
My rating: 5 of 5 stars
"«The legends do tell of the uiluaqtaq, who is neither woman nor man but something in between. A uiluaqtaq never takes a husband, but lives instead as a hunter and never bleeds, never bears children»"
NON È UNA BALENA, NON È UN LUPO, MA SAPRÀ CAPIRE QUELLO CHE È
Raramente mi sono trovata così combattuta all'idea di parlare -e quindi consigliare- un romanzo che ho tanto apprezzato. Questo perché "The Wolf in the Whale" si presenta come una lettura alquanto ostica, per diversi aspetti: innanzitutto, è ad oggi inedito in Italia e il livello di inglese non è tra i più semplici, con molte parole di altre lingue a rendere ancor più lenta ed ardua la comprensione del testo; in secondo luogo, l'inizio stesso del romanzo è caratterizzato da un ritmo particolarmente lento, con molte scene di vita quotidiana e spiegazioni su come cacciare le foche o costruire degli attrezzi.
Lo scoglio più grande sono però i trigger warnings, e questo titolo ne presenta in quantità, sia per tipologia sia per frequenza. Passiamo dalle scene grafiche esplicite (ferite di ogni tipo, omicidi, stupri, tortura fisica e mentale, infanticidio e violenza contro gli animali) a stimoli negativi più legati alla sfera psicologica, come la perdita di un familiare o la persecuzione religiosa. Per questi motivi, capisco di non poter consigliare questo romanzo a cuor leggero ma, se sono elementi che non vi scoraggiano, vediamo per quali ragioni vale assolutamente la pena dargli una chance.
"The Wolf in the Whale" si presenta come un romanzo di formazione a tutto tondo, con un'ambientazione storica curata in ogni dettaglio ed una parte fantasy legata principalmente ai miti e alle credenze religiose. La storia è quella di Omat, inuk segnata fin dalla nascita dal potere e dal fato; nata con uno spirito maschile in un corpo femminile, Omat viene cresciuta dal nonno e padre adottivo Ataata per succedergli nel ruolo di angakkuq, ovvero lo sciamano e la guida della loro piccola comunità. Con il passare degli anni diventa sempre più evidente come sarà difficile per lei far coesistere i due lati della sua natura, soprattutto nella società degli inuit che hanno dei ruoli di genere distinti in modo estremamente netto.
Mi riferisco a Omat utilizzando pronomi ed aggettivi al femminile perché così viene fatto sia nella sinossi sia nelle note dell'autrice, ma nel romanzo viene chiarito che si tratta di un personaggio non binario: inizialmente lei cerca di dimostrare le sue capacità come cacciatrice per ottenere la fiducia della sua gente e sentirsi un vero uomo a dispetto del suo corpo, poi le situazioni in cui si ritrova suo malgrado la portano a capire come anche il ruolo svolto delle donne sia fondamentale, infatti nel finale Omat giunge alla realizzazione di poter essere sia uomo che donna, senza sentirsi svilita perché cuce o venire discriminata per il desiderio di cacciare.
Avrete forse già intuito quale sia il solo aspetto che svilisce un libro, almeno per me, rasente la perfezione: l'assenza di una trama; la storia non è priva di avvenimenti, ma trattandosi in un romanzo di formazione le svolte e i colpi di scena non sono sicuramente il punto di forma. Come conseguenza, il ritmo risulta alquanto disomogeneo: come già accennato, nelle prime duecento pagine si procede con lentezza, c'è poi una parte centrale estremamente ben bilanciata e godile, per concludere con un finale troppo rapido, specie nella scena della battaglia sul ghiaccio.
A parte questo elemento, la lettura del romanzo è stata un viaggio incredibile. Mi sono affezionata praticamente a tutti i personaggi, perché l'autrice li ha caratterizzati con tanta abilità da far provare anche al lettore le loro emozioni: impariamo con Kiasik quanto sia importante tenere a freno l'impulsività, soffriamo assieme a Omat quando la sua tribù la abbandona tra le grinfie di Issuk, intraprendiamo con Brandr un percorso di cambiamento nato dalla presa di coscienza delle proprie azioni e desideriamo come Freydis di poter avere un ruolo di prestigio a dispetto di quello che la società si aspetta dal nostro genere.
La bravura di Brodsky si palesa sia nella tridimensionalità che da ai personaggi negativi sia nell'intreccio delle relazioni -familiari, amicali e romantiche-, capaci di far commuovere. Un plauso le è dovuto anche per lo sforzo compiuto nelle ricerche necessarie a rendere questa ambientazione verosimile, specialmente dal punto di vista storico. E dire che all'inizio temevo di essermi imbattuta in un reboot di "Ayla figlia della Terra"! fortunatamente questo romanzo mi ha portata ben lontano dalla più celebre Mary Sue della preistoria.
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