono stata abbastanza produttiva in termini di letture concluse. Peccato che nessuna mi abbia davvero colpita al cento per cento, ma soprattutto peccato per un paio di cocenti delusioni che hanno segnato la seconda metà del mese.

Ho iniziato il mese con la lettura di "The Bird and the Blade" di Megan Bannen, romanzo che mi aspettavo sarebbe stato incentrato su un'avventura fantasy, con i personaggi in viaggio nell'Impero Mongolo al momento del suo massimo splendore. Non è andata affatto come previsto, perché questo titolo è maggiormente focalizzato sulla relazione romantica tra i due protagonisti, senza alcun elemento fantastico; stranamente sono rimasta comunque catturata dalla storia -della quale ho già pubblicato QUI una recensione- e nel complesso l'ho valutata con quattro stelline.


Successivamente, ho continuato la serie La prima legge di Joe Abercrombie leggendo "Non prima che siano impiccati", ossia il secondo volume della trilogia. Un secondo volume che parte un po' lento -a causa degli eventi del primo capitolo, del quale ancora risentono il ritmo e l'intreccio- per poi migliorare decisamente, specie quanto si arriva ai vari scontri che vedono i nostri protagonisti in azione nel loro elemento naturale: la lotta più spietata e sanguinosa.
La struttura rimane fedele a quella de "Il richiamo delle spade" (ne parlo QUI), con gli stessi sei punti di vista che in alcuni capitoli vengono sovrapposti perché i diversi personaggi si trovano nel medesimo luogo. In particolare seguiamo: West e Mastino nell'Angland minacciata dall'esercito di Bethod; Logen, Jezal e Ferro nel gruppo riunito da Bayaz per svolgere un'importante missione nel continente ad ovest; Glokta e i suoi pratici, nella città di Dagoska assediata dall'imperatore Gurkish prima, e di nuovo ad Adua negli ultimi capitoli. Anche in questo secondo libro lo sviluppo della trama orizzontale è parecchio limitato, perché gli elementi che avvicinano le storie dei protagonisti alle vicende politiche del Mondo Circolare sono centellinate; Abercrombie si dimostra però abbastanza abile nel fornire degli indizi ben pensati per non rivelare troppo, e al contempo dare al lettore degli spunti su cui fare congetture per il futuro.

I personaggi principali ed i rapporti tra loro si confermano il punto di forza della trilogia. L'autore si prende parecchio spazio per costruire gradualmente delle amicizie improbabili ma del tutto riuscite, come anche alcune relazioni romantiche -in questo caso, ho un paio di riserve perché mal sopporto l'introduzione di personaggi femminili al solo scopo di affiancare un protagonista maschile (di solito per metterne in luce determinate caratteristiche).
Per quanto mi abbiano convinto i protagonisti di Abercrombie, aumentano le mie perplessità relativamente agli antagonisti: compaiono troppo di rado e con ruoli non sempre rilevanti, oltre a risultare monodimensionali nelle azioni e negli atteggiamenti. Ho trovato da ridire anche in un paio di scene di combattimento che si risolvono in modo a dir poco conveniente per i nostri eroi.
Nulla di troppo grave comunque, infatti il libro si lascia leggere in modo scorrevole, e risulta molto divertente tanto che è facile scordare di aver di fronte un grimdark in più di una scena.
Il mio voto è di quattro stelline e mezza.

Come terzo titolo, ho concluso la lettura di "Flatlandia" di Edwin A. Abbott,
ovvero il classico per il mese di novembre. Racconto decisamente breve e semplice, ma non per questo di immediata comprensione: bisogna prestare molta attenzione ad ogni nuovo elemento introdotto in questo mondo fantastico. Per fortuna, lo stile è immediato e sempre chiaro; anche per questo, la mia valutazione è stata di cinque stelline, ma se volete saperne di più vi invito a fare una salto QUI e leggere la recensione completa.

 

La lettura che ho iniziato poi mi stava un po' annoiando (tranquilli, ne parleremo tra qualche riga) quindi ho deciso di concedermi una pausa dalla TBR con un titolo presente da eoni nella mia libreria: "La soglia" di Ursula K. Le Guin, autrice che mi incuriosisce molto anche per la sua opera più celebre, ossia la saga Terramare. Anche questo romanzo può essere considerato un fantasy, pur andando oltre questa categorizzazione dal momento che l'avventura narrata è soltanto un pretesto per mettere in scena un'enorme allegoria dell'emancipazione dei due protagonisti.
Con una trama tipica dei portal fantasy, la Le Guin ci introduce le vite grigie di Hugh e Irene: lui commesso in un discount con velleità di bibliotecario soffocate sul nascere dalla snervante madre, lei impiegata di basso livello divisa tra il desiderio di indipendenza e la volontà di non abbandonare la famiglia in balia del patrigno violento. In momenti diversi, i due scopriranno di poter raggiungere una realtà parallela, nella quale il tempo scorre in modo bizzarro, che rappresenta un posto in cui essere se stessi ed affrontare le proprie paure; qui si svolte la parte fantastica della vicenda, con un intreccio che potrebbe aver ispirato "Il gigante sepolto" di Kazuo Ishiguro (QUI la recensione) in parecchi elementi, come la lotta metaforica e fisica a tempo stesso contro la draghessa.
Ho trovato estremamente interessante il mondo ideato dalla Le Guin, soprattutto per la particolarità delle leggi magiche e per l'idioma che ha inventato, per cui i dialoghi risultano sempre un po' criptici. Ottima la presenza di alcune scene condivise tra i POV, così da poter mostrare le reazioni distinte dei protagonisti a quanto succede.
Nonostante questi aspetti positivi, il romanzo risulta parecchio ostico, soprattutto se -come me- lo iniziate pensando di trovarvi di fronte ad un classico epic fantasy; ad esempio, la scena del combattimento è estremamente anticlimatica. L'autrice lascia anche sospeso moltissime sottotrame: non sappiamo cosa succederà alla madre e ai fratellastri di Irene, se il villaggio di Tambreabrezi (o Tembreabrezi, nella versione originale) supererà l'isolamento forzato, cosa sia accaduto anni prima al trisavolo del Podestà e neppure se la passione della madre di Hugh per l'esoterismo centri qualcosa con la scoperta della soglia.
Per quanto riguarda la parte romance -se così possiamo definirla- trovo che Hugh e Irene siano una coppia valida solo sulla carta, ma visto che tutta la storia si basa su un gioco di allegorie dobbiamo lasciarli al loro lieto fine sulla sola fiducia. A questo punto però non capisco a cosa sia servito inserire l'insta love tra Hugh e Allia, mentre l'interesse di Irene per Sark è già più sensato ma poco approfondito, come molti altri aspetti di questo romanzo decisamente troppo breve.
Il mio voto è di tre stelline e mezza.

 

Parliamo ora del libro che mi ha quasi procurato una slump, ossia "The Midnight Star" di Marie Lu, il terzo ed ultimo capitolo della serie The Young Elites, alla quale ho dedicato un post per la rubrica Lettura d'Insieme che potete trovare QUI.
E partiamo ponendoci una domanda relativa alla serialità di quest'opera: c'era bisogno di fare una trilogia? A mio avviso il materiale letterario sarebbe potuto andar bene per un volume autoconclusivo, o al più una duologia; infatti, oltre metà di questo terzo libro è composta da scene ripetute sempre uguali (in particolare, Adelina che si deprime random) e da morti di personaggi per i quali l'autrice aveva evidentemente ormai esaurito le idee, che risultano del tutto prive di patos.
La trama effettiva copre l'ultimo terzo del libro, e addirittura era già stata spiegata per sommi capi in "The Rose Society" (ne parlo QUI). Vediamo gli Elites rendersi conto dell'imminente fine del mondo, causata dalla presenza dei loro poteri divini nel mondo mortale, e quindi decidere di risolvere il problema con una missione verso un posto, dove faranno una cosa, con una certa procedura. E se tutto ciò vi pare un po' troppo vago, tranquilli: Raffaele ha studiato il piano alla perfezione... peccato che non dica mai nulla a noi poveri lettori, e l'autrice stessa non si sforzi di spiegare dove lui abbia reperito informazioni tanto specifiche visto che loro sono i primi Elites esistenti.
Tra l'altro, questo risvolto sull'origine dei poteri e la loro influenza sulla realtà, va a contraddire uno dei temi maggiormente positivi della serie: sin dal primo libro, la storia mostrava al lettore come i cosiddetti malfetto venissero discriminati per le loro menomazioni fisiche, tanto che una delle sottotrame principali riguardava l'odio di Teren nei confronti di quelli che considerava degli abomini; ma a quanto pare il caro Teren aveva ragione, perché è proprio la presenza degli Elites ad innescare la distruzione del mondo!
Ho riscontrato altri problemi (tranquilli, nella Lettura d'Insieme mi concentro anche sugli aspetti positivi), come la serie di coincidenze a favori di trama che fanno sospirare "How convenient!", o la confusione sulla mitologia del mondo che perdura dopo ben tre romanzi. Si ha anche la sensazione che, tra il secondo ed il terzo libro, tutto sia rimasto fermo ad eccezione delle conquiste di Adelina: in un intero anno Raffaele non ha cercato nuovi Elites, Maeve se n'è tornata a casa e basta, etc.
Nel complesso posso salvare solo le scene di Magiano, che fortunatamente abbondano. Per il resto, questo ultimo volume è stato davvero noioso e -cosa ancor più grave- non mi ha per nulla commossa nonostante l'autrice punti molto sul fattore emotivo nel finale.
Il mio voto è di due stelline.

Non avrei dovuto lamentarmi per non aver pianto con quest'ultimo libro, dal momento che la lettura del titolo successivo mi ha completamente prosciugata. "Il ritratto vivente" di Willem Jan Otten parte come una storia simpatica su un quadro che si interroga su quale soggetto verrà ritratto sulla sua tela, per poi proseguire in una serie di cupe riflessioni e sottintesi angoscianti; ironia della sorte, mi è pure piaciuto e gli ho assegnato quattro stelline e mezza. Potete già leggere QUI la recensione dettagliata del romanzo.

 

Visto che ultimamente ho poche serie in lettura, ho deciso di iniziare la tetralogia The Greatcoats di Sebastien De Castell, che attendeva da qualche mese in libreria e mi dava l'impressione di poter diventare un nuovo preferito. Ed è stato così, ma solo in parte.
"Traitor's Blade" parte da un ottima premessa, ossia una versione fantastica e più oscura de "I tre moschettieri" di Alexandre Dumas padre (QUI la recensione); la storia si ambientata in un regno immaginario in cui cinque anni prima rispetto all'inizio della vicenda il buono e giusto re Paelis è stato assassinato dai duchi, che ora possono governare liberamente -e crudelmente- su una popolazione misera e sottomessa. A narrarci le vicende è Falcio Val Mond, un tempo Cantor (aka il comandante) dell'equivalente locale dei Moschettieri: i Greatcoat, così chiamati per gli speciali cappotti che indossano; questo corpo è stato sciolto alla morte dell'ultimo sovrano, ma lui e i suoi compagni Kest e Brasti sperano ancora di poter riunire il loro gruppo e riportare la giustizia del re in un mondo dove la violenza e la corruzione la fanno da padrone. La trama si sviluppa seguendo i tentativi di Falcio di portare a termine l'ultimo incarico ricevuto da Paelis, mentre alcuni flashback ci mostrano dei frammenti della sua vita passata, dall'infanzia fino allo smantellamento dei Greatcoat.
Parto subito con le lamentele, così poi possiamo dedicarci agli aspetti positivi di questo titolo. Innanzitutto ci sono le promesse disattese: vista la sinossi proposta, mi aspettavo che i personaggi di Kest e Brasti avessero molto più spazio nella storia, mentre risultano davvero marginali. Abbiamo poi un sistema magico del quale non sappiamo quasi nulla, cosa che irrita non poco nelle scene in cui sta accadendo qualcosa di magico ed il lettore non ne capisce minimamente la logica; lo stesso discorso vale per la "religione" di questo mondo, o meglio il sistema degli dei e dei santi. Ci sono infine troppe coincidenze fortuite ed incontri improbabili, che fanno sollevare gli occhi al cielo, e a poco vale far comparire dovunque la Tailor come fosse una novella Infermiera Joy.
E passiamo finalmente ai motivi per i quali, nel complesso, il romanzo mi è piaciuto e sono molto curiosa di continuare questa tetralogia. Per quanto riguarda le aspettative disattese, rimango speranzosa che i prossimi libri saranno maggiormente chiari (io esigo di vedere sul serio il duello di Kest!) e comunque questo volume rimane fedele nel suo proposito di seguire la storia di Falcio, infatti ho molto apprezzato la caratterizzazione del suo personaggio e tutte le relazioni che intreccia nel corso della storia. Mi sono piaciute anche le tante strizzatine d'occhio alla letteratura classica ed alla mitologia, come il personaggio di Ethalia che rappresenta la dea Calipso. Ma soprattutto questo è un libro che, a dispetto di diversi momenti cruenti e tragici, non si prende troppo sul serio e riesce a strappare parecchie risate con le sue battute caustiche.
Il mio voto è di quattro stelline.

 

Ultima lettura, non solo del mese ma anche della mia TBR iniziale, è stata "Le sorelle" di Claire Douglas; thriller psicologico, nonché debutto di quest'autrice il cui passato da giornalista patinata si fa sentire in modo evidente tra le pagine del suo primo romanzo.
L'intreccio segue la giornalista freelance (visto?) trentenne Abigail "Abi" Cavendish, che sta vivendo un periodo molto difficile dopo aver perso la gemella Lucy in un tragico incidente meno di due anni prima. Abi crede di vedere ovunque la sorella, ed è così che incrocia la strada di Beatrice "Bea" Price e del suo gemello Ben; la sua nuova amica è infatti molto simile a Lucy, sia nell'aspetto sia nel carattere. La trama si complica quando Abi decide di trasferirsi nella casa dei due fratelli ed iniziano una serie di dispetti e ripicche che sembrano voler distruggere la sua amicizia con Bea e l'amore appena nato per Ben.
Dico subito quali sono stati gli unici due elementi positivi di questo romanzo, così poi posso scatenare il mio lato più critico e frustrato (da questa lettura). Apprezzo che la traduzione del titolo sia stata fedele -anche se si poteva fare qualcosa per migliorare la pessima risoluzione della cover; inoltre, lo stile della Douglas risulta immediato e scorrevole con la conseguenza che, pur detestando la storia, non si fatica ad arrivare alla fine.
Ma cominciamo con la narrazione a POV alternati: perché adottare la prima persona nei capitoli dedicati ad Abi e la terza in quelli di Bea, se poi di entrambe vengono inseriti i pensieri, e censurate le parti rivelatrici? Lo stile dell'autrice poi è eccessivamente semplice, soprattutto nelle descrizioni: si passa dal ripetere fino alla nausea lo stesso dettaglio (quante volte ancora vuoi dirmi che Ben ha le lentiggini?), al dilungarsi inutilmente sull'abbigliamento dei personaggi, che tra l'altro è tutto quanto rimane in mente a fine lettura. Ma il vero crimine stilistico è la spiegazione delle metafore, anche quelle banali come la famiglia di Abi senza più Lucy che viene paragonata ad un tavolo con solo tre gambe.
Per quanto riguarda i personaggi, ad esclusione dei tre principali, abbiamo solo una parata di macchiette dotate di una sola caratteristica: Pam parla a vanvera, Cass adora Bea, Eva spettegola mentre prepara piatti da riscaldare a nastro, etc. Come protagonista, Abi si dimostra incredibilmente stupida e priva di istinto di autoconservazione; Bea e Ben sono incommentabili: unicamente funzionali alla trama.
La cosa più fastidiosa è però il senso di vuoto che lascia l'epilogo della storia, perché nessuno dei tre compie la minima evoluzione rispetto all'inizio e tutto sembra ricominciare da capo. In pratica, più di trecento pagine buttate nel cesso.
Il mio voto è di una stellina e mezza.

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venerdì 27 novembre 2020

Toy Story: Portraits Edition - Recensione a "Il ritratto vivente" di Willem Jan Otten

 «Sono un Lino Grana Fine Preparazione Universale Quattro Strati. Chiunque abbia voluto esaminarmi più da vicino sapeva già che costavo un piccolo capitale»


Toy Story: Portraits Edition

Recensione a "Il ritratto vivente" di Willem Jan Otten


LA SCHEDA TECNICA

TITOLO: Il ritratto vivente
AUTORE: Willem Jan Otten
TITOLO ORIGINALE: Specht en zoon
TRADUTTORE: Elisabetta Svaluto Moredo
EDITORE: Iperborea
COLLANA: Narrativa
PAGINE: 160
VOTO: 4 stelline e mezza

IL COMMENTO

  "Il ritratto vivente" è un romanzo che potremmo considerare parte della corrente del realismo magico, nonostante a fine lettura si abbia un retrogusto quasi da thriller per la forza -sia visiva che emotiva- di alcune scene.
  La storia è narrata da un punto di vista decisamente inusitato: quello di un quadro di ottima qualità, acquistato dal ritrattista Felix Vincent per farne un'opera risultato del suo estro, anziché delle innumerevoli ed insoddisfacenti commissioni alle quali è vincolato per ragioni economiche. La sua futura creazione inizia così a fantasticare su quale sarà il suo mirabolante destino, già immaginandosi esposto in un celebre museo;

«Ha un progetto su di me, che è esclusivamente frutto della sua fantasia. [...] Ero destina a diventare qualcosa di grandioso.»

il caso vuole però che il nostro bizzarro protagonista rischi prima di diventare il ritratto di una snob rifattissima, poi un desolante paesaggio invernale, per arrivare solo verso la metà del volume a comprendere in modo chiaro quale sarà il suo fine.
 
Ispirato in parte al nostrano Pinocchio, in parte al "Frankenstein" di Mary Shelley (QUI la recensione) -non a caso Felix viene ribattezzato ben presto "creatore"-

«Creatore! canticchiai con tutte le mie chiavette, creatore! Fa' di me quello che vuoli! Fa' di me qualcuno!»

il romanzo si snoda in una serie di vicende dal forte intento allegorico, legate soprattutto alla realizzazione del quadro finale e alla vita privata dell'artista. Di quest'ultima in realtà il lettore non arriva a scoprire perfettamente tutti i retroscena, dal momento che il punto di vista è alquanto limitante,

«Se avessi continuato a stare attento, avrei senz'altro capito quello a cui alludevano, dove fossero rimasti e in cosa consistesse il loro gioco, [...].»

pertanto alcune delle sottotrame approdano ad un nulla di fatto, come il rapporto tra creatore e Minke: possiamo intuire che si conoscano da parecchio tempo, ma non abbiamo altri dettagli sul loro passato.
 
Pur non eclissando gli altri personaggi della storia, il quadro si dimostra essere il solo protagonista, del quale seguiamo l'evoluzione sin dalla sua "nascita" come parte di un pregiato rotolo nel negozio di belle arti Van Schendel. Una volta arrivato nella casa di Felix, il narratore inizia la sua formazione, grazie alle parole delle persone che frequentano lo studio da un lato,

«Lui e Lidewij parlavano di quell'autunno come di una stagione eccezionalmente calda. [...] Ogni tanto si alzava una brezza irrequieta e sentivo il fruscio delle foglio sospinte nella stanza.»

e al proprio brillante intuito dall'altro, tanto che in più di un'occasione si dimostra più sveglio dello stesso creatore nel cogliere le sfumature nelle parole degli altri.
 
Il quadro comincia ben presto a provare anche delle emozioni definibili umane, come la vergogna, in un crescendo di interrogativi collegati soprattutto alla propria identità e alla definizione di se stessi, tema assolutamente centrale di questo titolo. Il protagonista si convince infatti che il soggetto prescelto da Felix determinerà non solo il suo aspetto esteriore ma anche il suo carattere.

 

Cover britannica
«Chi verrà dipinto su di me? Chi diventerò? Di chi prenderò il volto? [...] Attraverso gli occhi di chi avrei guardato il mondo?»

  Altra riflessione degna di menzione è quella relativa all'etica, rapportata al lavoro di un artista: se chi crea commette un'azione negativa, anche le sue opere devono essere svilite di conseguenza? Nel caso di creatore, l'errore è in buona fede, ma la reazione -ed il giudizio dell'autore- è comunque tangibile e chiara.

«Creatore ha aggiunto un'altra bracciata di rami, poi è tornato nello studio, ha arraffato le stampe, le fotografie, il video, perfino l'assegno da cinquantamila euro e ha buttato tutto nel falò, [...].»

  In questo senso si nota un'eccessiva -e, per me, fastidiosa- propensione di Otten nel voler fare la morale ai suoi stessi personaggi, bacchettandone i comportamenti che ritiene inappropriati. Per il resto, lo stile dell'autore mi ha decisamente convinto; ho apprezzato la sua creatività nell'immaginare i pensieri e le emozioni di un oggetto inanimato,

«Ero esistito finché creatore mi dipingeva e Lidewij prendeva atto di me. Adesso cominciavo a dimenticarmi della mia esistenza.»

inoltre, la presenza di molti elementi metaforici, come l'albero abbattuto che costringe il pittore a prendere la bicicletta, denotano una certa ricercatezza nella prosa di Otten.

  Vorrei concludere con un paio di osservazioni sull'edizione che, nel suo complesso, è assolutamente promossa: ottima la traduzione, con un paio di utili note, e la postfazione che racconta qualcosa di più sull'autore e sulla sua produzione oltre questo titolo. La mia unica lamentela riguarda i materiali, perché la colla usata mi ha costretto a spezzare letteralmente il volume per poterlo leggere... un peccato.

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lunedì 23 novembre 2020

Lettura d'Insieme - The Young Elites di Marie Lu

Lettura d'Insieme

The Young Elites di Marie Lu


Cover britanniche
 

  The Young Elites è una trilogia fantasy con target young adult scritta da Marie Lu e pubblicata tra il 2014 e il 2016.
  La storia si ambienta in un mondo fantastico dove una pestilenza ha decimato la popolazione anni prima: i pochi superstiti sono gravemente menomati, anche se alcuni di loro hanno ottenuto dei poteri speciali, venendo ribattezzati Young Elites. La protagonista Adelina è stata sfregiata dalla malattia ed è divisa tra l'astio per il padre e l'affetto della sorella minore Violetta; quando l'uomo tenta di venderla, la ragazza fugge di casa e scopre di poter controllare le ombre. Abilità che le tornerà molto utile, non solo per salvarsi ma anche per ottenere la sua vendetta.

 
Questa serie mi è abbastanza piaciuta, ma alcuni aspetti non mi hanno convinta del tutto, e sono qui per elencare pro e contro alla lettura della serie.

  Attenzione: da qui in poi ci saranno SPOILER!


PRO 

1. ANTIEROI PROTAGONISTI

  Come dissi in un post di qualche mese fa, penso che questo titolo sia stato il capostipite del fortunato filone dei romanzi con i villain come protagonisti. Tutti i personaggi principali hanno qualche caratteristica negativa o si comportano in modo violento, spesso traendo anche un piacere perverso nell'infliggere dolore al prossimo.

«Oh, I've wanted to do this for so long. I pull harder, twisting, increasing his belief that he is in agony-that his limbs are being ripped off one by one, that someone is peeling the skin off his back.»

Prossimo che molto spesso quella sofferenza se l'è in parte meritata, ma questo non rende certo gli antieroi i "buoni" della storia.

  Adelina è solo l'esempio più lampante di questa scelta nella caratterizzazione del cast; infatti, fin da prima della scoperta dei suoi poteri, la vediamo fare pensieri collegati alla vendetta.

«They just don't want me as a wife. One of them jokes about cornering me the next time I walk alone in our garden. I laugh with him. I imagine mixing poison into his tea, [...].»

E ovviamente il lettore è portato comunque a considerare lei e gli altri come i protagonisti per i quali tifare perché molto spesso sono contrapposti a delle figure ancor più detestabili.

  Mi è piaciuto anche che la sete di potere, status e ricchezza nei personaggi venisse mostrata con molta chiarezza, senza nascondere la loro vera natura dietro finti buonismi.

«"I do it because I want to, because I can. That's what anyone truly means when they gain power and call it altruism, isn't it? I'm just not afraid to admit it."»

La narrativa per ragazzi ha già fin troppi personaggi moralisti e sempre repressi nelle ambizioni: a mio avviso, Marie Lu è stata coraggiosa nel tentare di innovare un po' il target.

2. IL TRIANGOLO CHE NON TI ASPETTI

  Un altro cliché dei romanzi YA che questa serie scardina è il famigerato triangolo amoroso. In realtà, l'autrice è stata abbastanza furba da servirsi di questo tropo, ma senza seguire la strada più banale.
 
In quanti libri per ragazzi vediamo l'affetto della protagonista femminile conteso da due affascinanti giovani? Qui la situazione è leggermente diversa: se è inconfutabile che Adelina sia da subito attratta da Enzo, è anche vero che non è lei il vertice del triangolo in questione: scopriamo ben presto che Raffaele non è stato scritto per innamorarsi a sua volta della nostra protagonista, perché dietro alla sua lealtà verso il principe si nasconde un amore sincero.

  Anche la risoluzione finale di questa situazione mi ha convinto; l'autrice non da il contentino a nessuno, anzi ci mostra come una volta conclusa una storia d'amore si possa andare avanti e trovare un altro scopo nella vita (per Raffaele) o un'altra persona a cui legarsi (per Adelina).

3. MAGIANO E GEMMA

  Il cast di questa trilogia è abbastanza numeroso, quindi per la legge dei grandi numeri era scontato che avrei trovato dei personaggi preferiti. Ironicamente, in entrambi i casi si tratta di personaggi molto positivi, rispetto alla media della serie.
  Nel primo libro, il personaggio di Gemma mi ha molto colpito; motivo per il quale la sua morte è stata tra le più devastanti. Nonostante non ottenga troppo spazio nella storia, le scene in cui la vediamo interagire con gli altri Daggers o passeggiare circondata da qualche animale sono ottime.
  Mi è piaciuto molto vedere la sua fierezza nei momenti in cui viene discriminata per la piaga violacea che le copre metà del viso;

«Even though he stays festive, I notice him avoid contact with her, jerking his hand away so that he can't be dirtied by her touch. Gemma's smile wavers [...] but she still lifts her head high and masks her discomfort behind a widening grin.»

inoltre lei è una dei pochi personaggi a ispirare dei sentimenti positivi nella nostra solare (SARCASMO!) Adelina. In particolare, nella scena in cui la ringrazia per l'aiuto dato ai Daggers, la possibilità che tra le due nasca una splendida amicizia sembra quasi realtà.

«"My father and I are both grateful." [...] Then she laughs. It is a bright, ringing sound, the laugh of someone who is loved. In spite of everything, I can't help laughing along with her. »

  Anche il mio secondo preferito è un personaggio solare e carismatico; inoltre, nel suo caso un decesso prematuro non lo ferma dal poter portare un po' di gioia nella vita della protagonista.

  Pur essendo nel complesso uno dei personaggi più buoni, Magiano non è privo di difetti mortali: la sua natura stessa di Elite gli fa desiderare continuamente nuove ricchezze,

«"I have everything I could ever want here, Adelina, [...] What more do I need?"

But I have taken something away from him.»

e non si accontenta di ottenerle in modo più o meno lecito come braccio destro di Adelina.

  Ho adorato leggere le sue linee di dialogo, perché sono tra le poche in cui l'autrice ci concedere qualche battuta, anche se fortemente sarcastica.

Cover francesi
«"[...] And you sent their ambassador back bearing your crest dipped in the blood of their fallen soldiers." He gave me a pointed look. "I seem to remember suggesting something subtler."»


Mi ha convinto anche la sua relazione con la protagonista, molto più (opinione impopolare in arrivo!) di quella tra lei ed Enzo; trovo che i due abbiamo una buona chimica e bilancino l'uno il carattere dell'altra.

  Magiano si dimostra inoltre molto rispettoso dei sentimenti di Adelina,

«I'm grateful to Magiano for his silence. He squeezes my hand once, [...].»

senza per questo ignorarla nei momenti in cui il suo potere la mette in difficoltà. Che altro dire? è decisamente l'uomo ideale.

4. EVOLUZIONE DEI POTERI

  Ad una prima occhiata, i poteri degli Elites potrebbero sembrare alquanto banali, specie ai nostri giorni in cui i film e le serie TV a tema supereroistico pullulano. L'autrice è stata però alquanto ingegnosa, ed ha strutturato per i poteri un arco narrativo tutto loro.
  Inizialmente vediamo gli Elites alle prese con i primi esperimenti in cui tentano di padroneggiare le nuove abilità, in particolare Adelina che scopre relativamente tardi quale sia il suo potere.
  In un secondo momento i poteri si vanno ampliando, e i protagonisti diventano via via più abili nell'impiegarli per nuovi scopi.

«It's true, she may become the most powerful of us all. She can already create illusions that trick the eyes and ears. Eventually, she'll realize that she can also trick one's taste, smell, and touch."

[...]

"She will be able to fool a thirsty man into drinking liquid metal. She will be able to make someone feel pain that isn't there."»

Questo rappresenta il culmine dell'evoluzione, perché gradualmente si capisce che essi influenzano chi li sfrutta; le ossa di Lucent si fanno sempre più fragili, le ustioni sulle mani di Enzo si estendono alle braccia e le illusioni sfuggono al controllo di Adelina. 

«I hold the vision for as long as I can. I would have held it forever, happy to lose myself in it for the rest of my life.»

  Tra il secondo ed il terzo libro, arriviamo a capire che i poteri avranno come ultima conseguenza quella di uccidere gli Elites, ritornando così in possesso gli dei, loro legittimi proprietari.

«She [Maeve] knows, by some instinct of survival, that if she tried to use her power, it would kill her.»

5. FINALI

  Forse non potranno piacere a tutti, ma ritengo che in tutti e tre i finali si noti un deciso sforzo di originalità, creando delle situazioni atte a ribaltare le carte in tavola.
  Chi poteva prevedere la violenta morte di Enzo alla fine di "The Young Elites"? Anche considerando la "resurrezione" operata da Maeve, il suo personaggio non torna mai ad essere quello del primo libro.
  Stesso discorso vale per il golpe di Adelina (anche se su questo tornerò tra qualche punto) e per l'epilogo. E non mi riferisco tanto al suo sacrificio in favore della sorella, quanto all'ascesa di quest'ultima al trono; tra l'altro al fianco di Sergio con il quale -pur restando sempre in secondo piano- forma una coppia molto dolce.

CONTRO

1. CITAZIONI

  Mi riferisco ai brevi estratti che si trovano all'inizio dei capitoli POV di Adelina, che sembrano per l'appunto delle citazioni tratte da opere o scritti di questo mondo fantasy. Si tratta di un espediente usato da parecchi altri autori -mi viene subito in mente la trilogia The Tearling di Erika Johansen (analizzo QUI l'intera serie)- e pur non apprezzandolo particolarmente potrei tollerarlo in caso di necessità.
 
Purtroppo ci sono diverse problematiche: innanzitutto creare, anche in parte, il world building attraverso queste citazioni mi sembra alquanto pigra come scelta; c'è poi il problema dell'utilità, perché solo una minima parte sono effettivamente necessari per comprendere il mondo in cui si muovono i personaggi, ma non è facile capire quali siano.
  Di conseguenza, il lettore si trova diviso tra l'ansia all'idea di aver perso quale informazione vitale e la noia di fronte a frasette prive di spessore, messe lì solo perché in tono con quanto succede nel capitolo.

2. NOMIGNOLI

  Come già accennato, pur essendo una serie etichettabile come fantasy, The Young Elites ha degli elementi in comune con le storie di supereroi; oltre -ovviamente- ai poteri, gli Elites hanno infatti degli alterego con i quali vengono identificati. Premesso che alcuni di questi nomi non sono necessariamente collegati al potere del personaggio in questione (ad esempio, Enzo è un pirocineta ma viene chiamato The Reaper, ossia Il Mietitore) e creano un po' di confusione, oltre ad essere affibbiati anche a persone comuni,

«"A man called the Night King rules the city. [...]"»

trovo questi nomignoli troppo pretenziosi e, a lungo andare, anche ridicoli.

Cover indonesiane
  Infatti, non vengono usati solo dai Daggers durante le missioni ma anche in situazioni casuali, o perfino nei pensieri della protagonista,

«If the Windwalker were with us, she could have effortlessly lifted us onto the walls [...].»

che sa perfettamente quale sia la vera identità di Lucent, quindi non ha senso che si riferisca a lei in quel modo.

  Nel complesso, mi sono sembrati davvero cringe e avrei preferito fossero limitati al primo libro, se proprio dovevano essere usati.

3. L'ASSENZA DELLA CHIESA CATTOLICA

  Non credevo che sarebbe mai successo, ma mi trovo costretta a lamentare l'assenza della Chiesa cattolica in un romanzo fantasy. Generalmente, l'espediente di inserire questa fede (o un suo equivalente) in una storia lontana dalla realtà mi infastidisce parecchio, perché la ritengo una scelta molto svogliata per un autore che -creando un mondo del tutto nuovo- potrebbe inventare qualunque religione gli venga in mente.
  Per assurdo, in questa trilogia il Cattolicesimo invece doveva esserci. Prima di tutto perché altrimenti non si spiega il modo in cui calcolano gli anni: siamo nel 1361 quando la storia inizia, ma il 1361 a partire da quale evento? potrebbe essere la nascita di Cristo (l'ambientazione in parte coincide) ma non viene mai spiegato.  Abbiamo poi l'Inquisition Axis, che ci viene presentata come un corpo militare al servizio diretto della famiglia reale di Kenettra,

«"Our order has always existed to protect the Kenettran crown. [...] By pledging your lives to the Inquisition's order, you promise to forever dedicate yourselves to the royal family, and to guard the throne with your lives."»

peccato che questo li renda del tutto estranei al concetto cattolico di Inquisizione, della quale sfruttano il nome a sproposito.

  Più andiamo avanti con la storia, più questo equivoco si fa confuso dal momento che Teren -a capo dell'Inquisition Axis- sembra in tutto e per tutto un invasato religioso e non un semplice soldato,

«"I shouldn't have questioned my queen," he adds after a moment. "It is an insult to the gods."»

sempre in preda a dei sensi di colpa che i suoi colleghi non sembrano affatto condividere. A questo punto era meglio esportare il Vaticano anche a Kenettra.

4. INFANTIL... SEMPLICITÀ

  Nulla di nuovo sotto il sole nel panorama dei romanzi con target YA; anche perché in questo aspetto per me Marissa Meyer con la tetralogia The Lunar Chronicles (analizzo QUI l'intera serie) rimane imbattibile.
 
Purtroppo per noi anche Marie Lu si difende bene e le assurdità a livello politico non mancano: la presa di potere di Adelina -già nominata qualche punto fa- è del tutto inverosimile; com'è inverosimile che riesca a governare per più di un anno nella condizione mentale in cui si trova, con soltanto Magiano e Sergio ad aiutarla.

 
Rimanendo in tema, quant'è assurda la scena all'inizio di "The Midnight Star"? Vediamo la protagonista di rientro da una guerra di conquista random ed inutile (gestita con la stessa leggerezza di una partita di golf) e, quando Sergio le comunica che alcuni uomini hanno cercato di entrare nel palazzo, il dialogo ci lascia intendere che lei venga interrogata per ogni piccolezza!

«"And what are you planning to do with those prisoners?"

[...]

"Whatever you like. You're the queen."»

A me non pare credibile che il sovrano di un regno sia disturbato per questioni del genere. E poi ci dovrebbero essere delle leggi a regolamentare situazioni analoghe.

  Un altro passaggio in cui si semplifica un po' troppo per fare in fretta è la scena in cui Violetta, parlando nel sonno,

«Now I understand. She is telling me what happened after she fled the palace, [...].»

racconta alla sorella quanto si è persa nell'ultimo anno. Un modo decisamente conveniente per aggiornare rapidamente Adelina, senza focalizzarsi troppo sul loro rapporto.

  In "The Midnight Star" è presente poi una serie alquanto lunga di ingenuità narrative: a cominciare dagli allineamenti necessari per la missione (guarda caso, proprio quelli dei protagonisti!), passando per la facilità con cui Teren accetta -mettendo anche a rischio la vita più volte-, per finire con la paraculata doc:

«"You said all of our alignments to the gods must be in the immortal realm in order for us to be here. [...]"

"Because her [Violetta's] soul is already in the immortal world."»

Mi volete dire che basta l'anima di un Elite nel reame immortale per far passare tutti? Possibile che nel corso degli anni non ne siamo morti abbastanza da rendere superflua la presenta di quasi tutti i personaggi?

  E poi quanto è assurdo Raffaele che, dopo anni di studi (dove? come? quando?), decide di provare lo stesso, senza Violetta? Meno male che l'autrice ha estratto questo espediente dal cappello, oppure la sorte del mondo sarebbe stata sacrificata per un momento di stupidità casuale.

5. EDIZIONE

  E per concludere, qualcosa di decisamente superficiale spendendo un paio di righe sull'edizione, in questo caso quella britannica in flessibile.  Il primo problema che si nota è la fragilità delle copertine: dopo una sola lettura, la pellicola esterna si sfoglia in modo ammirevole! Che dire poi dell'abominevole scelta di realizzare delle elaborazioni in CGI per le cover -dalla qualità assai discutibile, tra l'altro- specie quando la stessa Marie Lu è un'illustratrice abbastanza nota.
  Per ultima, la mappa. Di solito apprezzo lo sforzo di includerne una nei fantasy, ma questa non viene mai aggiornata, omettendo così i luoghi in cui i personaggi si spostano nel secondo e nel terzo libro. Come se non bastasse, io ancora non mi raccapezzo di quelle dannate cascate in mezzo all'oceano... qualche buona anima mi potrebbe fornire una delucidazione?

VALUTAZIONI SINGOLE