giovedì 28 gennaio 2021
"City of Stairs" di Robert Jackson Bennett
My rating: 5 of 5 stars
"Spiral staircases rise up to halt completely in mid-air, some only ten feet off the ground, some twenty or thirty. There is something faintly osseous about them, resembling the rippled horns of some massive, exotic ruminant"
TENETE D'OCCHIO LE SCALE, A LORO PIACE TERMINARE NEL VUOTO
Primo capitolo della trilogia The Divine Cities, "City of Stairs" funziona perfettamente anche come un autoconclusivo: nel finale l'autore concludere gli intrecci principali di questo volume e lascia solo qualche spunto minore per i seguiti, che dovrebbero vedere come protagonisti gli altri due personaggi principali di questa storia.
Il volume parte come un murder mystery ambientato in un mondo fittizio; Efrem Pangyui, uno storico Saypuri interessato alle divinità che dominavano il Continente fino a qualche decennio prima, viene brutalmente assassinato nel suo studio. La risoluzione del delitto non è affatto semplice perché a Bulikov, l'ex città santa in cui si svolge la maggior parte della storia, molti lo disprezzavano per aver letto antichi testi sacri proibiti perfino ai fedeli durante le sue ricerche.
Per indagare sull'omicidio arriva in città Ashara "Shara" Komayd, amica dello studioso di cui condivide la passione per il passato del Continente, prima che la scomparsa degli dei ne provocasse il crollo; il suo è il POV principale, ma ne abbiamo molti altri, tra cui quelli dei coprotagonisti Turyin Mulaghesh, un tempo ufficiale dell'esercito Saypuri ora governatrice di Bulikov, e Sigrud, presentato da Shara come il suo segretario ma decisamente più simile ad un implacabile hitman.
Pur non dimenticando mai la parte relativa all'investigazione, il romanzo si sviluppa in molte altre direzioni, andando ad analizzare il passato dei protagonisti, il conflitto secolare tra il Continente e Saypur, la natura delle sei divinità principali e la complessa mitologia che ruotava attorno ad esse. La narrazione è inoltre caratterizzata da diversi colpi di scena dall'ottima tempistica e da un ritmo non troppo affrettato: l'autore accelera decisamente il passo nelle scene d'azione in cui vediamo inseguimenti o combattimenti, ma sa anche prendersi i suoi spazi quando si focalizza sulle relazioni tra i personaggi o sui loro ragionamenti.
Proprio i personaggi sono uno degli aspetti più riusciti del romanzo. Innanzitutto apprezzo che siano tutti adulti e maturi, ma non per questo incapaci di far sorridere il lettore con battute nei momenti più leggeri; ho trovato tutti estremamente carismatici e capaci di rimanere impressi a dispetto dei nomi alquanto ostici. Anche le comparse alle quali Bennett dedica dei punti di vista servono ad arricchire la storia e darci qualche elemento in più sul world building.
Un world building che inizialmente potrebbe intimorire per quanto sembra vasto e complesso, ma con il quale si prendere confidenza andando avanti nella lettura. L'autore si è ispirato evidentemente alla Russia per creare il Continente e all'India per la nazione di Saypur, e questa scelta si riflette perfettamente nei nomi, nelle tradizioni, negli edifici... addirittura nella cucina di questi luoghi! Tutte queste informazioni non vengono riversate sul lettore tramite fastidiosi infodump, ma inserite abilmente nella narrazione per creare un'ambientazione viva e credibile.
Il meglio di sé l'autore lo da però nelle tematiche che il romanzo affronta, sempre con rispetto per le tempistiche narrative. Il focus principale è quello della fede religiosa: si parla dell'estremismo con cui alcuni la vivono e della sofferenza di quanti si vedono negato il diritto a professarla. Il volume si sofferma anche sul tema dell'omofobia, e più in generale della discriminazione verso il diverso, dell'oppressione e della velata autocrazia di Saypur, che inizialmente riteniamo completamente in torto per poi scoprire che fino a qualche anno prima erano loro ad essere schiavi: in questo senso il libro fa un ottimo lavoro nel portare sempre entrambi i punti di vista e mostrare come nessuno sia privo di colpe in un conflitto.
Avrete capito quanto ho amato questo romanzo, ma la mia onestà intellettuale mi obbliga a segnalare qualche piccolo difetto che ho notato. La storia di Sigrud è molto prevedibile, tanto che credo non fosse neppure pensata per essere una vera rivelazione, e il suo personaggio è indubbiamente il più stereotipato e sopra le righe: io lo adoro, ma qualcuno potrebbe esserne infastidito. Abbiamo poi le date, che sono utili per avere un quadro chiaro del passato, peccato che non si capisca da quale evento sia calcolato il tempo. E sempre in relazione al tempo, gli eventi narrati nel libro mancano di riferimenti: tra una scena e l'altra non viene mai specificato se passino minuti o settimane intere.
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martedì 26 gennaio 2021
"Il guardiano degli innocenti" di Andrzej Sapkowski
My rating: 3 of 5 stars
"Perché pensavo che il mondo fosse pieno di mostri e di bestie, Iola, ed era mio desiderio proteggere coloro che ne erano minacciati"
I FRATELLI GRIMM HANNO MESSO "MI PIACE" ALLE TUE STORIE
"Il guardiano degli innocenti" è una raccolta di racconti che introduce i lettori al mondo di The Witcher, presentando alcuni dei personaggi principali ed il mondo fantastico in cui essi si muovono. Se però questa presentazione sia fatta bene è decisamente discutibile; a fine volume mi sono trovata con la testa piena di nomi delle creature soprannaturali e dei luoghi visitati dal protagonista, senza però un quadro chiaro né della geografia né delle dinamiche interpersonali.
Ma partiamo dalla struttura del libro: la storia che fa da raccordo tra le altre è "La voce della ragione", in cui vediamo lo strigo Geralt -ferito dopo il combattimento contro una strige (e già qui la confusione su nomi e caratteristiche delle creature è in agguato)- cercare rifugio presso il Tempio di Melitele. Mentre è convalescente, il protagonista ripercorre alcune avventure che danno vita agli altri racconti del volume; racconti che sono fortemente ispirati ad alcune fiabe popolari, con l'aggiunta di qualche mostro da affrontare.
Onestamente nessuno dei racconti mi ha particolarmente colpita, anche perché non è facile distinguerli tra loro dal momento che presentano una sequenza di eventi molto simile: Geralt arriva in un castello o in una città (senza che vengano forniti troppi riferimenti sul luogo in questione), qualcuno chiede il suo aiuto nascondendo però qualche informazione vitale sul mostro da uccidere, Geralt indaga sulla questione e riesce ad uscirne vincitore seppur ferito, Geralt se ne va perché nonostante tutto gli umani lo disprezzano. Questa dinamica si ripete ad oltranza, in una sequenza di storie che non hanno chiari legami spazio-temporali tra loro; l'unica variante è l'introduzione dei personaggi di Ranuncolo (sì, sembra il nome di un animale antropomorfo uscito da un cartone anni Ottanta) e Yennefer, negli ultimi due racconti.
E questo ci porta al primo problema del volume, ovvero le relazioni tra i personaggi. Già Geralt come protagonista non è un campione di carisma: si può empatizzare con la sua sofferenza nel sentirsi spesso discriminato, ma l'autore non si impegna oltre nel renderlo più simpatetico; quindi mi chiedo su cosa poggino i suoi rapporti con gli altri personaggi ricorrenti. Cosa lo lega a Nenneke? come può una persona così riservata amare la compagnia dell'estroverso Ranuncolo? perché si innamora di Yennefer se lei lo tratta di schifo? ma soprattutto, perché Yennefer dovrebbe innamorarsi di lui? Queste ultime domande potrebbero trovare risposta nel desiderio espresso da Geralt al genio, ma nessuna delle teorie che ho letto online a riguardo mi ha soddisfatta del tutto.
Altri elementi che trovo problematici sono l'umorismo, soprattutto in alcuni racconti, le battute sono inserite a sproposito e non fanno scattare una risata bensì un senso di cringe; le morti che sono numerose ma vengono descritte senza il minimo impatto emotivo, e ovviamente riguardano solo le comparse perché il fatto di conoscere il presente vanifica ogni preoccupazione circa la sorte dei protagonisti; ed infine, l'età dei personaggi, mai indicata con chiarezza, che fa sentire molto a disagio quando si legge degli incontri pseudo-romantici tra Geralt e personaggi definiti"fanciulla" o "ragazzina".
Ma non ho solo lamentele per questo titolo: seppur lacunosa, l'ambientazione ispirata all'Europa centrale mi affascina molto, come anche lo stile di Sapkowski, specie quando si tratta di descrivere i paesaggi con qualche buona metafora. Sono anche curiosa di sapere dove andrà a parare la trama della serie principale, perché qui ci viene dato un misero assaggio, accennando ad una sorta di profezia che incombe sul futuro di Geralt. Tutto sommato, ho altri sette libri di tempo per ricredermi.
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venerdì 22 gennaio 2021
Top e Flop 2020 - Serie, cover e qualche statistica
Come promesso, ecco la seconda parte delle mie classifiche di inizio anno. Oggi parleremo di tutte le serie concluse nel 2020, delle copertine maggiormente degne di menzione (se in positivo o in negativo, lo vedremo tra qualche riga) e di alcune statistiche conclusive, ossia una versione sintetica della rubrica Top 5 e Recap.
Iniziamo con le varie serie. Ne parlerò in ordine di gradimento, o meglio di media delle valutazioni assegnate ad ogni volume.
Tetralogia Bartimeus Sequence di Jonathan Stroud
Come avevo già previsto un anno fa, la serie più celebre di Stroud si è dimostrata la migliore tra quelle lette, nonostante io sia fuori target per i middle grade ormai da un diversi lustri. E questo già dovrebbe dirla lunga sul valore di questi libri.
(Co)protagonista e brillante mattatore è il jinn Bartimeus che, nella trilogia originale, viene convocato in una Londra ucronica dove i maghi non solo vivono alla luce del sole ma sono i detentori del potere politico: attraverso una moltitudine di ministeri controllano sia la società dei comuni, sia il mondo soprannaturale degli spiriti. I compiti assegnati a Bartimeus dal giovane Nathaniel diventano sempre più importanti ed arditi, coinvolgendo i due nelle lotte interne tra i maghi, impegnati a contendersi il potere mentre le altre fazioni lottano per ottenere la libertà.
I punti a favore della serie? La caratterizzazione dei personaggi principali, l'ambientazione inusitata ed un sistema magico per nulla scontato.
Trilogia
Il quarto elemento di Kat Ross
Al secondo posto ci sarebbe un pari merito, ma ho voluto dare la precedenza a questa serie perché ha ottenuto molto meno hype della prossima; e sinceramente non ne capisco il motivo dal momento che è stata pubblicata interamente in italiano in tempi accettabili ed ha un'ambientazione simile all'antico Medio Oriente molto di moda negli ultimi anni.
La trilogia segue la vita di Nazafareen, una ragazza appartenente ad un clan nomade che -dopo aver assistito alla morte della sorella minore a causa di un demone capace con poteri di possessione- sceglierà di unirsi ai Water Dogs per proteggere gli umani proprio da simili minacce sovrannaturali. Con il proseguire della storia si scopriranno sempre più dettagli riguardo i diversi tipi di spiriti che popolano questo mondo, mentre un nemico proveniente dal nord diventa sempre più potente.
Diamo la giusta attenzione a questa serie! Ottimi personaggi e relazioni interpersonali, un world building ricco e della rappresentazione fatta bene.
Trilogia Das Silber Trilogie di Kerstin Gier
Terzo posto (tecnicamente, secondo) per la serie meno popolare di questa autrice, tedesca ma decisamente anglofilia viste le ambientazioni dei suoi libri. Tra l'altro, pur avendone letto solo i primi due volumi e anche diversi anni fa, credo che la cosiddetta Trilogia delle Gemme sia decisamente inferiore a questa, nonostante la fama.
La storia mescola thriller e paranormale, raccontandoci le avventure della liceale Olivia "Liv" Silver che, dopo essersi trasferita a Londra nella casa del nuovo compagno della madre, inizia a fare dei sogni a dir poco strani: sembrano infatti molto vividi e strettamente collegati con la realtà. In breve, Liv si troverà invischiata in un mistero che collega il fratellastro ed i suoi amici, questo bizzarro mondo onirico e... un rituale satanico?
Nel complesso la reputo un'ottima serie per ragazzi perché, a dispetto delle premesse fantasy, tratta in modo consapevole molti problemi concreti legati all'adolescenza, in particolare all'accettazione di una nuova famiglia.
Pentalogia Magisterium di Holly Black e Cassandra Clare
Conquista un insperato -e, in parte, immeritato- quarto posto questa serie che mi trascinavo ormai dal lontano 2017. A discolpa delle mie illusioni bisogna tener conto della premessa iniziale (tutt'ora la considero interessante) e delle cover italiane che fanno pensare a dei libri molto più maturi.
Ambientata in un mondo simile alla nostra contemporaneità, con l'aggiunta di maghi e altre creature soprannaturali, la serie vede come protagonista il teenager Callum "Call" Hunt che, pur dotato di poteri, non ambisce ad entrare nel prestigioso Magisterium, tanto da cercare in ogni modo di fallire il test d'ingresso. Ovviamente il ragazzo si troverà comunque iscritto nella scuola di magia dove la sua vita sarà tutto fuorché tranquilla.
Come detto, la serie parte da uno spunto che porta a diverse riflessioni, come il rifiuto della predestinazione o il valore delle seconde opportunità. Peccato che le autrici si siano evidentemente stufate già a metà pentalogia; lo si nota anche dal progressivo assottigliarsi dei volumi.
Trilogia The Grisha Trilogy di Leigh Bardugo
Questa è invece una serie che idealmente meritata una posizione più alta, specie perché parte con un volume decisamente discutibile per poi migliorare in modo sempre più netto con il proseguire della trilogia.
La vicenda è ambientata nel fittizio regno di Ravka, molto simile per clima e tradizioni alla Russia zarista, con l'aggiunta di maghi chiamati Grisha e di creature fantastiche ispirate da leggende folkloristiche. La protagonista è Alina Starkov, un'orfana che scopre molto tardi i suoi poteri di Grisha, ottenendo la capacità di generare la luce e fronteggia così la Shadow Fold, una landa di pura oscurità popolata da mostri che taglia a metà la nazione, indebolendola dal punto di vista strategico militare.
La serie ha molti personaggi ben scritti (in primis la mia preferita, Genya Safin), con un buon spettro di rappresentazione. La Bardugo mi è anche impegnata a scardinare alcuni cliché stantii e a creare un sistema magico ben studiato.
"Trilogia" Chocolat di Joanne Harris
Di recente diventata una tetralogia (e non siamo neppure certi che la Harris intenda fermarsi), questa serie per me si può considerare conclusa con il terzo capitolo. Anche perché nulla impedisce di leggere i volumi come degli autoconclusivi per due ragioni: ognuno segue un'avventura diversa e la stessa autrice ignora senza problemi gli avvenimenti precedenti.
Personaggi e trame secondarie a parte, la serie segue principalmente Vianne Rocher e le sue figlie, Anouk e Rosette, nelle loro peregrinazioni in una Francia contemporanea sulla carta ma quasi magica in realtà, sia per i piccoli incantesimi operati da Vianne sia per l'ambientazione spesso legata al passato rurale. La storia vede la protagonista contrapporsi di volta in volta a diversi personaggi caratterizzati da una mentalità molto ristretta, che lei dovrà fermare o -più spesso- convertire ad una zuccherosa bontà; al tutto sono inoltre mescolate delle tinte di mystery.
Nel complesso, la trilogia può risultare interessante per alcuni dei personaggi e per il messaggio di fondo (quindi, l'accettazione del diverso in ogni sua forma), ma dovrete sospendere a lungo l'incredulità se non volete alzare gli occhi al cielo esasperati ogni due righe.
Trilogia The Young Elites di Marie Lu
Questa serie potrebbe essere considerata l'opposto di quella della Bardugo: mentre la seconda mi ha convinto sempre più con il proseguire dei volumi, la prima ha avuto un promettente inizio per poi peggiorare gradualmente, fino ad arrivare ad una conclusione piena di incongruenze.
La trilogia è ambientata in un mondo dove una terribile epidemia ha dimezzato la popolazione, lasciando su alcuni individui deformati -detti malfetto- dei poteri quasi magici. La protagonista è la giovane Adelina Amouteru, che prende consapevolezza della sua abilità paranormale in modo improvviso e tragico; da quel momento la ragazza cercherà di trovare il suo posto in una realtà dove le persone come lei vengono fortemente discriminate, e si troverà coinvolta nelle trame di potere alla corte del suo regno.
Riconosco che ci siano diversi elementi positivi, come il focus su dei personaggi moralmente ambigui e l'interessante descrizione dei poteri, ma sono rimasta davvero insoddisfatta dal finale, tanto che consiglierei di fermarsi solo al primo libro.
Trilogia Dictator di Andrea Frediani
E arriviamo alle serie (quasi) completamente bocciate. Tra l'altro Frediani è l'unico autore italiano che ho letto quest'anno, e non credo sia un caso; dovendo già concludere questa discutibilissima trilogia credo di aver evitato inconsciamente di affrontare altri scrittori nostrani.
La serie segue la figura storica di Cesare -oltre ad un ben nutrito cast di personaggi reali e fittizi- andando a coprire una finestra temporale molto ampia: dalla giovinezza del condottiero fino alla celebre morte. I volumi di questa serie si focalizzano però su alcuni eventi con maggior attenzione, in particolare la conquista della Gallia e gli anni della guerra civile. I vari comprimari fanno poi da contorno con le loro vicende personali, ma un ruolo fondamentale è riservato a Tito Labieno, per il quale l'autore scrive una storia nascosta parallela.
Pur non avendola apprezzata, posso indubbiamente consigliare questa trilogia a chi cerca un'ambientazione storica tratteggiata con cura e precisione, oppure delle scene di battaglia chiare perfino per un neofita.
Trilogia Gemma Doyle di Libba Bray
Si va verso il fondo limaccioso di questa classifica con una serie alla quale non pensavo neanche più dopo tanti mesi, ma farei bene a tenere a mente perché sento quasi sempre pareri positivi sui libri della Bray e a volte rischio di cadere in tentazione e comprare qualche nuovo titolo.
Ambientata nell'Inghilterra di fine Ottocento, la serie vede come protagonista Gemma Doyle, rampolla di buona famiglia che -a seguito dell'improvvisa morte della madre- viene iscritta alla Spence Academy, un collegio per ragazze dell'alta società. Nella sua nuova casa, Gemma instaurerà dei legami di amicizia e scoprirà l'esistenza di un mondo parallelo abitato da creature incantate, dove la magia permette di sovvertire ogni convenzione sociale.
Personalmente non è una serie che consiglierei, ma devo ammettere abbia un paio di pregi, come la scorrevolezza dello stile e alcuni personaggi ben descritti.Ma se proprio volete tentare, evitate l'edizione italiana.
"Trilogia" Prodigium di Rachel Hawkins
Nata inizialmente come una trilogia, questa serie si è poi espansa con uno spin-off che probabilmente voleva dare il via ad una nuova storia, ma una volta tanto la stroncatura dei lettori deve aver compiuto il suo dovere. A saperlo prima, forse la Hawkins non avrebbe puntato tutto su un finale apertissimo.
La serie originale segue la mezza strega Sophie Mercer che, dopo aver usato per l'ennesima volta i suoi poteri in modo avventato e in presenza di umani, si ritrova alla Hecate "Hex" Hall, una sorta di riformatorio per creature soprannaturali. All'interno della scuola avvengono però delle aggressioni molto misteriose, sulle quali Sophie si troverà a indagare, destreggiandosi nel mentre tra l'interessi amorosi assortiti, nuove amicizie e le immancabili bitches.
Con questa serie devo ammettere di essere stata un po' severa. È contraddittoria e piena di buchi di trama? Sicuramente, ma la leggerezza è voluta, quindi se l'obiettivo è trovare una lettura spegni-cervello Prodigium potrebbe fare al caso vostro.
Duologia Everless di Sara Holland
E concludiamo questa parte con una serie così brutta, che a tratti dimentico pure di averla letta. Ed è meglio così, perché l'alternativa è arrabbiarsi per come è stata sprecata un'idea dall'enorme potenziale.
Ci troviamo infatti in un mondo dove il sangue è la valuta corrente: chi deve pagare un debito può farsi un salasso e trasformare il proprio sangue (quindi il tempo da vivere) in monete; per contro, le persone abbienti sciolgono quelle stesse monete nell'acqua calda per ottenere un tè in grado di prolungare la durata delle loro vite. Protagonista della storia è Jules Ember, una ragazza in pena per la salute del padre, tanto da accettare un lavoro come domestica nella residenza nobiliare di Everless, dalla quale la sua famiglia era stata scacciata anni prima; nel palazzo, Jules si troverà sempre più coinvolta negli intrighi dei ricchi (e quasi immortali) aristocratici.
Come ho sempre detto, l'autrice ha avuto un'ottima idea dalla quale poteva trarre un distopico che riflettesse sul valore della vita e su chi abbia delle ragioni per vivere più a lungo. Il risultato è invece un fantasy senza personalità, che sguazza in un mare di cliché stantii.
Arriviamo alle frivolezze che piacciono tanto a noi lettori! Perché qui non giudichiamo i libri dalla copertina, al contrario: valutiamo se la copertina ha fatto onore al libro che è chiamata in qualche modo a presentare ai potenziali acquirenti.
Agatha Christie era finita tra le cover peggiori lo scorso anno, ma con "Il terrore viene per posta" è stata senza dubbio riabilitata: sia il pattern simil-quotidiano sullo sfondo, sia il titolo ricreato con delle lettere diverse e (sembra) strappate, danno perfettamente l'idea del contenuto del romanzo. Anche la copertina di "The Boneless Mercies" di April Genevieve Tucholke presenta in modo egregio la storia, mostrando in basso delle sagome stilizzate delle protagoniste, mentre nella parte alta c'è una splendida sovrapposizione tra il sentiero -da percorrere- e il lupo, rappresentazione dei pericoli da affrontare. "Traitor's Blade" di Sebastien de Castell è invece una scelta dettata dal gusto personale, perché trovo esteticamente belle e suggestive le cover dell'intera serie.
Limitarmi a sole tre copertine preferite è stato difficile, perciò credo mi si possano concedere giusto un paio di menzioni d'onore. In particolare, "The Rest of Us Just Live Here" di Patrick Ness e "Stepsister" di Jennifer Donnelly: nel primo le lettere del titolo risultano luminose al buio, mentre il secondo ha un effetto-vetro incredibilmente realistico e tridimensionale.
Passiamo all'altra faccia della medaglia, con le coperte meno fedeli alla storia o semplicemente atroci a vedersi. Ad esempio, l'illustrazione scelta per "Nessun dove" di Neil Gaiman rappresenta bene l'ambientazione particolare del romanzo, ma è sprecata in un'impaginazione che la relega in un angolino per dare spazio ad un ingombrante blurb. Nel caso di "Queen of Chaos" di Kat Ross abbiamo invece una composizione ben bilanciata e abbastanza coerente con la trama, peccato per l'enorme corona scontornata con Paint che campeggia al centro e fa pensare ad un romanzetto autopubblicato. E per ultima una cover che ha ricevuto diverse critiche sull'attinenza, tanto da aver portato ad un cambio talmente netto (si è passati a delle modelle dall'aspetto combattivo, anziché vestite da sera) da ricevere ancor più critiche, per tornare così alle illustrazioni di partenza; il mio problema con "The Winner's Curse" di Marie Rutkoski è però tutt'altro: non riesco a guarda il viso della ragazza in copertina senza pensare che sia terribilmente costipata e stia correndo al bagno, preoccupata tra l'altro di come farà a togliersi quell'ingombrate abito. Ho dei problemi, lo so.
E concludiamo questa analisi delle letture fatte nel 2020 con gli aspetti più tecnici, andando a valutare le statistiche generali.
Per quanto riguarda gli autori -su un totale di 79 libri letti- abbiamo ben 64 scrittori diversi, 67 se contiamo separatamente gli autori che pubblicano in coppia. Non sorprenderà nessuno scoprire che la maggioranza sono autrici donne (38 contro 23 autori uomini, mentre in 3 casi abbiamo più scrittori) di nazionalità statunitense (35 contro 17 britannici, 3 canadesi, 2 tedeschi, 2 ucraini e un solo autore da Italia, Francia, Russia, Moldavia e Olanda). Mi ha invece stupito notare che la maggior parte (40 contro 24) sono autori che non avevo mai letto negli anni scorsi; credo sia dovuto sia al mio desiderio di provare penne nuove, sia alle letture in lingua inglese che diventano sempre più rilevanti e mi portano a conoscere nomi diversi.
Ovviamente la maggior parte delle letture si sono rivelate essere romanzi contemporanei: 43 pubblicati nell'ultimo decennio contro 17 di quello precedente, mentre gli altri valori sono decisamente più bassi; da un lato mi piace dare spazio alle uscite più recenti, ma intendo impegnarmi di più per non accantonare troppo i titoli della seconda metà del Novecento. La valutazione dei target mi da molta più soddisfazione perché la trovo ben bilanciata: 5 Middle Grade, 35 Young Adult, 2 New Adult e 37 Adult. Per quanto riguarda i generi, il podio spetta a fantasy, thriller e storico (rispettivamente 28, 12 e 10 libri); mi stupisce che al quarto posto ci siano 8 romance, ma nel complesso credo di aver dato una possibilità quasi a tutti i generi.
mercoledì 20 gennaio 2021
"Marina" di Carlos Ruiz Zafón
"Venne al mondo una bambina dai capelli chiari e dagli occhi color cenere ... Si sarebbe chiamata Marina e avrebbe sempre portato sul proprio volto l'immagine e la luminosità della madre"
A CACCIA DI STORIE PER LE VIE DI BARCELLONA
Quest'anno ho deciso finalmente di dare una chance a Zafón e, pur rimanendo colpita positivamente dal suo stile, devo dire che "Marina" non mi ha convinta del tutto, soprattutto perché ho avuto l'impressione di leggere due storie distinte inserite a forza nello stesso volume.
La narrazione è affidata a Óscar Drai che, ormai adulto, torna con la memoria ad un periodo della sua adolescenza: nello specifico quando aveva quindici anni e frequentava un collegio a Barcellona. Il ragazzo incontra in modo decisamente inusuale Marina, una ragazza che conduce un'esistenza riservata con il padre Germán in una villa in rovina. L'evoluzione del rapporto tra i due diventa il primo filone della storia, e continua a svilupparsi per tutto il romanzo; nella parte centrale abbiamo invece l'altra storyline che riguarda una misteriosa serie di omicidi iniziata negli anni Venti.
Raccontare di più riguardo questa seconda parte implicherebbe fare subito spoiler, ma posso tranquillamente affermare che non c'è nessun motivo logico per cui Óscar e Marina siano coinvolti in questa vicenda, non fosse per la loro curiosità. Fino alla fine mi sono aspettata una qualche rivelazione che collegasse i due filoni in maniera più sostanziosa ma nulla; vorrei chiarire che non li trovo scritti male, soltanto accostati senza una base valida.
Oltre allo stile, che ho già menzionato, questo romanzo mi ha convinta per le descrizioni di Barcellona -che viene resa mistica ed affascinante grazie all'uso di metafore ben studiate- e la caratterizzazione dei personaggi, in particolare quelli secondari ma anche le comparse che vengono tratteggiate con poche parole molto incisive. E poi l'atmosfera in generale: se avete apprezzato "Il figlio del cimitero" o "La straordinaria invenzione di Hugo Cabret" qui ritroverete lo stesso tipo di magia, capace di avviluppare in una storia vicina alla realtà seppur fantastica.
Purtroppo sono presenti anche dei difetti che hanno abbassato la mia valutazione. Innanzitutto, la verosimiglianza; capisco il tono onirico di alcune parti, ma i comportamenti di Óscar sono davvero assordi: esce ed entra nel collegio quando gli va, nessun tutore controlla il suo rendimento e lo vediamo spesso tuffarsi in situazioni molto pericolose senza un attimo di riflessione, anche quando non ce n'è motivo. Non ho apprezzato neanche la leggerezza con cui l'autore parla di temi molto forti (malattia fisica e mentale, aggressioni e menomazioni fisiche, pedofilia, omicidio) accennandoli soltanto in modo frettoloso, soprattutto perché questo in fin dei conti è un libro per ragazzi. Per ultimo, io davvero non ho capito il ruolo di María: chiunque mi possa illuminare su quello che le succede dopo essere entrata nei tunnel è il benvenuto!
Voto effettivo: tre stelline e mezza
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lunedì 18 gennaio 2021
"L'ultima ragione dei re" di Joe Abercrombie
L'ultima ragione dei re by Joe Abercrombie
"Le prove sono noiose, stancanti, irrilevanti, e la gente preferisce bersi una facile frottola piuttosto che andare alla ricerca di una verità difficile, soprattutto se questo torna a loro favore"
NESSUNO HA CIÒ CHE MERITA. E VA BENE COSÌ
Con "L'ultima ragione dei re" si conclude la prima trilogia di Joe Abercrombie ambientata nel Mondo Circolare; e si tratta senza dubbio di una conclusione che, pur lasciando molti lettori insoddisfatti, mantiene la propria coerenza con il tono dell'intera serie.
Come per i volumi precedenti, la storia segue i sei punti di vista dei personaggi principali, ma qui abbiamo molti più capitoli in cui i POV vengono affiancanti, anche perché ci sono parecchie scene in cui tutti i protagonisti sono riuniti nel medesimo luogo. Per ricapitolare un po' gli eventi e le mie impressioni, sfrutterò anch'io i nostri sei (per nulla) eroi.
West è il personaggio che mi ha interessata meno, forse perché gli spunti più intriganti sul suo percorso li abbiamo avuti in "Non prima che siano impiccati"; qui ha un ruolo molto marginale, sia durante la guerra contro Bethod sia nella battaglia di Adua, che trovo mal gestita in generale. Unico suo momento apprezzabile è la manipolazione ai danni dei due generali, in cui lo vediamo dimostrare un po' dell'intelligenza che gli ha permesso di fare strada nell'esercito.
Anche Mastino è stato notevolmente ridimensionato, in particolare nella seconda metà della storia, tanto che l'autore sembra dimenticarsi di lui nell'epilogo. Lo ritroveremo forse nei volumi seguenti? non voglio farmi spoiler andando a controllare, ma sicuramente in questo libro avrebbe potuto dare qualcosa di più oltre ad assistere alla morte dei suoi compagni. Tra l'altro, tutte le morti descritte in questo volume sono perfette per il tipo di storia: nessuna azione eroica o avversario formidabile, i personaggi muoiono in modo casuale e per ragioni banali, e lo trovo assolutamente azzeccato.
Nonostante una conclusione frettolosa, Ferro si conferma il mio personaggio preferito; il suo contributo alla trama è circoscritto alla scena in cui usa il Seme, ma riesce a dare sempre un'idea di dinamismo alla narrazione. Giuro che non è il mio lato da shipper a parlare, ma troncare così la sua relazione (non necessariamente romantica) con Logen mi ha lasciata perplessa, anche perché sembra che nessuno si sia preso la briga di spiegare a lui cos'ha passato 'sta poraccia.
Passando proprio a Logen, devo ammettere di averlo mal sofferto per tutto il romanzo: come per Mastino, il suo ruolo si esaurisce con la sconfitta di Bethod, e poi lo vediamo vagare senza un reale obiettivo. Ho adorato però la sua ultima scena, che riprende brillantemente la prima de "Il richiamo delle spade"; una conclusione circolare che trovo alquanto adatta al personaggio.
E passiamo finalmente a qualcuno che, pur risultando quasi inutile ai fini della trama, per lo meno ci da qualche gioia. Jezal ci permette di sperare che, con il tempo, il suo governo diventerà più illuminato e giusto; è anche uno dei pochi personaggi a regalarci qualche scena divertente in un romanzo che, per il resto, mantiene un tono generalmente cupo, anche più dei precedenti.
Per quanto riguarda il buon Glokta, dopo aver compiuto azioni pressoché inutili per ben due libri, qui lo vediamo decisamente più centrale per l'intero volume, tanto che l'epilogo è gestito quasi interamente da lui. Nel complesso il finale concessogli dall'autore è quello più positivo, anche se bisogna ricordare che è forse il personaggio sul quale si era accanito di più fino ad allora.
Ci sono infine un paio di dettagli che, tutto considerato, rendono questo volume meno valido del secondo. Il primo è l'assenza degli antagonisti -che in realtà è una costante della serie- ma qui mi sarei aspettata di vederli finalmente in azione, per lo meno nello scontro finale, invece il caro Khalul è tutt'ora uccel di bosco; il secondo aspetto riguarda la rivelazione sui piani di Sult che, oltre ad essere incoerente con quanto mostrato nei libri precedenti, stravolge completamente la psicologia del personaggio. Nonostante questi (ed parecchi altri!) difetti, la serie mi ha intrattenuta molto: sono curiosa di leggere altro scritto da Joe.
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mercoledì 13 gennaio 2021
Refined Reads #04
In questa rubrica vado ad analizzare gli ultimi otto libri letti in inglese, focalizzandomi in particolare sulla difficoltà di comprensione e i motivi per cui ne consiglio o sconsiglio la lettura, non in generale ma nello specifico in lingua. Riporto anche le trame dei libri tradotte in modo amatoriale da me, così che possiate farvi subito un'idea della storia.
TEMATICHE: Analisi di relazioni familiari, soprattutto tra genitori e figli / Ricerca del proprio ruolo in una società rigida / Focus su tradizioni lontane dalla contemporaneità
TEMATICHE: Critica della discriminazione e del pregiudizio basati sull'aspetto fisico degli individui / Focus sul rapporto tra sorelle
TEMATICHE: Riflessione sull'onore e sul valore di un giuramento / Desiderio di vendetta e di rivalsa
TEMATICHE: Denuncia dell'abuso di potere tra le forze dell'ordine / Relazioni familiari e romantiche
TEMATICHE: Lotta per la parità di genere / Solidarietà femminile ed inclusività / Condanna della guerra e dei totalitarismi
TEMATICHE: Conseguimento dei propri obiettivi / Violenza di genere, sia fisica che psicologica
TEMATICHE: Riflessioni sulla lealtà ed il dovere / Analisi di relazioni, spesso conflittuali
TEMATICHE: Importanza del perseguire le proprie passioni ed attitudini / Legami interpersonali, specialmente di amicizia / Critica ad una società interessata solo all'apparenza